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Guisgard
29-08-2011, 03.55.23
PROLOGO

“Anno del Signore 1471, il Principato di Animos, nella bassa Normandia, dopo una terribile crisi economica che ha costretto il principe Talquois IV a convocare dopo secoli gli Stati Generali, viene scosso e insanguinato da una violenta rivoluzione che porterà il popolo al potere, mettendo in fuga ciò che resta della nobiltà scampata al furore popolare.
Animos allora si proclama indipendente, autonominandosi Repubblica di Magnus, in onore della leggendaria repubblica che rese grande il nome dell’antica Roma ben prima dell’avvento degli imperatori.
La rivoluzione è guidata da due fazioni: i Pomerini e i Ginestrini.
I primi, così chiamati per aver percorso alla vigilia della rivolta il pomerio delle mura della capitale più volte incitando il popolo a ribellarsi, sono formati dalle corporazioni dei mercanti e degli artigiani del principato e nelle loro idee politiche vi è il sogno di una grande repubblica aristocratica, dove il potere viene gestito dalla nobiltà affiancata dai rappresentanti del popolo.
I secondi, che prendono il nome dal luogo in cui si sono riuniti per la prima volta, il Palazzo della Ginestra, sono invece costituiti dagli studenti universitari animati dalle nuove tendenze letterarie e filosofiche sviluppatesi nel principato, dove la Ragione è la dominatrice assoluta dell’intera esistenza umana.
Essi proclamano una repubblica liberale, sotto il diretto ed esclusivo potere del popolo e vedono come nemici giurati la nobiltà ed il Clero, rei, ai loro occhi, di aver abusato del proprio potere e del proprio ruolo, portando il paese sull’orlo della rovina.
Una nuova alba sorge dunque sulla neonata Repubblica di Magnus, mentre tutti gli altri regni, retti dall’Antico Regime, guardano con sospetto e timore al furore di questi venti rivoluzionari.”

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IL GIGLIO VERDE

La giornata era radiosa ed il cielo di un azzurro vivissimo.
Il grande cortile del palazzo era inondato dall’aurea luce solare, che rendeva luminosissime e splendenti le levigate statue di marmo che adornavano quel monumentale complesso.
La guardia reale si esibiva in parata e buona parte del popolo gremiva le mura esterne del palazzo per assistere a quel cavalleresco corteo.
Gli stendardi del re e i vessilli dell’aristocrazia erano portati in rassegna e le cromate armature dei soldati, animate dagli intensi bagliori causati dal Sole, con variopinti pennacchi piumati che sembravano vibrare in un trionfante saluto, li rendevano agli occhi della folla esultante come tanti Angeli discesi per difendere il reame dai suoi nemici.
Squilli di trombe e rulli di tamburi scandivano l’incedere di quei magnifici campioni di cavalleria e nobiltà, acclamati, invocati ed osannati dal popolo accorso alla parata.
Nell’interno del palazzo, però, quasi a volersi estraniare dal clamore e dall’esaltazione che regnavano tra la gente, una nobile figura, dal portamento austero e dall’immagine che sembrava ricordare il solido granito di cui era fatta quella sua aristocratica dimora, era intenta a terminare una lettera.
“Lord Tudor…” esordì un valletto entrando nella stanza “… la marchesa Ymma De Tour Jazzy è appena giunta.”
“Bene, la riceverò subito.” Rispose il nobile signore, mentre ripiegava con cura la missiva appena terminata.
“Monsieur, vi ringrazio di questa udienza.” Disse la giovane e bellissima marchesa entrando nella stanza.
“L’onore è mio nel ricevervi, milady.” Andandole incontro lord Tudor. “Vi porgo il benvenuto sul suolo di Gran Bretagna. Disponete pure di questo palazzo e di tutta la servitù raccolta in esso.” Baciandole la mano e mostrando un cortese inchino. “Spero che il viaggio non sia stato troppo difficoltoso.”
“La gioia di essere qui” rispose la donna “mi ha già fatto dimenticare le difficoltà che abbiamo dovuto sopportare nella traversata da Calais a Dover, monsieur.”
“Il peggio è passato, mia signora.” Sorridendo l'arcigno aristocratico. “Qui per voi e per vostro marito comincerà una nuova vita.”
“Monsieur, non possiamo ambire ad una vita serena se chi amiamo è avvolto da un incerto destino.”
“Comprendo, mia signora, ma…”
“Perdonatemi, ma il sapere che mio zio è ancora in Francia, alla mercè di quella gente io…”
“Milady, il regno di Camelot è felice di accogliervi e darvi ospitalità e protezione, ma di più non possiamo fare.” Con tono grave il nobiluomo. “Per vostro zio, il cardinale De Toulos, possiamo fare ben poco, se non pregare ed attendere.”
“Com’è possibile che in quel paese si possano consumare tante barbarie contro uomini e donne in nome della libertà e della giustizia?”
“Milady, uno stato è sovrano nei propri confini e né il re di Camelot, né nessun altro monarca d’Europa potrebbe intervenire senza andare incontro al serio rischio di una guerra con la Repubblica di Magnus.”
“Mi chiedete dunque di restare qui, senza far nulla, mentre mio zio attende il giorno della sua esecuzione?”
Lord Tudor chinò il capo senza rispondere nulla.
“Forse coloro che ci hanno condotto in Inghilterra…”
“Milady.” La interruppe lui. “Chiunque sia stato ha agito in modo del tutto indipendente.”
“Volete dire che né la nobiltà, né sua maestà hanno a che fare con la nostra fuga da Animos?” Chiese d’istinto la donna. “Perdonate, ma per me il mio paese si chiamerà sempre col nome che ha portato per tutti questi secoli.”
“Vi comprendo, milady. “ Annuì lord Tudor. “No, nessuno qui in Inghilterra è al corrente degli eventi che vi hanno condotto qui.”
“Qualcuno dice che si tratta di una setta, o forse di una congrega.” Con enfasi la donna. “Forse è una sorta di ordine religioso inviato da Roma per salvare i chierici dal patibolo a cui li hanno condannati i rivoluzionari. Ho sentito dire che celano la loro identità dietro un fiore e…”
“Milady, vi prego.” Cercò di rasserenarla l’aristocratico. “In tempi funesti e confusi come questi spesso accade che nascano leggende e miti volti a spiegare in modo fiabesco eventi altrimenti sconosciuti. Probabilmente voi e vostro marito siete stati tratti in salvo e poi condotti qui da un gruppo di profughi o da qualche aristocratico in fuga, come voi, da Magnus. Ora cercate di tranquillizzarvi. Qui godrete di asilo politico e nessuno potrà più nuocervi. Quanto a vostro zio…” sospirò “… non possiamo fare altro che pregare ed attendere…”
La donna, in lacrime, accennò un inchino e salutato il nobile uomo che le stava davanti uscì dalla stanza, lasciando lord Tudor immerso in una profonda inquietudine.
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ladyGonzaga
29-08-2011, 17.58.04
Ancora non mi sembra vero! Quanto tempo è passato dal giorno che partì dalla residenza di Lord Tudor.
Ricordo ancora le sue parole il giorno che mi affidò al servizio della baronessa
di Sant Pierre e ricordo anche la dolcezza di lei quando mi accolse alla sua corte , per crescere nell'arte di una vera dama al servizio del re.
Adesso sono qui a poca distanza dalla sua residenza con il mio cuore che batte per l'emozione .
Spero che l'emozione non mi tradisca , so quanto lui ci tenga al protocollo reale, infondo la mia permanenza presso la baronessa serviva proprio a quello.
Ecco , il mio cavallo è quasi giunto al cancello della sua immensa dimora.
Ohhh il giardino eccolo...


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Chantal
29-08-2011, 19.07.49
"Zio,durante l'esposizione del vostro baccelliere,i discenti Ginestrini hanno fatto irruzione nella biblioteca,stamane.Hanno messo in subbuglio le lezioni,il loro esponente ha enunciato dell'idea di Repubblica Liberale che vede nemico anche il Clero.Non nascondetemi che anche voi siete in pericolo.Hanno violato la vostra cattedra,e i maestri delle arti dicono che anche la superiore cattedra di Teologia,con i suoi massimi esponenti,è sotto minaccia."Così ruppe il suo silenzio la ragazza che,a piedi nudi,in quel tardo pomeriggio di fine estate se ne stava immobile,dinnanzi alla grande vetrata a guardare fuori,con lo sguardo immerso nella campagna,impenetrabile a forzarsi,custode di tutti i sentimenti e i turbamenti che l'attraversavano.
Lo zio non le confermò i suoi timori,forse per tutelarla,forse perchè non credeva che il mutare degli eventi potesse essere motivo di pericolo per loro.
Ad ognimodo,non si pronunciò.
Chantal,discente all'università di Animos,terminata la facoltà delle Arti,ora figurava tra gli allievi di suo zio,un prete precettore,nella facoltà superiore di Teologia.
La sua condizione e i legami di parentela con una figura del Clero l'avevano resa parte integrante di quei cambiamenti che vedevano il conflitto tra i Ginestrini e i Pomerini.
I "Ginestrini".Quel nome e la sua origine
Aveva del Palazzo delle Ginestre un'immagine idilliaca,molte volte nell'adolescenza si era rifugiata nei suoi lussureggianti giardini e s'era posta sull'orlo della fontana per riversarvi i piedi.
Di quel luogo,oggi legato a fazioni e sconcerto di rivolta,le piaceva evocare il profumo ed il brillante colore degli arbusti abbarbicati nelle sue terre,le ginestre,per l'appunto,i cui fiori,piccoli e gracili,e i cui steli,forti e resistenti,le ricordavano di quanto fosse equilibrata anche la più piccola parte del creato,sufficientemente capace di difendersi pur nella sua fragilità.
"La ginestra è come la donna",amava ripetere quando la raccoglieva in fasci per portarla nelle sue stanze."E' delicata come le forme che la delineano,e forte come l'animo che l'attraversa."
Chissà se fosse vero anche di lei,quella sua teoria.
Amava camminare a piedi nudi nella casa coloniale dove era cresciuta.I marmi,così freddi,luccicavano come un'immenso specchio e il loro riflesso le appariva simile ad un mondo sotto i piedi fatto di luce e di riverberi arcobaleni,di figure eteree e colori sfumati,che le sembrava far torto a quel misterioso confine che la separavano dalle misteriose creature nelle forme di figure,di oggetti animati,di grandi statue che evocavano l'immagine gemella di ciò che aveva sempre ammirato intorno a lei,soprattutto gli oggetti che suo zio aveva portato di ritorno delle sue missioni in terre e culture diverse.Così camminava a piedi nudi su quel mondo fatto di parvenza.
E poi le piaceva muoversi senza che alcuno si accorgesse di lei.
Ma ora se ne stava immobile,tra lei e il mondo esterno vi era solo la traspartente vetrata che filtrava la luce del sole che si incurvava nel cielo come un vecchio stanco che sta per andarsene a riposare.Si allungavano piano tutte le ombre in lontananza,a anche nella casa,e quella a lei più cara,e si prioiettava sui marmi l'ombra della grande arpa dalle corde colorate,che sembrava invitarla ad accostarsi perchè,finalmente vibrasse,dopo il silenzio in cui era versata la sala tutto il giorno.
Ma,pur affascinta dalla sua compagna,Chantal rimase di fronte alla finestra,e stavolta,suo zio scorse nei suoi occhi sgranati un improvviso senso di inquietudine.
"Domani tornerò in facoltà,anche se le lezioni non si terranno fino a quando i dissensi non saranno placati,io vi sarò,zio,e voi con me.Perchè non potrà accaderci nulla di male finchè resteremo onesti con noi stessi e con la nostra gente.So che avete già pronta la quaestio,sebbene il vostro assistente non abbia potuto argomentare quest'oiggi,sarete voi a farlo domani."
Poi,d'improvviso si voltò:"Avete mai sentito parlare di un fiore particolare,zio?Ho conosciuto un uomo.."
E si interruppe.

Guisgard
29-08-2011, 19.17.12
De Jeon, Oxio, Missan e il regime dei Cinquanta Illuminati

Quella mattina ad Ostyen, la capitale della neonata Repubblica di Magnus, c’era un gran tumulto di uomini, donne, vecchi e bambini.
Presso l’ex Palais Royal, oggi Place de la Republique, il volgo si era raccolto numeroso per un avvenimento ormai atteso da mesi.
Qual e là uomini, giovani e vecchi, si spintonavano e si battevano per accaparrarsi i posti migliori, quelli che davano sul grande cortile colonnato dell’edificio ed i pochi soldati presenti a fatica riuscivano a mantenere l’ordine, se non con dure minacce.
Ad un tratto quell’oceano di voci, rumori e schiamazzi si ammutolì all’improvviso, come folgorato da una visione.
Tre uomini apparvero nel cortile, seguiti, qualche passo più indietro, da un nutrito gruppo di giovani.
“Avete veduto il maestro?” Chiese qualcuno della folla ai tre che avanzavano. “Dove si trova? Come sta?”
“Si, l’ho veduto.” Rispose quello che fra i tre sembrava avere lo sguardo più determinato.
“Perché non è qui con voi?”
“Le sue parole, le sue idee ed il suo spirito sono qui con noi oggi.” Rispose l’uomo.
Questi allora raggiunse il balconcino in cima alla scalinata e si rivolse al popolo radunato:
“Repubblicani, cittadini, compagni… mesi fa salvaste la madrepatria… oggi finalmente la governerete.”
L’effetto fu un trionfo. Tutti quei volti erano su di lui, rapiti da quelle parole.
L’uomo fece una lunga pausa, assumendo un’espressione teatrale, per dare enfasi alla sua eloquenza.
“Non occorre molto per comprendere…” continuò “… cos’era ieri questa nostra patria? Quattro milioni di abitanti, uno solo dei quali protetto da privilegi vecchi quanto il mondo… e questi, fino a qualche tempo fa, costituivano la nostra terra. Tutti gli altri, tutti noi, non contavamo niente… perché non esistevamo se non per servire quel milione di privilegiati, diviso tra una nobiltà ammuffita e decadente ed un Clero corrotto e bestiale…” fissò tutti loro che ormai erano totalmente in suo potere “… ma da oggi Magnus è di nuovo nostra!”
Ci fu un boato e tutti cercarono di raggiungere quel giovane Demostene tanto bravo a dar vigore all’animo popolare.
“De Jeon! De Jeon!” Urlava la gente in lacrime. “De Jeon! De Jeon!”
Era questi un giovane uomo dai capelli nerissimi ed il volto segnato da due occhi scuri e profondi.
De Jeon era consapevole del suo fascino e dell’efficacia della sua eloquenza.
Gli altri due che gli stavano accanto, sebbene condividevano con lui carisma e determinazione, non potevano ambire ad avere la stessa influenza sul volgo.
Oxio, alla sua destra, era un uomo più avanti negli anni rispetto a De Jeon, dal volto marcato e coperto da una lieve barba, i capelli completamenti rasati e due occhi che non smettevano neanche per un istante di studiare il mondo e che vi abitava.
Missan invece aveva la voce ammansita ed aggraziata dalla poesia e della filosofia, le sue grandi passioni, che conferiva alla sua persona un immagine ingentilita e positiva, che però quasi stonava con i rudi lineamenti di quel volto da figlio di miseri pescatori del Valmiron.
Erano questi tre i capi della fazione dei Ginestrini, gli studenti destati dalla nuova filosofia nascente in quelle terre.
Ad un tratto si aprì una porta ed i tre entrarono nella grande Sala del Consiglio, dove le due fazioni al potere, i Ginestrini e i Pomerini, avrebbero nominato i propri rappresentanti nel Parlamento della Repubblica.
“Ordine del giorno!” Si udì.
“Bisogna discutere dei processi e delle esecuzioni.” Disse uno dei presenti prendendo la parola. “Abbiamo rovesciato i tiranni e preso il potere. Ma ora non c’è più bisogno di continuare a condannare i nobili ed il Clero. Abbiamo fatto la rivoluzione per una nuova epoca, non per continuare le ingiustizie e le violenze.”
“Jean De Giuly…” mormorò De Jeon “… è curioso che proprio voi, capo della delegazione dei Pomerini, facciate tale proposte…”
De Giuly lo fissava turbato, quando proprio in quel momento si accorse che diversi giovani avevano preso posto lungo i muri della sala mostrando dei coltelli sotto il braccio sinistro.
“Cosa significa?” Chiese De Giuly. “Non sono ammesse armi qui dentro!”
“Vi sbagliate…” rispose De Jeon “… sono ammesse in presenza di uno arresto… Jean De Giuly siete accusato di tradimento ai valori della repubblica! Sono mesi che vi teniamo d’occhio… siete in rapporti con gli ex aristocratici e gli ex chierici di questo stato.”
“E’ falso!” Gridò De Giuly.
“Vi difenderete in tribunale davanti al popolo!” Lo zittì De Jeon. “Noi diamo a tutti la possibilità di difendersi. Portatelo via!” Ordinò ai suoi.
E restò a fissare De Giuly, col quale fino a poco tempo prima aveva combattuto fianco a fianco contro i nemici della repubblica, mentre veniva arrestato.
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Guisgard
29-08-2011, 19.36.52
Il cancello cromato, reso purpureo dai raggi del Sole che stancamente cominciava a scendere sulla verdeggiante campagna, scintillava con magici riflessi, rendendo quasi fiabeschi i tratti della dimora di Lord Tudor.
Il palazzo, immerso nello splendore della campagna inglese, sorgeva su una fresca e dolce collina, dalla quale era possibile spingere lo sguardo fino al monumentale palazzo reale di Camelot, posto a poca distanza dalla nobile tenuta dei Tudor.
Appena Gonzaga raggiunse il cancello, subito alcuni servitori le si avvicinarono.
Ma prima che questi potessero parlare, una voce si udì.
“Lady Gonzaga!” Disse Jalem, il servitore moro di Lord Tudor. “Non posso crederci, proprio voi!” Rise per la gioia e diede ordine di aprire il cancello.
“Eravate una bambina l’ultima volta che vi vidi!” Continuò il moro. “Ora invece siete una splendida dama! Ricordo ancora quando vi aiutavo a salire in groppa al vostro poni… come si chiamava? Ah, non ricordo… ma che gioia avervi di nuovo qui al Belvedere!”
Ma proprio in quel momento Gonzaga si accorse di una ragazza dal nobile portamento che usciva dal palazzo.
Era la marchesa Ymma De Tour Jazzy.
Questa la fissava e dai suoi occhi scendevano calde lacrime.

Guisgard
29-08-2011, 19.59.15
Padre Adam era seduto dando le spalle alle lunghe finestre della stanza, per permettere alle ultime luci del giorno di illuminare il tavolo al quale solitamente lavorava quando era a casa.
Era questi un uomo di età avanzata, ma che ancora conservava i bei lineamenti che avevano accompagnato la sua lontana giovinezza.
Di corporatura robusta ma aggraziata, molto più alto della media e dal portamento fiero e solenne.
La carnagione era chiara, gli occhi di un celeste quasi trasparante ed il naso lungo e sottile.
Il viso era allungato e la sua voce aveva una cadenza particolarissima per quelle terre e tradiva le sue origini provenzali.
Sembrava assorto nel suo lavoro, quando si destò all’improvviso.
E a destarlo era stata una parola.
Una parola pronunciata da sua nipote Chantal.
L’uomo si voltò e fissò la ragazza.
“Un fiore?” Ripetè stupito. “Che fiore? E di che uomo parli?” Domandò.

ladyGonzaga
29-08-2011, 20.04.23
" Zio Jalem!!! che il signore di vi benedica!!"
Vi prego fatevi abbracciare, quanto tempo!!
"piccolo Black, il pony si chiamava piccolo Black! Vi ricordate ancora di lui?

Non ci posso credere , sentire di nuovo il vostro abbraccio e quel dolce leggero di profumo di sandalo sulla vostra pelle, mi sembra che tutto il tempo passato via di qui, non sia mai esistito.

Vi prego , state con me , non lasciatemi sola quando dovrò entrare nella sala di Lord Tudor"


Scesi da cavallo con l'aiuto di Jalem , lo guardavo stando attenta che lui non se ne accorgesse.Il tempo era passato si!
Il suo passo non era più quello celere di tanti anni fa , ma il suo portamento era sempre quello, imponente e maestoso e tanto sicuro di se.

Ci avviammo verso la grande scalinata quando non potei far a meno di incrociare lo sguardo di quella bellissima dama dal portamento regale.

" quanto è bella Jalem..ma chi è?"

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Daniel
29-08-2011, 22.33.11
Daniel era inseguito dalla polizia.. Era da giorni che non mangiava e aveva rubato un pezzo di pane al mercato.. Non aveva più lavoro.. Finì in una strada con un enorme villa.. C'era un cancello aperto e vide una dama scendere da una carrozza e un uomo dire:
“Lady Gonzaga! Non posso crederci, proprio voi!”
Non ci pensò due volte approfittò della distrazione dei due e sgattaiolò dentro la villa..

Chantal
29-08-2011, 23.06.02
Chantal avvertì stupore in quella domanda.
Tutto ciò che lei gli aveva narrato,dell'irruzione dei Ginestrini,delle minacce alla sua cattadra,del suo desiderio di far comunque ritorno in facoltà l'indomani,sembrava non aver scalfito l'austera figura di suo zio,i cui occhi di un azzurro mutevole si calavano tra il mondo esterno e la sua anima,proprio come vetro trasparente,impenetrabile,eppure che lascia vedere tutto.
E non la sorprese la sua reazione,nè che si curasse tanto della sua ultima affermazione.
"Sì,ho veduto un uomo e vi ho parlato".Ripetè Chantal.
Lo zio se ne stava alla scrivania,ma aveva distolto lo sguardo dai suoi scritti per guardare la nipote,lei fu assalita da un improvviso senso di colpa,non avrebbe dovuto rivelargli di quella figura,non in quel momento.Da quegli occhi riusciva a cogliere ed anticipare ogni parola,ogni pensiero che attraversasse il cuore e la mente di padre Adam.
Così,si voltò nella sua trasparente veste di lino bianco che le si raccoglieva al seno con piccole piegoline ornate di un pizzo lavorato a mano,e forzando un sorriso si portò al suo strumento.
"Desiderate che suoni per voi,zio?"
Mentre attendeva il suo assenso,egli non rifiutava mai a quella richiesta,fece roteare intorno al medio con le altre dita il suo anello,per poi sfilarlo.
Chantal portava sempre un anello alla mano sinistra,si componeva di una fascia d'oro che accoglieva nel centro un ovale con sopra intarsiata la figura di un uomo col capo cinto di alloro.Ai due lati vi erano due piccole pietre lisce,una del colore dell'ambra,l'altra dell'ametista.
Ho tenuto quell'anello,non me ne separerò mai più,l'ho tenuto perchè quando distolgo lo sguardo dal tuo volto,lo poso su di esso,e vi ritrovo quell'immagine di uomo col capo cinto di alloro,e ai miei occhi si apre il volto del mio campione,del Cavaliere che non si dimentica,dell'uomo che adoro come mio Dio mentre io gli ripongo sul capo l'alloro.
Il ricordo di queste righe scritte un tempo oramai lontano la tormentava ogni qualvolta si sfilava l'anello.E neppure lei era conscia dell'arcano motivo che,come un rito,la induceva a spogliarsene prima di suonare.
"Vedete,zio,ora non è importante quella figura..Perchè non abbandonate i vostri intenti e vi distendete mentre suono?Il Sole volge con purpureo incedere alla sera,ricordate che una volta mi diceste queste parole?Mai intraprendere questioni al calar della sera,la sera è sacra a Dio poichè è da preludio alla Notte governata dalla Luna,e la Notte è della quiete,non degli spiriti guerrieri".Chantal fece ad imitare la voce grossa dello zio,riproducendo con precisione quel suo suono con cadenza impressa dalla profumata Provenza,e le sue parole presero ad echeggiava nella sala evocando immagini di colline adorne di lavanda.Sapeva che se lo avesse fatto,egli avrebbe sorriso e il suo animo si sarebbe rasserenato.
Ma l'eco di quanto aveva udito nella mattinata in biblioteca,quando si fece il nome del capo,ancora la lasciava turbata."De Jeon"rievocava,"De Jeon è stato designato come il maestro".Ripeteva nella sua mente con l'accortenza che quel nome non le affiorasse alle labbra,ma rimanesse confinato in un pensiero cupo e avvinto dall'incertezza.
Dalla distensione che pian piano andava addolcendo le espressioni del volto dello zio,Chantal comprese trattarsi dell'approvazione ch'ella aveva richiesto.E iniziò a far vibrare le corde dell'arpa.

Melisendra
30-08-2011, 00.15.09
Scossi il capo e gettai sul letto il velo nero che mi copriva il volto.
Ero stanca di portare quel lutto insensato. Mi sentivo soffocare dall'abito scuro e da quell'atmosfera tetra, dunque le mie dita corsero alla gola e litigarono con la collana di perle che mi imprigionava.
Ero vedova. Vedova di un uomo che odiavo.
Mi sedetti e pensai rapidamente alla successione vorticosa degli eventi che avevano travolto la mia tranquilla esistenza.

Ero cresciuta a corte, accanto ai principi di sangue, come si addiceva al rango della mia famiglia e, fino a qualche mese prima, volevo solo essere una degna discendente della mia casata.
Nel blasone di famiglia c'era un ramo di edera rampicante e il motto: Semper prospera. Mio padre diceva che era così che la nostra linea di sangue, più antica di quella del sovrano stesso, aveva attraversato i secoli.

Amavo la vita di corte e il luccichio delle meravigliose sale del palazzo. Camminavo nelle gallerie piene di specchi e assistevo alla continua ascesa politica del nome dei Du Blois. Presto mio padre, Thierry Alexandre Du Blois e Duca di Beauchamps, mi avrebbe trovato uno sposo e la linea di sangue sarebbe continuata attraverso di me, la sua unica figlia. Che ne sapevo io del mondo, mentre crescevo tra le feste del palazzo e i dolci ammonimenti di mia madre?
Tutto finì quando mi ritrovai, nel bel mezzo della notte, a prepararmi per fuggire da quella folla inferocita che si era radunata al di fuori delle mura del palazzo.
I rivoluzionari stavano facendo scempio dell'antica nobiltà. Thierry Du Blois aveva nascosto i nostri tesori e preparava la nostra fuga oltre il mare, quando fu arrestato. Pagammo un caro prezzo per salvargli la vita: fu così che mi trovai sposata all'uomo che aveva arrestato mio padre. Il regalo di nozze del mio sposo fu di rendermi orfana. Ormai sposato all'erede della fortuna dei Du Blois che bisogno aveva di mantenere le sue promesse?
Relegata in campagna dal mio amorevole marito, nella residenza dei duchi di Beauchamps, stavo preparando un piano di fuga, quando giunse una notizia che mi fece traboccare il cuore di macabra felicità: ero vedova.
Tornai in città e occupai gli appartamenti di mio marito. L'eroe della rivoluzione era morto in una volgare rissa da taverna. Così ero diventata la giovane e affranta vedova di Gilbert Lambrois.

"Semper prospera..." sospirai, disfando i bagagli e sistemando i miei abiti. Non conoscevo il mondo in cui mi ero trovata catapultata, ma sapevo che avrei dovuto rendere onore a quel motto e a coloro che prima di me lo avevano pronunciato con orgoglio.
Mi avvicinai allo specchio e mi incipriai con cura per apparire più pallida. Spazzolai i capelli e li intrecciai morbidamente.
I miei occhi non versavano lacrime da quando mi era giunta notizia dell'esecuzione dei miei genitori e mi rifiutavo di piangere la sorte di quel farabutto di mio marito. Mi aveva rivolto la parola poche volte ed erano state tutte sgradevoli.
"Melisendra Yolande Demetra Du Blois, Duchessa di Beuchamps..." mi coprii con il velo da lutto, "vi presento la vedova Lambrois."
Osservai corrucciata la mia immagine riflessa. Ero troppo giovane per quelle vesti che sembravano il sudario di una monaca.
"Madame, portatemi il vestito color avorio!" Gridai in direzione del corridoio.
Attesi che la mia dolce governante facesse capolino dalla porta. Era stata la mia balia ed era l'unica che non mi aveva mai abbandonata.
Non avevo altri servitori con me. Disponevo delle fortune dei Du Blois, ma non avevo intenzione di vendere i gioielli di famiglia per pagare uno stuolo di cameriere. Cosa ne sarebbe stato di me adesso? Orfana e vedova.
La corte si era dispersa e ciascuno aveva pensato a salvare se stesso. I tempi erano incerti e io ero solo una giovane aristocratica caduta in disgrazia.
"Vedova Lambrois..." sussurrai, come per abituarmi al suono di quelle parole.
Mi parve di sentire qualcuno bussare e delle voci provenire dall'ingresso di casa. "Madame?" domandai, lanciando un'occhiata nervosa all'uscio della mia camera.

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Guisgard
30-08-2011, 02.04.49
Per le strade, come accadeva ogni giorno, vi erano canti e balli.
Erano soprattutto i giovani ad abbandonarsi a quelle manifestazioni di gioia.
Fresche e candide contadinelle, con i tipici costumi che ne indicavano la provenienza, danzavano a festa, mostrando la loro bellezza appena coperta da abiti leggeri e non certo castigati.
Con loro vi erano giovani villani, artigiani, mercanti e qualche soldato che si accompagnavano, invogliati dalla bella compagnia, a quella musica e a quei balli.
Era questo uno spettacolo, come detto, ormai usuale, specialmente dopo che la gente aveva assistito all’ennesima rappresentazione offerta da monsier il boia, come veniva chiamato l’esecutore della volontà popolare.
Questo stato di cose rendeva le strade, non solo della capitale ma di ogni altra città di Magnus, caotiche e affollate da quell’umanità vivace, variegata ed a tratti grottesca che fino a poco tempo prima era costretta ad un terribile e fatale giogo di miseria e disperazione.
E tutto ciò, dal vicino villaggio, giungeva come un eco lontano e farsesco a disperdersi per la campagna altrimenti ammutolita e addormentata.
Ad un tratto qualcuno bussò alla porta.
Un attimo dopo madame Giselle, la nutrice dell’ex marchesa Melisendra de Beuchamps, si presentò sull’uscio della stanza dove c’era la bella vedova.
“Madame… ricordate il vecchio Marcien, il mezzadro di vostro padre e sua moglie Clementine? Ecco… non sono fuggiti dal paese come credevamo, ma…”
“Lasciatemi passare, voglio rivedere la mia signora!” Interrompendola una voce con fare melodrammatico. “Bontà Divina!” Esclamò Marcien vedendo Melisendra davanti a lui. “Siete sempre bellissima, madame! E ringrazio il Cielo di avervi ritrovata prima della Guardia Repubblicana!”
“Sciocco, non esclamare mai tirando in ballo il Cielo!” Lo riprese la moglie, per poi anche lei prostrarsi davanti alla figlia del loro signore.
“Zitta tu!” Intimò Marcien a sua moglie. “Madame…” rivolgendosi di nuovo a Melisendra “… abbiate la bontà di offrirci riparo ed un pasto caldo… poiché in cambio noi vi portiamo la salvezza!”

Guisgard
30-08-2011, 02.30.04
Jalem e Gonzaga si dirigevano, attraverso il viale che tagliava il grande giardino, verso il palazzo del Belvedere, dove avrebbero incontrato lord Tudor, signore di Camberbury.
Ma, proprio in quel momento i due incrociarono lo sguardo della bella Ymma.
“Lei è la giovane marchesa Ymma De Tour Jazzy.” Disse Jalem a Gonzaga. “E’ da poco giunta qui, insieme a suo marito, dalla Francia.”
Ma la giovane marchesa, notando la bella Gonzaga, si avvicinò.
Jalem allora subito presentò la marchesa Ymma alla pupilla di lord Tudor.
“Sono lieta di fare la vostra conoscenza, madame.” Con un cortese inchino Ymma. “E’ un onore ed una gioia poter conoscere una nobile dama come voi… spero di avere l’onore di potervi frequentare spesso e, magari, di stringere con voi una tenera amicizia. Io e mio marito siamo in debito verso lord Tudor e Camelot, per averci offerto aiuto e sostegno. Dal profondo del mio cuore, madame… che Iddio vi benedica e protegga sempre.” E di nuovo limpide lacrime, a stento contenute, rigarono il suo giovane volto.
“Perdonate…” chiese poi a Jalem “… potreste indicarmi un luogo in cui pregare, per favore?”
“Vi è la Chiesetta di San Leucio sulla strada verso il villaggio.” Rispose Jalem. “Se volete posso farvi accompagnare fin laggiù, milady. Altrimenti, potete recarvi della cappella di palazzo, mia signora.”
“Non voglio approfittare oltre dell’ospitalità di lord Tudor.” Con un sorriso la marchesa. “Mi recherò al villaggio, dove mi attende mio marito.”

Melisendra
30-08-2011, 02.51.41
Erano i primi volti amici che vedevo da quando mi ero sposata. Gilbert aveva pensato di allontanarmi dalla città, affidandomi a persone di sua fiducia, così i fedeli servitori della mia famiglia erano stati tutti allontanati, mentre gli altri erano semplicemente fuggiti.
"Signor Marcien! Clementine!" Esclamai, alzandomi di scatto e affrettandomi a fare loro cenno di alzarsi. "Non c'è bisogno di questa formalità... sono così felice di sapere che vi siete salvati!"
Strinsi le mani di Clementine tra le mie e ricordai quando, da bambina, sgattaiolavo nelle cucine del castello del feudo di Beauchamps e mi rannicchiavo sotto i tavoli, nascosta dalle tovaglie, per sfuggire alle noiose lezioni di ricamo o alla recitazione del rosario. Clementine mi allungava sempre una focaccia o un pezzo di pane appena sfornato.
Quando la notizia della morte del mio sposo aveva raggiunto Beauchamps, della magica terra della mia infanzia non erano rimaste altro che ombre. Il castello era deserto. I preziosi arazzi erano stati strappati dalle pareti e l'argenteria trafugata. Un uomo di fiducia di mio marito si occupava della mia sicurezza e pochi servi tenevano in ordine l'ala della casa che occupavo con Giselle.
Scacciai quei pensieri tetri.
"Oh, Marcien... Clementine... come avete fatto a trovarmi qui, nella capitale? Deve essere stato un lungo viaggio... accomodatevi e raccontatemi ogni cosa."
Mostrai loro il salotto che mio marito usava per accogliere i suoi ospiti e versai un bicchiere di liquore al buon Marcien, che aveva tutta l'aria di averne bisogno.
"Cosa mai può ancora succedere? Papà è morto... la mia signora madre morì di crepacuore, così mi hanno riferito, alla vista della testa del suo sposo poggiata su una picca... e io sono la vedova di quello spregevole Gilbert Lambrois! Oh, possano bruciare all'inferno lui e tutti quelli della sua razza!"
Non ero mai stata avvezza all'alcol, ma i recenti eventi avevamo mutato molte delle mie abitudini. Buttai già un bicchierino, ignorando l'occhiata di disapprovazione di Giselle.
Mi voltai benevola verso gli ospiti e li incoraggiai: "Ditemi tutto..."

Guisgard
30-08-2011, 02.53.51
Padre Adam restò a fissare la finestra, quasi a voler confondere il suo sguardo col buio che aveva ormai coperto ogni cosa.
Le dolci note dell’arpa di Chantal cominciarono a diffondersi nella stanza, tra i vecchi e preziosi mobili intarsiati e i ritratti, quasi tutti a tema sacro, che ornavano le pareti.
Il vecchio chierico rise alla riuscita imitazione della ragazza, per poi abbandonarsi al suono del suo strumento.
“Non ho nulla da temere…” disse con voce calma, quasi a voler accompagnare il suono dell’arpa “… Davide non temeva la pazzia di Saul, mentre Erode era intimorito dal Battista… ormai questa è la mia terra e da tempo ho deciso che qui sarei invecchiato e, a Dio piacendo, qui sarei stato seppellito.” Sorrise. “E poi, ragazza mia, il Cristianesimo non si è estinto quando al mondo ve ne erano solo tredici a predicarlo, a maggior ragione non finirà ora dopo che l’intero mondo civile si riconosce nei suoi valori.”
Restò allora a fissare la sua dolce nipote.
“Un uomo…” mormorò “… devo forse preoccuparmi?” Ridendo. “Mi ritroverò dunque un tuo spasimante per casa?” Si fece poi serio di colpo. “Credo passerò la notte nel mio studio… non attendermi. E’ tardi e domani hai lezione. Va a letto, piccola mia. Ah…” aggiunse dopo un istante “… mi hai parlato di un fiore… di che fiore si tratta?”

Guisgard
30-08-2011, 03.18.20
Marcien buttò giù, senza far troppo caso alle buone maniere, il liquore offertogli dalla sua signora.
“Non bere tutto quel liquore!” Lo riprese sua moglie. “Non è il momento, idiota!”
“Zitta tu!” Urlò Marcien. “Io non mi ubriaco, io! Ne bevo quattro più di te, io! Un altro, per favore!” Chiese poi fissando Giselle. “Mi occorre forza…” mormorò il mezzadro “… lo sai il Cielo quanta me ne serve!”
“E smettila di invocare il Cielo!” Lo richiamò Clementine. “Vuoi farci passare un guaio! Se proprio non riesci a tenere la bocca chiusa, allora invoca il demonio! Che possa portarti via… insieme a tutti quei dannati!”
Mercien allora fece un gesto di disapprovazione verso la donna, per poi rivolgersi a Melisendra:
“Madame, per essere tranquilli a questo mondo occorrono santi in Paradiso e i vostri, ahimè, sono caduti entrambi…”
“Ancora ad evocare il Cielo, imbecille?” Gridò Clementine. “Vuoi proprio che ci scoprano!”
“Zitta, megera!” Con disprezzo Marcien. “Dicevo, madame…” tornando a fissare Melisendra “… i vostri… protettori” gettando uno sguardo verso sua moglie “sono caduti entrambi… gli aristocratici hanno perso il potere con la rivoluzione… e la fazione del vostro defunto marito, i Pomerini, stando a quando si dice ad Ostyen, vedono calare vertiginosamente il loro consenso popolare a discapito dei Ginestrini… temo che questa vostra dimora possa non essere più tanto sicura…”
“Ma perché poi i Pomerini e Ginestrini si stanno scontrando fra loro?” Chiese Clementine al marito.
“Eh, donna…” atteggiandosi, in modo grossolano, a filosofo “… è la natura dell’uomo che lo porta a scontrarsi sempre e comunque… e quando mancano i nemici, è allora il turno degli amici…” e buttò giù un altro bicchiere di liquore.

Melisendra
30-08-2011, 03.47.37
Posai il bicchierino vuoto sul tavolo, non senza che un tremito mi attraversasse e facesse quasi vacillare il delicato cristallo.
"Intendete dire che la Guardia Repubblicana potrebbe venire ad arrestarmi?" Mi tolsi il velo scuro e lo posai sul bracciolo della poltrona. "Ma io... io non ho fatto nulla... questa rivoluzione... che c'entro io con tutto questo?" Sospirai.
"Dovrei rassegnarmi e raggiungere la mia famiglia... il mio posto è con loro."
Sfiorai la collana al mio collo, da cui pendeva una foglia d'edera cesellata in oro zecchino. Tutti i membri della mia famiglia ne portavano uno simile al collo. Io lo portavo nascosto tra le vesti. Mi infondeva coraggio.
"Mio padre stava conducendo una trattativa per farmi sposare un gentiluomo straniero, ma è stata bruscamente interrotta dagli eventi... e ora ho perso ogni cosa. Non posso nemmeno pronunciare il mio nome per il timore che orecchie nemiche possano udirlo. Mi chiamano Madame Lambrois... posso solo ringraziare il Cielo che mio padre non possa assistere a questo scempio!"
Lanciai un'occhiata a Giselle e, esitando, mi versai un bicchiere d'acqua fresca. Non avevo bisogno di irritarla con un comportamento poco femminile come quello di imprecare e bere liquore.
Strinsi la foglia d'edera tra le dita e mi mordicchiai un labbro, pensierosa.
"Non posso rassegnarmi... non posso credere che tutto possa finire così..." mormorai tra me e me.

Guisgard
30-08-2011, 03.56.37
Daniel aveva approfittato della distrazione di Jalem e degli altri servitori per intrufolarsi nel palazzo ducale.
Era stanco, braccato come un animale in fuga e sentiva sempre di più il fiato delle guardie sul suo collo.
Un collo, il suo, che sarebbe stato appeso sulla torre più alta di Camelot se lo avessero catturato.
Il giovane ladruncolo allora cercò riparo nell’ampio giardino del palazzo.
Ormai camminava da ore e quel tozzo di pane che aveva rubato non bastava più a dargli la forza di proseguire.
Fu allora che cominciò a sentire un odore che gli parve giungere direttamente dal Paradiso.
In realtà proveniva da molto più vicino: le cucine del palazzo.
Si trovava infatti a pochi passi da dove si stava preparando il pranzo per il signore del palazzo.
Un profumo di selvaggina arrosto, di legumi, di pannocchie stufate e di pane caldo ridestarono il suo spirito ormai fiaccato da quella disperata fuga.
Nel frattempo, dall’altra parte del giardino, al cancello di entrata, mentre la marchesa Ymma salutava Gonzaga e Jalem, giunsero alcuni soldati.
“Salute a voi, mie signore.” Disse uno di loro, mostrando un lieve inchino verso Gonzaga e Ymma. “Perdonate se vi rechiamo disturbo, ma stiamo cercando un ladruncolo che, da quanto affermano alcuni testimoni, sembra sia fuggito verso questa zona.”
“Qui intorno non abbiamo visto nessuno, capitano.” Rispose Jalem. “Non credo che un ladro possa pensare di trovare riparo qui.”
“Non credo di avere il piacere di conoscere quest’affascinante dama.” Con un sorriso il capitano.
“E’ lady Gonzaga, pupilla di lord Tudor.” Spiegò Jalem. “E’giunta oggi a Camberbury.”
“I miei omaggi, milady.” Sorridendo il soldato. “E voi, nel giungere qui, non avete notato nessun ladruncolo in fuga?”

Guisgard
30-08-2011, 04.20.01
“Siamo tutti vittime di questa follia generale!” Disse Mercien fissando Melisendra. “Cosa me ne faccio io della libertà e dell’uguaglianza, ora che non ho più un lavoro? Per quel che mi riguarda, preferisco servire un padrone che mi nutra e che mi protegga!” E buttò giù un altro bicchiere di liquore. “Al diavolo!” Esclamò. “Il buon Dio Ha creato le gerarchie e l’uomo non può sovvertire l’ordine naturale delle cose!”
“Pezzo d’asino, la smetti di tirare in ballo il Cielo!” Lo richiamò ancora Clementine. “Credi forse che le leggi non valgano qui in campagna? Sono certa che anche questo posto pullula di spie! Accidenti a te!”
“Donna, mi farei arrestare solo per vederti alla mercè del boia!” Con disprezzo il mezzadro. “Madame…” tornando a fissare Melisendra “… in realtà ovunque domina un gran caos… lo scontro tra i Pomerini e i Ginestrini ha prodotto un clima di sospetto e paura… la vostra posizione è molto incerta… siete comunque la vedova di uno dei più illustri rivoluzionari, ma nessuno può sentirsi al sicuro fino a quando le due fazioni non giungeranno ad un accordo…”
“Digli di noi, Marcien…” mormorò Clementine.
“Si, ci stavo arrivando…”
“E’ il troppo bere che ti confonde.”
“Che il diavolo ti porti, donna!” Esclamò Marcien. “Madame…” rivolgendosi poi a Melisendra “… come detto, io non ho più un lavoro ed avevamo pensato, io e mia moglie, di lasciare questo paese ed andare in Inghilterra a cercare fortuna… fra tre giorni un gruppo di profughi con un battello partirà da Calais per Dover… potete unirvi a noi, se la cosa vi piace…”
In quel momento Giselle si avvicinò alla sua padrona e le posò una mano sulla spalla.
“Non avrei mai creduto di dover abbandonare questa terra…” mormorò “… cosa avete intenzione di fare, madame?”

Melisendra
30-08-2011, 04.57.18
Feci un respiro profondo. Non era il momento di esitare.
Semper prospera... speranza. Come un lampo di luce che mostra il cammino in mezzo alle difficoltà.
Mi attaccai alla speranza di poter ricominciare a vivere.
Fino a pochi mesi prima ero così felice e scioccamente certa che niente al mondo avrebbe potuto sovvertire il mio mondo. Da quando Gilbert era entrato nella mia vita aveva avuto inizio un incubo da cui non potevo svegliarmi. Il mio matrimonio, invece di essere fonte gioia, era diventato la condanna per me e per i miei. Tutto ciò che sapevo della rivoluzione era che aveva ucciso i miei genitori e mi aveva seppellita viva.
Alzi il mento e mi voltai verso Giselle.
"E' arrivato il momento di mettere radici altrove..."
Mi diressi al mio scrittoio, all'interno del quale avevo racchiuso tutte le carte e i documenti di mio padre. Vi era un documento all'interno del quale erano indicati con precisione tutti i beni che mia madre, nata nella nebbiosa terra oltre il mare, aveva portato in dote al suo sposo. Vi era indicato anche il nome di un piccolo feudo situato in terra straniera, proprio oltre lo stretto. Al momento quello costituiva il mio unico patrimonio, insieme ai preziosi di famiglia e a poco altro. Ben presto i rivoluzionari avrebbero messo le mani su tutti i possedimenti dei Du Blois e io non avrei potuto fare niente per impedirlo.
"Immagino che ci sia pur qualche parente di mia madre su quell'isola nebbiosa... potrei chiedere asilo lì."
Lessi nuovamente quelle carte e le riposi con cura. Fiducia. Speranza nel futuro. L'incertezza si dissolse e parlai con fermezza.
"Così sia, dunque... partiremo con voi e porteremo a termine ciò che mio padre non è riuscito a fare: garantire il futuro e la prosperità della nostra casata."

Daniel
30-08-2011, 08.27.33
Daniel non amava rubare.. Non l'aveva mai fatto.. I genitori gli avevano insegnato dei valori.. Ma purtroppo a causa dei Ginestrini una notte i miei genitori morirono per salvarmi la vita da quei maledetti.. Sono stato messo in un orfanotrofio ma ora sono scappato e la fame non si può placare.. Sentii un profumino invitante.. Erano le cucine del palazo.. Buttai un occhio dentro e vidi talmente tanto cibo che quasi mi sentivo male.. Dovevo entrare e mangiare! Dietro di me sentivo persone che parlavano.. E Se erano le guardie? Sgattaiolai dentro la cucina.. Mi nascosi un pò sotto un lungo tavolo di legno e vidi passare un uomo.. credo un soldato a causa delle sue vesti.. Appena decisi di uscire mi ritrovai faccia a faccia con un cameriere lì di passaggio.. Oh Madonna e adesso?

Chantal
30-08-2011, 13.58.12
Chantal accompagnava le riflessioni ad alta voce dello zio.Certo,era un uomo tutto d'un pezzo,non aveva mai avuto paura di ritrovarsi a sostenere le sue tesi quando diffondeva la parola di Dio,lui che credeva nei valori dell'umanità e della carità.
Accostò al sorriso dello zio anche il suo,era solito riportare esempi eclatanti di contrastanti figure storiche e leggendarie.E a lei piaceva quella sua eclettica personalità,frutto di lunghi studi ed accurate conoscenze.
Pian piano andava allentando le dita sulle corde,come a muoverle con maggior lentezza,smorzando sempre più il suono fino a che il suo orecchio fosse capace di scindere ogni singola nota.Ultimarono in sintonia,lei la sua melodia e lo zio le sue riflessioni.
"Sì,zio,è ora di ritirarci",fece una pausa."Andate voi,io rimarrò un poco ancora."
La notte era calata sull'orizzonte e era scivolata ammainata al buio anche nella sala.
Aveva di nuovo indossol'anello,ma pensò a quell'uomo,l'uomo di cui aveva fatto accenno a uo zio,e a se avesse dovuto rivelare in quel momento ciò che aveva appreso di lui.
Lo zio se ne stava con imponenza in piedi,dietro lo scrittoio che si accingeva a lasciare,con quel suo sorriso rasserenante.Un uomo…” mormorò “… devo forse preoccuparmi?” Ridendo. “Mi ritroverò dunque un tuo spasimante per casa?” Questo le chiedeva,forse incurante della risposta,ma aveva pur domandato.
"Non dite sciocchezze".Rassicurandolo Chantal,"Non è un uomo comune,e ciò che narra ha la trascendenza dei misteri della Fede.Da questi ho appreso del fiore.Ma ora andate,zio,andate a riposare,l'ora è tarda,e il sonno vi reclama."
Sapeva bene che,se avesse taciuto,lo zio non l'avrebbe forzata ulteriormente.E così era.
Rimase sola,un raggio argenteo si proiettava dalla pallida Luna fino ai suoi piedi,attraverso la vetrata.Pensò come era calma la sera,come la notte era tanto rassicurante,quieta e silenziosa,mentre il giorno che le aveva ceduto il passo,fosse reo di tanto fragore ed agitazione.
"La notte",pensò,"se tutti gli uomini vivessero la notte,sarebbero incapaci di concepire il male,perchè la notte è placida,e seda ogni affanno,ridando il senno persino ai folli."
Ma poi scosse il capo."I folli.Già,i folli e le loro follie",sentenziò.
Si portò nella camera da letto,ma non era molto avvezza al sonno.Chantal non dormiva,non molto.Dormono i cuori ignari,e gli animi sereni ,non lei non lei che era attravarsata da inquietudini e affanni.
Lasciava sempre i battenti aperti,perchè potesse intravedere il firmamento anche dal suo letto.Per chi non dorme,le stelle sono le migliori confidenti.Ma quella notte erano sfuggenti,e sorde ad ogni richiamo.
Poi,d'improvviso,subentrò un ricordo a prendere possesso di ogni suo pensiero.

"Allora,Chantal,ti piace?!
"Come non piacermi,l'ho desiderato tanto".
"Lo so,tesoro mio,per questo lo abbiamo rilevato.Con una rispolverata e velluti pregiati,diverrà come quello dei tuoi sogni,piccola mia.Sai,ho pensato che lo battezzeremo col tuo nome"Chantal de La Merci".Cosa ne pensi?
"E' un nome inconsueto per un teatro,ma mi piace.Sì,già lo vedo animato dallo spirito di grandi tragi-commediografi latini e greci..Sarà bellissimo,madre,il più bel teatro che sia mai esistito ad Animos"

Chantal sorrise a quel ricordo non tanto lontano.
Aveva sognato di possedere un teatro da quando una vecchia signora ereditiera le aveva donato un vecchio libro sull'Alcesti.
E sua madre l'aveva incoraggiata ed appoggiata,acquistandone uno in disuso,perchè riprendesse vita dal cuore della figlia.
La notte scivolò nel sogno di quel sipario dietro il quale la ragazza si nascondeva mentre gli attori vi provavano le scene.Vi si portava la sera,quando le luci soffuse non potevano tradire la sua presenza,e si muoveva attraverso le sale a piedi nudi,per non farsi scorgere da alcuno.
Fu lì che,per la prima volta,vide il cavaliere che accese in lei tutti i suoi desideri.
C'era stato un tempo in cui il teatro di loro proprietà aveva vissuto il suo splendore quando ancora Chantal viveva presso la casa di famiglia.
Nel buio che avvolgeva il suo letto,la ragazza si sfiorò l'anello,sotto il polpastrello riusciva perfettamente a riconoscere ogni lineamento di quel volto di uomo su esso intarsiato.E ripensando a quel volto a lei tanto caro e al quale l'anello la legava,fu rapita dal sonno.
L'indomani si levò presto,per andare in facoltà,ma non prima di aver espresso un'animata richiesta allo zio:
"Buongiorno,zio,ho sentito dire che nel paese giungerà un carrozzone di attori itineranti.Perchè non permettiamo loro di esibirsi nel teatro di famiglia?Il suo palcoscenico è dormiente da tanto tempo,ma il suo spirito ancora viene a destarmi nel sonno,in attesa che io gli presti ascolto."
Poi aggiunse:"Quel fiore di cui ti accenavo,zio..mi hanno narrato che è speciale,e non ne sbocciano di simili in alcuna terra.E anche in quel fiore si raccolgono un'anima e un cuore.."Ma fu sfuggente nel pronunciarsi ancora.
Chantal,talvolta,appariva folle per quei suoi pensieri.Credeva che ogni cosa avesse un'anima,e suo zio spesso sorrideva di quelle sue fantasie,ma non riusciva a negarle la sua accondiscendenza.

Talia
30-08-2011, 14.55.10
La strada si snodava, secca e polverosa, tra i campi che si aggrappavano lungo i crinali delle colline battute dal vento; le pietre bianche che coprivano tutto lo spazio della carreggiata, e che di certo un tempo erano state ordinate e ben disposte, erano adesso, in quei tempi difficili, tutte dissestate e smosse tanto che il procedere sia a piedi che a cavallo risultava arduo e faticoso. C’era il sole quella mattina, un sole debole e dall’aspetto quasi malsano, che ancora faticava a farsi largo tra la cortina di dense nubi, ma che di tanto in tanto occhieggiava tra l’una e l’altra, bagnando la terra di candidi bagliori.
La carovana procedeva lenta lungo la via, tra i mulinelli di polvere e foglie che di tanto in tanto la avvolgevano; la sua stanca andatura, cadenzata dallo scalpiccio dei cavalli, era dovuta in parte, probabilmente, alle pessime condizioni della carreggiata e in parte, di certo, al fatto che non vi era nessun posto in cui essa era attesa...
Sospirai e mossi lo sguardo tra i miei compagni, scrutando il volto di ognuno di loro... volti che conoscevo bene, volti nei quali avevo imparato a distinguere ed interpretare ogni piega ed ogni fuggevole emozione, ogni travestimento, ogni maschera... volti stanchi e provati, volti indecifrabili e pensosi, volti diversi eppure tutti simili tra loro in qualche modo...
Erano tempi complicati, quelli... tempi difficili, specialmente per la gente come noi!
Avevamo conosciuto la nostra fortuna presso i più grandi signori, avevamo avuto giorni di gloria e di prosperità... poi la rivoluzione ci aveva portato via molti privilegi: quando le cose andavano male, dopotutto, chi aveva voglia di assistere agli spettacoli? Chi aveva voglia di ridere o di ascoltare storie?
Beh... noi avevamo scoperto, e a nostre spese, che quando le cose andavano male quelli come noi non erano bene accetti da nessuna parte!
E ora quel nuovo regime che stava nascendo... persino nel nostro piccolo gruppo le opinioni erano differenti: fiducia e preoccupazione, desiderio e inquietudine...
‘Ma finché avremo una piazza e qualcuno che ha voglia di starci a sentire’ aveva detto Gobert un giorno ‘noi lavoreremo! Non importa per chi, non importa dove... a noi serve solo un palcoscenico e un pubblico!’
Ci aveva infervorati con quel breve discorso, ci aveva ridato fiducia... ed eravamo ripartiti. Di nuovo.
Li osservai uno ad uno, cavalcavamo da giorni ormai e la stanchezza e i troppi pensieri correvano nei nostri occhi. Spronai il mio cavallo, quindi, e lo portai un poco più avanti, al centro del piccolo gruppo...
“La vie sans aucune tristesse...” iniziai allora a cantare, modulando la voce in tono giocoso “Je veux vivre sans un regret...”
Quel canto era il nostro compagno, lo intonavamo spesso nei nostri spostamenti... ad un tratto la voce di Tissier, che era il più vicino a me, si unì alla mia, poi via via anche le altre: “Il faut vivre chaque jour, comme si c'était le dernier jour sur cette terre...”
Incrociai i loro occhi e ad uno ad uno li vidi sorridere...
Il resto del viaggio trascorse in modo più leggero.
Poi, finalmente, la strada giunse alla sommità dell’ennesima collina e di fronte a noi apparve una città di medie dimensioni, grigia com’erano spesso le città di quei tempi, ma movimentata e vivace...
Sostammo per un memento là, muovendo lo sguardo intorno, poi prendemmo a scendere la china verso la porta principale...
“Eccolo qui, il nostro nuovo palcoscenico!” mormorai tra me, spronando il cavallo per seguire gli altri.

ladyGonzaga
30-08-2011, 16.06.30
Abassai il capo in segno di rispetto , verso colui che indossando una divisa lo meritava , " No mi dispiace, non ho notato nessuno .E' da poco che sono qui, arrivo da un lungo viaggio , mi dispiace non so cosa dirvi".

Alzando lo sguardo verso il cavaliere notai il suo sguardo, forse non ero stata poi tanto convincente, anche se dalla mia bocca usciva solo la verità.

" Possiamo proseguire Jalem? ho premura di incontrare lord Tudor.Vogliateci scusare ma noi dobbiamo andare".

Ripercorrere quella grande scalinata , fu per me un emozione indescrivibile. Erano passati tanti anni da quando usavo stare la a giocare senza preoccuparmi che non era decoroso per una dama.Ma io non lo ero, a quei tempi ero solo una ragazzina che a tutto pensava tranne a come si fa un inchino.

Mi sembra quasi di sentirlo lord Tudor " Gonzaga tu sarai una nobildonna , è ora che te lo metti bene in testa"
Ma a queste urla , ricordo anche la prima e ultima volta che vidi sul suo volto una lacrima , fu proprio il giorno che mi aiutò a salire sulla carrozza che mi avrebbe portato lontano da lui .

E adesso eccomi qui, come lui voleva..una gentil dama nella mente e nell'anima.
Tutto era rimasto come allora , la grande vetrata ai piedi della scalinata e il grande roseto che circondava questa.

"Jalem datemi la mano , statemi vicino, le mie gambe tremano"....


http://www.titlehere.com/wp-content/uploads/2009/09/Anna_Boleyn_by_SeverArt.jpg

Guisgard
30-08-2011, 19.15.07
Melisendra rimise così a posto quei suoi documenti di famiglia, sotto però lo sguardo vigile ed attento di Mercien.
E quando la giovane e bella vedova pronunciò alla devota Giselle la sua volontà di ricominciare una nuova vita in terra straniera, marito e moglie si scambiarono una fugace occhiata.
La governante dell’ultima dei Du Blois mostrò chiaramente timore e dubbi per la decisione della sua padrona.
Ricominciare una nuova vita, in una terra, l’Inghilterra, ostile ai rivoluzionari, presentava senza dubbio difficoltà non da poco, soprattutto se l’impresa era tentata da due donne.
Ma la scelta era quasi obbligata.
Troppo incerto era ormai lo scenario che si andava a delineare nella Repubblica di Magnus.
“E sia, mia signora…” sospirò la fedele nutrice “… comincio sin da ora a preparare ciò che ci è rimasto per la partenza.
Clementine fissò, con uno sguardo quasi enigmatico, sospeso tra la paura, l’incertezza e l’angoscia, suo marito.
“Io sono fedele ai miei signori, i nobili Du Blois!” Disse Marcien, guardando sua moglie. “Bevo alla salute del casato dei Du Blois!” E si scolò l’ennesimo bicchiere di liquore, seguito, quasi titubante, da Clemenine.
Il giorno della partenza arrivò presto.
I quattro attesero i primi cenni del crepuscolo per prepararsi.
Calais era ad un paio d’ore circa, dove avrebbero trovato ad attenderli il battello con altri profughi, diretto a Dover, in Inghilterra.
Il viaggio fu segnato da un tetro silenzio fra i quattro.
Un’opprimente angoscia aleggiava fra loro, visto che il pericolo di essere scoperti era concreto.
Giunsero così ad un piccolo molo fuori mano e poco sorvegliato, a causa del basso porto che rendeva possibile il transito solo a piccoli pescherecci, ma tuttavia adattissimo per un piccolo battello come quello che si apprestava a salpare.
Con attenzione e prudenza Marcien si avvicinò ad alcuni uomini fermi sulla banchina e indicò, oltre se stesso, le tre donne che erano con lui.
“Ho appena parlato col capitano…” disse poi appena ritornato dalle tre donne “… tra un momento ci faranno salire a bordo…”

Guisgard
30-08-2011, 19.35.33
Daniel, attratto dai profumi e tormentato dalla fame, si era nascosto in cucina, ma uscendo allo scoperto si era ritrovato davanti un giovane valletto.
“E tu chi sei?” Chiese questi fissando il giovane ladruncolo.
“Ehi, voi due, presto!” Chiamò all’improvviso uno dei cuochi. “Cosa fate li impalati? Il padrone se non mangia in orario sapete bene che va su tutte le furie! Avanti, cominciate a servire a tavola o vi prendo a randellate!”
“Allora sei uno dei servitori.” Fece il valletto a Daniel. “Certo, potevi vestirti un po’ più decorosamente… e sia, è tardi e non c’è tempo da perdere… avanti, aiutami a servire in tavola… seguimi.”
I due allora, presi alcuni vassoi, si diressero verso la sala da pranzo, dove trovarono il signore del palazzo già spazientito per il ritardo.
“Ero sul punto di ordinare da mangiare in qualche locanda del villaggio!” Tuonò Lord Tudor. “Accidenti a voi, sciocchi valletti! Un giorno vi metterò tutti a pane ed acqua! Avanti, servite in tavola che ho fame!”

Guisgard
30-08-2011, 20.06.44
Jalem guardò Gonzaga e sorrise.
“Suvvia, milady…” disse il servitore prendendola per mano “… sapete bene che lord Tudor vi ama come una figlia e che ha atteso fino ad oggi il vostro ritorno… ormai voi siete la sua unica gioia, l’unica cosa che può addolcire la sua vita…” il moro sorrise di nuovo ed aprì la porta, facendo entrare Gonzaga nella sala dove si trovava l’austero aristocratico.
Questi era impegnato ad inveire contro i suoi valletti, ma appena Jalem e la bella dama fecero il loro ingresso lord Tudor si ammutolì all’istante.
Era passato tanto tempo dall’ultima volta che aveva visto Gonzaga.
Era un’aggraziata ed elegante dama dal portamento e dai modi squisitamente cortesi.
Bruna, con occhi vispi di chi ama osservare e far suo il mondo che lo circonda, lineamenti ammirevoli, un colorito soffuso di pesca e di rose.
Ma i segni della sua nobiltà non si fermavano qui.
Il portamento, come detto, era da gran dama ed ogni suo gesto tradiva gentilezza e grazia.
Il sorriso era luminoso ed il suono della voce melodioso e delicatamente musicale, di chi era abituato a recitare versi ad alta voce.
Ma questi particolari, sebbene importantissimi per qualsiasi nobile uomo o artista, erano del tutto indifferenti al signore di Camberbury.
L’uomo, infatti, vinto quel primo momento di stupore e, diciamolo, commozione, si alzò e tese le braccia verso la ragazza.
“Ti avevo mandata ad imparare le regole della cortesia, ma forse sei giunta fin sul Parnaso… a quale delle nove muse hai rapito la bellezza?”
E abbracciò teneramente la sua pupilla finalmente ritornata a casa.

Daniel
30-08-2011, 21.14.42
Mi ero ritrovato con in mano un vassoio pieno di carne.. Avevo una fame ed ero tentato di arraffarne un pezzo mo non potevo.. Ero davanti a Lord Tudor.. Avevo l'impressione che mi guardasse male.. Si era accorto che non ero un suo cameriere? E se mi avesse scoperto? Mi avrebbe consegnato alle guardie che mi avrebbero chiuso nelle segrete.. No! Non potevo permetterlo! Servii quel poco che mi era rimasto nel vassoio e andai in cucina presi una sacca dove misi un pò di pane, formaggio, carne secca e acqua e decisi di andarmene.. Proprio mentro stavo per uscire vidi il capitano della polizia ritornai immediatamente nelle cucine..
"Rimanderò la fuga a dopo.." dissi tra me e me..

Melisendra
30-08-2011, 21.56.48
L'aria fresca e salmastra mi pizzicava le guance, mentre ciocche ribelli sfuggivano dalla semplice acconciatura che li tratteneva.
Avevo indossato i vecchi abiti di una cameriera, che Giselle aveva trovato nella casa del mio defunto marito. Erano abiti semplici e la stoffa ruvida mi prudeva nei punti in cui si appoggiava alla pelle.
Avevamo stipato i miei abiti dentro a sacchi di iuta e tutti i preziosi di famiglia, salvati dall'avidità degli uomini, erano stati cuciti con estrema cura nella biancheria che indossavo. Mi ero dovuta disfare di alcuni beni della mia famiglia. A malincuore Marcien aveva venduto l'argenteria al mercato nero, poichè il denaro ci sarebbe servito per il viaggio.
Con noi recavamo viveri e generi di conforto.
Ero quasi certa che nessuno mi avrebbe riconosciuto, in fondo non ero nota negli ambienti fuori dalla corte. Vestita in quel modo potevo sembrare una semplice ragazza in viaggio con la sua famiglia verso l'Inghilterra.
Con le dita cercai la foglia d'edera che non abbandonava mai il mio petto e, appena le mie dita sfiorarono il freddo metallo, mi affrettai a celarla nuovamente tra le vesti, confortata.
Non avevo mai affrontato un viaggio per mare. Improvvisamente quella distesa d'acqua sferzata dai venti mi sembrò cupa e minacciosa. Rammentai i pomeriggi trascorsi in barca, nel laghetto del parco del Palazzo di Ostyen, insieme ai miei compagni di svago. Le dolci melodie dei trovatori e le fresche risate delle ragazze ci cullavano mentre scivolavamo pigramente sull'acqua. Amavo ascoltare i trovatori cantare e intrecciare versi in quel gioco meraviglioso che era l'amor cortese.
Il vociare dei pescatori mi fece tornare alla realtà.
Anuii alle parole di Marcien e mi incamminai verso il molo, affascinata dalle onde che si infrangevano contro gli scogli.
Scrutai l'orizzonte, quasi credendo di poter vedere al di là dello stretto, ma rassegnandomi all'ignoto che ci attendeva.
"Giselle, pensi che i parenti di mia madre potrebbero aiutarci? Tu l'hai conosciuta fanciulla, quando giunse a Animos... forse ti ha parlato della sua famiglia al di là del mare... dovremmo inviare una lettera per annunciare il nostro arrivo... ma a chi? Rimpiango di non essermi mai interessata ai polverosi libri di genealogia della nostra biblioteca..."
Mi incamminai con Giselle verso il battello in attesa, stringendo a me il mio fagotto.

Guisgard
31-08-2011, 01.22.18
“Non badate ora a queste cose, madame…” disse Giselle alla sua padrona “… se il Signore ci permetterà di lasciare questa terra ormai insicura, allora sono certa che guiderà i nostri passi anche in Inghilterra…” esitò un momento, per poi riprendere “… ricordo che vostra madre parlava sempre di una lontana zia… era una marchesa e viveva in un palazzo tra Londra e la contea di Camelot… ma ora non rammento il suo nome… dobbiamo avere Fede, madame… ormai ci è rimasta solo quella…”
La notte senza Luna avvolgeva ogni cosa, rendendo oscura e indefinita quella piatta distesa d’acqua che appariva davanti a loro.
L’aria era asciutta ed attraversata da un lieve vento che permetteva, a tratti, di scorgere inquiete e maestose figure attorno al piccolo porto; erano le alte scogliere immerse in quella enigmatica notte.
I quattro allora si avviarono verso il battello, ma a pochi passi dalla tavolozza che permetteva di salire a bordo, una strana espressione attraversò gli uomini sul ponte.
Infatti alcune ombre avevano preso forma da quell’angosciante oscurità e si avvicinavano al battello.
“Madame, è ora!” Esclamò all’improvviso Marcien, per poi arrestare di colpo il suo passo, imitato subito da sua moglie.
Quelle parole rivolte a Melisendra suonarono prima inspiegabili e poi sinistramente ambigue alla devota Giselle.
Quasi come un messaggio, un segno, come il bacio che Giuda diede a Nostro Signore prima di tradirlo.
Quelle ombre, avvicinandosi e mostrando finalmente le loro fattezze, in breve circondarono i quattro.
“Chi fra voi è Melisendra Yolande Demetra Du Blois, ex duchessa di Beuchamps e vedova Lambrois?” Chiese con tono solenne uno di quei soldati.
Dopo un attimo di sconforto, misto a rassegnazione, che però non aveva impedito a Giselle di comprendere la situazione, la devota nutrice, quasi con un gemito, rispose:
“Sono io… sono io… cosa accade, signore?”

Melisendra
31-08-2011, 02.03.14
Stavo pensando a mia madre, Lowenna, che così poco mi aveva parlato della sua famiglia d'origine e mi sembrava di rivederla, con quei capelli mossi e rosso fiamma che erano una caratteristica della sua famiglia. Solo in quel momento realizzai quanto poco sapessi di lei, oltre al fatto che fosse mia madre e la Duchessa di Beauchamps. Non mi aveva mai parlato della sua vita prima di sposare Thierry Du Blois. Avrei mai scoperto chi fosse Lowenna di Wendron? O era troppo tardi?
Troppi pensieri affollavano la mia mente.
Ciò che accadde intorno a me mi lasciò senza fiato per la sorpresa.
Le parole di Marcien, lo sguardo di Clementine e le parole della guardia. Infine quelle della mia amata Giselle.
Non potevo crederci. Come osava Marcien tradirmi? Tradire mio padre!
La mia fedele Giselle, tra le cui braccia ero cresciuta, si era appena gettata in pasto a quegli uomini che avevano con tanta precisione pronunciato il mio nome. Non potevo permetterglielo.
"No, Giselle..." mormorai. Sollevai lo sguardo e dissi: "Sono io. Sono Melisendra Yolande Demetra Du Blois, figlia di Thierry Alexandre Du Blois, Duca di Beauchamps. Cosa posso fare per voi, monsieur?"

Guisgard
31-08-2011, 02.17.30
“Ex duca di Beauchamps, madame!” Esclamò il tenente, correggendo Melisendra. “E non vi sono signori qui, madame. Né in terra, né tanto meno in Cielo!” Il suo sguardo passò rapidamente dalla giovane vedova alla sua fedele nutrice, per poi ritornare sul bel viso della padrona. “Posso domandarvi cosa ci fate a quest’ora della notte in un posto malfamato come questo? Posto solitamente frequentato da profughi, fuggiaschi, evasi e nemici della repubblica?”
A quelle domande, che già sapevano d’interrogatorio, Marcien e sua moglie cominciarono a defilarsi.
Fecero qualche passo indietro, come a voler prendere le distanze dalle due donne.
“Noi non abbiamo fatto niente.” Mormorò Giselle.
“Allora non avete nulla da temere.” Rispose il tenente. “Devo ripetervi ciò che vi ho domandato un attimo fa, madame?” Rivolgendosi poi di nuovo a Melisendra, con un tono che tradiva impazienza ed insofferenza.

Melisendra
31-08-2011, 02.42.31
Non avevo idea di quale fosse la risposta appropriata. Mi sarei cacciata nei guai? Posai il fagotto accanto a me e mi raddrizzai, a dispetto delle misere vesti rimanevo la figlia di Thierry Du Blois.
"Potrei dirvi che sono a passeggio... l'aria di mare rende più forti." Lo guardai ricambiando il suo gelido sguardo inquisitore. "In realtà desidero solo liberarvi della mia presenza su questo amato suolo e, dopo la prematura scomparsa dei miei genitori e del mio amato sposo, raggiungere la famiglia di mia madre, che si trova proprio oltre lo stretto." Accennai al mare inquieto che si agitava poco lontano da noi.
"Avete ucciso mio padre, un Duca di Beauchamps e la sua sposa, Loyanna di Wendron... il casato di Wendron è stato informato di ciò che è successo alla loro congiunta. Continuerete a giustiziare tutte le persone nelle cui vene scorre sangue blu fino a quando i principi stranieri non uniranno le forze contro la vostra Repubblica?" Il vento mi scompigliò i capelli, qualche ciocca sfuggì e mi accarezzò il viso. "Lasciate che parta in esilio." Nel pronunciare quelle ultime parole chinai lievemente il capo, come a indicare tacitamente che sapevo che la mia sorte si trovava nelle loro mani.

Guisgard
31-08-2011, 03.03.31
“La vostra eloquenza è pari alla vostra bellezza, madame.” Sorridendo il tenente. “Volete lasciare la madrepatria? E perché mai? Per un paese umido e nebbioso, dove siamo odiati e disprezzati solo perché abbiamo raggiunto ciò che altri paesi troveranno forse solo fra secoli?” Un ghigno sorse sul volto dell’ufficiale repubblicano. “Nessuna congiura ha ucciso vostro padre, madame. Egli, come tutti quelli come lui, è stato processato e giustiziato per la libertà del popolo. Chiedete dunque l’esilio, madame? E sta bene, magari vi sarà concesso. Forse. Ma non lascerete questa terra con cose che non vi appartengono. Sapete bene che ogni vostra ricchezza è stata o sarà confiscata dallo stato, perché appartiene al popolo.”
Fece allora un cenno ai suoi e questi strapparono dalle mani di Melisendra e Giselle tutto ciò che avevano con loro.
“Ora vi domando la compiacenza di volerci seguire, madame.” Riprese a dire il tenente.
“Dove volete condurci?” Gridò Giselle. “Non vi basta quello che ci avete fatto? Ci avete strappato l’affetto dei nostri cari e l’amore per una terra che non sentiamo più nostra!”
Ma uno dei soldati le impedì di proseguire, colpendola al volto.
Un attimo dopo Melisendra e Giselle furono portate via dai soldati, mentre sul posto non vi erano più tracce di Marcien e di sua moglie.
La notte proseguiva così il suo corso ed immagini, ricordi e sensazioni confuse correvano nella mente di Melisendra, mentre la veloce ed anonima carrozza le conduceva chissà dove.
E prima ancora che l’alba si affacciasse nel cielo, la figlia del Duca di Beauchamps si ritrovò, da sola, in un’austera sala di un grosso palazzo, più simile in verità ad un vecchio casermone.
Qualche istante dopo un uomo entrò nella stanza.
http://nationalpostarts.files.wordpress.com/2011/06/merlin.jpg?w=620

Melisendra
31-08-2011, 03.17.56
Nessuno aveva risposto alle mie insistenti domande. Dove volevano condurre me e Giselle? E perchè ci avevano separate? Niente panico. Dovevo rimanere calma.
Potevano anche tenersi tutti i miei bagagli, che in fondo contenevano solo vestiti e pochi preziosi.
Sentivo i gioielli premere contro la mia pelle, attraverso la stoffa del corsetto. Giselle era stata previdente. Non avrei lasciato loro anche i gioielli di mia madre.
Camminavo nervosamente lungo la stanza, quando finalmente la porta si spalancò ed entrò un uomo.
Mi voltai di scatto verso lo sconosciuto e lo osservai.
"Spero che voi possiate darmi qualche risposta, monsieur... perchè sono stata condotta qui? Cosa volete da me?"

Guisgard
31-08-2011, 03.40.51
L’uomo camminò per qualche istante in circolo attorno al tavolo sul quale le guardie avevano lasciato alcuni documenti, presumibilmente riguardanti la ragazza che era seduta davanti a lui.
“Ex marchesa di Beauchamps…” leggendo dai fogli presi proprio in quel momento in mano “… il tenente ha riferito che pronunciavate il vostro ormai decaduto titolo con orgoglio, superbia a sentir lui…” fissò Melisendra e sorrise “… un consiglio, dato il legame che avevate con uno dei nostri valorosi compagni, madame… non vi conviene sbandierare troppo i vostri trascorsi aristocratici… potrebbero causarvi guai… per questo mi rivolgerò a voi col solo titolo che vi spetta… madame Lambrois.”
Riempì allora due coppe che erano sul tavolo con del vino, porgendone poi una alla ragazza.
“Naturale che la vedova di un eroe della patria qui può giungervi solo come ospite…” continuò l’inquisitore “… anzi, vi dirò che per me è un onore potervi parlare, madame… e lasciate che mi presenti… sono Jules Oxio, rappresentante dei Ginestrini… noi ci stiamo occupando di voi da tempo e grazie ad un buon patriota come il signor Marcien siamo riusciti a non farvi commettere una sciocchezza… vedete, l’Inghilterra è terra ostile per noi… ma che sciocco…” sorridendo “… sono certo che voi questo lo sapete già, vero, madame? E sicuramente non avete commesso l’errore di portare con voi ciò che resta del vostro blasone, soprattutto in una terra barbara come quella che ha dato origine a miti che solo la nostra letteratura ha poi reso degni di essere letti oggi… e vi chiedo, madame… dove si trovano i gioielli appartenuti alla vostra famiglia ed ora di proprietà del popolo di Magnus? Avevo pensato di chiederlo alla vostra devota nutrice, ma sono certo che collaborerete… per il suo e per il vostro bene…”

Melisendra
31-08-2011, 04.04.25
Rimasi impassibile, non dimostrando alcun segno delle emozioni che mi stavano attraversando. Sorseggiai appena il contenuto della coppa e poi incrociai nuovamente lo sguardo del mio interlocutore.
"Suppongo che sia la stessa domanda che avete rivolto a mio padre prima di giustiziarlo..." sussurrai senza battere ciglio. "Vi devo deludere. Tutto quel che apparteneva alla mia famiglia è stato trafugato dai vostri valorosi compagni quando invasero il castello di Beauchamps... quanto alla mia dote di sposa... mio marito, il caro Gilbert Lambrois, l'ha sperperata per coprire i suoi debiti di gioco." Chinai il capo. "Almeno, questo è quello che mi è stato riferito... penso sappiate che conducevamo vite piuttosto separate."
Sollevai nuovamente lo sguardo.
"Quanto alle ragioni del mio viaggio: desidero solo ricongiurmi alla famiglia di mia madre. La Rivoluzione mi ha privata dei miei cari, dei miei beni e ora cerca di prendersi anche il mio nome. Non ho nessuno che possa garantirmi protezione. Mio marito è morto e io sono qui davanti a voi e vi supplico di liberare me e l'unica amica che mi è rimasta... e di lasciarmi partire in esilio con i soli abiti che ho addosso."
Nonostante le mie parole suonassero disperate, i miei occhi rimasero limpidi, così come il tono della mia voce. Deglutii dignitosamente e posai la coppa sul tavolo.
"Monsieur Oxlo, c'è qualcos'altro in cui posso esservi utile?"

Guisgard
31-08-2011, 04.05.54
Daniel era stato costretto a ritornare in cucina.
Non poteva fare altro che aspettare che le guardie si allontanassero dal palazzo.
Era stato fortunato.
Lord Tudor, prima arrabbiato per il ritardo con cui era stato servito in tavola, aveva dimenticato ogni cosa una volta rivista la sua pupilla Gonzaga.
E questo lo aveva distratto abbastanza da non accorgersi del modo in cui era vestito Daniel.
Ora il ladruncolo era bloccato in cucina ad attendere il momento propizio per fuggire via con quanto aveva raccolto.
In quel momento però lo raggiunsero gli altri valletti, che si sedettero accanto a lui.
Erano tutti in attesa degli avanzi dalla tavola del loro signore.
“Allora, si può sapere perché sei vestito in quel modo?” Chiese quello che con lui aveva servito in tavola. “Se il padrone se ne accorge ti farà frustare a sangue!”
Gli altri sorrisero scioccamente.
“Si e magari lo metterà pure ai ferri!” Intervenne uno di quelli.
“Si e forse, dopo, lo venderà a qualche altro padrone!” Gli fece eco un altro.
“Su, ora basta.” Li zittì il primo valletto. “Non spaventatelo ora. Io sono John Carrey.” Presentandosi a Daniel. “E tu? Come ti chiami?”

Guisgard
31-08-2011, 04.48.21
Oxio restò un attimo pensieroso dopo aver udito le parole di Melisendra.
Giocherellava nervosamente con i documenti che aveva in mano e fissava la ragazza negli occhi, come a volerne carpire ogni singola emozione.
“Vostro padre era nemico della patria ed amico invece dei suoi nemici…” disse, rompendo finalmente il suo silenzio “… cospiratori, monarchici, ecclesiastici… sapevate che il vostro nobile genitore era in contatto con gli inglesi? Era un traditore ed è stato condannato giustamente. Quanto ai gioielli di famiglia, vi assicuro che vostro marito non ne ha mai usufruito…” sorrise con un ghigno “… al povero Lambrois non negavate solo le vostre grazie, madame… ma a quanto pare anche alcuni beni della vostra famiglia… ora vi chiedo per l’ultima volta… dove sono quei gioielli?”
Ma proprio in quel momento una terza persona entrò nella sala.
“Repubblicano Oxio, come procede qui?” Chiese De Jeon.
“Madame Lambrois afferma che i gioielli della sua famiglia sono stati tutti utilizzati dal suo defunto marito.”
“Davvero?” Restando impassibile De Jeon, intento a controllare i documenti riguardanti Melisendra. “E’ ovvio che mente.” Sentenziò. “Falla arrestare.”
“Ma è la vedova di Lambrois!” Fece Oxio.
“E allora? Arresti lei, non suo marito. E’ stata portata qui da sola?”
“Con la sua governante.”
“Saranno processate entrambe.” Disse de Jeon.
“Con quale accusa?”
“Ha derubato il popolo.” Rispose De Jeon. “Probabilmente quei gioielli li avrà già fatti giungere da tempo in Inghilterra. Ecco perché ora stava fuggendo.”
Oxio allora suonò un piccolo campanello e due guardie entrarono nelle stanza.

Guisgard
31-08-2011, 05.12.06
La carovana proseguiva lenta e svogliata e l’incedere dei loro cavalli sembrava accompagnarsi alla canzone che buona parte della compagnia aveva intonato.
Dei sette che componevano la compagnia, solo tre restavano in silenzio, limitandosi chi ad ascoltare gli altri cantare, chi a fissare la cittadina che era apparsa loro in lontananza.
“Finalmente una città!” Esclamò il vecchio Essien, uno dei tre e capo della compagnia. Gli altri due erano il giovane Renart e colui che guidava il carrozzone, una sorta di casa ambulante, studio, spogliatoio e dimora di quegli artisti itineranti.
L’uomo alla guida del carrozzone appariva silenzioso e distratto.
Aveva un basco scolorito, un tempo rossastro, con tanto di piuma sulla testa ed una buffa maschera sul viso.
“Più che città direi cittadina!” Fece Tissier.
“Dì pure che quello è poco più grande di un borgo!” Aggiunse Gobert.
“E cosa vuol dire mai?” Fece Essien. “Forse la gente di un borgo o di una cittadina si diverte meno di quella che vive in grandi città? Non credo che quella cittadina adagiata sul colle davanti a noi sia più piccola dell’Atene classica, in cui venivano inscenate le opere di Menandro, di Aristofane o di Cratino!” Con tono ampolloso e teatrale, come era suo modo di fare sulla scena e nella vita. “Senza parlare poi della Roma repubblicana, dove scrivevano Plauto e Terenzio!”
“Roma non era più piccola di quella cittadina!” Esclamò Gobert. “Roma è la città più grande del mondo!”
“Lo è diventata ora!” Fece Fantine, una delle due donne della compagnia. “Non lo è sempre stata!”
“Le città di un tempo non erano paragonabili a quelle di oggi.” Spiegò con sontuosi gesti il vecchio Essien. “Sono poi i poeti e gli scrittori che, nel tramandarne le immagini, le ingigantiscono agli occhi dei contemporanei. Un po’ come avviene con noi attori oggi… noi che amiamo arricchire e vivacizzare la realtà quotidiana nei nostri spettacoli. Un palcoscenico degno dell’opera più bella non è direttamente proporzionale al perimetro delle mura della città in cui si trova.” Ed annuì, come ad aspettarsi un applauso ed un consenso che quell’esigua platea non poteva e non voleva concedergli.
“Beh, cos’altro aspettiamo?” Fece Tissier. “Raggiungiamo quella degna città, cittadina o borgo che sia, per scoprire se è una novella Atene, un’ inaspettata Roma oppure un luogo che rifugge l’estro e la vivacità di quelli come noi.”
Essien allora fece un cenno all’uomo che guidava il carrozzone e la compagnia riprese il viaggio.
“Speriamo sia una bella cittadina, comunque.” Disse Renart.
“Bella o brutta che sia” replicò Essien “tu non ne godrai di certo le attrattive, visto che hai almeno un paio, o forse anche tre, di copioni da provare e riprovare!”
“Abbiate fiducia e vedrete che vi stupirò, maestro!” Rispose Renart sicuro di sé. “E stupirò anche te, vedrai.” Aggiunse, avvicinandosi col suo cavallo a quello di Talia.
Poco dopo la compagnia giunse nella cittadina, che aveva nome Cardien.

Melisendra
31-08-2011, 05.33.15
Presto mi avrebbero portata via. L'istinto di sopravvivenza ebbe la meglio.
"Aspettate..." mormorai, quasi timidamente, scostandomi appena dalla presa delle guardie.
"Così siete voi quel famoso De Jeon." Gli rivolsi un inchino, nonostante nel mio cuore provassi solo disprezzo per quell'uomo che, con le sue orazioni, fomentava il popolo e probabilmente aveva partecipato alla condanna di mio padre. La mia vita non mi apparteneva più, era finita nelle mani di quegli uomini ansiosi di trovare un nuovo spettacolo per gli occhi delle folle.
"Se..." mi tremò la voce "Se recuperaste ciò che è rimasto del tesoro dei Du Blois... lascereste libera me e la donna che avete arrestato con me?"
Rimasi immobile a guardare quegli uomini così tetri.
Sapevo dove mio padre aveva nascosto alcuni preziosi che la sua famiglia si tramandava da generazioni: la cripta del palazzo di Beauchamps. Mi augurai che non mi vedesse mercanteggiare con i suoi assassini. I gioielli di mia madre, invece, sarebbero rimasti al sicuro nel mio corsetto. Dovevo scegliere tra l'eredità dei Du Blois e quella dei Wendron e mi spiaceva ammetterlo, ma quello che rimaneva dei Du Blois era ormai perduto. Occultarne i resti sarebbe stato sciocco, a quel punto.

brianna85
31-08-2011, 10.35.09
Brianna corse frettolosamente per tutta casa ad aspettare l'arrivo del suo amato da anni lontano... sapeva che quel giorno sarebbe arrivato prima o poi... ordinò ai suoi servi e alla sua balia di preparare un bagno caldo e la stanza da letto mentre nelle cucine si avviarono per preparare un suontoso pasto... Brianna pianse dalla gioia agitandosi tutto il giorno

elisabeth
31-08-2011, 11.41.36
Erano anni che mancavo da Animos, ero una bambina allora, figlia di un errore materno il cui padre non sapevo neanche chi fosse......il giorno costretta a fare i piu' umili dei lavori.....l'uomo che aveva sposato mia madre non aveva un animo gentile e raffinato.....ero soltanto una bocca in piu' da sfamare, non riusciva neanche a pronunciare il mio nome se non con fischi e parole sgraziate........vivevo fuori casa, non avevo il diritto di avere un tetto sulla testa e che fosse state o inverno poco contava.......ma quella era la mia piccola liberta', potevo vivere di sogni e di aria pura......la natura mi faceva da maestra.....e il giorno e la notte diveniva il mio scorrere del tempo, fu cosi' che conobbi un uomo, ero un essere spigoloso, senza alcuna grazia e con i capelli terribilmente aggrovigliati......fu per lui un problema riconoscere se fossi maschio o femmina, solo la mia voce gli rese nota la mia femminilita'.............lo incontravo di notte, quando messa in un angolo accanto al fuoco riparata dalle fronde di un albero lo ascoltavo mentre leggeva, poco comprendevo.....ma man mano che le notti passavano incominciai a guardarmi intorno in maniera diversa e cosi' capii che ero li per imparare........Un giorno mi resi conto che valevo solo qualche bottiglia di vino e fui condotta da quell'uomo, che divenne per me un porto sicuro, in Bretagna........c'erano altre ragazzine come me, era un villaggio immerso nel bosco , le cui case sembravano palazzi cresciuti tra gli alberi........fui lavata, sfamata e resa presentabile....per la prima volta vidi il colore delle mie carni.......e compresi che la mia pelle ora era profumata di lavanda.........imparai a leggere e a scrivere, vivevo tra ricche biblioteche e maestri esigenti, tutto diventava conoscenza, crebbi serena ed appagata.........imparai cosa fosse La Fratellanza, L'Uguaglianza e la Liberta'...........imparai a riconoscere il bene del creato ed ad amare a prescindere da qualsiasi condizione........Ma venne il momento di comprendere perche' fui condotta in quel luogo e allevata tra il rispetto delle regole ed un amore incondizionato. Dovevo tornare al mio paese di origine per scoprire chi fosse mio padre e per dare un senso a quaella ribellione che non avrebbe portato a nulla che non ad altro sangue innocente.....................Piu' mi avvicinavo e piu' sentivo nascere in me l'angoscia.................Avevo abbastanza denaro per dormire qualche notte alla locanda, ma avrei dovuto trovarmi un lavoro, cosi' entrai al borgo, non era cambiato qualsi nulla, le persone erano rimaste indifferenti, o almeno cosi' mi parve, mi fu indicata la locanda in cui avrei potuto dormire e mangiare qualcosa.......cosi' vi entrai e cercai il Locandiere......era un uomo tarchiato ...il suo grembiule non vedeva l'acqua da tempo......ma ero cosi' stanca che poco importava se il luogo fosse pulito o no...giorni di cammino si facevano sentire..." Perdonatemi sigore, desidero sapere se avete una stanza da darmi........e un pasto caldo........"

Daniel
31-08-2011, 12.00.57
<<Ehm.. io.. sono.. -Che fare? Doveva dirgli il proprio nome? o inventarsene uno?- Io sono Christian piacere di conoscervi..>>
Daniel era fissato da tutti quei valletti sopratutto per i vestiti..
Frustate? Messo ai ferri? Ma quelli lì stavano male.. Io me ne voglio andare da sto posto appena avrebbe potuto.. Ma ora non poteva e attendeva con impazienza cosa gli avrebbe detto il primo valletto..

ladyGonzaga
31-08-2011, 12.22.17
Forse è meglio non disturbare il pranzo di lord Tudor , preferisco aspettare che abbia terminato , so quanto ci tiene a questo momento della giornata.
Dissi cosi in fil di voce a Jalem , ma evitando di incrociare il suo sguardo.Avrebbe capito subito che quella era solo una scusa per ritardare il momento dell'incontro.

Cosi rimasta sola , andai in giro per le grandi sale, ricordando ogni loro angolo.
Ma il posto che più adoravo erano le cucine.
Immense e maestose e ricche di oggetti ,erano per me il mio rifugio preferito ,lontano dalle prediche e dalle regole di corte.
Là potevo essere me stessa e dare libero sfogo alla mia fantasia.

Ricordavo bene dove queste fossero, ci misi poco ad arrivare...

"permesso" dissi stando attenta a non alzare troppo la voce.

I pochi presenti si voltarono , io li riconobbi tutti ma loro no.Mi guardavano spalancando gli occhi e inchinandosi a me mi salutarano come si conviene ad una dama di corte.

" Come ?? anni fa mi tenevate sulle ginocchia e mi riempivate di farina e ora vi inginocchiate a me????
Sia mai questo..sono io LadyGonzaga"
Notai in un angolo della cucina , un giovane ragazzo che non riconobbi, forse era nuovo o forse il figlio di qualcuno che lasciai tanto tempo fa..infondo erano passati quasi 20 anni dal giorno che lasciai il palazzo...avevo appena 7 anni ..
Una cosa era certa ...aveva paura ..stava là come se aspettasse qualcuno che gli impartisse degli ordini...


http://www.ilcastellodiracconigi.it/ita/attivita/iniziative/im/big/cucine_reali_440.jpg

Talia
31-08-2011, 16.41.44
“...E stupirò anche te, vedrai.” Aggiunse, avvicinandosi col suo cavallo a quello di Talia.
Poco dopo la compagnia giunse nella cittadina, che aveva nome Cardien.

Lanciai un’occhiata obliqua a Renart e sorrisi sarcastica...
“Oh, ma davvero?” dissi “Sono proprio curiosa di vedere come farai... Anche perché dubito proprio che, dopo tutti i guai che sei riuscito a causare il mese scorso in quella locanda di Chinon o l’affare di quella signorina di Epuissey, tu possa essere in grado di stupirmi ancora in qualche modo!”
La mia risata cristallina si levò leggera e svolazzante sopra tutti noi, vidi Renart irrigidirsi appena e raddrizzare la schiena, ma io non gli detti la possibilità di controbattere: spronai il cavallo e accelerai il passo, raggiungendo il buon Essien alla testa della piccola comitiva.
Renart era un bravo attore, in fondo... ma io non riuscivo mai a resistere alla tentazione di mettere in ridicolo quei suoi atteggiamenti vagamente pomposi e a sgonfiare la sua maliziosa e continua corte per me. Corte, d’altra parte, che rivolgeva a qualsiasi fanciulla gli capitasse di fronte...
Raggiunsi Essien proprio nel momento in cui giungevamo sotto le mura della città e piegavamo verso nord, per oltrepassare la grande porta cittadina...
“Se vi è una cosa positiva in questo nuovo regime...” gli dissi a mezza voce e con un sorriso ironico, muovendo lo sguardo tra le persone che avevano iniziato a farsi ai bordi della strada, osservando con curiosità il nostro carrozzone e gli abiti colorati e vistosi che indossavamo “E’ che rende tutti questi uomini liberi nostri possibili estimatori e mecenati!”

Daniel
31-08-2011, 18.05.17
Nelle cucine arrivò un bellissima Dama.. Aveva un sontuoso vestito che io non avevo mai visto indosso alle donne che conoscevo.. Avevo paura perchè continuava a guardarmi e avevo paura che si avvicinasse.. Se mi avrebbe scoperto mi avrebbe subito denunciato oppure no? Aspettavo solo la sua mossa..

ladyGonzaga
31-08-2011, 18.49.10
" E voi che siete timidamente nascosto dietro quelle ceste chi siete?", dissi rivolgendomi all'impaurito giovane.
" Siete nuovo di qui? Non mi pare di ricordarmi di voi...forse siete arrivato da poco al servizio di Lord Tudor?".

In attesa della sua risposta mi avvicinai a lui e gli porsi la mia mano, ma appena i miei occhi incontrarono i suoi occhi qualcosa mi fece trasalire...quello sguardo..quegli occhi verde mare...mi erano familiari...

http://tvblog.girlpower.it/wp-content/uploads/2010/01/2-02-screencaps-merlin-on-bbc-8771034-624-352.jpg

Guisgard
31-08-2011, 19.29.24
A quelle parole di Melisendra, De Jeon e Oxio si scambiarono una rapida occhiata.
“Noi non patteggiamo con i membri dell’ex aristocrazia…” rispose sprezzante De Jeon “… io non baratto ciò che spetta al popolo con la libertà dei suoi nemici! Da cittadina di questa repubblica, voi avete il dovere di consegnare al popolo ciò che è del popolo! Senza ricatti o compromessi di sorta! Comportatevi degnamente, servendo la vostra patria e dopo discuteremo la vostra sorte!”
“Collaborate, madame,” Intervenne Oxio. “Ve lo consiglio vivamente. Conduceteci dove potremo recuperare i bene appartenuti alla vostra famiglia, madame. Potrà essere un’occasione di riscatto per voi.”
“Avanti, ora condurrete i soldati nel luogo in cui si trovano i preziosi.” Fece De Jeon.
Suonò allora il campanellino ed un uomo apparve sulla soglia.
“Chiamate il capitano Bordue!” Ordinò De Jeon.
Alcuni istanti dopo un giovane ufficiale si presentò nella stanza.
“Capitano, questa donna vi condurrà dove potrete recuperare alcuni beni confiscati per il popolo.” Spiegò De Jeon. “Preparate una scorta armata.”
“Si, repubblicano De Jeon!” Rispose il capitano.

Guisgard
31-08-2011, 19.57.21
Nelle cucine Gonzaga aveva incontrato il misterioso Daniel.
E qualcosa in lui l’aveva colpita.
Gli altri valletti cercarono di coprire il nuovo arrivato, temendo che potesse buscarsi una solenne bastonatura.
“Milady, egli è Christian ed è qui al servizio di lord Tudor solo da questa mattina.” Fece uno di loro. “Gli devono ancora dare il costume da valletto. Per questo è qui in cucina, milady.”

Guisgard
31-08-2011, 20.08.29
Elisabeth era giunta ad Animos, in una cittadina sulla via per la capitale: Cardien.
La locanda dove cercava una stanza non era niente di che, ma sufficientemente tranquilla.
Il locandiere le diede una stanza e le servì un degno pasto, non prelibatissimo, ma caldo e nutriente.
Ad un tratto si udirono grida di ragazzini e schiamazzi per le strade.
Il locandiere si affacciò ad una delle finestre e notò un carrozzone giungere nella cittadina.
“Ehi, sembra che in città siano giunti alcuni attori itineranti!” Esclamò.

Daniel
31-08-2011, 20.51.35
" E voi che siete timidamente nascosto dietro quelle ceste chi siete? Siete nuovo di qui? Non mi pare di ricordarmi di voi...forse siete arrivato da poco al servizio di Lord Tudor?"

Mi pareva di conoscera non so perchè.. Eppure era impossibile visto che lei era una nobildonna e io un semplice ladruncolo.. I valletti tentarono di coprirmi.. Ma io sapevo che lei aveva capito.. Lei sapeva che io li ero un pesce fuor d'acqua.. Non centravo niente.. Non sapevo ancora se era amica o nemica ma volevo fidarmi.. Spostai il valletto e dissi:
"Christian madame al vostro servizio.." e mi inchinai profondamente...

Melisendra
31-08-2011, 20.52.33
Rimasi silenziosa finchè il capitano non se ne andò a eseguire gli ordini.
Più osservavo quell'uomo altero che mi stava davanti e più ero convinta di averlo già visto.
De Jeon, pensai tra me e me. Improvvisamente rammentai dove avevo già udito quel nome e quando lo avevo incontrato.

L'Accademia del Parnaso.
Fin dalla più tenera età ero solita seguire mio padre in quel luogo, dove aveva sede uno dei più celebri circoli artistici e filosofici di Animos. Da studioso e umanista qual era, Thierry Du Blois aveva costituito dapprima una piccola cerchia di artisti e letterati da lui sovvenzionati e poi un vero e proprio centro di studi. L'Accademia del Parnaso era uno dei più begli edifici della capitale, interamente costruito secondo un gusto ellenico, che prediligeva spazi ampi e linee pulite, con affreschi raffiguranti Apollo, le Muse e allegorie. Era lì che mio padre trascorreva ore tranquille, in compagnia dei suoi protetti e dei suoi amati libri. Talvolta andavo a trovarlo, sempre col timore di infrangere, con la mia sola presenza, l'incanto che regnava in quelle sale. Alle donne non era consentito l'ingresso all'Accademia, ma ero pur sempre la figlia di Thierry Du Blois, quindi passeggiavo tra i colonnati e nella biblioteca, senza che nessuno mi chiedesse di andarmene. Fu durante una delle mie visite che vidi il volto di De Jeon.

I miei occhi fiammeggiarono.
"Nemici? Non eravamo vostri nemici, De Jeon, quando frequentavate il circolo del Parnaso." Per un attimo avevo perso la calma, quindi mi affrettai a recuperare la freddezza. "Quanti dei vostri maestri sono stati protetti e sostenuti da mio padre? I filosofi Padeux, Hannorger, Galitio... hanno creato quelle opere che celebrano la libertà proprio tra i colonnati dell'Accademia del Parnaso. E voi? Mi ricordo di voi... eravate nella biblioteca con mio padre e il buon Galitio quando proprio quest'ultimo ci ha presentati."
Ora ricordavo tutto chiaramente. Ero andata all'Accademia per rammentare a mio padre di essere puntuale al ballo della Primavera, che avrebbe avuto luogo quella sera stessa, e lo avevo trovato impegnato con i suoi amici. Galitio, filosofo ed eccellente oratore, era un vecchio amico di papà e frequentava la nostra casa. La sua barba grigia e l'aspetto stralunato erano inconfondibili. Quel giorno era accompagnato da un suo allievo.
"Vi siete abbeverato a una fonte che adesso avete il coraggio di chiamare infetta... sapete molto bene che mio padre era un patriota e un umanista, ma vi ha fatto comodo accusarlo di tradimento e gettarlo in pasto alla folla."
I miei occhi scintillavano di sordo furore. Mia madre diceva che una dama non doveva mai lasciarsi cogliere dalle passioni, ma non era più tempo per i modi cortesi.
"Cercate nella casa di Gilbert Lambrois e troverete quello che rimane della dote di cui si impossessò in seguito al nostro matrimonio... argenti e gioielli sono nascosti in soffitta. Il resto mio padre lo nascose all'avidità di Lambrois nel castello di Beauchamps."

ladyGonzaga
01-09-2011, 00.27.24
" Alzatevi ve ne prego, non mi è mai piaciuto osservare il capo delle persone , ma i loro occhi, quindi vi chiedo cortesemente di non prostrarvi a me" .
A queste parole il ragazzo si sollevò di scatto evitando di incrociare il mio sguardo;
c'era qualcosa in lui di molto familiare per me, ma qualcosa mi sfuggiva e non riuscivo a capire cosa.

" adesso devo andare ad incontrare Lord Tudor, infondo sono qui per questo, dissi ad alta voce.
A queste mie parole i cuochi e gli adetti alla cucina mi salutarono con immensi sorrisi un po sbalorditi per il mio cambiamento, quasi in soggezione e timorosi nei miei confronti.

" Con voi ci vediamo più tardi " sussurrai al giovane .


Finalmente arrivai alla sala da pranzo di lord Tudor, dietro la grande tenda sentivo le sue risate e quel gran vocione che sempre mi aveva fatto sobalzare dalla paura.
nel mio cuore in quel momento il sangue sembrò gelarsi, le gambe mi tremavano e la voce si era rifugiata nella parte più nascosta della mia gola.

Entrai avvicinandomi al suo tavolo e con un inchino degno di una nobile dama , riusci a dire poche parola...

" buon pomeriggio Lord Tudor è un piacere per me essere di nuovo al vostro cospetto"

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Guisgard
01-09-2011, 01.21.50
De Jeon ascoltò impassibile le parole animate e passionali di Melisendra.
La fissò negli occhi per tutto il tempo, senza staccare mai i suoi occhi neri e profondi da quelli chiari e luminosi della ragazza.
“Patriota e umanista?” Ripeté l’ex studente quando la giovane vedova terminò di parlare. “Vostro padre era intimamente legato, come tutti voi sporchi aristocratici, al Clero! Vi legittimavate a vicenda, mentre il popolo moriva per gli stenti e la fame!” Esclamò con vigore l’ardente repubblicano. “Ci avete incatenato per secoli al giogo dei vostri privilegi, mentre gli ecclesiastici ci rendevano ignoranti con i loro dogmi! Per secoli vi siete arricchiti ed ingrassati sul sangue, sulla miseria e sul dolore dei vostri simili! Ed ora, insolente e superba donna, giungete qui a decantare le virtù di vostro padre! Commetteste un grave errore ad aprirci le porte del sapere!” Urlò. “L’Accademia del Parnaso, come quella di Theti, Degli Scalzi, finendo poi alle sale delle scuole dell’intera nazione! Quei luoghi allora pullularono di nuove idee! Le nostre idee! Idee di libertà, di uguaglianza, di fraternità! Idee che forgiarono un mondo nuovo! Un mondo dove non c’è più posto per i vostri privilegi, i vostri diritti feudali e la vostra inviolabilità! La cromatura delle vostre armature e la porpora delle vesti dei chierici non ci spaventano più! Ha vinto l’uomo e la sua Ragione!”
Un sorriso allora spuntò sul suo volto.
In quel momento il capitano Bordue tornò nella stanza.
“Capitano…” ordinò De Jeon “… recatevi con i vostri uomini prima alla casa di Gilbert Lambrois, poi al castello degli ex signori di Beauchamps… e tornate qui solo quando avrete raccolto tutto ciò che di prezioso è custodito in quei luoghi. Andate!”
“Si, repubblicano De Jeon!”
“Nel frattempo, madame, sarete ospite di questo palazzo.” Rivolgendosi De Jeon di nuovo a Melisendra. “E quando il capitano farà ritorno, discuteremo del vostro futuro e di quello della vostra nutrice.” Fece un cenno alle guardie e queste condussero la nobile dama in una cella, dove erano segregate diverse persone, tra cui anche la devota Giselle.

Melisendra
01-09-2011, 01.55.17
Prima di uscire gli rivolsi un'ultima occhiata sdegnosa.
"Dite ai vostri uomini di setacciare la cripta dei Du Blois a Beuchamps, nell'ossario... Lì troverete ciò che cercate... in fondo mi pare che vi piaccia ciò che odora di morte."
Detto ciò mi voltai verso le guardie che dovevano scortarmi alla mia cella. Il gelo del mio sguardo li colse di sorpresa: non accennarono a sfiorarmi e mi condussero verso le prigioni.
Appena entrai in quel luogo tetro sentii il coraggio e la sfrontatezza venirmi a meno e strinsi così forte la mano in un pugno che mi conficcai le unghie dolorosamente nel palmo della mano. Quel dolore mi fece tornare in me.
Varcai la porta della mia cella e, tra i tanti volti che mi guardarono incuriositi, scorsi quello di Giselle. Corsi ad abbracciarla.
"Oh Giselle... stai bene? Ti hanno fatto del male?" La guardai con preoccupazione. "Non so proprio cosa sarà di noi... mi dispiace averti coinvolta in questa disgrazia..."

Guisgard
01-09-2011, 02.14.41
“Dite che mi piace madame morte?” Fece De Jeon mentre le guardie conducevano via Melisendra. “Vi assicuro di no, madame… è che ormai sono abituato al suo gelido alito… per anni, sotto il governo dei vostri pari e del Clero, io e i miei simili abbiamo convissuto con la morte. E non temete…” aggiunse “… i nostri soldati setacceranno per bene ogni angolo di quei luoghi… e voi sperate soltanto che riescano a trovare ciò che cerchiamo… speratelo per il vostro bene.”
Poco dopo la bella vedova fu condotta in cella.
Qui fra diverse persone incarcerate, nobili, servi di questi, chierici e persino suore, Melisendra ritrovò Giselle.
La donna era visibilmente provata, ma il rivedere la sua padrona la rianimò in un momento.
“Grazie al Cielo state bene, madame!” Esclamò portando le mani sul volto della sua signora. “Non temete, non mi hanno fatto alcun male…” la fissò “… la mia vita è sempre stata al servizio della vostra famiglia… non avrebbe avuto senso per me non condividere ora la vostra stessa sorte, madame…” ed abbracciò Melisendra.
Accanto alle due donne alcuni passavano il tempo rimasto loro giocando con i dadi.
“Fortuna che abbiamo il gioco ad allietare questi tristi momenti.” Disse uno di loro. “Ci aiuta a dimenticare…”
“Per troppo tempo abbiamo dimenticato…” mormorò un altro di loro, un ecclesiastico, forse un vescovo “… chiudendo gli occhi davanti alla realtà che ci circondava… ignorando così il dramma del popolo… ed ora ne paghiamo le conseguenze… tutto ciò è anche e forse soprattutto colpa nostra, amici miei…”

Guisgard
01-09-2011, 02.35.35
L’arcigno aristocratico fissò Gonzaga.
“Avrei voluto godere della tua compagnia a tavola” sbottò col suo solito tono che tendeva a mettere tutti in soggezione “ma sei scappata via in un momento. Vedo che alcuni aspetti del tuo carattere sono rimasti immutati, ragazza mia. Ma questo non credo possa essere rimproverato a lady Saint Pierre… hai sempre avuto l’argento vivo addosso e quello non si perde mai!” La fissò di nuovo, stavolta cercando di rendere ancora più credibile il suo sguardo severo, ma alla fine un sorriso si aprì, a forza, un varco su quel viso austero e segnato dalla rigida disciplina impostagli dal suo ruolo. “Vieni qui e fatti abbracciare, ragazza mia!” Esclamò balzando in piedi e tendendo le braccia verso la sua pupilla. “Avanti, raccontami tutto!” Continuò. “Come hai passato questi anni al palazzo della baronessa? Immagino ti abbia insegnato ogni cosa per essere la più invidiata e corteggiata dama di Camelot! Ma che dico! Di tutta l’Inghilterra!” E scoppiò a ridere. “Ma bada che per me sei ancora la mia bambina e chiunque giungerà per farti la corte dovrà vedersela con me!”
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Melisendra
01-09-2011, 02.57.20
I tristi discorsi degli altri prigionieri abbatterono il mio animo.
"Se ci sarà un processo..." mormorai a Giselle, sedendomi su una panca. La sola prospettiva mi faceva mancare l'aria. Ma forse era il corsetto tremendamente stretto. Ripresi fiato. "Se dovessero processarmi... cosa impedirebbe loro di risparmiarmi?" Trattenni le lacrime.
Mi sentivo stanca.
Presi un fazzoletto dalla tasca e con un rapido gesto asciugai lo sguardo.
"Nessuno sa che siamo qui... e a nessuno importerebbe..."
Sospirai, guardando la luce filtrare da una grata.

Guisgard
01-09-2011, 03.23.43
“Già, il mondo sembra averci dimenticato…” fece l’ecclesiastico che fino ad un istante prima era impegnato con i dadi “… e forse nessuno sa più se siamo vivi oppure morti.” Fissò Melisendra ed accennò un sorriso.
“Monsignore…” avvicinandosi un altro dei prigionieri “… credete che possano davvero farci del male?”
“Fino a quando non saremo processati” intervenne una suora “non potranno farci nulla.”
“Allora non illudetevi troppo, sorella…” mormorò un altro “… se ci hanno condotti qui è perché siamo in attesa di essere processati… già, i loro dannati tribunali del popolo…” masticando amaro il nobile uomo “… tutto ciò che riguarda il popolo mi causa disprezzo, nausea…il poeta Guido Cavalcanti diceva che il volgo è come una bestia… e noi siamo alla mercé di quella bestia mossa dai più primordiali ed insensati istinti…”
“Attendiamo e confidiamo nella Divina Misericordia, amici miei… di più non possiamo fare…” disse l’ecclesiastico.
Passarono così alcune ore, poi quasi l’intera notte.
E poco prima dell’albeggiare si udirono dei passi provenire da fuori.
Un attimo dopo la porta della cella si aprì ed un soldato lesse alcuni nomi ad alta voce:
“L’ex barone Arman Saint Germain… l’ex badessa Anne Rovignon… l’ex vescovo de Touls…” ed a quel nome l’ecclesiastico seduto accanto a Melisedra si alzò e raggiunse gli altri chiamati prima di lui.
Tutti quelli furono allora condotti via.
Ma dopo alcuni minuti, un altro soldato si presentò, chiamando altri due nomi:
“Melisendra Yolande Demetra Du Blois, ex Duchessa di Beuchamps e vedova Lambrois… Giselle De Pires…”
Le due donne allora furono portate via e condotte in una severa ed austera aula, davanti ad un giudice e a dei giurati.
In quel momento in aula entrò anche De Jeon.
“Madame…” cominciò il giudice rivolgendosi a Melisendra “… siete accusata di aver sottratto e nascosto dei beni appartenenti al popolo… nei vostri ex possedimenti sono stati trovati diversi oggetti preziosi… cosa avete da dire a vostra discolpa?”

Guisgard
01-09-2011, 03.52.28
Andata via dalle cucine Gonzaga, i valletti, fra i quali vi era anche Daniel, si rimisero a sedere in attesa degli avanzi dalla tavola del loro padrone.
Ma insieme agli avanzi giunse anche un vecchio servitore.
“Mangiate presto che vi attendono diversi lavoretti nel palazzo oggi!” Disse questi. “Bisogna pulire le stanze della torre nord e gli alloggi nell’ala est. Forse domani, al massimo dopodomani, il nipote di sua signoria sarà di ritorno e tutto deve essere pronto. Dunque forza! Mangiate e poi tutti sotto a lavorare!”
“Ehm, signore…” fece il valletto John “… vedete… Christian è caduto mentre portava da mangiare ai maiali ed ora il suo costume è inservibile…”
“Chi è Christian?” Stupito il servitore. “Non ricordo di averlo mai sentito nominare!”
“E’ giunto da poco…” spiegò John “… lo condusse qui… si, ehm, lo condusse qui messer Hagus…”
“Davvero? Allora al suo ritorno chiederò a lui spiegazioni.” Mormorò il servitore. “Nel frattempo gli fornirò io un altro costume… ma bada” rivolgendosi con tono severo a Daniel “che se rovinerai anche questo sarai punito!”
Ed andò via.
“Tranquillo, Christian…” disse John a Daniel “… messer Hagus è partito insieme al nipote di sua signoria… e per quando sarà ritornato, quel vecchio servitore avrà già dimenticato questa storia.”
Poco dopo a Daniel fu portato un nuovo costume da valletto.
“Benvenuto tra noi!” Esclamò John al giovane ladruncolo.

Melisendra
01-09-2011, 04.31.44
Mi guardai intorno. Tutti quei volti sconosciuti mi intimorirono.
Ero stanca e affamata, ma cercai di raccogliere le idee.
"Signori..."mi schiarii la voce. "Signori, io non ho occultato niente."
Mi sembrò di udire dei mormorii, ma non ci feci caso.
"Immagino che tutti voi sappiate il nome di mio marito. Il mio defunto marito." Per un attimo la mia voce tremò. "Quando mi sposò si impossessò della mia dote, che infatti avete trovato nella casa da lui occupata fino alla sua morte. Sono sicura che la maggior parte dei pezzi sia ormai andata perduta."
Mi guardai intorno.
"Gilbert Lambrois mi sposò per mettere le mani sui tesori di mio padre. E mio padre acconsentì solo per salvarmi la vita. Ciò che avete rinvenuto nella cripta dei Du Blois è stato nascosto da Thierry Du Blois solo per non farlo cadere nelle mani dell'uomo a cui mi aveva data in sposa."
Deglutii.
"Non ho cercato di fuggire portando con me quei tesori, ma solo di raggiungere ciò che resta della famiglia di mia madre in Inghilterra, dove qualcuno può garantirmi la protezione che la sorte mi ha tolto, trovandomi ad essere sia vedova che orfana."
Tacqui.

Guisgard
01-09-2011, 05.07.48
E quelle furono le parole di Melisendra.
Pallida, provata, angosciata da quella sorte avversa, eppur ancora nobile e bellissima.
Quel pallore diffuso, frutto delle sofferenze e dello sconforto, sembrava rendere ancor più luminosi quei suoi meravigliosi occhi chiari.
Occhi vivi, che tradivano l’indole e l’ardore del suo animo.
E questo arrivò a tutti i presenti: giudice, giurati, soldati ed ai rappresentati del popolo.
Ed anche a De Jeon arrivò l’orgoglio e la fierezza di quella ragazza.
In quel momento De Jeon avvertì un senso di rabbia e frustrazione.
E si sentì inerme davanti a quello spirito aristocratico che né lui, né i suoi compagni, né il boia e nemmeno quelle idee di luminosa razionalità che avevano invaso il paese erano riusciti, almeno in quel momento, a fiaccare e ad estirpare.
Dopo il discorso di Melisendra furono ascoltati dei testimoni.
Alcuni confusionari, altri incerti, qualcun altro incoerente.
Ma pesavano quei gioielli che nessuno era ancora riuscito a trovare.
La giuria allora si ritirò per decidere.
E durante il dibattimento, contro ogni regola di uno stato di diritto, De Jeon raggiunse i giurati.
“E’ colpevole.” Disse.
“Non abbiamo prove certe ed i testimoni sono quasi del tutto inattendibili.” Replicò il capo della giuria.
“Allora dove sono i gioielli?” Urlò De Jeon. “Ve lo dico io! Sono già in Inghilterra, dove quella donna voleva fuggire! Ma vi rendete conto del pericolo che corriamo?” Con enfasi il capo degli studenti. “Quella donna ha dei parenti in Inghilterra. E sicuramente, una volta raggiunti, tramerà con loro e forse con l’intera aristocrazia inglese contro di noi!”
“Cosa proponete dunque?” Domandò il capo della giuria.
“L’unica soluzione possibile… la morte.”
“Impossibile!” Esclamò il giudice. “E’ pur sempre la vedova Gilbert Lambrois! Se la condannassimo, per di più senza prove certe, scateneremmo la reazione violenta dei Pomerini, gli ex compagni di suo marito!”
“I Pomerini oggi sono deboli e non possono farci paura!” Battendo un pugno sul tavolo De Jeon.
Allora calò il silenzio nella piccola stanza adibita a giuria.
Dopo un po’ la giuria tornò in aula per leggere il verdetto.
“Melisendra Yolande Demetra Du Blois, ex Duchessa di Beuchamps e vedova Lambrois, Giselle De Pires… in piedi…” disse una guardia.
“Qual è il verdetto?” Chiese allora il giudice fissando i giurati.
“Questa giuria ritiene le imputate…” alzandosi in piedi il capo della giuria “… colpevoli di alto tradimento verso la repubblica ed il popolo… e le condanna alla pena di morte… pur tuttavia, dato il legame di parentela dell’imputata Melisendra Yolande Demetra Du Blois, ex Duchessa di Beuchamps con Gilbert Lambrois, eroe della rivoluzione, la pena viene commutata in carcere a vita, da scontare nella fortezza di Arblues, dove sarà condotta alla fine di questo processo.”
Un mormorio allora si alzò nella sala e Giselle cadde senza sensi ai piedi della sua padrona.

Melisendra
01-09-2011, 05.37.16
L'attesa era stata estenuante, anche se ero ormai certa di quel che sarebbe successo. Dentro di me, però, non riuscivo a rassegnarmi e la speranza accresceva il timore.
Ascoltai le parole che mi condannavano come se provenissero da molto lontano. La vista per un attimo si offuscò, mentre ascoltavo la sentenza commutarsi in carcere a vita.
Mi aggrappai alla balaustra per non vacillare. Accanto a me Giselle era svenuta.
"Voi..." mi rianimai, come scossa da un'ultima scintilla determinata a sopravvivere, "che in nome della giustizia e della libertà avete stravolto un intero paese... come osate chiamare giusto un tribunale come questo? Non mi condannate per la mia colpevolezza, ma esclusivamente per punire il mio nome! Non siete più onesti dei tiranni che avete spodestato, poichè è l'odio che vi guida... e voi! Voi, De Jeon! Che vi ergete a Ministro del popolo... siete Odio e Fanatismo!"
La mia voce rimbombava limpida e squillante tra le pareti di quel tribunale.
I miei occhi scrutarono la giuria e tutti gli uomini contenuti nella sala.
Mi voltai nuovamente verso De Jeon.
"Provo pena per la vostra misera anima..."
Mi chinai a soccorrere Giselle.

Guisgard
01-09-2011, 05.39.21
Il carrozzone aveva fatto il suo ingresso nella cittadina e subito le stradine di Cardien si riempirono di ragazzini, viandanti, mendicanti, curiosi ed ogni altra varietà di individui che animava quel luogo.
I più giovani accoglievano festosi l’arrivo di quella compagnia di venditori di sogni, come amava definire tutti loro il vecchio Essien, mentre i più anziani, ancora legati a quell’antico ed ingiustificato astio verso il mestiere degli attori, si mostravano perlopiù infastiditi o, nella migliore delle ipotesi, indifferenti a quei nuovi arrivati.
“Non è il nuovo regime a rendere liberi tutti loro, ragazza mia.” Fece Essien voltandosi verso Talia. “Ma è la nostra arte che rende liberi. Liberi noi di forgiare sogni e liberi tutti loro” indicando la gente che li circondava “di seguirci a cavallo di quei sogni.”
“Perdonate, buonuomo…” chiese poi con forzato candore ad un passante “… potreste indicarci un luogo in cui poter sostare col nostro carrozzone e dove far riposare i nostri cavalli?”
“Il demanio regio è stato tutto requisito” rispose il passante “e tutta la terra libera che vedete appartiene allo stato. Ma è severamente vietato prenderne possesso, per via delle ultime leggi contro la proprietà pubblica emanate dal governo.”
“Mi parlate di leggi e norme, mio buon Demifone, ma noi siamo attori, non notai o funzionari repubblicani.” Replicò Essien. “Noi ci accontentiamo del poco e ci facciamo bastare il minimo per tirare avanti. Non correrete alcun rischio con noi, per il semplice motivo che siamo troppo svegli per mettere in forse la nostra libertà, decidendo di prendere della terra per stanziarci qui o altrove!”
“Come mi avete chiamato?” Domandò stupito il passante che, ad occhio e croce, aveva la stessa cultura del cavallo che il vecchio capocomico montava in quel momento.
“Demifone, amico mio!” Rispose accomodandosi la barba Essien e assumendo la sua solita aria di insopportabile Pigmalione quando annusava la possibilità di dar libero sfogo al suo ammuffito sapere di carattere scolastico. “Un celebre personaggio di una commedia di Tito Maccio Plauto!”
“E chi sarebbero costoro?” Chiese sempre più turbato il passante. “Altri attori come voi?”
“Per Giove!” Esclamò Essien. “Vi state di certo prendendo gioco di me, amico mio!”
“Proseguiamo oltre, Essien.” Disse all’improvviso l’uomo che guidava il carrozzone, l’unico della compagnia, ricorderete, che indossava la maschera anche quando non recitava. “Troveremo senz’altro uno spiazzo da qualche parte. I cavalli sono stanchi ed io sono più nervoso del solito.”
Il capocomico annuì, conoscendo bene l’umore del suo insofferente amico e di come bastasse un nonnulla per scatenare la sua indole di noto attaccabrighe e testa calda.
La compagnia allora riprese a camminare, fino a quando raggiunse la fine della cittadina, in un ampio spiazzo isolato e ben protetto da alcuni cipressi.
In quel posto la compagnia itinerante subito mise le tende.
Cominciarono così i preparativi per metter su un sipario d’occasione per le loro prove.
Erano tutti animati da un’aria di gaiezza e spensieratezza.
Motteggiavano e scherzavano sull’incertezza che caratterizzava la loro romanzesca e avventurosa vita di artisti itineranti.
Forse davvero, come amava dire spesso il vecchio Essien, appartenevano ad un mondo diverso, lontano dal grigiore e dall’anonimato della realtà circostante.
“Alla locanda di Chinon è stata solo una ragazzata” fece Renart avvicinandosi nuovamente a Talia “ed un po’ è stata anche colpa tua…” sorrise “… colpa tua di e quell’abito rosa e giallino che avevi indosso quel giorno… quanto alla signorina di Epuissey, della quale a stento oggi ricordo il viso, fu lei che suscitò le ire di quello sciocco del suo innamorato, visto che non fece altro che fissarmi per tutta la mattinata.”
“Avanti, amici miei!” Esclamò Essien. “Basta poltrire! Cominciamo le prove, così da poter offrire al più presto il nostro estro a questa gente! Su, ognuno indossi il proprio costume e metta la propria maschera… si comincia!”

Daniel
01-09-2011, 08.42.46
Daniel ringraziò John della sua gentilezza... Ma non smise di pensare alla frase che gli disse quella Dama... Era una frase di benvenuto? O era una minaccia? Mentre si dirigeva verso la stanza che gli avevano assegnato passò davanti alla sala da pranzo e la vide.. Stava parlando con quell'uomo che prima aveva servito a tavola.. Il Lord? Però si appoggiò troopo alla porta che si aprì di colpo e Daniel si ritrovò con la faccia a terra.. Quando si rialzò tutti lo fissavano sopratutto quella dama..

ladyGonzaga
01-09-2011, 09.23.13
Rimasi tra le sue braccia come quasi per voler recuperare tutto il tempo perso.
Ecco adesso si che lo riconoscevo..lui lord Tudor l'uomo che tanti temevano per il suo carattere burbo, era dolcissimo e affettuoso.
In pochi conoscevano questa sua dote nascosta, solo chi ha avuto la fortuna di entrare nel suo cuore ne ha potuto assaporare la sua vera essenza.

" Quanto mi siete mancato, dissi con un fil di voce, sono tornata per stare con voi, vi prego lasciate che io resti alla vostra corte".

Ad un certo punto sentì poco lontano da là , un botto , mi voltai e vidi a terra nuovamente quel ragazzo , che poco prima stava nelle cucine del palazzo.

Notai subito il suo imbarazzo e il rossore di cui si dipinse il suo viso..

Talia
01-09-2011, 14.13.01
Ascoltai, vagamente divertita, la conversazione tra Essien e quel povero, malcapitato passante... quel pover’uomo guardava il nostro teatrale capocomico con gli occhi spalancati e via via la sua espressione mutò da incuriosita a stupita, giungendo a guardarlo di sottecchi, quasi fosse un pazzo furioso.
Scossi la testa e sorrisi: Essien non riusciva proprio a trattenersi dal bisogno di tener aula!
Poi la voce dell’uomo alla guida del carrozzone troncò il discorso... e la mia attenzione tornò, per l’ennesima volta in quegli ultimi mesi, a concentrarsi su di lui: costui era entrato nella compagnia da poco tempo, conquistando in qualche modo la più totale e viscerale fiducia di Essien. Il vecchio attore teneva in grande considerazione quel misterioso giovane che mai, neppure per un momento, ci aveva permesso di vedere il suo volto; tutto ciò che conoscevamo di lui era la voce profonda e calda, dal tono vagamente sbrigativo e tutt’altro che paziente, e gli occhi chiarissimi, tanto intensi quanto fuggevoli.
E io sempre più spesso mi ero ritrovata ad osservarlo... chiedendomi chi fosse, perché si fosse unito a noi, e che cosa gli passasse nella mente in quei momenti in cui avevo sorpreso i suoi occhi passare nascostamente al setaccio ognuno di noi, quasi volesse leggerci dentro, oppure quando li spingeva all’orizzonte e restava a fissare il tramonto lontano. Sempre da solo, senza mai una parola in più, senza mai un sorriso...
Il fermento intorno a me mi riscosse da tutti quei pensieri.
Avevano piazzato il carrozzone su un lato della piccola piazza cittadina e ci apprestavamo ad iniziare le prove... smontai, così, da cavallo e corsi ai bauli per aiutare Fantine a tirare fuori i costumi e sistemarli sulle stampelle...

“Alla locanda di Chinon è stata solo una ragazzata” fece Renart avvicinandosi nuovamente a Talia “ed un po’ è stata anche colpa tua…” sorrise “… colpa tua di e quell’abito rosa e giallino che avevi indosso quel giorno… quanto alla signorina di Epuissey, della quale a stento oggi ricordo il viso, fu lei che suscitò le ire di quello sciocco del suo innamorato, visto che non fece altro che fissarmi per tutta la mattinata.”

Sollevai gli occhi al cielo e sospirai...
“Certo, Renart... certo! Mai che sia colpa tua, vero?”
Senza guardarlo, afferrai da uno dei bauli il suo costume e gliele sbattei sul petto: “Ecco!” dissi “E ora togliti dai piedi che io e Fantine ci dobbiamo cambiare!”

Guisgard
01-09-2011, 14.14.00
Padre Adam sorrise a quelle parole di sua nipote.
Chantal era il suo angelo, la sua gioia più grande.
“Vedremo…” sussurrò “… vedremo, piccola mia… del resto il teatro di famiglia è un bel po’ che è spento… vedremo, se Dio vorrà… ora va, va che è tardi… non voglio che tu trascuri i tuoi studi…”
Baciò teneramente sulla fronte Chantal e si chiuse nel suo studio.
Non attese neanche che la ragazza uscisse di casa.
Quello studio era quasi tutto il suo mondo.
E ripensò alle parole di Chantal, circa quel fiore, mentre fissava un vasetto di argilla con del terriccio, posto sul tavolo davanti a lui.
“Quando spunterai, amico mio?” Mormorò. “Quando… fa presto, che non ho molto tempo…”

Guisgard
01-09-2011, 14.27.58
La sala si ammutolì e tutti fissarono quel giovane valletto che tanto goffamente aveva tradito la sua presenza.
“E questo chi diavolo è?” Urlò lord Tudor fissando Daniel a terra.
“Ci penso io, milord!” Esclamò Jalem il moro, per poi avvicinarsi a Daniel e prendendolo per il bavero.
“Dagli una lezione, così impara come ci si comporta davanti al proprio signore!” Fece lord Tudor.
“Si, milord!” Rispose Jalem.
“Ah, questi sciocchi valletti!” Infastidito il nobile uomo.

Daniel
01-09-2011, 14.34.50
Daniel non capiva più niente! Cosa? Mi avevano già catturato? No!
<<Lasciami stare!>> urlai e spuati in faccia al capitano..
Vidi che la dama continuava a fissarmi... Poi diedi un calcio nelle parti basse del capitano.. Mossa scoretta ma dovevo salvarmi la pelle... Appena il capitano mi lasciò cominciai a correre per i corridoi... Volevo scendere e uscire.. Ma non potevo sentivo le guardie salire e il capitano e il lord urlare.. Allora decisi di salire... Entrai in una stanza con dei bagagli con su scritto:
"Lady Gongaza.." Che sia quella dama?
Non avevo tempo da perdere.. Aprii la valigia e misi i vestiti alla rinfusa in un sacci lì vicino e mi infilai nella valigia chiudendola.. Appena in tempo.. Le guardie erano già salite per controllare i piano superiore.. E ora cosa dovrò fare? Sono in trappola..

Guisgard
01-09-2011, 14.46.36
“Risparmiatevi la pena, madame…” disse De Jeon fissando Melisendra “… l’anima non esiste.” Fece un cenno col capo e alcune guardie portarono via le due prigioniere.
Malisendra e Giselle furono così messe su una tetra carrozza con le sbarre di ferro al posto dei finestrini.
Questo sinistro mezzo attraversò le stradine della capitale, tra la folla che, riconosciuta la carrozza ed i suoi passeggeri, gridava ed inveiva contro i tiranni aristocratici e i corrotti ecclesiastici.
Nella carrozza con le due donne vi erano altre due persone: un nobiluccio di mezz’età, ormai ammutolito ed intontito per lo spavento e l’ecclesiastico che i lettori hanno incontrato nella prigione del casermone, il vescovo de Touls.
La carrozza prese allora una deviazione, penetrando nelle viuzze più interne, per tagliare poi verso la periferia e prendere la strada verso la famigerata fortezza di Arblues, luogo destinato ai nemici politici e avvolto da una sinistra fama di dolore, disperazione e dannazione.
“Siamo perduti…” mormorò fissando il vuoto il nobiluccio fino ad allora perso nel suo silenzio.
Giselle abbracciò la sua padrona e scoppiò a piangere.
“Facciamoci forza, fratelli…” sospirò il vescovo “… anche Nostro Signore fu condannato dai Suoi carnefici… confidiamo nella Sua Misericordia e nella Sua Gloria…”
“Hanno ragione i Ginestrini!” Urlò all’improvviso il nobiluccio, come vinto dalla disperazione più profonda. “Non vi è nessun Dio! Altrimenti sarebbe qui a salvarci! A salvare noi che l’abbiamo servito per tutta la vita!” E scoppiò a piangere. “Io… io ho combattuto con i Veneziani in Grecia contro i Turchi infedeli, per proteggere Costantinopoli e le sue reliquie… e così la Fede mi ripaga… non voglio morire…”
“Fattti forza, amico mio…” scuotendolo il vescovo “… fatti forza…”

Guisgard
01-09-2011, 15.27.10
La giornata era luminosa e addolcita da una lievissima e delicata brezza, che ammansiva l’ultimo caldo di stagione e portava nell’aria il profumo delle colline.
L’uomo dalla maschera saltò giù dal carro e si avvicinò ad un cipresso, restando a fissare malinconico le verdi colline.
“Ehi, amico mio…” avvicinandosi il vecchio Essien “… su, non c’è tempo, dobbiamo provare… sai bene che solo tu potresti insegnare un po’ della nostra nobile arte al buon Renart…”
“Una volta qualcuno mi disse che l’Autunno è la stagione che meglio di tutte rende giustizia alla bellezza delle colline…” e sorseggiò del vino in una bottiglia che aveva sotto la giubba.
“Ora non è il momento di bere, accidenti a te!” Tentando di strappargli la bottiglia da mano il vecchio Essien.
“Al diavolo, Essien!” Tirandola a sé l’uomo mascherato. “Mi paghi per recitare sul palco! Quello che faccio quando scendo da esso è affar mio!”
“E sia, sciocco guascone!” Sbuffando Essien. “Ma bada che fra qualche minuto si comincia! E ti voglio lucido, o finirai per infilzarlo davvero il povero Renart!” Si voltò allora verso gli altri. “Avanti, si comincia! Gobert, prepara il monologo iniziale! E mi raccomando enfasi! Fantine, la parrucca deve essere bruna, no giallo sbiadito! Renart, la spada! La spada, accidenti a te! Sei il Capitano dei Dragoni di Florence, non un damerino del Delfino di Francia! Ah, perderò il senno dietro di voi!” Sbuffò di nuovo. “Talia!” Chiamò poi fissando il carrozzone. “Basta truccarsi! Non puoi diventare più bella di come la natura ti ha già fatta! Forza, in scena!”
Il sipario allora si alzò e Gobert, nei colorati e rappezzati panni di Arlecchino, cominciò a recitare:

“E’ questa la storia più vecchia del mondo
E come per ogni storia, Amore ne è lo sfondo!
Tre cuori in bilico, tra sentimenti, paure, passioni!
E queste cose muovono il tutto, tra emozioni e scossoni!
Il Capitano di Florence ama la bella e dolce Colombina,
ma qualcuno non ci sta e per amore di lei tutto lui combina...”

E recitati questi versi, la buffa maschera saltò via oltre il sipario.
“Entra in scena, Colombina” Gridò Essien, come il più ispirato e lunatico dei registi. “Entra e decanta il tuo amore per il bel capitano!”

Talia
01-09-2011, 17.27.13
Scesi dal carrozzone in tutta fretta, appena in tempo per udire Gobert terminare il suo pezzo e Essien che mi chiamava in scena... mi precipitai verso il palco ed entrai lentamente da sinistra con passo leggero, le mani appena allacciate dietro la schiena e lo sguardo che si perdeva oltre un orizzonte immaginario.
Il palcoscenico era stato montato rivolto a sud, in modo da poter godere anche dell’ultimo raggio di sole della sera, e perciò da esso erano visibili le verdi colline che circondavano la piccola valle in cui era adagiata la città di Cardien.
I miei occhi le scorsero un istante, poi iniziai a parlare...
“Dove sarai, mio amato?” chiesi con un piccolo sospiro, come parlando a me stessa, o forse ad un sogno “Dove sarai, anima mia? Lontano... lontano da me, dai miei occhi, dalle mie mani... tu, mio adorato... tu che solo mi fai battere il cuore, tu che mi fai volare sulla cresta delle nubi...”
I miei occhi, persi in un sogno immaginario, incrociarono d’improvviso quelli chiari dell’uomo con la maschera, poco lontano dal palcoscenico... solo un attimo, prima che lui distogliesse i suoi e restasse per me solo una sagoma scura contro il verde brillante del paesaggio...
E di nuovo, quasi d’istinto, tornai a chiedermi quale fosse il suo segreto...
La mia voce vacillò appena mentre, quasi senza accorgermene, continuavo il mio monologo... ma Essien, forse, avrebbe preso quell’esitazione per uno di quei picchi di pathos che tanto amava farci inserire nelle nostre parti.

“Talia!” la voce della Madre Superiora mi fece sussultare “Talia... possibile che sia sempre tu? Non cambierai mai, tu. Vero? E dove pensi che ti porterà questo tuo modo di fare, me lo dici? Dove? Io... io non ho mai conosciuto una bambina più testarda, più disubbidiente e più cocciuta di te!”
Alzai gli occhi di scatto, risentita, e avrei probabilmente azzardato una risposta se la porta non si fosse aperta e non ne fosse entrata l’unica persona capace di farmi desistere da quell’intento.
Pochi minuti dopo stavo seguendo a testa bassa quella stessa persona per il lungo e buio corridoio che conduceva alla mia stanza all’Istituto.
“Io non volevo fare niente di male, Soeur Amélie...” azzardai ad un tratto.
Non mi importava di essere stata sgridata né di nient’altro, ma non volevo che lei fosse arrabbiata con me. Non Suor Amélie!
“Io volevo soltanto andare a vedere se... beh, insomma... io ero soltanto curiosa!” mi giustificai.
La giovane suora mi lanciò un’occhiata obliqua, mi valutò per un istante, infine sorrise...
“Lo so, Talia! Lo so!” disse alla fine “Tu eri soltanto curiosa.”
D’un tratto si fermò, si inginocchiò in modo da essere alla mia altezza e mi poggiò entrambe le mani sulle spalle: “Vedi, Talia... la curiosità non è un peccato. Ma dovresti usarla con cautela!” sospirò “Promettimi che non disubbidirai più alla Madre Superiora. Per favore!”

Quel ricordo mi attraversò la mente in un lampo... e, mio malgrado, un sorriso mi illuminò il volto.
Mi voltai e, per fortuna, vidi che Essien aveva fatto cenno a Renart di entrare in scena sul finire del mio pezzo, che ormai meccanicamente avevo portato quasi a termine, così potei dissimulare quel sorriso spontaneo...
“Oh... la Sorte mi è amica!” declamai “Eccolo che giunge. Eccolo, il mio amato!”

Guisgard
01-09-2011, 20.05.12
Nel palazzo di lord Tudor, in un attimo, era accaduto di tutto.
Daniel era stato preso dai servitori, ma era riuscito a liberarsi, per fuggire al piano superiore del palazzo.
“Presto, acciuffate quel valletto!” Urlò lord Tudor ai suoi. “Non voglio avere un pazzo libero di andare in giro per il palazzo! Non ora che lady Gonzaga è ritornata a casa! La sua incolumità prima di tutto!”
Tutti allora, servitori e guardie, si misero alla ricerca di Daniel.
“Cercate in ogni angolo!” Disse Jalem.
Cominciarono allora i controlli in ogni stanza.
All’ultimo restò da ispezionare solo quella di lady Gonzaga.
Ma, nella stanza, all’improvviso il giovane Daniel, nascosto in un grosso baule, udì una voce:
“Ehi, Christian… sono io, John… presto, esci da lì e calati con me… sono alla finestra e ti farò nascondere nel giardino… presto, prima che entrino nella stanza…”

Daniel
01-09-2011, 20.19.35
Ero paralizzato.. Avevo paura.. Uscivo piano piano dal baule... John mi esortava a muovermi.. Ma i muscoli si erano indolenziti.. Stavo per uscire quando sentii delle voci dietro la porta della camera.. Senza pensarci due volte mi rificcai nel baule.. Chi era? La polizia? La Dama? Il Capitano? O addirittura il lord in persona?

ladyGonzaga
01-09-2011, 21.47.33
"Dove credete di andare ?"
Dissi entrando nella mia stanza a avendo cura che nessuno mi avesse sentito.
Con un cenno di mano feci segno alle guardie di lasciar perdere la mia stanza.

"Adesso uscite dal mio baule, vi sedete e mi spiegate che state combinando e in che guaio vi siete messo.
Ma badate bene, la storia che mi dovete raccontare deve essere molto convincente , se volete che vi aiuti con lord Tudor.
Allora ?
Prima di tutto il vostro nome...quello vero però...."


Detto ciò mi sedetti accanto alla finestra della mia camera, l'idea era riposarmi un po, ma tutto questo era assai più importante .

C'era qualcosa in quel ragazzo che mi spingeva a tenderli una mano...

Daniel
01-09-2011, 22.13.14
La Dama si sedette accanto alla finestra e io uscito dal baule mi sedetti sul letto e dissi:

<<Il mio vero nome è Daniel.. Vengo da questa stessa città.. Un giorno in uno scontro per strada in cui sfortunatamente siamo stati coinvolti io e la mia famiglia i Ginestrini uccisero i miei genitori.. Io fui portato in un orfanotrofio.. ma la gente era cattiva e l'ambiente ostile.. Sonio scappato e sono arrivato qui..>> prese un respiro e gli raccontò anche dell'ingresso nelle cucine fino all'incontro con il capitano dove era presente anche la dama.. Durante il racconto ogni tanto guardavo la dama negli occhi.. Lei sembrava sempre fissare i miei occhi gli piacevano?
<<Questa è la verita..>> diissi sperando che mi avrebbe creduto..

ladyGonzaga
01-09-2011, 22.14.34
" Ma ditemi...chi erano i vostri genitori?"

Melisendra
01-09-2011, 22.15.57
Ero ammutolita e sempre più debole.
La carrozza sobbalzava durante il viaggio e le sbarre ai finestrini lo rendevano ancora più angoscioso.
"Coraggio, Giselle..." cercai di farle forza. Mi dispiacque per lei, che avrebbe potuto salvarsi, invece di condividere con me quelle umiliazioni.
Mi misi a pregare sottovoce, anche se le parole del nobiluomo avevano risvegliato degli interrogativi che mi perseguitavano da tempo ormai e che faticavo a perdonarmi.
Mi domandai quanto tempo sarei riuscita a sopravvivere reclusa in una cella. Era davvero così terribile il luogo in cui ci stavano portando?
Ero persa tra quei pensieri, quando la carrozza prese un sasso e sobbalzò improvvisamente. In quel momento sentii qualcosa pungermi la vita. Avevo quasi scordato dei gioielli di mia madre che Giselle aveva cucito nella fodera del mio corpetto.
Quando Loyanna di Wendron era giunta nella terra del suo promesso sposo recava con sè una ricca dote: un feudo oltremare e meravigliosi gioielli di famiglia. Di qui gioielli Giselle era riuscita a salvare dodici brillanti grandi come il nocciolo di una ciliegia che erano stati il vanto di mia madre e l'invidia di molte dame. Ma la vera meraviglia era un grande diamante blu.
Portai la mano al petto e sentii i diamanti premere contro la pelle proprio nelle cuciture dove erano stati celati.
Sospirai. Forse avrebbero potutto salvarmi, ma sarei morta piuttosto che consegnarli nelle indegne mani di quegli uomini.

Daniel
01-09-2011, 22.16.46
<<Beh mia madre lavorava presso una baronessa credo.. Mio padre era un contadino.. Quando si sono sposati avevo vissuto un pò in questo palaz..>> Spalancai la bocca e guardai la dama <<Gonzaga? Sei tu?>>

ladyGonzaga
01-09-2011, 22.42.02
" Si sono io"
Avete detto una baronessa? ditemi quel nome per favore..."

Daniel
01-09-2011, 22.45.30
<<Non ricordo perfettamente.. Però so che era amica di Lord Tudor..>>

Chantal
02-09-2011, 00.55.58
Chantal vide lo zio ritirarsi in gran fretta nel suo studio,pensò che dovesse essere molto preoccupato per quanto stava accadendo nel paese ad opera dei Repubblicani,e lasciò che si congedasse senza trattenerlo con i suoi pensieri.
Raggiunse la facoltà.
Gli ingressi erano assediati e sbarrati da folle studentesche che formentavano ulteriormente il clima di rivoluzione.
L ragazza si presentò:"Sono Chantal de la Merci,nipote di Padre Adam,mi sto portando presso la sua cattedra."
E potè entrare,ma l'ordine non vigeva più da alcuna parte,la biblioteca come le sale erano gremite di studenti che tenevano comizi ed assemblee per rendere noti gli ultimi avvenimenti nel paese.
Le lezioni non si sarebbero svolte in quella mattinata,vigeva sconcerto ed incredulità tra discenti e docenti,ma anche esaltazione per quanto stava mutando,qualcuno esprimeva persino ilarità per la vittoria dei Ginestrini sui Pomentini.Ovunque si mormorava di De Jeon,e si facevano i nomi di Oxio e di Missan ad affiancarlo,quest'ultimo Chantal lo conosceva,era un uomo dedito alla filosofia che figurava tra i maestri delle Arti,sapeva della sua abilità in materia folosofica,ma anche della sua affabilità di poeta.Stentava a credere che ora spalleggiasse De Jeon nella rivolta.
Si vociferava dell'arresto di Jean De July,rappresentante dei Pomentini,ma anche del disperato tentativo di fuga di quegli aristocratici in cerca di asilo oltre la Manica e ai quali erano stati confiscati tutti i beni in nome della libertà e dell' uguaglianza del popolo.
Tra gli arrestati spiccavano i nomi di figure legate al duca de Beauchamps, e del vescovo di de Touls,con le accuse,mosse dai Rapubblicani,che il Clero e l'aristocrazia avessero permesso tacitamente che il popolo versasse nella miseria e nella fame pur avendo servito fedelmente le caste privilegiate.
Tutto questo sconcertava la ragazza,la quale temeva per quanto potesse accadere anche a suo zio,Padre e precettore.
Un brivido le percorse la schiena,la figura a lei più cara,che aveva servito il prossimo con la carità e diffondendo le sue conoscenze,ora poteva essere in pericolo qualora i Ginestrini avessero fatto tabula rasa.
Verso mezzogiorno lasciò l'accademia,ripensò,lungo tutto il viaggio,a quanto stesse accadendo ad Ostyen,designata ora come capitale della neonata Repubblica di Magnus.
"Animos."Pronunciò a bassa voce,"cosa accadrà alle sue genti.."
Rimase a lungo pensierosa per tutto il tragitto.
Poi fece le sue riflesioni su quanto fosse insolito che in un luogo di rivoluzione stesse sopraggiungendo,in quelle ore, un carrozzone di attori itineranti.Per un momento pensò che il loro fosse un mondo a parte,un mondo che non conosceva le miserie umane,la corruzione,la gerarchia,la necessità di accumulare beni,ma che quegli uomini e donne,i cui volti erano spesso celati dietro una maschera,vivessero unicamente per realizzare se stessi,e portare il luccichio dei lustrini nei sogni della gente di ogni dove.Ed ora la Divina Provvidenza li aveva fatti sostare nella sua terra.E le piacque il pensiero che le strade,finalmente,potessero essere attraversate dalla musica,dai canti,dalle risate e dalle farse in costume.
"Attori",pensò."Gran bel mestiere..un po' come i sognatori.Forse loro davvero conoscono il modo per portarsi su una nuvola e fare di essa la propria casa."
Proseguì il viaggio in silenzio,nella mente scorrevano le immagini del teatro che le aveva tenuto compagnia per lunghe stagioni nella sua fanciullezza."Chantal de La Merci",il nome le affiorò alla mente.
Da qualche parte doveva aver conervato i copioni delle prime rappresentazioni,da Aristofane,a Menandro col suo Heros,a Euripide e la sua Medea..quante volte quei copioni stropicciati li aveva raccolti e tenuti da parte.
Ma ora,ora le luci si erano spente e non si recava più a curiosare dietro il sipario da quando aveva intrapreso la facoltà di teologia.
"Certe cose si interrompono..perchè?"Ma non seppe darsi la risposta".Forse perchè i cambiamenti sono necessari,talvolta,chi lo sa."Si poneva molte domande senza riuscire a darvi una risposta.Sorrise,sebbene quel riso tradisse amarezza,e tra sè aggiunse:"Del resto,come diceva Platone nell'Apologia di Socrate..una vita che non si pone domande non merita di essere vissuta".
Il vento le sfiorava il viso,i capelli raccolti si scompigliavano nonostante ella cercasse si accomodarli di continuo dietro le orecchie,la luce del giorno cominciava ad indorarsi di quei caldi colori di fine estate che adornano di splendore le ore pomeridiane.
Pensò a suo zio, ai suoi occhi azzurri e vispi che sembravano aver fatto chiassà quali scoperte ogni giorno che passava.Ma egli era così,infaticabile studioso,percorso dal desiderio di meraviglie.Un tempo,da giovane,doveva essere stato anche lui un gran sognatore.E,forse,Dio lo aveva sempre privilegiato,infondedogli il desiderio di crescita e conoscenza.

Guisgard
02-09-2011, 01.02.21
La carrozza con i prigionieri giunse allora presso un vecchio ponte sospeso su un corso d’acqua che scendeva dai monti vicini.
Qui però fu in breve bloccato da un gregge di pecore che, venendo dall’altro lato del ponte, aveva ostruito il passaggio.
“Ehi, tu!” Urlò uno dei conducenti al pastore. “Levati di mezzo e lasciaci passare!”
“Togliti tu!” Rispose seccato il pastore. “Tu guidi due cavalli, io un gregge di pecore!”
In breve i tre arrivarono allo scontro verbale.
I due soldati che scortavano la carrozza allora tentarono di sedare la cosa, ma una voce improvvisa, proveniente da sotto il ponte attirò il loro interesse:
“Viva il principe di Animos!”
Questa voce fu udita anche all’interno della carrozza e Giselle fissò turbata Melisendra.
Un attimo dopo si udirono degli strani rumori provenienti da fuori.
Probabilmente una colluttazione.
Poi, dopo un momento di silenzio, la porta della carrozza si aprì.
“Presto, signori.” Disse un uomo abbigliato da pastore e col capo quasi del tutto coperto da un cappello tipicamente corso. “Non abbiamo molto tempo!”
Così, Melisendra, Giselle, il vescovo e il nobiluccio furono fatti salire su un carro coperto da uno spesso telone.
“Cosa accade, madame?” Chiese Giselle alla sua padrona, appena tutti loro furono rinchiusi in quel maleodorante carro.
“Che questo carro sia Caronte che ci conduce negli Inferi?” Mormorò con una smorfia d’orrore il nobiluccio.
“O forse ci conduce in Purgatorio….” disse il vescovo.

Guisgard
02-09-2011, 01.33.59
Mentre Chantal camminava nei lunghi corridoi dell’accademia, tra aule gremite di giovani esaltati ed eccitati dai nuovi venti di libertà e cambiamento, strane sensazioni percorsero il suo animo.
E quelle sensazioni non abbandonarono il suo cuore nemmeno quando uscì da quel luogo.
Si incamminò allora verso casa e sulla stradina che conduceva verso la sua dimora notò qualcosa di strano.
Un ragazzino, dagli abiti sgualciti e consumati, la precedeva di qualche passo, per arrestarsi, una volta raggiunta la casa della ragazza, a poca distanza dal cancello d’entrata.
Fissava le alte vetrate che davano all’interno, come a voler scorgere qualcosa o forse qualcuno.
Poi, ad un tratto, si accorse dell’arrivo di Chantal.
E dopo un attimo di esitazione le si avvicinò.
“Perdonatemi, mademoiselle…” togliendosi il cappello “… cercavo un uomo… io… io sono un amico, non dovete temere… e sto cercando…” in quel momento si guardò intorno, come preoccupato di essere udito da qualcuno “… padre Adam de La Merci… sapreste indicarmi dove trovarlo?”

Melisendra
02-09-2011, 01.35.12
Mi ero faticosamente arrampicata sul carro. Mi girava la testa e non riuscivo a comprendere ciò che stava accadendo.
"Non lo so, Giselle..." mormorai "Potrebbero essere la nostra salvezza o un'altra avversità che il destino ci manda..." Cercai di guardare i loro volti sbirciando attraverso il telo.
Improvvisamente tutto divenne lontano e i suoni ovattati e indistinti. Mi sentii mancare.

Chantal
02-09-2011, 01.43.17
"Buonasera a te,gentiluomo,da dove provieni?Davvero sei amico di Padre Adam?"Sorrise chinandosi su di lui.
"Vieni quì,conosci questa casa?"Gli chiese,non certo priva di stupore per quella inusuale presenza,ma,del resto,lo zio aveva sempre frequentato le case del paese per portarvi la sua benedizione.
"Mi riveli il tuo nome,così posso annunciarti a Padre Adam?"
E gli cercò la mano per condurlo in casa con sè.
Quell'incontro inaspettato e piacevolissimo la distolse dalle sue elucubrazioni di qualche momento prima.

Guisgard
02-09-2011, 02.10.27
Intanto, poco più avanti, dove sorgeva la porta d’accesso di Ostyen, un gruppo di soldati presidiava il passaggio.
Un robusto contadino, con passo deciso si avvicinò ad un dei soldati mostrando un lasciapassare.
“E così” mormorò il soldato leggendo il documento “siete un contadino del Sud…”
“Si, signore.” Annuì il contadino.
Una fugace occhiata partì dal soldato verso i suoi commilitoni e con gesto improvviso strappò cappello e parrucca al contadino.
“E così volevi farmela, eh?” Ridendo il soldato, mentre le altre guardie bloccarono il falso contadino. “Un contadino del Sud non può avere un pancione così grosso, mio caro chierico! Vi siete ingrassati alle nostre spalle ed ora vi sarà presentato il conto! Quanto a questa…” mostrando la parrucca “… la terrò io, perché a te domani non servirà più!” E tutti i soldati risero.
“E sta bene, tenente…” con un amaro sorriso il chierico “… sarà un piacere per me domani fare la conoscenza di monsieur il boia… l’ultimo uomo vero rimasto in questo folle paese… ed io ora vi dico… Gloria all'Altissimo e sempre viva il principe!”
“Portatelo via!” Ordinò il tenente dopo averlo colpito al capo.
“Eh, voleva farmela, quel dannato!” Disse il militare ad uno dei suoi. “Questo è il terzo chierico che scopro in un mese! Ormai li riconosco a naso!” E rise forte.
Poco dopo arrivò un carro.
“Guardate…” cominciò a ridacchiare il conducente, un uomo con un mantello ed il capo celato per metà da un cappuccio e per l’altra metà da una folta e riccia barba nera “… guardate la mia frusta… tutta fatta con le ciocche di vescovi, monache e persino cardinali… questa è del vescovo Marais… questa è della badessa del monastero di Saint Just… questa invece è appartenuta al cardinale De Graven Boluis…”
“Il lasciapassare, sacco di letame!” Lo interruppe seccato il tenente.
“Eh… mi crede un prelato!” E scoppiò a ridere. “Ma fate bene, tenente… fate bene… la prudenza non è mai troppa… mai troppa… ecco il mio lasciapassare…”
“Dobbiamo controllare anche il carro…” fece il militare “… qui c’è scritto Renault e nipote… dove si trova tuo nipote?”
“E’ nel carro, il mio povero nipote…”
“Perché dici povero?”
“Perché è malato…” scuotendo il capo Renault “… ha contratto la terribile peste nera… sta disseminando bubboni e brandelli di carne per tutto il paese… povero nipote mio…”
“Cosa? La peste?” Esclamò il tenente, tirando malamente il lasciapassare al conducente del carro. “Dannato maiale, lercio e sudicio! Chi ti ha detto di passare da qui? Vattene via! E se ritorni in città, ti sgozzerò come il porco che sei!”
“Va bene, tenente, va bene… andrò via… ma tornerò…” mormorò Renault, per poi frustare il suo cavallo e ripartire.
Nel carro, intanto, i prigionieri avevano udito ogni cosa.
“Forse siamo salvi…” sussurrò a Melisendra e agli altri il nobiluccio.
“Madame, sia lodato il Cielo!” Esclamò Giselle fissando la sua padrona.

Melisendra
02-09-2011, 02.39.03
Mi sventolai con un fazzoletto. Feci qualche profondo respiro e mi strinsi a Giselle.
Stavo crollando.
Mi senti improvvisamente di nuovo una bambina, la bambina spaventata che andava a infilarsi nel letto della sua balia, quando gli incubi mi impedivano di riposare. Quell'incubo sarebbe mai finito?
Guardai Giselle. Era spaventata quanto me.
"Ma chi sono questi uomini?" domandai.

Guisgard
02-09-2011, 03.02.45
“Forse sono degli Angeli, madame…” sussurrò Giselle accennando un sorriso a Malisendra.
“Forse sono uomini mandati dal re di Francia, o forse di Spagna per liberarci! Potrebbero essere anche sudditi del re di Napoli, che da sempre amministra quelle terre per conto del Papato!” Disse il nobiluccio. “O magari sono inglesi! Ormai tutta l’Europa odia questi sporchi rivoluzionari!”
Poco dopo, alla porta d’ingresso di Ostyen, un gruppo di saldati giunse al posto di guardia.
“Chi comanda qui?” Chiese il capo di quel manipolo appena giunto.
“Io, capitano.” Rispose il tenente che aveva fatto passare il carro di poco fa.
“Tra breve passerà di qui un carro guidato da un maleodorante villano…” fece il capitano “… fermatelo ed arrestatelo.”
“Ma… è già passato… il lasciapassare era in regola…”
“E avete controllato il carro?”
“No… dentro c’era suo nipote con la peste… volevate forse che mi prendessi…”
“Miserabile idiota!” Lo interruppe furioso il capitano. “Pazzo, imbecille! Volevo solo che usassi il cervello! Quello che tu credevi essere suo nipote, erano in realtà due aristocratici ed un chierico!”
“Che io sia dannato!” Esclamò il soldato. “E quel villano incappucciato?”
“Era una spia!” Con rabbia il capitano. “Presto lasciateci passare! Avanti, possiamo ancora riprenderli!” Disse ai suoi.
E galopparono via, sulle tracce del carro con i suoi preziosi passeggeri.
Poco dopo, dall’interno di quel carro, i suoi passeggeri udirono la corsa dei cavalli.
“E’ la guardia repubblicana!” Esclamò il nobiluccio, sbirciando dal telone. “Ci stanno inseguendo! Siamo perduti!”
Alcuni istanti dopo i soldati raggiunsero e circondarono il carro, che arrestò così la sua corsa.
Un momento dopo il telone del carro si aprì ed apparve un soldato repubblicano che cominciò a fissare Melisendra, Giselle, il vescovo ed il nobiluccio.

Guisgard
02-09-2011, 03.49.58
Gonzaga aveva mandato via le guardie ed era rimasta sola con il misterioso Daniel.
Nel frattempo le ricerche del ladruncolo erano proseguite per tutto il palazzo, senza però, ovviamente, giungere a nulla.
La notizia, così, fu portata a lord Tudor.
“Avete cercato dappertutto?” Chiese il nobile signore ai suoi.
“Si, milord. Tranne che nella stanza di lady Gonzaga.” Rispose Jalem. “Probabilmente aveva lei le chiavi e dunque nessuno sarebbe potuto entrare. Ora forse quel ladruncolo sarà fuggito chissà dove.”
“Va bene, va bene…” con tono spiccio il nobiluomo “… ora dov’è lady Gonzaga?”
“Nella sua stanza, milord.” Rispose Jalem. “Credo stia riposando.”
“Appena sarà sveglia ditele di raggiungermi.” Fece lord Tudor. “E’ appena giunta a Camberbury e bisogna presentarla in società. Ma questa sarà una sorpresa, mi raccomando.”
“Si, milord.” Annuì il fedele Jalem.
“Ah, si hanno notizie di mio nipote?” Domandò il duca.
“Credo che, almeno stando a ciò che scrisse nell’ultima lettera, sua signoria abbia ormai lasciato l’Italia. Probabilmente in questo momento starà già facendo ritorno in Inghilterra.”
“Bene, non c’è altro.”
E Jalem si congedò dal suo signore con un inchino.

Guisgard
02-09-2011, 03.54.43
Il ragazzino esitò un momento, poi rispose alle parole di Chantal:
“Mi chiamo Esetien… vengo per chiedere aiuto a padre Adam… ormai non ci sono più preti in città… e… e mio nonno sta male… e ha chiesto un prete… conducetemi da lui, vi supplico, mademoiselle…”

Guisgard
02-09-2011, 04.24.04
Essien lanciò un’occhiata rapida e categorica al giovane abbigliato come un ufficiale.
Un attimo dopo Renart apparve sulla scena.
Simulò una corsa e con passo guardingo si avvicinò a Colombina.
“Ferma, ferma tutto!” Gridò all’improvviso Essien. “Cosa diamine stai facendo?” Chiese con rabbia al giovane ufficiale.
“Mi sto avvicinando alla mia amata!” Rispose Renart. “Cos’altro dovrei fare?”
“E perché imiti una goffa scimmia nel farlo?”
“Come sarebbe?”
“Si, quel passo felpato, prudente, che può andar bene per una spia, un cospiratore, un sicario, un prete, un lacché, un cortigiano e persino per un demagogo, ma non certo per un innamorato che si vede apparire davanti la sua bella!”
Renart lo fissò sbuffando.
“Posso domandarti il perché di quel tuo modo di avanzare?”
“Beh, mi guardavo le spalle…”
“E facevi bene, allora, ragazzo mio!” Esclamò con un ghigno Essien. “Devi pensarci tu alla tua buona sorte, visto che madonna Fortuna, purtroppo per te, aiuta solo gli audaci!”
“Non comprendo, padrone…”
“Nel vedere la tua amata” spiegò il vecchio capocomico “tutto il resto perde valore per te! Il Sole si spegne, il mare si prosciuga, il Cielo si scurisce! La tua stessa vita non vale niente senza di lei! E’ lei la tua unica preoccupazione, per Giove!”
Renart annuì, come a dire di aver compreso.
“Se lei è lì, davanti a te, cos’altro può dunque intimorirti?” Continuò Essien. “E’lì, l’hai inseguita da sempre ed ora finalmente sei con lei! Suvvia, ragazzo, sei giovane e messer Amore ama dilettarsi con i vostri cuori!”
“Stavolta non vi deluderò, padrone.”
“Voglio sperarlo.” Sbottò il capocomico. “Avanti, proseguiamo…”
Renart allora fece un secondo ingresso in scena, meno prudente e più attinente al suo ruolo.
“Colombina…” sussurrò raggiungendo Talia e prendendola per mano “… oh, Colombina… ho sfidato mille insidie per te… ti ho cercata dove solo i miei pensieri possono raggiungerti… ma ora basta parole…” la prese fra le braccia e la baciò.
“Passabile…” disse Essien, fermando la scena “… passabile… mio buon Renart, fossi in te baratterei con la sorte un po’ del tuo bell’aspetto per avere, non dico tanto, ma almeno un po’ di quell’enfasi che Pacuvio destinava ai servi che animavano le sue tragedie…” grattandosi la barba “… l’incontro va allungato… il bacio arriva troppo presto e questo smorza l’attesa amorosa che invece dobbiamo suscitare negli spettatori… il pubblico ama vedere gli amanti che si struggono per amore.”
“Padrone, vi assicuro che i miei baci sulla scena tutto fanno tranne che smorzare l’enfasi amorosa!” Con fare sicuro Renart. “Chiedetelo alla nostra Colombina!”
Come i lettori avranno ormai ben compreso, il buon Renart non difettava certo di sicurezza in se stesso.
E questo gli veniva perlopiù dalla sua presenza fisica.
Era biondo, ma con gli occhi scuri e vispi, il viso regolare e aitante.
“Ho detto, attesa amorosa, non enfasi amorosa…” scuotendo il capo Essien. “Meglio proseguire con la seconda scena… avanti!”
Ma prima che il tutto proseguisse, Renart si avvicinò a Talia.
“Allora, come ti è sembrato il mio bacio?” Chiese con un sorriso. “Un bacio vale sempre più di mille chiacchiere, no? Un bacio è il simbolo dell’amore e a cosa servono anche i più belli e poetici versi se non a farci raggiungere il frutto del nostro amore?”
In quel momento Arlecchino e Fantine, nei panni della servetta, entrarono in scena.
“Eh, brutto affare l’amore non ricambiato…” mormorò Gobert nei colorati panni di Arlecchino “… già, proprio un brutto affare…”
“Di chi parli?” Chiese Fantine.
“Eh, di quel povero ed infelice innamorato, rapido di spada, lesto con la lingua, ma altrettanto facile a perdere le staffe per un nonnulla…”
“Oh, ma a chi ti riferisci?” Stupita la servetta. “Forse ad un qualche cavaliere di passaggio, uno spadaccino senza ventura e padrone, oppure ad un romantico brigante?”
“Eh, ma lui è tutti loro messi insieme! Zitta, eccolo che arriva!” Fece Arlecchino portandosi un dito sulla bocca. “Facciamo finta di niente, o saranno guai! L’infelice amore lo ha reso furioso!”
In quel momento sulla scena comparve l’uomo con la maschera.

Chantal
02-09-2011, 12.50.08
Chantal aprì il cancello senza indugiare e condusse il ragazzo a varcarne la soglia con lei.
"Cosa è accaduto,puoi spiegarmelo?"Domandò mentre percorrevano insieme il viale."Esetien,in quale parte del paese vivete tu e tuo nonno?"Aggiunse.
Nel frattempo furono già in casa.
Chantal gli indicò il salone ove erano soliti offrire ospitalità a chi li onorasse della loro visita a quella casa,e gli chiese di pazientare qualche minuto,di lì a poco sarebbe sicuramente sopraggiunto lo zio.Lo rassicurò.
Non potè fare a meno di guardarlo,era un ragazzo robusto,ma slanciato,il suo volto esprimeva fierezza e soggezione insieme.Pensò che dovessero vivere di stenti lui e la sua famiglia,ma pur nel suo malconcio abbigliamento,egli si mostrava educato,affabile,e soprattutto rispettoso.
E lo appezzava.
Prese ad osservarlo mentre percorreva la grande sala per andare a bussare alla porta dello studio di suo zio.Il ragazzo se ne stava in piedi,nel bel mezzo della stanza,sembrava aver diretto lo sguardo sull'arpa posizionata di fronte alla grande vetrata che volgeva ad ovest.O forse,scrutava in quella direzione la campagna che proprio quella grande finestra conteneva nelle sue linee rigide e definite dal colore avorio,come avorio erano le pareti della casa.E proprio il sole di quel tardo pomeriggio che avviava la sua marcia a congiungersi con l'orizzonte per farsi sposo della Terra e patire il suo essere disgunto dalla Luna,sembrava infondere nel cuore di Chantal una sorta di preghiera,tanto che la ragazza si voltò verso uno dei grandi quadri che vestivano le mura di quel salone,e sospirò,come a voler esprimere una richiesta.
Aveva esortato con lo sguardo la Beata Vergine Maria raffigurata in una tela grande ed antica.
Bussò.
"Zio,siete lì,posso disturbarVi?C'è una persona che chiede di voi e vi sta attendendo?"
Chantal non attese la risposta,certa che egli li averebbe raggiunti,e si accostò al ragazzo per domandargli se gradisse del the o del latte fresco."Dimmi,Esetien,di cosa patisce tuo nonno?".
S'apprestava l'ora dei vespri.In lontananza si poterono udire i rintocchi della campana del paese a destare gli uomini perchè non indugiassero nel lavoro.E quel suono percorse tutta la sala andando a smorzarsi sugli arazzi e sugli arredi.

ladyGonzaga
02-09-2011, 12.59.08
" Ricordo , dissi a Daniel, che quando ero piccola,prima che lord Tuodor si preoccupò di mandarmi alla corte della baronessa di Sant Pierre, qui nel palazzo viveva una dama . Io non seppi mai il suo vero nome ne il suo nome di casato, ricordo solo che era molto legata a Lord Tudor. Lo capivo dal fatto che lui era sempre molto gentile con lei.
Poi ricordo che una mattina qui , successe un putiferio. Ero piccola nessuno mai mi disse cosa stava succedendo. Ricordo che vidi questa giovane donna piangere e i servi di Lord Tudor indaffarati che correvano da una stanza all'altra del palazzo.
L'ultima volta che vidi quella giovane fu quando salì su una carrozza e andò via lungo il viale ..
Ero piccola ma ricordo bene ancora il tutto.
Chiesi spesso a Lord dove fosse andata , ma lui mi diceva sempre che ero troppo piccola per capire e che dovevo solo pensare ai giochi.
La cosa che mi colpì più di tutte fu che dal giorno lui non era più se stesso, era sempre triste e burbero, tanto da farmi venire dei pensieri.
Ricordo che una mattina corsi da lui piangendo , suplicandolo di non mandare via pure me.
Sento ancora il suo caldo abbraccio sulle mie spalle, mi prese sulle sue ginocchia, mi guardò e passandomi una mano fra i capelli mi disse... Tu sarai il mio orgoglio...un giorno capirai ".

Finì di raccontare questo a Daniel, quando ad un certo punto sentì bussare alla porta...

" Presto andate via, ve ne prego..è meglio per voi"...

Talia
02-09-2011, 13.52.41
“Allora, come ti è sembrato il mio bacio?” Chiese con un sorriso. “Un bacio vale sempre più di mille chiacchiere, no? Un bacio è il simbolo dell’amore e a cosa servono anche i più belli e poetici versi se non a farci raggiungere il frutto del nostro amore?”

“Ma che profonda e sentimentale visione, Renart!” mormorai in tono appena sarcastico “Colui che sosteneva che gli attori sono dei sognatori, di certo non conosceva te, non è vero?”
Il quel momento Essien fece segno che si proseguisse con la prova. Gobert e Fantine, quindi, entrarono in scena ed io afferrai per il braccio un corrucciato Renart, sorridendogli divertita e trascinandolo da parte, dietro la quinta.
La prova proseguì celermente: Gobert era un Arlecchino strepitoso e Fantine lo seguiva senza fatica... poi il nostro compagno mascherato fece la sua comparsa in scena.
D’istinto mi nascosi nella striscia d’ombra che il sipario disegnava e lo osservai avanzare fino al centro del palco.
“Hey, Renart...” mormorai piano all’uomo che era rimasto vicino a me “E di lui che ne pensi? Come mai si sarà unito a noi? Non trovi che sia... beh, che sia un tipo quantomeno insolito?”

Guisgard
02-09-2011, 14.49.04
L’uomo con la maschera entrò in scena.
La maschera era variopinta, con un grosso naso e copriva buona parte del volto, lasciando liberi solo bocca e mento.
Indossava un lungo mantello, un basco piumato ed una spada che pendeva dal suo cinturone.
“Dite…” fece con tono grave verso Arlecchino.
“Chi io, mansieur?”
“Si, voi. Dite, avete visto una graziosa fanciulla?”
“Ecco, io…”
“Si, voi?”
“Si, l’ho veduta…”
“E dite, era sola?”
“Ehm…”
“Era sola?” Chiese di nuovo l’uomo mascherato.
“Forse… del resto chi può dire se siamo soli o accompagnati? La vita è come attraversare una piazza gremita e fra tanti volti solo qualcuno ci resta davvero impresso e…”
“Tagliate corto o vi taglio la gola, gaglioffo!” Ringhiò lo spadaccino mascherato.
“Pietà, io non so che dire!” Piagnucolò Arlecchino. “Erano insieme…”
“Chi?”
“La ragazza, Combina mi pare si chiami, insieme ad un giovane ufficiale dai modi romantici…”
“Ah, canaglia di un soldato!” Urlò l’uomo mascherato.
E corse via.
In quel momento entrò Essien nei panni di Pantalone.
“Cosa accade qui?” Chiese ad Arlecchino ancora tutto tremante.
“Quell’uomo…”
“E’ forse folle?”
“Peggio!” Esclamò Arlecchino. “E’ malato!”
“E’ grave?”
“Si, malato di una ferita che non si rimargina!”
“E’ ferito dunque?” Domandò Pantalone.
“Si, mortalmente, al cuore!” Sbottò Arlecchino. “Ama la bella e dolce Colombina, ma ella ha occhi solo per il bel capitano di Florence!”
“Accipicchia!” Esclamò Pantalone. “Fra tutti i mali di certo l’amore, quando è vero, è quello da cui non si guarisce mai!”
Nel frattempo, dietro il sipario, Talia e Renart discutevano proprio del misterioso uomo dalla maschera variopinta.
“Mah… non saprei…” fece Renart osservandolo “… non mi intendo molto di uomini, preferisco le donne!” E rise di gusto. “Da quel che so si è unito alla compagnia poco prima di me, ma, da quel che vedo, il padrone lo tratta come se fossero amici da sempre. Mah, strani questi attori…”
“Proprio stasera il padrone ci parlerà di lui.” Disse Tissier ai due ragazzi, appena sbucato dalle quinte di quell’improvvisato teatro. “Almeno così credo. Altrimenti perché organizzare una cena, come ha detto lui stesso, speciale?”
“Colombina, tocca a te!” Chiamo Essien. “Entra in scena col tuo monologo alla Luna, mentre qualcuno ti osserva nel buio della notte!”

Guisgard
02-09-2011, 15.05.02
Era una soleggiata mattinata d’Aprile e l’aria della Santa Pasqua era ancora diffusa nell’aria, grazie anche al profumo di dolci e pietanze tradizionalmente preparate per la Settimana Santa.
Padre Adam raggiunse l’anticamera di casa sua, per controllare se i suoi fiori avessero bisogno d’acqua.
“E tu cosa ci fai lì dietro?” Domandò al ragazzino seminascosto sulla terrazza.
“Così… pensavo…” mormorò il piccolo.
Era un bambino dallo sguardo vivace e gli occhi di un luminoso azzurro, i capelli scuri e la pelle chiara.
“Questa è bella!” Esclamò il chierico. “A quest’età e già ti lasci angosciare dalle preoccupazioni?”
Il bambino scosse le spalle e sbuffò.
“E cosa ti da tanto da pensare?”
“Ecco… una ragazzina…”
Il chierico scoppiò a ridere.
“Ma voi siete un prete e non potete capire…”
“Davvero? Guarda che sono un uomo anche io e poi l’amore è per tutti.” Replicò padre Adam. “Ci sono tanti tipi d’amore e sono tutti doni e frutti di quello immenso ed eterno di Dio.”
Il bambino lo fissò.
“Ti posso comprendere, ragazzo mio. Ti posso comprendere.”
“Voi? Un prete?”
“Non sono mica nato con questa tonaca, sai! Anche io sono stato innamorato.”
“Davvero?”
“Già… avevo circa la tua età… lei era una ragazzina bellissima…aveva folti capelli biondi dello stesso colore del grano maturo… una pelle come i petali di un fiore, due occhi simili a quelli di una colomba ed un sorriso capace di incantare e far confondere i sogni con la realtà…”
“E cosa successe?”
“Beh, ovviamente la corteggiai… ma non fu facile conquistarla, perché il vero amore non è soltanto un privilegio, ma anche un merito.”
“ E poi?”
“Poi la sposai.”
“Ma siete un prete!”
“Si, ma a quel tempo non lo ero.”
“Ed ora dov’è lei?” Domandò il bambino.
“Nei due posti più belli e sicuri per lei… fra le braccia di Dio e qui, nel mio cuore…”
Il bambino sorrise.
“Su, ora torna a fare i compiti!” Fece padre Adam. “Tuo zio ti ha mandato qui per studiare, non per fissare le nuvole! Forza!”
Il bambino saltò su e si lanciò fra le braccia del chierico.
“Vi voglio bene, padre Adam!” Disse con gioia.
“Anche io, ragazzo mio. Anche io…”

In quel momento, Chantal bussò alla porta del suo studio e quel ricordo svanì dagli occhi di padre Adam.
“Mio nonno è molto malato e forse non arriverà a domani…” mormorò il ragazzo a Chantal.
“Vieni pure avanti, Chantal…” disse il chierico dall’altra parte della porta.

Guisgard
02-09-2011, 15.10.55
Jalem bussò alla porta della stanza di Gonzaga.
“Milady, siete sveglia?” Chiese con voce bassa. “Sua signoria il duca chiede di voi. Appena vi sarà possibile vi prega di raggiungerlo nella sala grande. Quanto a quel ladruncolo non temete…” aggiunse “… abbiamo cercato in tutto il palazzo e di lui non vi è più traccia. Abbiamo però avvertito i soldati e a quest’ora gli staranno di certo dando la caccia. Col vostro permesso torno alle mie mansioni.”
E si congedò.

ladyGonzaga
02-09-2011, 15.36.54
Usci dalla mia stanza e mi diressi verso il salone dove mi attendeva il barone, conoscendolo e non scordandomi delle sue fissazioni, sapevo bene che non era amante di chi lo faceva attendere .
Lui era sempre stato un uomo preciso sotto tutti i punti di vista e anche in questo momento, ne ero più che certa.
Eccomi..
eccolo là..seduto come al suo solito, davanti alla grande vetrata che dava sul roseto, non era cambiato nulla...sguardo assorto, bicchiere in mano, ero più che certa che stesse assaporando il suo buon vino...

" Lord Tudor ...eccomi..
a queste mie parole seguì un inchino, degno di una dama dell'alta società.

Il mio capo chino in segno di riverenza , non poteva sostenere il suo sguardo ..e forse era meglio..il mio rossore in viso non sarebbe stato da lui gradito...

http://demotec.files.wordpress.com/2008/04/mary-bolena.jpg?w=400&h=255

Guisgard
02-09-2011, 17.58.38
Gonzaga entrò nella stanza e salutò con rispetto e soggezione il nobile uomo che l’amava come una figlia.
Ma la ragazza non si era accorta che il duca non era solo in quella stanza.
Un attimo il suo ingresso, Gonzaga si rese conto della presenza di una terza persona.
“Ragazza mia…” fece lord Tudor avvicinandosi a lei “… ti ho fatta chiamare per presentarti un amico caro a questa casa e all’intera Inghilterra… lord Carrinto.”
“Incantato, milady…” sussurrò l'affascinante aristocratico, alzandosi dalla sedia e sfiorando con le labbra la mano di Gonzaga “… milord, dovrei adirarmi con voi…” parlando al duca, senza però allontanare lo sguardo dal volto di Gonzaga “… mi avevate parlato di una graziosa dama, invece qui vedo una dea…”
“Sempre il solito, amico mio!” Esclamò ridendo lord Tudor. “Ragazza mia…” rivolgendosi a Gonzaga “… guardati da costui che è tra i più grandi ed apprezzati adulatori del regno!”
“La nostra dama renderebbe, con la sua bellezza, anche un villano capace di comporre versi.” Accennando un sorriso lord Carrinton.
“Mia cara, ho invitato qui il nostro lord Carrinton” disse lord Tudor “perché voglio presentarti all’intera società del regno e lui si è proposto di realizzare questo mio desiderio… organizzerà nella sua residenza un magnifico ricevimento per celebrare il tuo ingresso nell’aristocrazia del regno. Cosa ne dici?”
“Un vostro rifiuto sarebbe per me un’offesa, milady…” con un lieve inchino lord Carrinton.

Daniel
02-09-2011, 18.33.49
Rimasi colpito.. Quella era mia madre? Una rinnegata di quel castello? Appena bussò Jalem trasalì... E mi nascosi sotto il letto.. Appena se ne andò via mi disse di andarmene.. Ma io non volevo mi sentivo legato a quel uogo.. Decisi di seguirla.. Entròin un ampio salone dove c'era un'altro uomo oltre a Lord Tudor.. Chi era? Già lo odiavo.. Mi misi dietro alla porta ad ascoltare i loro discorsi... Dovevo anzi volevo parlare di nuovo a Lady Gonzaga..

ladyGonzaga
02-09-2011, 19.33.23
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" Vi ringrazio Lord Tudor per tutto quello che avete fatto sin d'ora per me, ma una festa in mio onore ...non so..sarebbe troppo"...

A queste mie parole notai lo sguardo insistente di Lord Carrinton, come se mi avesse appena impartito un ordine , e non un invito.
La mia mano scivolò lentamente dalla sua ..sollevai il viso e cercai di congedarmi in tutta fretta da loro.
Non ero abituata a cose simili e le attenzioni di un uomo di quel rango mi mettevano in difficoltà.
Di solito consideravano una donna come oggetto dei propri desideri , usavano prenderla e lasciarla a loro piacimento , senza considerare i loro sentimenti.
Quando ero alla corte di lady Saint Pierre , sentivo spesso le dame che si lamentavano di come i loro uomini le trattassero come merce di scambio per favori politici o altro...
Sull'amore mi ero fatta la mia idea...l'uomo che mi avrebbe avuto , sarebbe stato quello che mi avrebbe rubato il cuore...

e ancora non era successo ...
e di certo non sarebbero stati gli occhi di questo lord Carrinton a fare ciò.

Presa dai miei pensieri mi inchinai a Lord Carrinton e con tono paccato e gentile risposi...

" Lord per il rispetto che porto al mio caro Barone sarò lieta di partecipare alla vostra festa ma vorrei essere io e solo io a decidere se andare o meno".

Vidi il volto del barone cambiare espressione e colore......lui non sapeva che oltre ad essere una perfetta dama mi avevano anche insegnato a farmi rispettare come donna...

elisabeth
02-09-2011, 20.15.38
Avevo sonno ed ero stanca e non mi interessava guardare chi arrivava in paese, salii nella mia stanza , tolsi il vestito e mi inumidii il volto e le braccia........presi la sacca che portavo con me e ne tolsi il contenuto, era un libro rilegato in fogli di corteccia, sulla copertina spiccava un'ambra che racchiudeva un'ape........all'interno il suo contenuto era quasi fragile tra le mani dei profani.........ma la sua fragilita' si sarebbe trasformata in fuoco se fosse stato posto nelle mani sbagliate........mi avevano chiesto di portare il libro al Signore di Beauchamps…......lo donavano alla sua biblioteca in quanto uomo saggio e libero........."Gli antichi misteri" questo era il titolo della magnifica opera.......mi dissero inoltre che li' avrei avuto notizie di mio padre.
poggia il libro sul tavolo e accesi tre candele....Una alla saggezza, una alla forza ed una alla bellezza......avrei atteso la mezzanotte per spegnerle, cosi' doveva essere per mantenere l'energia che si racchiudeva in quel libro......
Domani sarebbe stato un altro giorno e mi sarei messa in cammino per cercare il Palazzo dei Signori di Beauchamps....

Daniel
02-09-2011, 22.30.19
Senti il discorso e vidi la faccia di Lord Tudor.. Dentro di me anche se non sapevo perchè ero felice che avesse reclinato l'invito.. Mi appostai dietro una colonna e la aspettai fuori dal salone..

Talia
05-09-2011, 14.36.12
“Proprio stasera il padrone ci parlerà di lui.” Disse Tissier ai due ragazzi, appena sbucato dalle quinte di quell’improvvisato teatro. “Almeno così credo. Altrimenti perché organizzare una cena, come ha detto lui stesso, speciale?”
Mi voltai di scatto e vidi Tissier sbucare da dietro il tendone che faceva da fondo alla nostra piccola quinta.
“Già...” mormorai, ma in tono abbastanza scettico “Essien ama organizzare serate tra noi, ama avere la sua piccola, sgangherata ‘famiglia’ intorno... ma perché definire la cena di questa sera ‘speciale’?”
Tornai a guardare l’uomo con la maschera che, finito il suo pezzo, era uscito dalla scena dalla parte opposta alla nostra e ora se ne stava là, nell’ombra.
“Non mi fido di lui...” sussurrai, quasi più a me stessa che non agli altri “Tutto il mistero che lo circonda, l’identità che tiene celata e quella sua inconsueta indole... tutto ciò è strano persino per il nostro pazzo mondo!”
Ero certa che né il supponente Renart né il buon Tissier condividessero quel mio scetticismo, forse non ci avevano mai neanche voluto pensare... ma io ero diversa, io non ero come loro... non completamente, almeno. Ognuno ha la sua storia ed è quella storia che ne forgia l’indole e la mente: a me la vita aveva insegnato che nessuno è semplicemente ciò che appare, tanto meno ciò che vorrebbe apparire.

“Colombina, tocca a te!” Chiamo Essien. “Entra in scena col tuo monologo alla Luna, mentre qualcuno ti osserva nel buio della notte!”
Il piglio perentorio di Essien mi strappò a quei pensieri. Inspirai profondamente per schiarirmi la mente, recuperai il sorriso sognate e un po’ frivolo di Colombiana ed entrai il scena...
“Luna...” sospirai, volgendo gli occhi verso l’alto “Luna dolcissima e buona, dove sei stasera? Persino tu mi hai abbandonata? E a me, qui da sola, non resta che sciogliere i pensieri... ed ho paura. Oh, Luna... svegliati subito e vola, non puoi lasciarmi da qui sola! Ti prego, Luna, scendi le nuvole e raggiungi il mio amato...”

Guisgard
05-09-2011, 21.02.54
Lord Carrinton fissò prima lord Tudor, poi di nuovo Gonzaga.
“Naturale, milady.” Sorridendo alla dama. “Nessuno qui può e vuole obbligarvi. Ma forse un ricevimento qualsiasi non è di vostro gradimento… in questo l’errore è senza dubbio mio e vi chiedo perdono…” mostrando un lieve e delicato inchino “… dovevo immaginare che la mondanità, come invece accade con la maggior parte delle nobili donne del regno, non sortisce effetti di voi … allora, a voi piacendo, vi propongo qualcosa di diverso… scegliete voi come preparare il tutto… io sarò, con il permesso di lord Tudor e, naturalmente, il vostro, un umile servitore… disponete di me come desiderate… tutta Camelot è ai vostri piedi, milady… scegliete dove e come festeggiare il vostro ingresso nel reame… amate il gotico? Allora vi condurrò nella bella, romantica ed abbandonata fortezza normanna di Santa Maria della Guardia, dove potremmo organizzare un originale e stravagante ricevimento, magari animato ed impreziosito dai lamenti di qualche antico fantasma…”
Lord Tudor rise di gusto.
“Oppure…” continuò il bel Carrinton “… c’è la vecchia dimora degli Stanford, sul lago di Flannery… si tratta di una dimenticata villa di gusto vagamente classicheggiante, che assume delle tonalità straordinarie all’alba ed al tramonto… e, se il tutto rapirà la vostra deliziosa attenzione, potremo organizzare la festa proprio tra la nascita e la morte del Sole sul lago… altrimenti, scegliete pure una capanna, una grotta e la vostra bellezza, la vostra nobiltà ed il vostro candore la renderanno non meno preziosa e degna del palazzo di sua maestà.”
“Eh, ragazza mia, il nostro lord Carrinton non si da facilmente per vinto, come puoi vedere tu stessa!” Esclamò lord Tudor.

Guisgard
05-09-2011, 21.19.09
Il Castello di Elemy era una sontuosa dimora aristocratica e dalle origini molte antiche.
Il primo nucleo era di epoca sassone.
La fortezza fu poi conquista dai normanni, al tempo dell’arrivo di Guglielmo il Conquistatore e finita poi nelle mani di una nobile famiglia.
E durante questo dominio il castello acquisì l’aspetto odierno.
Qui lady Brianna, unica erede delle ricchezze della sua famiglia, viveva con la vecchia e fidata balia.
La giovane era stata destinata, sin da piccola, alle nozze con un cavaliere al servizio di lord Tudor, il nobile Hagus.
Il cavaliere aveva per un po’ curato gli interessi di lord Tudor in Francia, occupandosi dei suoi possedimenti dall’altra parte della Manica.
Ora finalmente era stato richiamato in patria e poteva quindi recarsi al Castello di Elemy.
“Milady!” Chiamò la vecchia balia. “Milady, per l’amor del Cielo! Non siete ancora pronta? Ormai è imminente il ritorno in Inghilterra di messer Hagus! Lady Brianna! Lady Brianna, dove siete?”

ladyGonzaga
06-09-2011, 00.56.04
Quelle sue parole e quella sua ostentata sicurezza mi irritavano parecchio.
Da una parte non volevo contradire il mio caro duca, dall'altra volevo rifiutare l'invito di quel lord a me sconosciuto.
Cercai nella mia mente il modo più opportuno per esporre il mio rifiuto e cosi ...
" Non vorrei offendervi lord Carrinton , ma io non amo le grandi feste sfarzose ancor meno se vengono date in mio onore."

Notai lo sguardo che si scambiarono tra loro e notai anche il grande imbarazzo del barone, ma non potevo dire di si...se forse lo avessi un po conosciuto prima, ma chi era costui che si prendeva la briga di organizzare per me una festa cosi sontuosa ?
Dentro di me avevo la sensazione che qualcosa stesse per accadere e che io di certo ne ero la vittima.

Se il barone pensava di darmi in sposa a quel signore solo per i suoi affari di stato, si era sbagliato ...

Ma come dirlo al conte?
Ecco adesso avevo capito...mi ero cacciata in un bel guaio.

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Guisgard
06-09-2011, 01.15.47
Lord Carrinton sorrise.
“Allora, a quanto pare, condividiamo più di una cosa, milady…” fissando negli occhi Gonzaga “… vi dirò che anche io ho ormai preso a noia quest’insopportabile e insostenibile aria di corte, fatta di auliche e spesso vuote parole, effimera bellezza e ostentata pretesa di apparire… forse, dunque, ho davvero trovato un mio simile in un mondo vuoto come quello che ci circonda…” si avvicino alla dama e sorrise di nuovo “… ogni mattina amo cavalcare oltre le mie terre, in un luogo che a molti appare incantato, sognante, fuori dal mondo… laggiù circola un’antica leggenda… ma è una leggenda diversa da tutte le altre… è la triste storia di due teneri amanti… e si narra che i cuori puri possano, nel vento, udire i sospiri di lei e le promesse di lui… vi mostrerò quel luogo, se mi farete l’onore di accompagnarmi domattina… naturalmente se lord Tudor acconsente…”
“Siete giovani ed il futuro è vostro…” fece il duca “… però, mio bel Teseo, badate che la mia gemma sarà sotto la vostra responsabilità, se accetterà il vostro invito.”
“Pendo dalle vostre labbra, mia dolce musa…” sospirò Carrinton “… e con me, tutti i miei sogni…”

Guisgard
06-09-2011, 02.08.52
Elisabeth si svegliò di colpo.
Aveva paura, si sentiva braccata.
Se fosse stata scoperta con quel libro, il suo destino sarebbe stato segnato.
Le nuove idee illuminate, diffuse ormai in tutto il paese, riconoscevano pericolosa ogni forma di religiosità, non solo il Cattolicesimo.
Al boia i Ginestrini non avevano consegnato solo preti e monaci, ma anche imam, rabbini e persino adepti di società segrete e confraternite che presentavano nelle loro regole qualcosa di religioso.
Lei stava cercando un uomo di cui ignorava tutto, persino il destino.
Il signore di Beauchamps poteva essere ovunque in questo momento: in prigione, in esilio o all’Altro Mondo.
Ma lei doveva cercarlo.
Il giorno giunse presto e fu un sollievo per lei.
Come ogni mattina le strade erano attraversate da giovani che cantavano e ballavano.
Candide e giovani contadinelle mostravano la loro gioia di vivere, insieme alle loro sensuali e prelibate grazie, danzando alla vita ed alla libertà che la nuova repubblica aveva portato, senza alcun limite, in tutto il paese.
Ammaliati da tutto questo, ragazzi liberi ormai da ogni timore per l’avvenire sognavano per quella bellezza donata e quell’indipendenza da ogni regola guadagnata.
Elisabeth così si ritrovò fuori la staccionata della locanda a fissare quello spettacolo.
“Fino a quando avranno voglia e forza di danzare?” Chiese un uomo anch’egli a fissare quei balli e quei canti.
“Fino a quando avranno il dono della giovinezza e della libertà!” Rispose uno che gli stava accanto.
“E’ questa la vera libertà?” Chiese di nuovo il primo.
“Certo!” Rispose il secondo. “La libertà di vivere ciascuno la propria vita come più gli aggrada, ora soprattutto che i tiranni sono stati spodestati dai loro castelli e dalle loro chiese!”
“Un tiranno per un altro…”
“Cosa ti prende? Sei diventato pazzo?” Lo riprese il secondo. “Vuoi che ti portino via? Sta zitto e brinda piuttosto alla libertà e all’uguaglianza finalmente raggiunte!”
Ed entrambi brindarono.

Guisgard
06-09-2011, 04.29.07
La voce di Colombina, come il vibrare di una nota, echeggiò tra il sipario e la scena.
La voce, modulata e forgiata ad ottenere invocazioni e sospiri, sembrava librarsi nell’aria, fino a giungere al grande disco argentato, fatto di cartapesta tinta con olio di pesce per ottenere un effetto di luminosa lucidità, che assumeva, in quel pazzo e fiabesco mondo, i riflessi incantati della pallida Luna di Settembre.
“Incantevole, mia bella Talia…” sussurrò da dietro le quinte un estasiato Essien, che vedeva in quella ninfa vivace e sognante, il fiore all’occhiello della sua compagnia.
Ed appena Colombina calò il suo sguardo, quasi intimorito dalla bellezza e dal silenzio della Luna, unica ed enigmatica compagna dei cuori innamorati, una figura, solenne ma dal passo austero, fece il suo ingresso in scena.
Era celata nella penombra ed osservava Colombina.
“Canti alla Luna, ma non ti accorgi di me…” sospirò fissando la ragazza “… eppure sono qui ogni notte, proprio avendo come uniche compagne la Luna e la mia solitudine…” restava nella penombra, dalla quale spuntavano e luccicavano come stelle nel Cielo d’Oriente i suoi meravigliosi occhi azzurri “… la notte trascorre così, ad interrogare una e ad ammansire l’altra… fino a quando ognuna di loro si ritira soddisfatta… solo il mio cuore, però, non trova pace… restando qui, come ogni notte, ad attendere il tuo ritorno, amor mio…”
Colombina fissava quella penombra, guidata ed incuriosita da quella voce fatta di drammatica passione ed inquieta insoddisfazione.
“Chi sono, vorresti domandarmi…” continuò la figura seminascosta tra il sipario e gli incanti della scena “… sono chi tu vorrai che sia… sono la notte che culla i tuoi sogni, colui che ti attende dove terminano le tenebre, sono la Luna destata dalla tua voce e scesa sulla Terra… sono un re se tu sei una regina, un buffone su tu sei folle, sono un criminale se tu sei la mia pena, sono il mio stesso cuore se tu sei la spada che lo trafigge!” Avanzò di un passo, restando però ancora alla mercè di quell’incerta luce. “Sono Amore se tu sei Psiche… sono l’inizio se tu sei la fine… sono me stesso se mi amerai… o sarò…” esitò “… sarò il tuo amato, se ora fuggirai…”
Essien allora fece un cenno e dal sipario uscì il bel Renart.
“Colombina, amor mio!” Chiamò. “Sono qui e la notte è ancora nostra!”
Essien simulò un gesto, come a voler guidare il suo attore, e subito Renart prese per mano Colombina, portandola via oltre il sipario.
E rimasta sola sulla scena, la figura emerse finalmente dalla penombra, nascondendo il suo volto dietro quella variopinta maschera che lasciava liberi solo quei suoi meravigliosi occhi azzurri.
Occhi azzurri dietro i quali sembrava celarsi un mondo tanto misterioso, quanto tormentato e sofferente.
“Ottimo!” Gridò Essien in quel momento, rompendo l’incanto della scena. “Tutti bravi! Anche tu, mio buon Renart! Avanti, cambiatevi e riposatevi pure! Con queste premesse lo spettacolo sarà un trionfo!” E rise forte. “E stasera tutti a cena a mie spese!”
E, come sempre faceva dopo le prove, il misterioso uomo dalla maschera variopinta si allontanò dai suoi compagni, che ancora soddisfatti si complimentavano fra loro.
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Daniel
06-09-2011, 10.40.33
"Ma chi razza si crede di essere questo?" Pensai.. Dovevo pensare a un modo per liberare la dama da quella brutta situazione.. Ormai erano ben venti min uti che parlavano.. La stavano praticamente costringendo a fare ciò che volevano.. Mi venne in mente un idea.. "è un suicido.." pensai ma dovevo farlo0.. Non so perchè ma lo dovevo fare.. Aprii la portya della sala e gli occhi dei tre presenti si fissarono su di me e io dissi:
<<Hei Tudor alza il sederone da quel trono e vedi se riesci a prendermi!>> Gli occhi dei due uomini si fecero di fuoco.. Senza neanche farli muovere iniziai a correre a perdifiato.. Sentivo i loro passi dietro e le guardie che arrivavano.. Mi nascosi dietro a un arazzo e aspettai.. Arrivò una sentinella.. Con un colpo ben assestato lo tramortii.. dovevo fare presto.. Spogliai la sentinella che nascosi in una stanza e mi misi i suoi abiti.. Poi iniziai a camminare piano come se niente fosse verso l'uscita.. Dovevo andarmene da quel posto....

elisabeth
06-09-2011, 11.10.28
L'aria era fresca nonostante il sole bruciasse la pelle, avevo le mani stretta lla staccionata che divideva me alresto del villaggio, la notte era stata tremenda.....mi sentivo chiusa tra le pieghe del tempo, immagini si sovrapponevano alla mia ansia, volti sconosciuti, grida e fuoco.......ma li' fuori nessuno faceva caso al mio stato d'animo, i ragazzi ballavano e ridevano sguaiatamente, l'uomo non conosceva il significato della parola liberta'......Due uomini parlarono alle mie spalle, li ascoltai.....tutto era importante per me in quel momento!......." Come opsate parlare di liberta' ed uguaglianza,come vi permettete di nominare una cosa cosi' Sacra...che dovrebbe bruciarvi le carni........questo e' il caos....state perdendo il senso della vita.......se nonvi fermerete, avrete odio e distruzione !!! Stupidi ignoranti !!! " Dissi tutto d'un fiato...senza accorgermi che stavo urllando....Il Silenzio intorno a me, sembrava non si muovesse neanche l'aria.......Mi sentivo come avvolta da una bolla....nella consapevolezza che stavo mettendo a rischio non solo la mia missione, ma anche loa mia vita . Facevo parte.....di una Comunita' Sacra " Laforza del compasso".....tanto in alto quanto in basso.........e se solo qualcuno avesse sospettato, non sarei uscita piu' dalle patrie galere...Il signore di Beauchamps dovevo avere informazioni, cosi' chiesi ad un gentiluomo o cosi' mi porve in mezzo a quella accozzaglia di gente........" Perdonate il mio urlo di sfogo Signore, ma dal mio luogo di provenienza....non sono abituata a questi strarni modi di contorcere il proprio corpo e a far vibrare le corde vocali per esprimere il proprio assenso al nuovo Padrone..........Potreste essere invece cosi' gentile da indicarmi la strada per raggiungere il Il signore di Beauchamps ? "........Non so se il mio sorriso esprimesse qiualcosa di carino sul mio volto ...lonsperai con tutto il cuore.........dovevo correggere il mio comportamento errato.....

Talia
06-09-2011, 12.54.08
Risi e applaudii con gli altri... la prova era andata bene e ciò ci lasciava ben sperare per lo spettacolo dell’indomani.
Strinsi la mano ad un soddisfatto Essien e mi complimentai con Gobert e Tissier, che mi erano sembrati più in forma che mai, poi scesi in fretta dal palco e mi diressi verso il carrozzone per andare a togliermi quel costume.
Notai che il nostro misterioso compagno era sparito di nuovo subito dopo la prova, ma non me ne curai: lo faceva sempre, dopotutto.
‘Evidentemente la nostra compagnia non è di gradimento a Sua Signoria!’ pensai sarcasticamente, dirigendomi verso il carrozzone.

Guisgard
06-09-2011, 13.26.54
La sciocca bravata di Daniel avrebbe avuto presto dei pessimi effetti, per lui.
Poco prima, infatti, che il ragazzo raggiungesse l’uscita travestito da sentinella, si ritrovò davanti alcune guardie che controllavano il portone del palazzo.
Se in un primo momento le sue mosse erano state in grado, grazie all’effetto sorpresa, di non farlo cadere prigioniero, ora le cose stavano cambiando rapidamente.
Insieme alle guardie che controllavano l’uscita c’erano ora anche i molossi del duca, che fiutarono il suo travestimento ed in breve Daniel fu catturato.
Fu portato nelle segrete del palazzo, per essere prima bastonato a dovere e poi rinchiuso in un’umida cella in attesa della decisione del duca circa la sua sorte.

Guisgard
06-09-2011, 13.41.51
L’uomo fissò Elisabeth quasi turbato.
“Perdonate, madame…” disse rompendo finalmente il suo silenzio “… ma qui c’è gente… prego, rientriamo nella locanda, così potremo parlare senza tutto questo chiasso.”
I due allora raggiunsero il bancone della sala interna e l’uomo chiese al locandiere del vino.
“In verità non saprei come aiutarvi, madame…” fece l’uomo “… ormai di nobili e di chierici non ne parla più nessuno… tu hai notizie su un certo signore di Beauchamps?” Domandò al locandiere.
“Mai sentito quel nome…” rispose questi “… non mi interesso di queste cose…”
“Beh, dovresti…” sorridendo l’uomo “… spesso essere attenti a ciò che accade può essere conveniente… perché non provi a chiedere in giro? Così aiutiamo questa gentile signora…”
I due si scambiarono una rapida occhiata e un attimo dopo il locandiere si allontanò.
“Magari il nostro locandiere potrà esserci utile, madame.” Disse l’uomo ad Elisabeth.
Poco dopo il locandiere tornò con due soldati.
“Avete chiesto voi del signore di Beauchamps, madame?” Chiese uno dei due militari ad Elisabeth. “Allora ci penseremo noi a condurvi da lui… seguiteci, prego!” Ordinò poi alla donna.

Melisendra
06-09-2011, 13.58.06
Ero terribilmente confusa.
Quando quell'uomo fece la sua apparizione scostando il telone, noi tutti ci stringemmo verso il fondo del carro, come topi in trappola. Scostai le mani di Giselle e avanzai verso l'estraneo. Ero spaventata e la paura mi spinse alla cautela. Nonostante tremassi e mi sentissi allo stremo delle forse, riuscii a dire: "Che cosa sta succedendo, qui?"

Guisgard
06-09-2011, 14.01.45
Tutti gli attori si cambiarono per la sera.
Essien mandò Tissier e Gobert in paese a prendere il cibo per la loro cena.
Nello spiazzo davanti al carrozzone fu così imbandita una tavola che avrebbe presto accolto il meritato premio per quei menestrelli di sogni e colori.
“Ti ci vuole ancora molto?” Chiese Renart bussando sulla porta del carrozzone, dove Talia era ancora intenta a prepararsi. “Su, dai, devo ancora attendere molto? Tra un po’ sarò brillo per il vino e la tua bellezza mi farà decisamente un effetto minore!” E rise di gusto.
Poco dopo il misterioso attore mascherato tornò dalla campagna, sempre in compagnia della sua compagna preferita, madonna bottiglia, e si sedette sotto un albero a bere.
“Tu potresti essere un grandissimo attore…” fece Essien avvicinandosi a lui “… degno dei più bei palcoscenici del paese… Parigi, Avignone, Chartes… se solo riuscissi a staccarti da quel veleno…”
“Non seccarmi di nuovo, Essien…” mormorò infastidito l’uomo con la maschera “… hai avuto le tue prove, no? Ora lasciami in pace.”
“Bah, la vita è tua, amico mio…” scuotendo il capo Essien “… la vita è tua…”
“Ecco e non rendermela più schifosa di quanto non lo sia già…” sbottò l’attore “… abbiamo un patto, no? Non bevo durante le prove… ora non seccarmi più…”
“Non puoi bere per dimenticare…”
“Dimenticare?” Voltandosi di scatto l’attore. “Si può dimenticare un incidente, un dolore, forse qualcuno riesce anche a dimenticare una donna… ma non si può dimenticare un’anima lacerata…”
“La vita è…”
“E’ Cosa?” Lo interruppe l’attore mascherato. “E’ cosa? Bella e degna di essere vissuta? Per chi? Forse per il tuo bel capitano! Non per me! E questo me lo ricorda ogni volta la mia ombra riflessa sui muri della sera, o in uno specchio nella notte… lasciami in pace, Essien…”
“Tra un po’ si va a tavola…” disse Essien “… così ti presenterò finalmente agli altri…”
E tornò dal resto della compagnia.
Poco più tardi Tssier e Gobert ritornarono finalmente dal paese.
“Tutti a tavola!” Urlò Fantine al resto della brigata.

Guisgard
06-09-2011, 14.24.00
Il soldato sorrise a quelle parole di Melisendra.
“Non temete, milady, siete fra amici…” disse “… ora vi prego di scendere da questo carro.”
I prigionieri furono così fatti scendere.
Accanto al maleodorante carro che li aveva tratti in salvo dalla capitale, c’era ora uno una carrozza più degna del loro rango.
“A chi dobbiamo questa nostra insperata salvezza?” Chiese Giselle al capitano.
“Al buon Dio, milady.” Rispose il capitano. “Egli veglia su tutti noi, sempre.”
I soldati, chiaramente inglesi, erano abbigliati con le uniformi della Guardia Repubblicana di Magnus ed avevano tutti il volto coperto da un elmo con visiera.
“Chi siete, signori?” Domandò ancora Giselle. “Forse degli Angeli?”
“Gli Angeli, purtroppo, non sono di questo mondo.” Sorridendo il capitano. “Ora perdonatemi, ma dobbiamo affrettarci.”
Tutta la scena avveniva sotto gli occhi del conducente del carro che aveva condotto tutti loro in quella radura.
Questi era ben accorto a nascondere il suo visto sotto il cappuccio e dietro la folta barba nera, ogni volta che uno dei prigionieri appena liberati si voltava verso di lui.
“Questa nuova carrozza vi condurrà a Calais, miei signori.” Continuò il capitano. “Lì vi attende un battello che vi porterà in Inghilterra. E lì comincerà per voi una nuova vita.”
Melisdendra, Giselle, il vescovo e l’atro nobile furono così fatti salire sulla seconda carrozza che partì alla volta di Calais.
“Tutto è andato bene, capo.” Disse il capitano voltandosi verso l’uomo col cappuccio. “Se non hai altri ordini, allora farò preparare il tutto per il nostro ritorno in patria. La nostra nave salperà tra tre ore per Dover.”
L’uomo col cappuccio annuì e restò a fissare il carro che svaniva nella boscaglia lontana, sul quale, ormai quasi in salvo, si trovavano Melisendra e gli altri appena liberati.
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Daniel
06-09-2011, 14.40.43
Che cosa mi è saltato in mente? Potevo fregarmene e scappare via da quel posto invece no! Ho dovuto fare l'eroe! Non sono un eroe! Sono solo uno stupido orfano povero senza casa e senza soldi! Ero in una cella buia e puzzolente.. in un angolo c'era un buco dall'ovvio utilizzo... E in alto c'era una finestrella che dava sulla strada.. Mi avrebbero ucciso.. Mi misi in un angolo aspettando la mia sorte..

ladyGonzaga
06-09-2011, 15.19.00
Rimasi là , incredula a tutto ciò che stava accandendo attorno a me.
L'invito da parte di questo , se pure affascinante lord Carrinton , mi aveva preso alla sprovvista . Avevo sempre cercato di stare lontana da persone come lui, la cara baronessa che ebbe cura di me in questi ultimi anni, aveva sempre cercato di mettermi in guardia da persone simili, dove la cosa più importante era mettere sotto catene una dama qualsiasi, purchè di buon casato e di buona dotte.
Ma lui era cosi dolce e affascinante ...

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Ma in quel momento la mia mente era altrove , la cattura di quel giovane mi aveva messo in ansia.
Non avevo nessuna benchè minima informazione su di lui, se non quello che lui stesso mi raccontò.
E se quella donna che dice di essere sua madre fosse la stessa donna che lord Tudor allontanò anni fa dalla sua corte....questo giovane potrebbe essere suo figlio...
Ma perchè allora mi disse che il padre era uno dei contandini di quelle terre?

Qualcosa mi diceva che lord Tudor stava facendo un pessimo errore a non dargli la possibilità di parlare...

" Scusate lord Carrinton...non vogliateme ma ho bisogno di parlare con estrema urgenza con lord Tudor ...
il vostro invito mi onora tanto...cosi come il vostro desiderio di cavalcare presso quelle bellissime terre, in mia compagnia.
Possiamo rimandare a domani ?
Vi aspetto qui per la colazione...se vi farà piacere vogliate essere mio ospite".

Mi congedai con un inchino , dalla sua presenza e corsi incerca del duca , pensando a quel giovane che forse aveva bisogno di me...


http://www.zavattarello.org/galleria/Eventi%20e%20manifestazioni/slides/Giornate%20medievali%20agosto%202009,%20un%20inter rogatorio%20nelle%20prigioni%20del%20castello.JPG

Talia
06-09-2011, 17.45.12
Il vecchio specchio ovale, tenuto contro la parete lignea del carrozzone da un chiodo un poco arrugginito, oscillava appena. La cornice, spessa e riccamente cesellata con fiori e foglie, era un po’ scortecciata e il colore in molti punti era caduto... un tempo, tuttavia, doveva esser stato bello quello specchio, il tono vivace e ricco dei colori rimasti e l’attenzione preziosa che era stata posta nell’intaglio lo testimoniavano chiaramente.
Mi chiesi a chi fosse mai appartenuto quell’oggetto... ad una principessa, forse, o ad una gran signora di quelle che ci pagavano, un tempo, perché portassimo i nostri spettacoli nelle loro ricche dimore... Chissà quante belle donne aveva visto quello specchio, quanti abiti preziosi e quanti gioielli da favola... Era stato testimone di ricchezza, di potere, di beltà...
E poi? Cosa gli era accaduto perché finisse nello sgangherato carrozzone della nostra matta compagnia? Si era sciupato, forse... era diventato meno bello... o, forse, soltanto più vecchio... ed era stato buttato via.
Osservai la mia immagine riflessa in quello specchio e le sorrisi... osservai i miei lunghi capelli chiari nei quali avevo intrecciato con cura un nastro azzurro, osservai i miei occhi scuri, la figura esile fasciata da quell’abito che aveva il dono di apparire decisamente più prezioso di quanto non fosse in realtà... un po’ come me, pensai.
Sospirai... avevo posto molta cura nel prepararmi, lo facevo sempre, l’avevo sempre fatto... chissà poi perché!

“E quello che cos’è?” la suora preposta ad occuparsi di noi bambine mi fissò con aria sorpresa e contrariata insieme.
Io sollevai gli occhi nei suoi e le sorrisi candidamente: “E’ solo un fiocco!”
“Un fiocco?” la voce della donna si fece più dura “E perché ce l’hai? Dove l’hai preso?”
“L’ho fatto io!” ribattei “L’ho fatto per rendere il mio abito più bello!”
L’anziana suora mi squadrò con aria critica, osservando da capo a piedi il mio povero abbigliamento, identico in tutto e per tutto a quello di tutte le altre bambine dell’Istituto ad eccezione, appunto, di quel fiocco rosso che con cura vi avevo appuntato.
“La Madre Superiora non sarà contenta!” sentenziò la suora “Sai bene quali sono le regole: tutte voi bambine che avete avuto la fortuna di essere accolte in questo orfanotrofio dovete avere lo stesso abbigliamento e un comportamento dignitoso, dovete essere tutte uguali. Niente eccezioni. Niente fiocchi!”
Con un gesto rapido del braccio, la donna afferrò il mio piccolo vezzo e lo strappò malamente.
I miei occhi si spalancarono e il mio corpo si irrigidì: “No...” gridai, lanciandomi avanti “No! Restituitemelo... restituitemi il mio fiocco!”
“Smettila!” ansimava l’anziana suora, mentre con una mano mi stringeva un braccio per allontanarmi e con l’altra teneva il fiocco in altro, fuori dalla mia portata “Smettila! Tu sei come le altre, non fai nessuna differenza!”
“Io non sarò mai come tutte le altre!” gridai, bloccandomi improvvisamente “Mai!”

Un rumore secco mi riscosse da quel pensiero.
Sbattei le palpebre un paio di volte, per tornare al presente... poi lo riconobbi: era Renart.

“Ti ci vuole ancora molto?” Chiese Renart bussando sulla porta del carrozzone, dove Talia era ancora intenta a prepararsi. “Su, dai, devo ancora attendere molto? Tra un po’ sarò brillo per il vino e la tua bellezza mi farà decisamente un effetto minore!” E rise di gusto.

Mi alzai, mi avvicinai alla porta e la spalancai...
“Ma davvero?” chiesi, appoggiandomi alla sua mano per scendere “Sarebbe davvero un bella novità questa, Renart... la prima volta che resisti alla tentazione di correr dietro a qualche gonnella!”
Lo oltrepassai, quindi, e mi diressi a passo leggero verso la tavolata che Fantine stava finendo di imbandire.

Guisgard
06-09-2011, 19.55.48
Ciò che aveva fatto Daniel aveva lasciato tutti stravolti.
“Chi era quel pezzente, milord?” Chiese Carrinton a lord Tudor.
“Un furfante, un ladro!” Rispose ancora adirato il duca. “Ma presto avrà ciò che si merita!”
“Con simili gaglioffi” fece lord Carrinton “saprei io cosa fare, milord. Sulle nostre terre abbiamo diritto di vita e di morte e certi individui dovrebbero avere più rispetto per i propri simili… soprattutto se sono di rango superiore.”
In quel momento nella sala entrò Jalem e riferì a lord Tudor della cattura del giovane ladruncolo.
“Ottimo!” Esclamò il duca. “Ora avrà ciò che si merita!”
Ma l’attenzione del nobile Carrinton fu subito rivolta a Gonzaga ed alle parole che la giovane aveva pronunciato in quel momento.
“Milady…” sorridendo il bel nobile “… ogni vostro desiderio o capriccio è per me un ordine… un dolce ordine… io vi attenderei in eterno… non potrei immaginare modo più sublime di passare la mia intera esistenza… ci ritroveremo domattina qui per la colazione, milady…” e le sfiorò delicatamente la mano con le sue labbra.
Poi salutò con un inchino il duca e lasciò il palazzo del Belvedere.
“Beh, di cosa volevi parlarmi?” Domandò lord Tudor a Gonzaga appena rimasero soli.

Guisgard
06-09-2011, 20.03.39
La cella era umida e sporca.
Daniel era incatenato ad una pesante catena bloccata nella nuda e secolare pietra di quel luogo.
Aveva il corpo ancora tutto dolorante a causa delle bastonate subite.
“Sciocco furfante, ora vedrai cosa ti aspetta…” disse ridendo un servitore messo di guardia “… il duca non perdona nessuna mancanza di rispetto verso la sua persona… la nobiltà della sua stirpe è più antica di quella della famiglia reale! Pazzo di un ragazzo, non immagini nemmeno cosa potrebbe accaderti... nella migliore delle ipotesi ti taglieranno una mano… nella peggiore, invece, la testa! Ah, stolto ragazzo…” e cominciò a canticchiare una canzoncina.

Melisendra
06-09-2011, 20.29.00
"Vi ringrazio... siete la nostra salvezza..." rivolsi un inchino al nostro salvatore, prima di scomparire nella carrozza. "Spero di conoscere il vostro nome, un giorno, e di potervi ringraziare per questo nobile gesto."
Ero molto incuriosita da quegli uomini, ma non c'era il tempo per fare utleriori domande, quindi salii senza esitare sulla carrozza che ci avrebbe portati a Calais.
"Non manca molto, Giselle", dissi con lo sguardo rivolto all'orizzonte, "Presto saremo lontano da ogni pericolo... sono felice che papà non abbia assistito fino alla fine alla miseria in cui è caduta la nostra famiglia e agli scempi che quei fanatici stanno compiendo nel palazzo di Beauchamps... se non fosse caduto sotto la mano del boia, sarebbe certamente morto di crepacuore."
Sospirai tristemente pensando alla triste sorte dei miei genitori.
"Pensi che troveremo qualche gentiluomo della casata di Wendron, sul suolo inglese, che possa aiutarci?" domandai, senza distogliere lo sguardo dal sole calante. "Abbiamo perso tutto..." mormorai sottovoce.

Guisgard
06-09-2011, 20.42.28
Giselle prese la mano di Melisendra fra le sue e le sorrise.
“Madame, il Cielo ci ha assistito fino ad ora” disse “e sono certa che da oggi tutti i nostri stenti finiranno.”
“Ma chi erano quegli uomini mascherati?” Domandò il nobiluccio. “Perché non ci hanno mostrato i loro volti?”
“Il buon Dio dispone sempre di Angeli per i Suoi figli…” sussurrò il vescovo.
Il viaggio proseguì tra dubbi, domande e la sensazione sempre più forte che il peggio fosse ormai passato.
Verso sera la carrozza giunse a Calais, dove fu accolta da alcuni uomini.
“I miei omaggi, miei signori.” Disse uno di loro. “Sono il capitano Nicoluccio dei Fornai, detto il Toscano… al vostro servizio.” Togliendosi il cappello in segno di saluto. “Sono il capitano della nave Satrapia e ho l’ordine di condurvi a Dover, in Inghilterra. Durante il viaggio, per qualsiasi vostra necessità, io sarò a vostra disposizione.”
Melisendra, Giselle, il vescovo ed il nobiluccio furono così fatti salire sulla Satrapia e dopo alcuni istanti la nave abbandonò le coste francesi per far rotta verso la parte opposta della Manica, dove ad attenderli c’era una nuova vita.

Daniel
06-09-2011, 21.17.09
Sputai addosso alla guardia e lo guardai con aria di sfia..
<<Preferisco vivere con una mano tagliata piuttosto che prostrarmi a quel sederone del tuo capo!>>
E mi misi a ridere.. Ridevo come un pazzo una risata senza senso di uno che sa che sta per morire per una ragazza che nemmeno conosce..

Melisendra
06-09-2011, 21.21.21
Giselle mi aveva aiutata a darmi una ripulita. Aveva trovato una tinozza e quel bagno mi aveva ridato la vita.
Mi ero ben presto abituata al rollio della nave e non avevo avuto quei fastidiosi problemi di stomaco che spesso colpivano coloro che non avevano mai viaggiato sul mare.
Mi affacciai sul ponte e, tra uomini indaffarati e cime, capii che non era il luogo adatto per una donna. Tornai sottocoperta dopo aver guardato la luna sorgere nel cielo. Era uno spicchio sottile.
Le onde non promettevano una traversata tranquilla, ma almeno il vento ci era favorevole, almeno così avevo inteso, e presto saremmo stati al sicuro. In terra straniera, pensai un po' dolorosamente.
Raggiunsi il capitano, un servitore gli annunciò il mio arrivo.
"Vi sono grata, capitano, di quello che state facendo per noi, ma vorrei sapere a chi devo la mia salvezza... conoscete quel gruppo di uomini che ha tratto in salvo me e gli altri prigionieri?"

ladyGonzaga
06-09-2011, 22.01.36
Ci trovammo soli in quell'immensa sala, dove un tempo io adoravo giocare a nascondino , tra gli arazzi e le tende.
Ricordo anche il modo in cui il duca giocava con me...a volte mi era passato in mente che avrebbe preferito prendersi cura di un bel maschio piuttosto che di una fanciulla.
Non aveva eredi , almeno a quanto ne sapevo e ne so ora.
Questo suo desiderio si riversò su di me...ricordo ancora quando passavamo intere serate a giocare di scherma...cosi diceva lui..giocare..ma io sapevo bene che lui iniziava ad insegnarmi l'arte della spada.
Tutto questo fino al giorno in cui la baronessa non gli fecce notare che ero una bambina e quindi una futura contessa , cosa che lui accettò a denti stretti.
Ed ora ero là...non più seduta sulle sue ginocchia , ma nella poltrona più sontuosa che di solito teneva occupata solo lui...nessuno mai osava prenderne possesso..ma io potevo...solo io...

" Si ..vorrei parlare un po con voi...da quando sono arrivata sono successe tante cose..e non abbiamo avuto modo di stare un po assieme come ai vecchi tempi."

Continuai..." Sapete a proposito di quel giovane che avete messo nelle segrete del palazzo, credo che sia una pena un po esagerata , in fondo non ha fatto nulla di male se non infiltrarsi nelle cucine per avere un po da mangiare.
Quando risiedevo a Parigi ho visto come venivano trattati i ladruncoli e la cosa non mi è mai piaciuta.
Vi prego ...lasciatelo andare..sapete?
Ho parlato con lui per pochi secondi , mi ha raccontato della madre che perse in giovane età e del padre che non era mai presente.
Perchè non parlate con lui e provate a conoscerlo?
Forse i suoi occhi vi colpiranno allo stesso modo in cui hanno colpito me.

Scusate se ho osato tanto...adesso vado a riposare, domani la giornata con lord carrinton non sarà di certo leggera.

Buona notte duca"


Mi accostai a lui in un accenno di inchino e andai nelle mie stanze, lasciandolo là avvolto nel silenzio di quell'immensa sala.

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Guisgard
07-09-2011, 00.53.36
La Satrapia scorreva con andamento costante sulle calme acque che separavano la Francia dall’Inghilterra.
La sera era sufficientemente chiara e scintillanti stelle si affacciavano nel firmamento, lasciando cadere sul mare l’incanto del loro splendore.
La Luna brillava pallida in lontananza, posando, delicatamente, il suo leggero alone che appariva come una strada solo accennata sulle acque nel profondo buio di quella notte.
“Mia signora, colui che vi ha tratta in salvo insieme agli altri non ha nome, né volto.” Fece il capitano voltandosi verso Melisendra. “E’ come l’uragano che urla nella notte, la marea che ricopre ogni cosa, la pioggia battente che purifica dal Cielo la terra… ora non datevi pena per queste cose… tra un po’ sarete in Inghilterra e li potrete ricominciare a vivere.” Sorrise e mostrò un lieve inchino. “Per qualsiasi vostro bisogno, non indugiate a farne richiesta a me o ai miei uomini… se il vostro viaggio a bordo della Satrapia dovesse risultare in qualche modo fastidioso, il mio padrone non ci perdonerebbe mai…”
In quel momento si avvicinò ai due il vescovo.

Melisendra
07-09-2011, 01.04.39
"Siete molto gentile, capitano, e la vostra ospitalità è oltremodo gradita... Tuttavia sono confusa, anche se immagino che in tempi come quelli che stiamo vivendo siano rare le persone che riescano a osservare lucidamente gli eventi che hanno travolto Animos... pensate che il vostro padrone ci svelerà la sua identità?" Esitai un secondo. "C'è qualcuno ad attenderci al porto di Dover?"
Rumore di passi e un movimento alle mie spalle mi fece voltare e vidi il vescovo dirigersi verso di noi.
"Buonasera, monsignore..." Mi inchinai rispettosamente a quell'uomo di Chiesa.

Guisgard
07-09-2011, 01.16.11
Anche il capitano salutò con un inchino il vescovo.
“Buonasera a voi, madame.” Sorridendo il vescovo. “Capitano.”
“Spero che il viaggio sia di vostro gradimento, monsignore.” Fece il capitano.
“Questa nove ci sta riportando alla vita…” rispose il chierico “… come potrebbe dunque questo viaggio non essere gradito?” Si voltò poi verso Melisendra. “Madame, lasciare la terra natia è triste, soprattutto farlo come fuggiaschi… ma una parte della sua bellezza ci sta accompagnando in questo esodo… la bellezza che avete racchiusa nei vostri meravigliosi occhi.”
“Milady, il mio padrone ha lo stesso volto di questa notte che sembra confondersi tra speranze, timori e desideri…” disse il capitano a Melisendra “… quanto al vostro arrivo a Dover, non dovete preoccuparvi… egli ha già disposto ogni cosa… una carrozza sarà lì ad attendervi per condurvi in un luogo sicuro e degno del vostro lignaggio.”
“Che romantica descrizione date del vostro misterioso padrone…” intervenne il vescovo “… ma immagino che difficilmente ci rivelerete altro del vostro signore… e di certo se non è riuscita la nostra bella dama, difficilmente riuscirò io a strapparvi altre informazioni su di lui, vero?” E rise di gusto.

Melisendra
07-09-2011, 01.40.27
Sorrisi.
"Lasciare la patria è davvero doloroso... ma sono grata al destino che mi ha fatto incontrare amici come voi e il vostro padrone, chiunque egli sia."
Chinai il capo in segno di rispetto e mi congedai.
"E ora, col vostro permesso, mi ritirerò nella mia cabina."
Mi inchinai ai due uomini e raggiunsi Giselle.
Ero stanca, ma faticai ad addormentarmi. Ero molto eccitata per il viaggio e non vedevo l'ora di sbarcare.
Accarezzai la sagoma del mio corsetto e sentii, con la punta delle dita, la presenza del tesoro di Loyanna di Wendron. Quella, ormai, era l'unica cosa che mi legava al passato. Forse l'unica che poteva garantirmi un futuro.
Mi interrogai a lungo sul possibile benefattore che aveva salvato me, Giselle, il Monsignore e l'altro nobile signore dalla prigionia, ma gli interrogativi sembravano destinati a restare senza risposta.
Poco a poco scivolai nel sonno.
Potevo approfittare di poche ore di riposo, prima dell'arrivo a Dover.

Guisgard
07-09-2011, 02.00.41
Melisendra correva per i lunghi corridoi del palazzo, tra lo scintillio del marmo nero ed il candore di quello bianco.
Sentiva le voci di sua madre e della sua vecchia nutrice che la chiamavano, ma lei non se ne curava.
Era felice di essere a casa in quella radiosa mattinata di Primavera.
Giunse allora alle ampie scalinate che davano ai piani superiori del palazzo per raggiungere la biblioteca.
Oggi era un giorno speciale, perché suo padre ritornava a casa dopo un viaggio d’affari.
Raggiunse così la porta della biblioteca e si fermò ad ascoltare le voci che provenivano dall’interno.
Ma fra quelle voci non c’era quella di suo padre.
“Non sono riusciti a salvarlo…” mormorò qualcuno dall’interno.
“Già, che disgrazia...” disse un’altra voce “… ora chi penserà alla sua famiglia?”
Melisendra allora, resa inquieta da quella voci, entrò nella stanza e vide i volti di coloro che stavano parlando.
Erano due preti vestiti di nero che stringevano in mano vecchi e consumati rosari, mentre sulle loro spalle scendevano stole di color viola.
“Dov’è mio padre?” Domandò spaventata la ragazza.
“Tra un po’ comincerà la messa…” disse uno dei due chierici “... e nessuno della tua famiglia ci sarà… almeno tu dovrai essere presente...”

In quel momento si udì un fischio che destò Melisendra da quel sogno e poi la voce di un marinaio che gridava.
Erano finalmente giunti a Dover.
“Siamo in Inghilterra, madame…” sussurrò Giselle.
Tutti e quattro i passeggeri furono allora fatti scendere e a terra trovarono, come aveva detto il capitano, una carrozza ad attenderli.
“Qui finisce il mio compito e quello del mio equipaggio, signori.” Disse il capitano. “Questa carrozza vi condurrà a Camelot.”

Melisendra
07-09-2011, 02.21.22
"Non dimenticherò quello che avete fatto per noi, Capitano..." lo salutai "Vi auguro che la sorte sia sempre benevola e generosa... Addio!"
Salii sulla carrozza e mi strinsi nel mantello. La notte era umida e fresca.
Osservai il paesaggio mutare, mentre procedevamo verso la destinazione. Camelot era solo un nome disegnato sulle mappe che mio padre teneva nella biblioteca. Non avevo mai pensato che un giorno avrei visitato realmente quei luoghi.
"A volte, quando chiudo gli occhi, mi sembra ancora di sentire la voce di mia madre e di vedere il volto di mio padre, Giselle... come farò a non deluderli, ora che non sono più qui con me a indicarmi il cammino?"
Tormentai un lembo del mantello, contorcendolo tra le dita. Ero inquieta.

Guisgard
07-09-2011, 02.37.13
“Non tormentatevi oltre, madame…” disse Giselle “… i vostri cari, lo so per certo, sono felici in questo momento nel vedervi sana e salva… mai li avete delusi e mai potreste farlo ora… loro vi indicheranno sempre il cammino, sono con voi in ogni momento… sempre…” e abbracciò teneramente la sua padrona.
La carrozza intanto proseguiva la sua corsa nella notte.
Attraversava il paesaggio circostante, seminascosto dal manto della notte reso più sbiadito e confuso dalla leggera nebbia che sembrava posarsi come un alito sulla silenziosa ed incantata campagna inglese.
“Camelot…” mormorò il vescovo “… perché proprio lì?”
“Ho udito parlarne dal capitano della nave quando eravamo a bordo…” rispose il nobile “… pare che molti aristocratici siano giunti come profughi in Inghilterra durante i primi tempi della rivoluzione ed allora il re ha voluto affidare ad uno dei suoi più fedeli vassalli, lord Tudor, l’accoglienza degli sfortunati esuli della nostra terra… molto probabilmente siamo diretti proprio nelle terre di quel nobile inglese...”

Melisendra
07-09-2011, 03.01.30
"Quale può essere il nostro destino, ora che abbiamo perso tutto ciò che i nostri padri avevano lasciato a noi? L'ospitalità non può durare in eterno... ora che siamo esuli... cosa può esserci al di fuori di una vita di elemosine?"
Ero di umore particolarmente pessimista.
Ricordai del feudo che faceva parte della dote di mia madre... chissà chi se ne occupava. Forse un intermediario che corrispondeva a mio padre una rendita mensile... e magari non sarebbe stato lieto di veder comparire un'erede.
"Perdonatemi, signori... sono solo stanca, non voglio contagiarvi col mio malumore."
Tornai a osservare la bruma che saliva dal terreno.
Finalmente vidi delle mura, i cui fuochi ardevano luminosi sui bastioni di guardia.

Guisgard
07-09-2011, 03.28.54
“E’ normale esserlo, madame…” disse il vescovo a Melisendra “… ci attende un destino incerto… e non ci resta che affidarci alla Divina Provvidenza…”
Melisendra in quel momento si accorse che Giselle, sotto voce, stava recitando i misteri del Santo Rosario.
Poi, finalmente, in lontananza si videro delle luci.
Prima leggere ed incerte, poi sempre più vive e luminose.
La sagoma di una silenziosa collina apparve davanti alla carrozza, ai cui piedi si riconosceva il profilo dormiente di un piccolo borgo.
La carrozza attraversò velocemente il borgo di San Leucio per poi proseguire verso la cima della collina, dove sorgeva il maestoso e solenne Palazzo del Belvedere, dimora del nobile lord Tudor.
Ormai l’alba era prossima e i primi bagliori del nuovo giorno cominciavano ad illuminare il cielo d’Oriente.
La carrozza giunse ai cancelli della nobile dimora e subito il conducente fu avvicinato dalle guardie del duca.
Un attimo dopo, riconosciuto il prezioso carico, la carrozza fu fatta entrare.
“Vi porgo il mio benvenuto al Palazzo del Belvedere, miei signori.” Disse Jalem, il fedele servitore del duca. “Lord Tudor è stato appena avvertito del vostro arrivo e vi riceverà subito. Vi prego di seguirmi.”
Jalem così li condusse all’interno del palazzo, dove trovarono ad attenderli in una grande sala il nobile signore di quella dimora e di quelle terre.
“Benvenuti in Inghilterra.” Andando loro incontro lord Tudor. “Questo palazzo e l’intero regno sono casa vostra, amici miei.”

Guisgard
07-09-2011, 03.43.42
Il servitore di guardia alla cella di Daniel avrebbe voluto bastonarlo di nuovo, dopo quello sputo, ma le sbarre di ferro furono una buona protezione, stavolta, per il ladruncolo.
“Che tu sia dannato, maledetto!” Urlò il guardiano. “Presto ti dovrai rimangiare questa tua insolenza! Nessuno potrà tirarti fuori dai guai, vedrai!”
“Che succede qui?” Chiese un secondo guardiano appena giunto.
“Questo maledetto ha ancora il fuoco in corpo! Ma presto abbasserà la testa!”
“Tranquillo, domani lo sistemeranno a dovere.” Disse il guardiano appena giunto. “E’ fortunato perchè sono giunti al palazzo altri profughi francesi ed il duca non potrà, per ora, occuparsi di lui... ma noi, stanotte, una piccola soddisfazione vogliamo prendercela…” e versò a terra la brodaglia che aveva portato come pasto per quel detenuto. “Hai fame, gaglioffo? Avanti su, lecca il pavimento!”
E i due guardiani risero forte.

Guisgard
07-09-2011, 04.12.24
Lord Tudor ascoltò con attenzione le parole di Gonzaga.
“Niente di male dici?” Tuonò. “Mi ha insultato, quel farabutto! Nessuno può osare tanto e né la povertà, né l’ignoranza giustificano tanta insolenza!”
Cominciò a camminare nervosamente nella stanza, sbuffando ed imprecando contro il volgo.
“La morte!” Esclamò. “Ecco cosa si meriterebbe! E sono certo che qualsiasi altro nobile del regno l’avrebbe già fatto giustiziare se fosse al mio posto!”
Fissò poi Gonzaga e scosse il capo.
“Su, ora va a letto, che domani, a Dio piacendo, ti aspetta una giornata piena.” Disse ammansendo lievemente il tono della voce. “Lord Carrinton giungerà qui molto presto per fare colazione con te. Poi, forse, riparleremo della sorte di quel gaglioffo… per adesso resterà al fresco, poi si vedrà.”
Gonzaga, allora, si ritirò nella sua stanza, dove presto cadde addormentata nel dolce abbraccio della notte e dei suoi sogni.
Al mattino un tenero e dorato raggio di Sole la destò dal suo sonno, proprio nello stesso instante in cui una delle governanti entrò nella sua stanza.
“Buongiorno, milady.” Salutando la bella dama appena risvegliatasi. “Avete dormito bene? Lord Carrinton è già qui e vi sta attendendo in giardino…” rise poi maliziosa “… e non si è certo presentato a mani vuote… vi ha portato un dono…”

Guisgard
07-09-2011, 04.25.57
Renart sorrise e raggiunse Talia.
“Sai che qui vicino c’è un bel posticino?” Sussurrò all’orecchio della ragazza. “C’è un vecchio mulino ed il paesaggio da sulla valle… sembra fatto apposta per sospirare dolci pensieri... lì potremo provare tutte le scene d’amore che il padrone ha preparato per noi due…”
“Talia! Finalmente!” Chiamò all’improvviso Fantine appena la vide. “Hai forse deciso di lasciarmi da sola alle prese con brocche e scodelle? Suvvia, vieni a darmi una mano!” Aggiunse con aria divertita.
“Ah, mai che si possa stare in pace qui!” Sbuffò Renart.
Poco dopo tutto era pronto per l’attesa cena.
Tutti allora presero posto a tavola, per gustare le pietanze appena comprate in paese e, soprattutto, per scoprire per quale motivo il vecchio Essien aveva definito speciale quella cena.
E, ad un certo punto, il capocomico prese la parola zittendo tutti gli altri.
“Amici miei…” cominciò a dire col suo solito tono tra il solenne ed il paterno “… sapete bene che la natura aiuta spesso gli uomini, fornendoli il più delle volte degli strumenti adatti alla loro arte ed al loro mestiere.” Si schiarì la voce, sorseggiando poi un po’ di vino rosso di Bordeaux, acquistato appositamente per l’occasione. “Così capita che Gobert sia agile e scattante, furbo e dispettoso, degno cioè del ruolo di Arlecchino, mentre il nostro Tissier appaia goffo, impacciato e con la stazza adatta a passare come mangione e beone, un perfetto Brighella insomma. E Fantine invece, sempre per bontà di madre Natura, è stata dotata di quell’aria matura, riflessiva, garbata e disponibile, a dispetto dei suoi occhi scaltri e dei suoi modi da ruffiana, che la designano come superba Ragonda. Renart ha la presenza per far innamorare, e speriamo presto anche i modi, mentre la nostra Talia ha avuto in dono occhi languidi, colorito roseo e vellutato, una figura delicata e raffinata, accompagnato il tutto da una voce melodiosa e dall’argento vivo addosso che la incoronano come meravigliosa Colombina. E su questo si basa molto della nostra fortuna, amici miei. Possiamo forgiare il cuore e l’animo sulla scena, per essere ora innamorati, ora scanzonati, ora maledetti, ma non possiamo impersonare Golia se siamo nani, o Telemaco se siamo vecchi. La voce, sebbene allenata e sicura, non coprirà un corpo minuto che impersona Sansone, né un agile gesticolare ci renderà simili al furbo Palestrione se in noi manca vivacità nel fisico e malizia nel volto.” Si schiarì di nuovo la voce. “E la natura benigna non avrebbe potuto forgiare con più maestria l’anima ed il corpo di un uomo per interpretare sulla scena l’eroe guascone e romantico per eccellenza, più di quanto non abbia fatto con il nostro amico… in lui vivono maschere inquiete, tormentate, litigiose, vanitose, audaci, eroiche e farsesche. Il suo corpo si presta ad ogni forma, sensazione ed emozione. Egli è in eterno in balia delle passioni più forti e travolgenti che animano lo spirito umano… egli è maestro di spada e di penna… l’eterno cavaliere errante e valoroso, cortese e furioso insieme! In lui vivono Pirgopolinice e Lancillotto, Guglielmo d’Orange e Tristano! Amici miei, compagni di quel grande palcoscenico che è la vita, io ho l’onore di presentarvi la maschera più sognante, guascona e misteriosa della Commedia dell’Arte… signori… Tafferuille!”
E l’uomo dalla maschera variopinta si alzò dal suo posto, accennando, quasi insofferente, un inchino, per poi tornare a sedersi e continuare a mangiare e a bere.

Daniel
07-09-2011, 08.41.11
Guardai prima le guardie con uno sguardo carico d'odio poi guardai il cibo a terra... Avevo fame.. Terribbilmente fame.. Ma non mi sarei mai abbassato a questo.. Presi la ciotola rovesciata a terra e la tirai addosso alle due guardie..
<<Preferisco morire di fame!>> sibilai tra i denti..

Guisgard
07-09-2011, 13.40.58
A quel gesto di Daniel le guardie risero forte.
“Hai centrato le sbarre, gaglioffo!” E lo insultarono.
Poco dopo si udirono dei passi scendere nelle segrete.
Erano quattro servitori tutti forti e robusti.
Entrarono nella cella e uno di loro pose a terra un braciere di ferro, dentro il quale ardevano tizzoni infuocati.
Due servi allora presero Daniel e lo bloccarono alla parete, per poi strappargli la camicia sul petto.
“Oggi è un gran giorno per te, ragazzo…” disse il servo accanto al braciere “… perché entrerai di fatto nelle proprietà di lord Tudor… avanti, non essere emozionato… tenetelo fermo, mi raccomando…” rivolgendosi ai due che l’avevano bloccato, mentre immergeva un ferro nei tizzoni.
E quando il ferro fu ben caldo, il servitore marchiò il giovane Daniel come si fa con le bestie.
Il dolore era fortissimo ed il ragazzo sentiva le sue carni quasi andare a fuoco ed aprirsi.
“Ecco…” mormorò il servo “… ora hai un padrone e nel vederti lo sapranno tutti… presto lord Tudor deciderà cosa ne sarà di te.”
Ed uscirono dalla cella, lasciando Daniel a terra dolorante.

Talia
07-09-2011, 14.20.56
Quando la voce di Essien si spense, sulla tavolata calò il silenzio più fitto.
Osservai Gobert e Tissier scambiarsi occhiate incerte, Fantine giocherellare nervosamente con il bordo della tovaglia, Renart fissare l’anziano capocomico come se attendesse altro... soltanto l’uomo con la maschera sembrava estraneo a tutto questo, continuando a mangiare come se niente fosse.
Valutai la situazione solo per un istante poi, sfoderando il più garbato dei sorrisi, applaudii appena...
“Meraviglioso!” dissi quindi ad Essien, ostentando aria di ammirazione “Un discorso degno di un Cicerone, una presentazione travolgente... mio buon Essien, ben pochi possono vantare la tua loquela, e altrettanto pochi possono pregiarsi di averne beneficiato a tal segno...”
Feci una breve pausa e, lentamente, spostai gli occhi sul nostro misterioso compagno, l’unico che continuava a mangiare in silenzio, incurante, come se fosse completamente solo a quel tavolo.
“Le parole di Essien...” continuai, sollevando distrattamente lo sguardo verso il cielo “mi hanno riportato alla mente ciò che molti grandi attori sostengono: artista immenso è colui che è capace di portare la vita vera sul palcoscenico - essi dicono - ma un inguaribile romantico ed uno sciocco è, invece, chi porta il palcoscenico nella vita, colui che si assimila completamente al suo personaggio e lo impersona anche fuori dal palco, colui in breve che non è più capace di distinguere tra figura e figurante...”
Tornai a fissare l’uomo con la maschera...
“E voi che cose ne pensate, monsieur?” gli domandai, rompendo ogni consuetudine. Lui non aveva mai parlato con nessuno di noi, che non fosse Essien, se non sul palcoscenico. Tutti noi lo sapevamo, così nessuno gli rivolgeva la parole, rispettando il suo silenzio e la sua solitudine... decisi che era giunto il momento di rompere quel privilegio.
“Ditemi... vi è qualcuno sotto la vostra maschera o è davvero monsieur Tafferuille che siede di fronte a me questa sera?”
La domanda era chiaramente provocatoria, ma la mascherai con il più candido dei sorrisi.
Avvertivo gli occhi di tutti su di me, ma io tenevo i miei fissi su quel volto mascherato chino sul piatto che gli stava di fronte... tutto fu immobile per alcuni minuti, poi lo vidi finalmente sollevare lo sguardo e puntare i suoi inclementi occhi azzurri su di me.

Guisgard
07-09-2011, 14.48.00
L’uomo chiamato da Essien Tafferuille restò quasi del tutto indifferente alla presentazione del capocomico.
Poi le parole di Talia.
Prima quelle provocatorie e sarcastiche quasi recitate al Cielo, poi quelle domande dirette, che tutti avevano nel cuore, ma che nessuno osava fare.
Ma lei si.
Lei era Colombina, la musa drammatica, passionale e sognante della compagnia.
A lei era concesso tutto.
A alla sua bellezza e al suo talento.
E a quelle parole di Talia tutti la fissarono, chi turbato, chi stupito.
E tutti attesero la risposta del misterioso Tafferuille.
L’uomo fissò per un istante Talia con i suoi occhi azzurri, tanto profondi quanto enigmatici.
“Avevi detto che avremmo mangiato e riposato dopo le prove, Essien…” mormorò al capocomico senza distogliere lo sguardo da Talia “… se però dovete seccarmi con le vostre manie teatrali e farsesche, allora preferisco mangiare da solo…”
Prese allora del pane, vi sistemò dei salumi dentro e lasciò la tavola, portando con sé anche un fisco di vino.
Uscì dallo spiazzo e la sua sagoma svanì verso il sentiero che dava sul belvedere della vallata.
Giunto lì, lontano da tutti, si sedette sotto un cipresso ed affogò ogni suo pensiero nel vino, mentre le colline, silenziose e pietose, sembravano accogliere i lamenti del suo tormentato animo.
“Ma che maleducato!” Esclamò Renart. “Così si tratta una ragazza che finge di interessarsi alla sua storia? Che vada al diavolo insieme alla sua maschera!” Si alzò di scatto. “Vuoi che gli dia una lezione, Talia?” Domandò poi alla ragazza.

elisabeth
07-09-2011, 15.33.00
Ero una persona impulsiva, e questo spesso non pagava........erano tutti estranei,ma non c'era ostilita'nei volti di nessuno e anche se ne avessi scorto l'ombra, non avevo scelta.....Strinsi istintivamente la sacca al mio fianco e ne percepii il calore, l'ape sembrava avesse preso vita......mi alzai e segii l'uomo.....mi stupii il fatto che nessuno per le vie facesse caso a noi, qualcuno mi strattonava per vendermi qualche cianfrusaglia......avevo poco denaro con me e non potevo sprecarlo, ma se quella era la liberta' pagava veramente poco.......non mi accorsi che per stargli dietro avevo talmente accellerato il passo che stavo correndo....quando improvvisamente ....

Talia
07-09-2011, 16.42.06
I miei occhi rimasero in quelli azzurri dell’uomo per un tempo indefinito. Era la prima volta che li osservavo, che li guardavo davvero... prima di quel momento non c’erano state che occhiate sfuggenti e battute teatrali sul palcoscenico... ma ora lo vidi diversamente, per la prima volta... e ne rimasi scossa.
Non distolsi gli occhi dalla sua figura mentre parlava, né mentre si alzava e racimolava qualcosa e neanche mentre si allontanava... continuai a fissare il punto oltre cui era sparito, sovrappensiero.

“Ma che maleducato!” Esclamò Renart. “Così si tratta una ragazza che finge di interessarsi alla sua storia? Che vada al diavolo insieme alla sua maschera!” Si alzò di scatto. “Vuoi che gli dia una lezione, Talia?” Domandò poi alla ragazza.

“Siediti, Renart!” mormorai senza guardarlo, sollevando lentamente una mano e poggiandogliela sul braccio “Siediti e sta’ zitto!”
Il resto della cena passò in fretta per me: non posi molta attenzione ai discorsi e alle parole, presa com’ero da altri pensieri.
Quando finalmente tutti i piatti rimasero vuoti, mi alzai e rimisi in ordine in fretta, poi tornai presso la tavola dove erano tutti intenti a discutere...
“Perdonatemi, amici, se già mi ritiro.” dissi “Il viaggio, le prove... è stata una giornata faticosa!”
Mi allontanai quindi da loro e presi a passeggiare lì intorno, per le stradine buie e deserte che si snodavano tra le case intorno alla piccola piazza...
Camminavo e pensavo...
E in cima a tutti i pensieri c’era lui: l’uomo con la maschera... lui e quelle poche, lugubri parole... lui e quei suoi occhi profondi e tristi... avevo visto la guerra in fondo a quegli occhi, una guerra di quelle difficili da portare a termine, di quelle delle quali non ci si può liberare, la guerra di un uomo che è in conflitto con sé stesso...
E infine non potei che ammettere stizzosamente la verità: avevo creduto di esser proprio io l’unico essere insolito nel nostro piccolo e matto gruppo, ma così facendo avevo peccato di leggerezza e di presunzione. Avevo creduto di aver capito tutto, quando invece non avevo capito niente. Avevo malamente sbagliato nel valutarlo... e io detestavo sbagliarmi.

Guisgard
07-09-2011, 18.00.05
“Talia ha ragione, mio buon amico…” disse Essien a Renart “… non è il caso di perdere la calma tra di noi… e poi lui è solo un attore ed ha svolto questo nobile mestiere sin da piccolo, mentre tu invece sei stato fino a poco tempo fa un soldato, Renart… la sua spada è di legno e serve a suscitare sogni e meraviglia, la tua invece è di acciaio e causa paura, morte… avanti, amici miei, dimentichiamo l’accaduto e proseguiamo.”
“Massì…” sbuffò Tissier “… del resto a noi cosa importa? L’importante è che lui faccia il suo dovere sulla scena, poi quel che fa una volta calato il sipario, sinceramente, è affar suo…”
La cena riprese, anche se con un po’ d’imbarazzo, e terminò poco dopo.
Talia, finito di aiutare gli altri, uscì a camminare tra le stradine che dallo spiazzo portavano in paese.
Nella sua mente vi era quel misterioso uomo dalla maschera variopinta ed i suoi enigmatici occhi azzurri.
Ad un tratto i suoi pensieri furono interrotti da una voce.
Una voce particolare, che assumeva diverse tonalità e modulazioni.
La ragazza si accostò allora ad un albero ed intravide una vecchia edicola classicheggiante, sotto la quale si muoveva una figura come intenta a recitare.
E la magia di quell’improvvisato teatro sembrava dar vita alle ombre che quella figura aveva nel cuore.
“Perché ti struggi, Tafferuille?”
“Dovresti saperlo, amica mia…”
“Tafferuille, perché non parli? Non puoi tenerti tutto dentro! Il demone peggiore è quello del rimpianto…”
“Il mio profilo…” fece Tafferuille “… su quel muro, proiettato dalla Luna… si confonde con questa maschera…”
“Lo vediamo il tuo profilo… ed è quello di un valente spadaccino, cortese e romantico, ma anche valoroso e giusto.”
“Voi lo vedete confuso nella notte e addolcito dal romantico incanto dei sogni che essa porta con sé… ma domani, alla luce del giorno, sarà di nuovo il profilo della maschera che vedrete…”
“Allora, ora che è notte, mostraci quel profilo senza maschera…”
Tafferuille, allora, con gesto improvviso, si tolse la maschera.
Talia lo vedeva di spalle e non poteva quindi guardarlo in volto.
“Ah, sei qui!” Esclamò all’improvviso Renart., arrivando alle spalle di Talia. “Ti ho cercata ovunque!”
E quella voce annullò l’incanto di quel teatro improvvisato, facendo svanire le ombre che recitavano insieme a Tafferuille.
Questi allora si rimise in fretta la maschera, osservò i due giovani e svanì poi nel silenzio della sera.

Chantal
07-09-2011, 18.54.26
Mentre Chantal si portava verso il ragazzo udì la voce provenire dallo studio che l'invitava ad entrare.
"Attendimi un attimo,per favore".Disse al ragazzo.
Tornò sui suoi passi ed entrò,come le era stato permesso:"Zio,perdonatemi se vi importuno,ma è giunto presso la nostra casa un ragazzo,chiede di voi,urge la vostra benedizione poichè suo nonno versa in condizioni severe,probabilmente non scorgerà l'alba di domani."Chinò il capo,temeva di fronteggiare gli occhi dello zio,poichè vi avrebbe scorto una severità e una serietà che,talvolta,la turbavano.
La morte.
Da quando le figure del clero,unitamente all'aristocrazia, erano perseguitate dai repubblicani,molte anime aveva benedetto suo zio prima del trapasso.
In paese tutti avevano cercato rifugio,ma egli no,egli non temeva i Ginestrini.Solo Dio temo,non gli uomini,ripeteva sempre padre Adam a chiunque gli palesasse quanto fosse precaria la sua incolumità.
Suo zio sapeva onorarla la morte,quando essa si calava sul corpo a soffiare via l'anima.E aveva rispetto per ogni uomo che s'apprestava al cospetto di Nostro Signore,che fosse stato un giusto o un perseguitore.Non era importante per lui,egli li riteneva tutti uguali,tutti degni della Misericordia Divina,e quando stavano morendo,era come se lui riuscisse a vedere la morte venire fuori dagli occhi e dalle labbra del morente quando l'ultima immagine che gli attraversava lo sguardo si fissava proprio negli occhi del padre.Molte volte la ragazza lo aveva accompagnato al capazzale della sofferenza,ad esercitare,quale ministro di Dio,il sacramento dell'estrema unzione.
E tutti gli sguardi imploranti,mancanti,sofferenti,avevano lasciato negli occhi di suo zio la loro ricchezza insieme alla preghiera,sicchè essi vivessero ancora in quell'azzurro come la volta celeste che quell'uomo accoglieva nelle sue iridi.Straordinaria ricchezza accumultata da tanti occhi lacrimanti di uomini e donne al trapasso e che ora suo zio amministrava elargendola nelle forme della pietà e della carità.
E quello sguardo,così carico degli sguardi di chi ora viveva solo nella Gloria dei Cieli,inquietava Chantal,tanto era impressionante per ricchezza di sentimenti e confessioni acquisite.
Chantal attese prima di posare i suoi occhi in quelli di suo zio.
Poi lo fece,quasi con fierezza,come se ora sentisse di poterlo sostenere quello sguardo così importante.
Era una donna,ormai,non aveva più paura della morte di quanto non temesse la vita ed i suoi dolori.
E ora non era il momento di nutrire paure.C'era la rivoluzione,e colpiva anche i suoi cari.
Ma fu meravigliata,stavolta,nel sostenere lo sguardo di suo zio.
I suoi occhi non erano custoditi nella consueta severità,ma lucidi,come smarriti,come vulnerabili di fronte a qualcosa che smuove il cuore e le sue passioni.
E quella figura che da sempre la proteggeva con la sua imponenza,ora le appariva,improvvisamente,fragile.
"Zio..io..".Esitò.
Avrebbe voluto dirgli che,sebbene vestisse il suo abito,per una volta si sarebbe potuto rifiutare di accorrere alla visione di tanta pena.
Ma non poteva,non sarebbe stato giusto per quell'uomo moribondo che meritava tutta la compassione umana poichè chiedeva la remissione dei suoi peccati.
Non sarebbe stato giusto verso di lui,non accogliere la sua ultima richiesta mentre implorava pietà e rispetto.
E non sarebbe stato giusto nei riguardi dello zio invitarlo ad indugiare,poichè conosceva la sua Fede e la sua umanità.
Allora aggiunse:"Venite,zio,vi accompagno da quel giovane."
E guardò nella stanza.
Lo studio.
Austero,ordinato,luminoso.Sulla parete che si stagliava di fronte a Chantal si calava Gesù sulla Croce.Col capo chino dell'abbandono,senza vitalità nelle braccia e nelle gambe cedevoli.Gesù morente,il cui costato ancora appariva ansimante e grondante da quella ferita impressa ad umiliazione degli uomini.Era un Crocifisso in legno d'ebano,nero come la Morte.Sì,le parve ansimante.
Gesù che ascoltava le parole di Chantal.
E che,un momento prima,aveva accolto le confessioni e le confidenze segregate nel sacerdozio di un uomo che praticava i sacramenti della gioia e del dolore,guidando le creature terrene attraverso i misteri della Fede.

ladyGonzaga
07-09-2011, 18.55.00
http://tvmedia.ign.com/tv/image/article/944/944957/the-tudors-20090114001435836_640w.jpg


Mi presentai alla sala e già vidi Lord Carrinton che mi attendeva e accanto a lui il duca e alcune dame che ogni tanto usavano fare colazione con lord Tudor.
Lo vidi in una luce diversa, il suo volto dolce e rilassato, un sorriso diverso da quello del giorno prima .
Mi avvicinai a lui e con un cenno di inchino ...

" Buon giorno lord , è da molto che mi aspettate? se ho fatto ritardo vogliatemi scusare , ma questa notte è stata pesante per il mio corpo e la mia mente."

Qualcosa distolse il mio sguardo da lui..vidi nell'angolo della sala due guardie che facevano segno al Duca e dal loro comportamento non credo che fosse per qualcosa di buono.
Chissà che fine aveva fatto quel povero giovane e chissà se il duca aveva preso sul serio le mie parole della sera prima.

Fuori la giornata era splendida..si annunciava una bella giornata di fine estate...e io speravo in cuor mio che la mia anima ne traesse beneficio.

" Se avete già fatto colazione, dissi rivolgendomi a Lord Carrinton , possiamo andare ...se per voi va bene"...

Daniel
07-09-2011, 19.27.20
Un dolore atroce alla schiena!
<<Che cosa mi state facendo! Che cosa fate!>>
Non avrei mai immaginato che quel maledetto Lord avrebbe mai fatto una cosa del genere! Ma no era colpa mia! E adesso per colpa del mio eroismo mi sto facendo marchiare a fuoco per una dama che ora starà a cavallo con quell'altro pomposo Lord.. Il ferro era caldo e i servi avevano un ghigno malefico sulle labbra.. Appena il ferro caldo toccò la mia pelle urlai talmente tanto in vita mia che sentii le corde vocali spezzarsi.. Il dolore uinvase tutto il corpo atroce.. Poi tutto nero e caddi in un sonno profondo..

Guisgard
07-09-2011, 19.29.42
“Attendervi credo sia la più bella cosa possa desiderare un uomo, milady.” Disse Carrinton baciando la mano di Gonzaga. “Mi spiace che il vostro riposo non sia stato sereno, milady. La giornata è molto bella e la calura estiva si sta ormai esaurendo… sono certo che sarà una bellissima passeggiata…”
Salutato lord Tudor, Gonzaga uscì dal palazzo con il bel Carrinton e qui trovò una sorpresa.
Un bellissimo cavallo bianco, dalla folta criniera e con una meravigliosa sella di pelle e bordata da preziosissimo ermellino.
Le staffe erano di pregevole cromatura e le redini avevano coperture di velluto.
“Permettetemi, milady, di farvi dono di questo meraviglioso esemplare…” fece Carrinton “… viene dalla Cornovaglia, da un allevamento che segue ancora rigorosamente i metodi degli allevatori sassoni. Non ha ancora un nome, perché è mio desiderio che siate voi a deciderne uno…”

Guisgard
07-09-2011, 19.51.27
Padre Adam annuì alle parole di Chantal.
Prese un piccolo pisside di ottone, in cui erano conservate alcune ostie, e la sua stola di colore viola ed oro.
Richiuse poi un piccolo mobile in legno di noce e raggiunse il ragazzo nell’altra stanza.
“Chiudi bene le porte quando sarò uscito, Chantal.” Disse il chierico a sua nipote. “Non attendermi sveglia, potrei fare tardi.” La baciò sulla fronte e si incamminò all’ingresso con quel ragazzo.
Si voltò un’ultima volta e sorrise alla ragazza.
Chantal osservò gli occhi di suo zio.
Quell’azzurro luminoso era attraversato come da un velo che sembrava volerne sbiadire e coprire la bellezza.
Un attimo dopo suo zio andò via con quel ragazzo, lasciando nella giovane un senso di inquietudine.

Guisgard
07-09-2011, 20.01.12
Daniel era a terra, addormentato, sull’umida e sporca pietra della cella.
Immagini inquiete lo tormentavano, come incubi lontani frutto degli ultimi accadimenti.
Era fuggito da Magnus per sfuggire ai Ginestrini e giungere in un paese nuovo, dove sarebbe stato al sicuro.
Ma qui era riuscito a mettersi di nuovo nei guai, oltraggiando uno dei più nobili uomini del regno.
Ad un tratto qualcosa lo destò da quel sonno.
E svegliatosi ricominciò di nuovo a sentire il dolore per quel marchio.
Qualcuno entrò nella cella e pose accanto a lui una scodella con della minestra ed una ciotola d’acqua.
Poi tentò di tiralo su.
“Christian, come stai?” Chiese il giovane valletto John. “Avanti, tirati su e mangia qualcosa… hai bisogno di essere in forze…”
“Ehi, tu… ne hai ancora per molto?” Urlò uno dei guardiani al valletto. “Devi solo lasciargli da mangiare e da bere a quel gaglioffo… non sei mica la sua balia! Avanti, su, vieni via!”
“Resisti, amico mio…” disse sottovoce a Daniel “… io cercherò di tornare presto…”
Ed uscì dalla cella, che il guardiano richiuse subito alle sue spalle.

ladyGonzaga
07-09-2011, 22.13.31
http://www.massimilianobenvenuti.it/public/sfondi/cavallo_bianco_white_horse.jpg


Rimasi senza parole alla vista di quel cavallo...era il più bello che io avessi mai veduto.
Ero cosi emozionata che non riuscivo ad esprimere a pieno la mia gioia.
Avrei voluto saltarle addosso con un caloroso abbraccio..ma non ero più una bambina...ero una donna..e più che una donna una dama dell'alta società..non sarebbe stato bello compiere un gesto simile.
Mi avvicinai al cavallo..passai la mia mano sul muso e gli sussurrai...E tu chi sei mio bel cavallo? Il tuo portamento è più regale di quello di qualsiasi re....ti hanno appena donato a me..hai sentito? Io e te amici...che dici...ti fa piacere?

A queste parole il cavallo mandò un leggero nitrito..forse eravamo già amici, aspettavamo solo che qualcuno ci donasse l'uno all'altra.
Che nome potrei dare ad una creatura cosi bella..nessun nome sarà mai alla tua altezza mio dolce amico...
Ti chiamerò " starlight" che ne dici?....

Dopodichè mi voltai da lord Carrinton .."MI avete lasciato senza parole , lord..non credo di meritare un dono cosi bello.Io adoro cavalcare ..da sempre..sin da quando ero bambina.
Saprò mai esservi grata per un simile dono?...

Ad un tratto senti sue mani che mi cinsero i fianchi e mi aiutarono a salire in sella...

Altea
07-09-2011, 22.51.33
Seduta su un tronco di un albero leggendo un antico saggio su antichi esseri magici venni destata da delle risa di felicità e notai milady Gonzaga accanto a un cavaliere di belle virtù, a me sconosciuto. Accanto ad ella un fiero cavallo bianco era impaziente di poter mostrare la sua beltà e forza.
Guardando il volto di Lady Gonzaga pensai che l'amore e la gioia erano gemelli, o nati l'uno dall'altra.

Chantal
07-09-2011, 23.22.25
Chantal si lasciò baciare,gli prese le mani nelle sue,e le baciò a sua volta.Poi lo fissò negli occhi.In quegli occhi che le parlavano e la tutelavano da sempre coglieva ora il suo smarrimento.
Sì,quegli occhi la smarrirono in quel momento.
Acconsentì.
Ma quel suo tacito assenso fu estinto in un momento dal suo deciso volere.
"Vengo con voi,zio!"
Replicò portandosi verso i due uomini che già s'approssimavano all'uscio.

Guisgard
08-09-2011, 01.45.38
Padre Adam si voltò di scatto verso la ragazza.
“Vieni anche tu?” Sorpreso il chierico. “Come mai? Solitamente non ami uscire a quest’ora da casa… dimmi la verità, Chantal… sei in pena? Ti affligge qualcosa stasera?”
L'uomo, in realtà, era lui ad essere turbato.
Ogni qualvolta giungeva qualcuno a casa sua, il sospetto di essere vittima di una trappola si faceva vivo in lui.
Il paese, soprattutto la capitale, pullulava di spie e lui sapeva di non potersi fidare di nessuno.
Eppure il suo ruolo gli imponeva di correre da chi chiedeva il conforto della Fede.

Guisgard
08-09-2011, 04.01.40
Improvvisamente un trambusto, grida e risate.
Alcuni giovani avevano acceso un falò in strada ed attorno ad esso ballavano e cantavano, indossando costumi grotteschi e maschere di cartapesta.
“Fate largo!” Urlò il soldato a quei ragazzi e con forza si aprì un varco in quella ressa.
Ma proprio in quel momento accadde qualcosa.
Una rissa si scatenò ed in breve coinvolse anche i due soldati.
“Morte ai Ginestrini!” Gridò qualcuno.
“Tradimento! Sono i Pomerini!” Urlò qualcun altro.
Il caos allora si impossessò di tutto e di tutti.
In un attimo i due soldati persero di vista Elisabeth che finì poi confusa nella folla.
Una mano allora afferrò il suo braccio e trascinò via la donna.
“Presto, seguitemi, madame!” Disse un uomo ad Elisabeth. “Seguitemi se vi è cara la vita!”

Guisgard
08-09-2011, 04.22.06
Lord Carrinton sorrise nel vedere quella luce negli occhi di Gonzaga.
“Voi non mi dovete nulla, milady…” disse il nobile “… sono io che vi sono debitore per la vostra compagnia in questa bella mattina di Settembre… e la vostra compagnia non ha prezzo…”
Poi si avvicinò, arrivando ad accarezzare i capelli di lei con il suo respiro.
Delicatamente le sue mani sfiorarono i fianchi di lei e, stringendola, la fece salire in sella a Starlight.
Un attimo dopo anch’egli montò in sella al suo destriero, un superbo sauro di color grigio.
“Venite, milady, vi mostrerò un luogo magico…”
E detto questo, Carrinton lanciò al galoppo il suo cavallo, seguito da quello di Gonzaga.
I due attraversarono una ridente boscaglia, di un verde luminosissimo, mentre aurei bagliori, generati dai raggi del Sole che filtravano tra i rami degli alberi, sembravano dardi fiammeggianti capaci di unire il Cielo alla terra.
E, oltrepassata la boscaglia, Carrinton e Gonzaga si ritrovarono in una piccola e lussureggiante conca, al riparo dalla calura del Sole ed addolcita da una lieve brezza.
Tra alberi secolari e nodosi che la ricoprivano con i loro rami, apparve ai due una vecchia torre diroccata.
“Questo è il luogo di cui vi ho parlato, milady…” sorridendo Carrinton “… qui è celata, dal tempo e dal vento, l’antica e triste leggenda di due teneri amanti… ascoltate, vi prego…” sussurrò il nobile “… ascoltate… il vento, si dice, racchiude nel suo malinconico sibilo la storia dei due sfortunati innamorati…”

Guisgard
08-09-2011, 04.42.21
Due cavalieri, dal nobile portamento e dai modi gentili, avanzavano nella campagna verso il Belvedere.
Uno era moro e riccamente abbigliato, l’altro invece era più giovane e scanzonato.
“Di pure ciò che ti pare” fece il moro “ma niente è come la campagna inglese! Con buona pace della calda Spagna, della poetica Italia e della raffinata Francia!”
“Eh, Arthos, amico mio, tu sei il classico uomo che deve nascere, crescere e vivere a casa propria!” Replicò il giovane che gli cavalcava accanto. “Niente regge il paragone con la tua pigrizia!”
“Ti dirò che hai ragione, giovane Lyo!” Ridendo il moro Arthos. “E sai cosa? Ne sono anche fiero!”
“Ehi, guarda laggiù…” indicò Lyo “… sogno o son desto?”
“Dove?” Chiese il moro, cercando di capire a cosa alludesse l’amico. “Io vedo solo alberi.”
“Proprio su quell’albero… laggiù…” fece Lyo “… sembra una ragazza… forse è una ninfa…”
“Attento, mio buon buon Narciso, che le ninfe non crescono sugli alberi!” Esclamò divertito Arthos.
“Ti prego, reggimi il gioco…”
“Il gioco?” Ripetè Arthos.
“Si, un dolce ed innocente gioco.” Rispose Lyo, per poi galoppare verso quell’albero.
“Salute a voi, milady…” disse Lyo avvicinandosi all’albero dove si trovava Altea “… perdonatemi se vi distolgo per un momento dalle vostre letture… sapreste indicarci il Palazzo del Belvedere di lord Tudor? Vedete, siamo giunti qui da poco e non conosciamo queste terre. Vero, amico mio?” Voltandosi verso Arthos e facendogli l’occhiolino.
“Eh, già… proprio così, mio buon confidente.” Rispose lesto e con un sorriso Arthos.
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Guisgard
08-09-2011, 04.59.05
La stanza era illuminata solo da poche candele, ma sufficienti all’uomo seduto e intento a firmare alcuni documenti.
Perlopiù sentenze di morte.
“Repubblicano De Jeon, il repubblicano Missan è qui.”
“Fatelo passare!” Ordinò il leader dei Ginestrini.
“Che aria tetra in questa stanza…” scherzò con un sorriso Missan, entrando nella stanza “… preferisco di certo quella più spensierata e in festa che si respira per le strade.”
“Già, il popolo…” con sufficienza De Jeon, sempre alle prese con i suoi documenti “… festeggia, canta e balla. Ma il grosso spetta a noi che ora governiamo questo paese.”
“Provi invidia dunque per qualche allegro popolano?” Fece con ironia Missan. “Puoi sempre farti da parte e ritirarti a vita privata.”
“Così, magari, potresti prendere tu il mio posto, vero?” Replicò De Jeon, lanciando un’occhiata poco amichevole al suo compagno.
“Io?” Ripeté mostrando stupore Missan. “Ma io non sono affetto dal morbo dell’ambizione, amico mio.”
“Chi può dirlo, chi può dirlo…” mormorò De Jeon, mettendo poi da parte i documenti.
“Mi hai fatto chiamare per domandarmi dei miei progetti futuri?”
“No, per aggiornarti sulle ultime vittime del boia.” Rispose De Jeon.
“Troppo monotone ormai le liste delle esecuzioni…” con indifferenza Missan “… e poi fa ancora troppo caldo perché questo genere di cose possa in qualche modo interessarmi.”
“Ti consiglio di dare un’occhiata a queste liste…” disse De Jeon, porgendo alcuni fogli al suo compagno “… potresti trovarle tutt’altro che monotone…”
Missan prese quei fogli e cominciò a guardarli.
“Controlla pure…” indicò De Jeon “… vedrai che all’appello mancano una dozzina di chierici e tre aristocratici… senza contare i due nobili ed il vescovo spariti ieri sotto gli occhi della nostra Guardia Repubblicana.”
“Spariti? E come?”
“Già, bella domanda.” Con rabbia De Jeon. “E’ la stessa domanda che ho fatto al comandante della Guardia Repubblicana, prima di mandarlo a spiegare questa cosa al boia.”
“E hai avuto una risposta?”
“Si, ma non dal comandante…” fissandolo De Jeon “… sono stati gli stessi artefici della sparizione a lasciare una possibile risposta…” e mostrò un biglietto a Missan.
“E questo cosa sarebbe?” Chiese questi. “Sembrerebbe un fiore stilizzato…”
“Si, un fiore…” annuendo De Jeon “… un giglio… un giglio verde… è stato trovato nella carrozza che avrebbe dovuto portare in carcere i prigionieri poi liberati… pare che così vogliano firmarsi i nostri nemici…”
Missan fissò il biglietto, poi lo sguardo di De Jeon e poi di nuovo il biglietto.
“Voglio che sia tu ad occuparti di questa storia.” Continuò De Jeon. “Qui ci sono tutti i rapporti che riportano quanto detto dai soldati, dai carcerieri e da alcuni testimoni che affermano di aver visto qualcosa. Studiali e torna da me quando avrai un piano. Questi pagliacci, che sembrano usciti fuori da un romanzo cavalleresco, rischiano di mettere in ombra la forza del governo della repubblica.”
“Il Giglio Verde…” mormorò Missan continuando a fissare il misterioso simbolo sul biglietto.
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Daniel
08-09-2011, 08.22.20
<<John..>> riuscii a dire solo questo.. Ero talmente stanco e dolorante che non riuscivo a mettermi in oiedi.. Mi trascinai vicino alla ciotola dell'acqua e iniziai a bere.. Guardai ilo cibo ma non avevo la forza di mangira e lo lasciai lì.. Sentivo il marchio dietro la schiena bruciare ancor.. Chissa cosa c'era scritto.. Qualsiasi cosa era sono stato marchiato a vita.. Mi trascinai verso quel misero pagliericcio e dormii di nuovo aspettando la mia sorte..

elisabeth
08-09-2011, 09.08.17
Ero incantata da quel falo', le lingue di fuoco, avevano sempre, sin da bambina riscaldato il mio spirito..... allora non sapevo del potere di quella meraviglia.......ero rapita dalle danze e dalle urla.......la mia mente incomincio' a immaginare i movimenti del mio corpo in una danza ritmica,ogni muscolo si muoveva al senso del calore del fuoco.......ma triste fu il ritorno al mondo materiale e si scateno' davanti ai miei occhi un'altra danza,la morte......i miei due accompagnatori furono coninvolti in un atto di guerriglia......la gente ormai non si tratteneva piu', era finita in un vortice che trasformava la liberta' in gocce di sangue, non c'era piu' differenza tra nobili e popolani..........entrambi erano sullo stesso piano....assassini..!!!......Un senso di nausea mi avvolse......volevo tornare tra la mia gente, ero disorientata, ma qualcuno afferro' il mio braccio .....dovevo seguirlo" Se mi era cara la vita"............Certo che mi era cara la vita............ero stata portata via.....da una vita di stenti e violenza......e gia' apprezzavo la bellezza della vita nell'infinita' del Creato........Segui quell' uomo mi diceva la vocina infondo al cuore...il cuore, avevo imparato che il cuore non tradiva mai.........Corri Elisabeth, Corri ........ero affannata, ma quella mano sicura non lasciava la presa, vicoli vicoletti......avevo sentito una sola volta la sua voce.......non mi conosceva nessuno......erano anni che avevo lasciato quel posto, era come se mai ci fossi stata!!! Mi ricordai il giorno della mia iniziazione......una benda sugli occhi....mani che mi spingevano in ogni direzione......le passioni della vita...dovevo affidarmi........ci fermammo...Sentivo il mio petto salire e scendere per l'affanno....." Signore......io...io ....non so come ringraziarvi.......non rfiesco a capire perche' tutte le volte che cerco di raggiungere i Signori di Beauchamps.....mi ritrovo in posto che non conosco e a seguire uno sconosciuto..............vi prego non ho molto denaro.....ma sara' vostro...se mi accompagnerete al palazzo "........

Talia
08-09-2011, 14.18.33
Quella voce modulata, bassa, dal timbro ora drammatico e ora impetuoso... mi ero accostata ad un albero ed ero rimasta lì, immobile, ad osservare la scena. Confusa, silenziosa e, per chissà quale ragione, vagamente affascinata...
La luna disegnava sottili ombre scure che si muovevano qua e là, quasi fossero su di un palcoscenico...
E ad un tratto l’uomo si tolse la maschera. Fu un gesto rapido, improvviso, inatteso.
Trattenni il respiro, i miei occhi si allargarono e, quasi senza rendermene conto, mi protesi leggermente in avanti...
Era buio, tuttavia, e lui era lontano da me, troppo lontano... e girato di spalle.
In quell’istante una voce, alta e inattesa, mi fece sussultare.

“Ah, sei qui!” Esclamò all’improvviso Renart., arrivando alle spalle di Talia. “Ti ho cercata ovunque!”

“Renart!” esclamai, colta alla sprovvista, voltandomi di scatto.
Il giovane avanzava verso di me con quel suo passo baldanzoso ed un sorriso compiaciuto sul volto.
Tornai a guardare indietro, verso il belvedere, ma il misterioso Tafferuille si era già rimesso la maschera... incrociai il suo sguardo solo per un istante, poi lo vidi girare sui tacchi ed allontanarsi in fretta. E una forte delusione, difficilmente spiegabile, mi colse in quell’istante...
“Si, Renart... sono qui!” dissi in fretta, con malcelata stizza “E ora, se vuoi scusarmi, credo che me ne andrò a dormire! Buonanotte!”
Lo aggirai e mi diressi di nuovo verso la piazza in cui si trovava il nostro carrozzone.

Guisgard
08-09-2011, 14.41.02
Talia si era appena voltata per tornare al carrozzone, quando sentì una morsa stringerle un braccio.
“Che aria stizzita!” Esclamò Renart. “La sera è limpida e ancora lunga… e non mi va di andarmi a chiudere in quel carrozzone tra maschere e costumi…” la fissò con i suoi occhi scuri “… cosa ci facevi qui da sola? Devo essere geloso? Avevi forse un appuntamento romantico con qualcuno?” E rise di gusto.
Poi divenne serio e la fissò con ancora più intensità.
“Sai che stanotte sei davvero bella, Talia…” e cominciò a sfiorarle i capelli, poi il volto ed infine la mano scivolò sul suo collo “… mi piaci molto anche senza tutto quel trucco…” le sua mani allora cominciarono a cingere i fianchi della ragazza.
Poi, con forza Renart la strinse a sé e la baciò.

brianna85
08-09-2011, 15.01.29
gli zoccoli dei cavalli fecero un gran frastuono brianna corse in giardino in fermento subito dopo aver ringraziato jacqueline la sua balia.
il suo amato theo era tornato ora nessuno li avrebbe mai più divisi perche il padre in punto di morte confesso alla sua adorabile figlia brianna di aver mandato lui theo a combattere (all'epoca ancora un fancuillo nei territori francesi e di aver nascosto le lettere che theo gli mandava.)brianna perdonò suo padre perche adesso difronte a lei cera il suo grande amore,per un istante si bloccò in una sorta di contenplazione come le costellazioni in cielo ad agosto era inriconoscibile con la barba lunga e con l'espressione da uomo maturo lady brianna disse -ben tornato ser theoden venite a rifocillarvi ve ne prego-

brianna85
08-09-2011, 15.28.21
:smile_wub::smile_wub::smile_wub:

Talia
08-09-2011, 16.28.40
Tornai a guardare Renart, la sua mano stringeva il mio braccio con tanta forza che quasi mi faceva male... poi le sue parole, quella sua tipica risata scanzonata, infine quello sguardo serio e intenso...
“Renart...” iniziai a dire, tentando di arginare il flusso delle sue parole.
Tentativo inutile.
Sollevai, quindi, gli occhi su di lui e sorrisi appena, scuotendo piano la testa... ero intenzionata ad andarmene, non avevo alcuna intenzione di scoprire dove volesse arrivare...
Ma quel suo gesto, improvviso e audace, mi colse di sorpresa... e mi ritrovai tra le sue braccia, quasi prima di potermene rendere conto.
Subito gli poggiai le mani sul petto e lo spinsi indietro poi, d’istinto, sollevai un braccio e lo schiaffeggiai con forza.
“Sei pazzo?” dissi, con la voce che mi tremava leggermente “Che cosa diavolo ti è balzato in mente?”
Rimasi per un istante immobile, fissandolo... poi inspirai profondamente e mi avvicinai di nuovo a lui...
“Il fatto che tu abbia il permesso di baciarmi sul palcoscenico, Renart...” gli sussurrai, con la voce bassa e tesa “non ti da affatto il diritto di farlo così, ogni qualvolta te ne venga voglia... hai capito? Perciò non osare farlo mai più. Sono stata chiara? Mai più!”
Gli lanciai un’ultima occhiata fiammeggiante, poi mi voltai e mi avviai verso il carrozzone.

ladyGonzaga
08-09-2011, 16.41.34
Quanto incanto...un posto meraviglioso , mai visto prima.
Attraverso gli alberi , il raggi del sole facevano fatica a filtrare , mentre i dolci suoni della natura creavano una dolce melodia.
In fondo alla nostra destra una piccola cascata , l'ideale per poter far dissetare i nostri compagni di viaggio.
Ci avvicinammo e scesi dalla sella..lasciammo che i cavalli si sentissero un po liberi...

Ci sedemmo su un masso la accanto .." Avete ragione lord , questo posto è incantevole. Non immaginavo che mi sarei persa un posto cosi incantevole , ho fatto bene ad accettare".
Raccontatemi di quei due giovani amanti ....mi piacerebbe sapere del loro amore"...

Lo vidi che mi scrutava , pensando che io no lo potessi vedere...sentivo il suo respiro sfiorarmi il viso...non mi voltai..evitai questo..se lo avessi fatto mi sarei trovata le sue labbra ad un passo dalle mie.

Guisgard
08-09-2011, 20.22.23
Elisabeth era stata condotta da quel misterioso uomo in un vicolo che sembrava tranquillo.
“Per un po’ qui saremo al sicuro…” ansimò quello sconosciuto salvatore “… la città sembra impazzita… e temo che questi atti di violenza si diffonderanno in tutto il paese… era inevitabile che i Ginestrini e i Pomerini arrivassero allo scontro… quando gli uomini non hanno più nemici, i nobili ed il Clero in questo caso, allora cominciano ad attaccare gli amici...”
Si voltò poi a fissare Elisabeth con il suo sguardo indagatore e sfuggente.
Era un uomo di costituzione robusta, capelli un po’ lunghi di un pallido catano, quasi biondo, e dai sottili occhi grigi.
Aveva un accento del sud, forse della Provenza.
“I Signori di Beauchamps?” Turbato l’uomo. “Perché li state cercando? Non sapete che è pericoloso chiedere informazioni su nobili ed ecclesiastici?”

Guisgard
08-09-2011, 20.40.08
“Daniel, figlio mio… fuggi, fuggi! E che il Cielo ti protegga sempre!”
“Farai la fine dei tuoi cari, dannato ragazzo!”
“Viva la repubblica! Viva la repubblica!”
“Daniel, i Ginestrini vogliono catturarti! Scappa da questo paese!”

Ad un tratto dei passi destarono il giovane Daniel da quei ricordi confusi nei sogni.
“Svegliati, gaglioffo!” Urlò una delle guardie del duca. “Il duca ha deciso la tua sorte…”
La cella si aprì e Daniel fu tirato su di peso.
Gli furono legati i polsi da strette catene e condotto fuori dalle segrete.
Il giovane fu così portato nelle scuderie e legato con una lunga e spessa catena alle pareti.
“Ecco, così non potrai scappare.” Disse la guardia. “Questa catena è abbastanza lunga per farti muovere in ogni angolo delle scuderie… ora prendi secchio e rastrello e comincia a pulire a terra… e quando avrai finito c’è da pulire i cavalli e dar loro da mangiare e bere. E guardami bene, gaglioffo…” prendendolo per la camicia “… al primo problema che causerai, ti infilzerò io stesso, chiaro? E ricordati che devi rivolgerti a me chiamandomi signore!” E lo spinse a terra.
Un attimo dopo la guardia uscì dalle scuderie, lasciando Daniel a quella sua nuova prigione.

Guisgard
08-09-2011, 21.01.07
Lord Carrinton allora fissò la cascata.
“Io, milady, non sono un grande narratore…” sussurrò a Gonzaga “… in questo luogo ci venivo da ragazzo… era la terra di mio padre e lui mi conduceva qui per mostrarmi la nostra ricchezza… ed un giorno un pastore mi narrò dei due amanti… i loro nomi erano Ario e Consiglia… il pastore non mi descrisse mai i loro volti ed io, nella mia fanciullesca fantasia, cominciai ad immaginarmeli… lui lo vedevo con lunghi capelli neri, mentre lei era bionda con dei meravigliosi occhi chiari… ed ogni giorno venivo qui sperando che il vento mi parlasse di loro…” fissò Gonzaga e le sorrise “… la loro è la storia più vecchia del mondo… si amavano, ma lui non era nobile ed il padre di lei impedì le nozze… allora decisero di fuggire e giunsero qui, in questa torre, dove vissero per nove mesi… ma proprio il giorno della nascita del loro bambino, gli uomini del padre di lei li trovarono ed uccisero Ario… e Consiglia, nel vedere l’amato senza vita ai piedi della torre, si lanciò giù per raggiungerlo… in braccio aveva il piccolo, che però venne salvato dal vento che lo condusse nel suo castello oltre le nubi… e da allora si narra che il vento trasporti le voci di Ario e di Consiglia affinché il piccolo possa udirle…” sospirò e restò un attimo in silenzio “… siete triste, milady?” Chiese a Gonzaga. “E’ solo una leggenda… e voi non siete fatta per la tristezza, ma per la felicità…”

Guisgard
09-09-2011, 02.19.16
Renart restò un attimo confuso, tenendosi la mano sulla guancia appena schiaffeggiata da Talia.
E restava lì, immobile ed in silenzio, a guardare la ragazza andare via verso il carrozzone.
Risentì allora le parole di lei, il suo averlo respinto e sentì crescere in lui rabbia e frustrazione.
I suoi occhi scuri divennero così di fuoco ed il volto, contratto per l’ira, assunse le sembianze di una maschera tragica.
Allora, in un impeto di gelosia e di collera, rincorse Talia ed afferrandola la fece voltare bruscamente.
“Quante arie ti dai!” Gridò. “Ma chi credi di essere, eh? L’aria ammuffita di quel decadente palcoscenico, i suoi ridicoli costumi e le sue patetiche maschere ti hanno forse fatto dimenticare chi sei? Sei solo un’attricetta da quattro soldi, che può attirare l’attenzione solo sbattendo le ciglia e ballando per mostrare le gambe! Gli uomini, quelle come te non le sposano mai! No, quelle come te servono solo a farli divertire gli uomini! Va, torna con quella massa di cialtroni! Quello è il tuo posto! Per me potete andare tutti al diavolo! Voi ed il vostro patetico teatro!” E corse via, imprecando contro tutto e tutti.
Poco dopo arrivò al centro della cittadina, dove trascorse la notte ubriacandosi e andando a donne.
Talia invece ritornò finalmente al carrozzone.
La notte trascorse inquieta.
Al mattino presto però già tutta la compagnia era al lavoro.
Tutti tranne Renart, che sembrava essere scomparso.
Ad un tratto però l’ex soldato si presentò nello spiazzo dove era accampata la compagnia.
“Alla buonora!” Esclamò Essien andandogli incontro. “Non sai che oggi abbiamo le ultime prove e che fra due giorni abbiamo lo spettacolo?”
“Non urlate così, padrone…” mormorò Renart, massaggiandosi la testa “… se continuate a gridare la testa mi scoppierà…”
“Per Giove!” Strillò il capocomico. “Hai passato la notte a bere! Incosciente! Hai dimenticato le prove? E lo spettacolo?”
“Non datevene pena, padrone.” Disse Fantine avvicinandosi ai due. “Questo lo aiuterà…” versando in testa a Renart un secchio d’acqua “… ed una buona tisana farà il resto.”
E dopo quella doccia inattesa, Renart saltò su.
“Ehi, che modi!” Esclamò, buttandosi indietro i capelli.
“Tranquillo, ti farà bene.” Fece Essien. “Ora fantine ti porterà una tisana e vedrai che fra qualche momento tutto sarà passato. Ah, incosciente di un soldato!”
E finita di bere la tisana di Fantine, Renart si accorse di Talia, intenta, proprio in compagnia della donna, a sistemare i teloni ed il sipario.
“Beh, neanche il buongiorno mi dai?” Domandò avvicinandosi alla ragazza. “Potevi prepararmela tu questa tisana, magari faceva effetto prima… ah, senza offesa, Fantine.” Voltandosi verso la donna.
“E chi si offende!” Fece questa, senza però badare troppo alle parole di Renart.
“Su, fammi un sorriso…” disse Renart rivolgendosi di nuovo a Talia “… non lo merito per la nottataccia che ho passato? Una nottataccia che ho passato anche per colpa tua…”

Daniel
09-09-2011, 08.44.00
"Preferivo la morte" pensai.. Non volevo fare da servo.. Odiavo que osto e odiavo il Lord! Non volevo stare lì.. Dovevo trovare un modo per fuggire.. Facendo finta di spazzare iniziai a perlustrare le scuderie.. Erano abbastanza grandi.. Con una ventina di stalle.. Un ripostiglio con utti gli attrezzi e un'altro piebo di fieno e carote.. Rubai una carota e mentre mangiavo osservavo gli attrezzi che c'erano nel ripostiglio.. Varie scope, Rastrelli e qualche martello.. Perfetto! Andai alla base della catena.. Un martello potrebbe farcela a romperlo.. Pensai e iniziai a pulire il corridoio centrale delle scuderie..

elisabeth
09-09-2011, 11.56.12
Ansimavamo entrambi, la corsa era stata dura, ora pero' avevo avuto il tempo di guardare meglio il mio salvatore, doveva avere la mia eta', non era giovanissimo.....ed era anche di bell'aspetto....e le domande che faceva era legittime....." Non so come vi chiamate e non so chi siete..l'unica certezza e' che vi siete preso cura della mia vita....e il meno che posso fare e' quello di rispondervi....mi chiamo Elisabeth, vengo dalla Bretagna, sono orfana di padre e a quanto ne so...mia madre potrebbe essere morta, questa, in cui ci troviamo e' la citta' che mi ha dato i natali.....un'altro uomo moltissimi anni fa, senza conoscermi, pago' qualche moneta per portarmi via da un uomo, la cui sola intenzione era quella di ammazzarmi.......e ha fatto di me, quella che sono oggi......oggi sono stata mandata qui, perche' devo portare un dono al Signore di Beauchamps, che credetemi non conosco........l'unica cosa che so e' che e' un uomo di conoscenza e per qesto ha bisogno del dono di cui vi ho fatto cenno...non sapevo che mi sarei imbattuta in un insurrezione e ccredo che non lo sapesse neanche il mio........lasciamo perdere..........vorrei raccontarvi di piu'.....ma non vi conosco abbastanza, a quanto mi dite......e' meglio che sappiate solo questo....per il bene della vostra vita stessa.....!!!!..."".....Facevo parte di una congrega che viveva secondo le leggi del grande universo..........avevo imparato ad unirmi agli elementi....e a vedere oltre, avrei rischiato molto se avessi parlato a qualcuno che non avrebbe compreso.......

Guisgard
09-09-2011, 13.34.19
L’uomo fissò Elisabeth.
“Madame, in tempi bui e tristi come questi, meno sappiamo, meglio è…” mormorò “… voi mi avete detto il vostro nome ed io farò finta di averlo dimenticato… mi rivolgerò a voi chiamandovi madame, mentre voi mi chiamerete monsieur… per quanto ne so, tutti i nobili del paese potrebbero essere morti o fuggiti via… questa è solo una piccola cittadina e i nobili che governavano queste terre sono scomparsi poco dopo lo scoppio della rivoluzione… è sempre stata un feudo dei Pomerini dopo la fuga del principe, ma ora sembra che i Ginestrini abbiano cambiato parere su questa cosa…” si guardò intorno “… se cercare l’uomo di cui dite è così importante, allora vi attende un bel viaggio, madame… forse solo ad Ostyen, la capitale, potreste trovare informazioni in merito a quell’uomo… restare qui è inutile per la vostra ricerca…”

Guisgard
09-09-2011, 13.54.30
Theo era stanco.
Il viaggio era stato lungo e spossante.
Ma nel vedere quel palazzo, i suoi colori, i suoni e i profumi della campagna circostante, sentì le forze tornargli in modo prepotente.
Respirò forte quell’aria amica e rasserenante.
Poi si accorse di una figura in lontananza.
La lieve e fresca brezza le gonfiava il delicato abito e faceva girare e volteggiare i lunghi capelli.
Era lei.
Avrebbe riconosciuto quell’immagine ovunque, anche dopo secoli di solitudine.
La Francia era bella, forse tra i più bei posti al mondo, ma era vuota.
Vuota come uno scrigno raffinato ma senza pietre preziose.
Perché mancava lei.
“Brianna!” Chiamò da lontano Theo, agitando il braccio e lanciando il suo cavallo al galoppo verso il palazzo.
E quando vi giunse finalmente vide da vicino il volto di lei.
Quanti bardi e cantastorie, nelle locande, nei verzieri e nelle serene notti d’Estate avevano cantato di bellissime eroine di miti e leggende.
Eppure nessuna di quelle poteva vincere la bellezza ed il candore di Brianna agli occhi di Theo.
“Salute a voi, lady Brianna…” sorridendo il giovane “… che Dio possa sempre preservarvi e benedirvi…” scese allora da cavallo e lo affidò alle cure dei servitori, per poi seguire la ragazza nel palazzo.

Guisgard
09-09-2011, 14.10.25
Daniel continuava a pulire le scuderie, anche se nel suo cuore infiammava l’odio e l’astio per quegli uomini che l’avevano marchiato come una bestie e ridotto in schiavitù.
Osservava ogni cosa che lo circondava, ossessionato da un unico pensiero: la fuga.
Ma era possibile fuggire da lì?
A cadenza regolare una guardia passava davanti all’ingresso delle scuderie per sorvegliarlo e i molossi del duca erano pronti ad azzannare chiunque tentasse di avvicinarsi al portone del palazzo.
Ad un tratto Daniel udì dei passi.
Era il valletto John che gli portava cibo e acqua.
“Hai solo pochi minuti per mangiare e bere, gaglioffo!” Gridò la guardia a Daniel. “Poi devi riprendere subito a lavorare, oppure ti frusterò a sangue! E ricorda… non aspetto altro che tu mi dia una scusa per infilzarti!” e rise forte.
“Tieni, mangia e bevi…” mormorò a bassa voce John porgendo il cibo e l’acqua a Daniel “… e mi raccomando, non fare sciocchezze…”
Ad un tratto si udirono delle grida di gioia e dei cavalli.
“Ehi, sir Hagus è qui!”
Poco dopo gli stallieri riportarono dei cavalli nelle scuderie, proprio sotto lo sguardo del nuovo arrivato.
“Come è andato il viaggio, messere?” Chiese Jalem accorso per salutare Hagus.
“Faticoso ma senza troppi intoppi.” Rispose questi. “Annunciami a lord Tudor, lo vedrò subito. Chi è quello?” Chiese poi fissando Daniel.
“Quello? E’ solo un ladruncolo che si è introdotto nel Belvedere…” rispose Jalem “… che però è stato tanto folle da insultare il duca.”
“Davvero?” Sorpreso Hagus. “Ed è ancora vivo?”
“Si, pare sia intervenuta lady Gonzaga, la pupilla del duca” fece Jalem “e grazie a lei lord Tudor invece di ucciderlo ha deciso di prenderlo tra i suoi servi.”

brianna85
09-09-2011, 15.32.51
venite ser ho fatto preparare anche il vostro piatto preferito ve lo ricordi mele candite era il nostro piatto preferito ma raccontatemi dei vostri viaggi, della francia , deve essere cosi affascinante romantica...i due parlarono per ore e ore il giardino era circondato da profumate rose di tanti colori rosse, bianche gialle, rosa persino blu un incanto di giardino

Talia
09-09-2011, 18.00.49
Stavo sistemando il palcoscenico quando Renart ricomparve.
Quella notte avevo dormito poco e male. Le parole del giovane ex soldato, per quanto mi sforzassi di negarlo persino a me stessa, mi avevano colpita e mi avevano fatto del male... rividi mille e più immagini della mia infanzia, quella notte: sentii di nuovo la voce stridula della Madre Superiora che mi gridava dietro, rividi la faccia compiaciuta di Gwendaline Dulacq al braccio di Thomas, rividi momenti cupi, rivissi momenti difficili e tristi... e al mattino mi svegliai di soprassalto, ansimante e madida di sudore freddo.
Mi alzai senza parlare a nessuno. Ero nervosa e pensai che, probabilmente, i miei gesti insolitamente secchi e duri dovevano esser serviti da campanello d’allarme per gli altri, dato che nessuno venne a seccarmi per tutta la mattina.
Era ormai ben tardi quando Renard ricomparve.

“Beh, neanche il buongiorno mi dai?” Domandò avvicinandosi alla ragazza. “Potevi prepararmela tu questa tisana, magari faceva effetto prima… ah, senza offesa, Fantine.” Voltandosi verso la donna.
“E chi si offende!” Fece questa, senza però badare troppo alle parole di Renart.
“Su, fammi un sorriso…” disse Renart rivolgendosi di nuovo a Talia “… non lo merito per la nottataccia che ho passato? Una nottataccia che ho passato anche per colpa tua…”

Non lo avevo guardato in faccia neanche per un secondo da quando l’avevo visto apparire nella piccola piazza... ma ora era lì, di fronte a me, e non potevo continuare ad ignorarlo.
Alzai quindi gli occhi e gli gettai sul viso un’occhiata sferzante, carica di disprezzo...
“Hai passato una nottataccia?” chiesi, con la voce bassissima e quanto mai tagliente “Mi fa davvero piacere, sai? Anche se dubito che tutto il merito sia mio... Non è che magari, invece, qualcuna di quelle signorine con cui, ne sono certa, hai passato la notte, non è stata all’altezza del compito? Perché non vai a chiederlo a loro un sorriso, anziché a me?”
Mi voltai per andarmene, ma ci ripensai...
“Ah, ma certo...” soggiunsi voltandomi di nuovo a guardarlo e mantenendo la voce in un sussurro, così che nessun altro sentisse “...dimenticavo che tanto per te siamo tutte uguali, dico bene? Com’è che hai detto? Ah, si... quelle come me... giusto? Se è questo quello che pensi, dovresti dunque sapere anche un'altra cosa su ‘quelle come me’, Renart: dovresti sapere che quelle come me non hanno tempo da perdere con quelli come te!”
Lo fissai solo per un altro istante, ero furiosa ma non mi andava di fare di quell’incidente un caso per tutta la compagnia. Sorrisi quindi, con il sorriso più fasullo che mi riuscì di sbattergli in faccia, e a voce più alta, così che tutti gli altri sentissero, dissi soltanto: “Buona giornata, Renart!”
Poi mi voltai e mi allontanai da lui.

Daniel
09-09-2011, 19.20.30
Lo odio! chi è questo un'altro che è venuto a picchiarmi? Sir Hagus mah mi sta già antipatico.. Jalem poi.. Preferivo John.. Lady Gonzaga.. Chissà dov'era e come stava.. Non sapevo che mi avesse difeso da Lord Tudor.. Comnque non si era più fatta viva.. Sicuramente si starà sbaciucciano con quell'altro Lord.. Una gelosia improvvisa mi invase e diedi un calcio al muro spaventando un cavallo vicino.. Mi stupì di quella reazione.. Comunque notai che c'era un'altro ripostiglio nascosto in una stalla di un cavallo.. Aspettai la notte la mia signora.. Mi piace la notte così intrigante e misteriosa.. Il mestiere di ladro oltre a tante bastonate mi ha regalato anche una capicità di vista al buio superiore alla media.. Dei movimenti silenziosi e felpati e un udito capace di captare il più minimo movimento.. La guardia si addormentò e allora iniziai a muovermi.. Uscii dalla mia stalla personale.. Entrai nella stalla di un cavallo.. Era bellissimo il manto bianco e lucente.. Chissà di chi era.. Mi avventurai nella stalla e vdi dietro un enorme palla di fieno una porticina.. Spinsi ed entrai.. Dentro c'erano vecchie armi arrugginite.. Perfetto.. Ora sapevo cosa fare.. Tornai furtivamente al mio posto e feci finta di dormire... Appena in tempo perchè vidi che la guardia stava venendo alla mia stalla..

Melisendra
09-09-2011, 20.22.56
Ero rincuorata. Forse potevo sentirmi al sicuro, dopo mesi di incertezza. Mio padre mi aveva parlato dei Lord inglesi e conoscevo il nome di alcuni di loro. Lord Tudor era uno dei nomi che ricorrevano maggiormente durante le conversazioni che udivo nella nostra casa. Mia madre teneva una fitta corrispondenza con alcune nobili dame della sua terra natia, ma non avevo mai prestato attenzione a quei dettagli. Era una sfortuna, perchè mi sarebbe tornato molto utile.
"Milord" salutai "Il mio nome è Melisendra Du Blois..." Esitai "Duchessa di Beauchamps... Voi conoscevate mio padre, Thierry Alexandre Du Blois e sua moglie, Loyanna di Wendron... sono lieta di fare la vostra conoscenza, nonostante le terribili circostanze."
Mi inchinai profondamente.
"So che mio padre nutriva il più sincero rispetto per voi... dunque, in onore alla sua memoria, non posso che esservi doppiamente riconoscente per quello che fate per noi."

Guisgard
10-09-2011, 00.56.59
Hagus fissò Daniel incatenato a quella parete e dopo qualche istante uscì dalle scuderie.
La sera e la notte scesero presto e tutto il Belvedere sembrò addormentarsi.
Ma le guardie erano vigili.
Una di questa entrò nelle scuderie e restò a fissare Daniel.
Guarda come dorme questo dannato furfante…” mormorò “… già, il lavoro si fa sentire…”
“Tutto in ordine qui dentro?” Chiese un’altra guardia dalla porta.
“Si, tutto in ordine.” Rispose quella vicino a Daniel.
Un momento dopo andarono via, lasciando il ladruncolo tutto solo.

Guisgard
10-09-2011, 01.19.30
Lord Tudor fissò per alcuni istanti la giovane Melisendra.
Non aveva mai visto quella ragazza, ma tutto di lei gli riportò alla mente il suo vecchio amico Thierry Alexandre Du Blois.
Le loro battute di caccia, i viaggi tra i castelli della Bretagna, della Normandia, della Cornovaglia, del Kent.
E gli occhi di quella ragazza avevano la stessa forza delle sue parole: gli parlavano del suo caro amico.
“Io…” mormorò il duca tradendo emozione e commozione “… io non ho mai avuto il piacere di vedervi, milady… manco dalla Francia da troppo tempo ormai e… mi spiace solo che la nostra conoscenza sia avvenuta ora… in queste tristi circostanze… vostro padre era un fratello per me… siamo cresciuti insieme e abbiamo diviso molte cose, che forse oggi per molti non hanno più valore… vedete…” esitò “… quando seppi dello scoppio della rivoluzione cercai notizie di vostro padre, ma fu tutto inutile… ed il rimorso di non aver potuto far niente per lui mi tormenta ancora… ma oggi il Cielo, col vostro arrivo qui, mi da forse la possibilità di rimediare… milady, siete mia ospite e signora di questo palazzo e delle terre su cui domina… penserò io a voi, e largamente, oggi e per l’avvenire… qualsiasi vostra richiesta sarà per me un ordine.”
In quel momento entrò Hagus, accompagnato dal fedele Jalem.
“Salute a voi, milord.”
“Messere, questi è monsignor vescovo di Touls e questa dolce e bella dama è Melisendra Du Blois, Duchessa di Beauchamps, insieme alla sua governante.” Disse lord Tudor al nuovo arrivato.
“I miei omaggi, miei signori.” Chinandosi Hagus.
“Sir Haggus cura i miei affari in Francia ed è appena ritornato da quelle terre.” Spiegò Lord Tudor. “I nostri amici sono anch’essi appena giunti da Magnus… perdonate, volevo dire Animos.”
“L’avevo immaginato.” Annuendo Hagus.
“Beh, visto che giungete da quelle terre, diteci cosa accade laggiù.” Disse lord Tudor a Hagus. “Immagino siate ben informato su tutto.”
“Laggiù vi è il caos, milord… e sembra che le misteriose fughe di alcuni ecclesiastici e aristocratici abbiano allarmato i vertici del governo repubblicano.” Raccontò Hagus.

Melisendra
10-09-2011, 01.46.39
Ascoltai con attenzione le parole di Sir Hagus.
"Ho avuto il dubbio piacere di trovarmi a colloquio con De Jeon, il ginestrino... ed è stato orribile constatare quanto odio gli infiammi il petto. Ben presto, dopo aver sterminato le famiglie aristocratiche, si dedicherà con la stessa insana passione a epurare Animos da qualunque voce si levi contro di lui e il suo gruppo di seguaci. I dissapori con i Pomerini sono già incominciati." Feci una pausa, meditando se fosse opportuno proseguire. "Mio marito... mio misericordiosamente defunto marito era un ribelle della fazione dei Pomerini..." Abbassai lo sguardo. Il solo pensiero di aver condiviso il letto di quell'uomo era nauseabondo. Mi affrettai a spiegarmi. "Morì poco prima che mi arrestassero... in effetti quel matrimonio, stipulato con l'accordo di mio padre, con l'intenzione di proteggermi, è stato l'unico motivo per cui sono sopravvissuta alla mia famiglia."
Mi rivolsi a Lord Tudor.
"Non desidero recarvi disturbo e abusare della vostra ospitalità... so che rimane ancora qualcosa del retaggio della mia famiglia, qui nella vostra terra... conoscevate Loyanna di Wendron, mia madre?" Gli occhi mi si illuminarono.

Guisgard
10-09-2011, 01.57.36
Lord Tudor, dopo quelle ultime parole di Melisendra, chinò per un momento il capo ed un sorriso malinconico attraversò, per un attimo, il suo volto.
“Certo che la conoscevo…” si avvicinò ad una grande vetrata, per fissare la silenziosa notte “… e voi le somigliate moltissimo, ragazza mia… perdonatemi, potreste essere mia figlia… già, mia figlia… conoscevo molto bene vostra madre… Loyanna… erano anni che non pronunciavo quel nome ad alta voce… tutti noi ne eravamo innamorati… ma lei scelse vostro padre… <<seguirei Thierry ovunque…>> mi disse la sera in cui le dichiarai il mio amore per lei…” restò un attimo in silenzio “… si, milady, conoscevo vostra madre e la sua famiglia, i nobili signori di Wendron…”

Melisendra
10-09-2011, 02.12.20
Le sue parole mi toccarono nel più profondo dell'anima. Sentii il suo dolore così vicino al mio, che mi commosse. Gli strinsi la mano e gli sorrisi, grata che mi avesse aperto il suo cuore in un momento in cui era tanto vulnerabile.
"La vostra sincerità è un dono prezioso, milord, che serberò con la maggior cura che mi sia possibile." Lo guardai con gli occhi colmi di gratitudine.
"Non ho mai conosciuto la famiglia di mia madre... non so nemmeno se ci siano parenti in vita e in buona salute... Mio padre amministrava le proprietà della sua sposa, ma non ho idea nè di quali siano, nè di dove si trovino. E conosco a malapena i piani che avevano per il mio futuro. Voi sapreste rispondere a qualcuno di questi miei interrogativi?"

Guisgard
10-09-2011, 02.27.45
Lord Tudor fissò per qualche istante Melisendra, riconoscendo nei suoi occhi, nei tratti del suo volto e nel suono della sua voce un po’ di Loyanna.
Ma un uomo, un innamorato, sa racchiudere in sé tanto il suo sentimento, quanto il suo dolore.
Non vi è un cuore incapace di contenere in sé ciò che riesce a far provare all’anima.
Ed ora i tempi richiedevano che quel vecchio leone si occupasse di tutti loro, soprattutto della figlia del suo migliore amico e della donna amata da sempre.
“Conosco qualcosa riguardo ai possedimenti della famiglia di vostra madre.” Disse lord Tudor avvicinandosi ad un mobile per prendere alcuni documenti e delle mappe. “E poi abbiamo con noi messer Hagus, esperto amministratore di gran parte dei territori dell’Inghilterra del Sud.”
Hagus rispose con un inchino.
“Parlatemi pure tranquillamente, milady… vi ascolto…” aggiunse lord Tudor.

Melisendra
10-09-2011, 02.40.21
"Mia madre mi parlava di un antico possedimento della sua famiglia, che recò in dote a mio padre... diceva che si trovava a sud e che questo feudo era particolarmente ambito per la sua posizione strategica. Mi pare che fosse a causa di una baia che poteva essere utilizzata come porto e che veniva usato da mio padre per permettere ai mercanti di commerciare tra Animos e il vostro paese. Tuttavia non ho altri indizi che possano ricondurmi a quel luogo."
Osservai le mappe un po' smarrita.
"Grazie a quel feudo, mio padre stava prendendo accordi per fidanzarmi a un nobile inglese... ma non ho mai saputo chi fosse. Tutti i carteggi di mio padre andarono distrutti quando fu incendiata la biblioteca di Beauchamps..."

Guisgard
10-09-2011, 03.10.19
Lord Tudor e Hagus osservarono con attenzione le mappe dopo aver ascoltato le parole di Melisendra.
“Una baia…” mormorò lord Tudor “… un porto particolarmente esposto verso la Bretagna francese dunque… vi dice nulla questo?” Chiese a Hagus.
“Così a memoria è difficile, milord…” pensieroso Hagus “… in questa fascia costiera sulla Manica” indicando con un dito un punto della mappa “ci sono diversi porti strategici, ma molti dei quali usati solo a scopi militari… un momento…” fissando una parte della mappa “… forse potrebbe trattarsi della baia di Trafford Bridge…”
“Mai sentita…” fissandolo lord Tudor.
“Si tratta di un feudo assegnato da Enrico II ad alcuni nobili che gli assicuravano il controllo verso Sud… in effetti li vi è un castello, dimora dei signori di quelle terre… potrebbe essere quello il feudo acquistato dal conte di Beauchamps… si, potrebbe essere…”
“E’ possibile accertarsene in tempi brevi?”
“Si, milord.” Annuì Hagus. “Partirò domattina per quei luoghi.”
“Ottimo!” Esclamò lord Tudor. “Ovviamente, milady, resterete qui con noi almeno fino a quando messer Hagus non avrà raccolto tutte le informazioni del caso.” Rivolgendosi a Melisendra.
“Perdonatemi, monsieur…” intervenne il vescovo “… voi giungete dalla Francia… e cosa si dice della fuga di noi ecclesiastici e degli aristocratici? A me erano giunte strane voci, che in verità giudicai romanzesche, fiabesche… ma poi, dopo aver visto il modo in cui siamo stati tratti in salvo…”
“Sono solo chiacchiere, monsignore.” Con tono infastidito lord Tudor.
“Non proprio, milord.” Disse Hagus. “Nella repubblica di Magnus le stanno prendendo molto sul serio…”

Guisgard
10-09-2011, 04.22.09
“Signorine?” Ripeté sorpreso Renart. “Ah, capisco… sei gelosa!” E sorrise. “Ma non devi esserlo, Talia. Sono qui, no?” Le accarezzò i capelli e si mise davanti per non farla andar via. “Su, non puoi essere ancora arrabbiata per ieri sera… anche tu ti sei comportata in maniera brusca… ed io mi sono innervosito… su, dimentichiamo tutto… anzi, ho una cosa per te… una cosa interessante… molto interessante…” si guardò intorno, certo che nessun altro della compagnia li stesse osservando o ascoltando “… so che ti incuriosisce molto il nostro misterioso Tafferuille… in verità non ne comprendo il motivo… comunque, dicevo, ho una cosa molto interessante… ho sentito, tornando stamane qui, che il nostro uomo mascherato parlava con Essien… diceva che sarebbe mancato per un po’… e poco dopo è sparito… ma aveva un biglietto con sé… lo stesso biglietto che distribuivano ieri notte alla taverna dove ho trascorso la notte… così, se vuoi, possiamo seguirlo e scoprire qualcosa di lui… ovviamente, solo se sarai disposta a far pace con me, mia cara!” E le fece l’occhiolino per poi sorriderle.

Guisgard
10-09-2011, 05.31.15
La mattinata era luminosa e profumata dall’aria di Primavera.
Padre Adam era chino al suo tavolo da lavoro, dove passava molto del suo tempo a leggere e a scrivere.
Ma quella mattina era impegnato in qualcosa di molto diverso.
“Padre Adam! Padre Adam!” Gridò qualcuno. “Padre Adam, presto!” Ed entrò uno studente.
“Ah, fermo dove sei!” Fece il chierico senza voltarsi. “Sono impegnato… recita prima il Vangelo secondo Matteo… 16, 18…”
“Io ti dico, tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la Mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa.” Recitò lo studente.
“Ora in latino.” Disse padre Adam.
Lo studente sbuffò.
“Avanti!” Esclamò il chierico.
“Et Ego dico tibi... tu es Petrus et super hanc pectram aedificabo Ecclesiam Meam... et portae inferi non praevalebunt adversum eam…”
“Bene, puoi parlare ora…”
“Padre, il paese sembra impazzito…” teso lo studente “… anche nell’università... credo stia per accadere qualcosa…”
“Guarda…” lo interruppe il chierico.
“Un vaso di terracotta…”
“Si e dentro è seminato un qualcosa di particolare, portentoso...” sorridendo il chierico “… un fiore…un fiore speciale, unico... promettimi che lo proteggerai, ragazzo mio... promettimelo...”
“Si… lo prometto...” rispose lo studente senza però comprendere bene le parole del chierico.

“Allora, milord, come sono andate le vostre vacanze in Italia?” Domandò il vecchio aristocratico, destando il suo compagno di viaggio da quel suo ricordo. “Se non sbaglio… nel Granducato di Toscano, vero?”
L’altro aprì di colpo i suoi occhi azzurri e lo fissò per un istante.
“Si, sono stato in terra di Toscana, lord Buttleford…” rispose, cambiando espressione ed assumendo un’aria di sufficienza “… e devo dire di essermi rilassato…”
“Eh, immagino…” sospirò Buttleford “… l’Italia è sempre il giardino d’Europa.”
“Già, ma la trovo alquanto caotica per i miei gusti…” sbuffando il nobile “… temo che la prossima volta sceglierò un qualche sperduto territorio, in Turchia magari…”
“Tra gli infedeli!” Esclamò Buttleford. “Per Giove, ragazzo mio, allora da cacciatore sarete preda!”
“Credete davvero che i turchi siano più esagitati degli italiani, milord?”
“Non lo sono?”
“Ah, non lo so…” annoiato il nobile “… di sicuro so che gli italiani, in fatto di chiasso e confusione, non sono secondi a nessun popolo…”
“Però le donne italiane sono belle, vero?”
“Vi dirò, essendo quel felice paese diviso in stati e staterelli, tra una dominazione e l’altra, i suoi abitanti si sono ben differenziati nei secoli… così le donne di Sicilia sono simili nei colori e nelle passioni a quelle arabe, mentre quelle di Napoli hanno più l’immagine delle bellezze greche… di quelle romane vi consiglierei le popolane, calde e passionali, e di evitare invece le nobildonne, troppo scaltre ed interessate ai giochi di potere… salendo ci sono quelle toscane, disegnate dal Buon Dio come gli artisti di quella terra facevano con le loro opere, ossia candide, delicate e dai modi poetici, ma animate dalla stessa forza che accende il loro variegato idioma… poi ci sono quelle lombarde, un po’ gotiche, un po’ longobarde ma molto passionali nell’intimità… infine, nell’estremo Nord, le friulane che all’apparenza sembrano fredde come il loro clima, sono in realtà capaci di grandi ed intensi slanci.”
“Per bacco, ragazzo mio, sembra che voi abbiate conosciuto tutte le donne italiane!” Esclamò Buttleford. “Mi chiedo allora come facciate a dedicarvi anche alle vostre battute di caccia! A meno che le vostre prede siano tutt’altra cosa che daini, caprioli e fagiani!”
“Oh, non credete, milord…” sbadigliando il nobile “… sono solo un attento osservatore del mondo… ed a furia di osservare ho perso interesse per gran parte delle cose che mi circondano.”
“Eh, avessi io la vostra età!” Scuotendo il capo Buttleford. “Altro che caprioli e fagiani! Darei la caccia solo ad avvenenti dame! Che siano inglesi, francesi, italiane o spagnole!”
Ad un tratto la carrozza si fermò di colpo.
“Cosa accade?” Chiese Buttleford.
Un uomo allora si avvicinò e parlò ai due passeggeri.
“Vogliate perdonarmi, miei signori.”
“Mc Kintosh!” Sorpreso il nobile. “Cosa succede?”
“Milord, purtroppo alcuni lavori lungo la strada hanno bloccato il passaggio verso il Belvedere.” Spiegò Mc Kintosh.
“Ed io come farò ad arrivare al palazzo?” Domandò seccato il nobile.
“Milord, ho provveduto a procurarvi un cavallo.” Rispose Mc Kintosh. “Taglierete la campagna e sarete in breve tempo al palazzo del Belvedere.”
“E così…” fece il nobile scendendo dalla carrozza “… dopo un lungo e faticosa viaggio, devo pure mettermi a cavalcare per la campagna inglese… ah, assurdo, assurdo… passi per i miei abiti, nonostante questo nuovo mantello comprato per una cifra oscena nella città di Caserta, nella sartoria reale di re Ferdinando D’Aragona… ma ho lavato stamani i capelli e una galoppata è quanto di peggio… mi ritroverò i capelli impolverati e mi diventeranno crespi… meriteresti la gogna, Mc Kintosh… la gogna…”
“Vi prego di perdonarmi, milord.” Mortificato il fattore.
“Io allora tornerò indietro.” Disse Buttleford. “Mi saluterete voi vostro zio.”
“Servirò, milord…” annuì il nobile, mentre si toglieva il prezioso mantello per lasciarlo nella carrozza.
“Prego, appoggiatevi a me per salire in sella al cavallo, milord.” Chinandosi Mc Kintosh.
“Ah, fatti da parte…” con fastidio il nobile, per poi salire in sella tradendo un’agilità che cozzava con i suoi modi da damerino. “A presto, milord!” E salutato Buttleford, galoppò verso il Belvedere.
Attraversò di corsa la verdeggiante campagna, mentre il vento sembrava salutare il suo ritorno a casa.
E poco dopo arrivò all’ingresso del Palazzo del Belvedere.
“Chi è là?” Gridò una guardia.
“Gareth, davvero vuoi intimorirmi con quello spiedo? Ah, fa troppo caldo ed io non voglio sudare a causa di una guardia pedante!”
“Sir Guisgard!” Esclamò la guardia. “Siete finalmente tornato!”
Il nobile signore annuì sorridendo alla guardia.
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Daniel
10-09-2011, 09.19.17
Il mattino dopo mi risvegliai all'alba.. Ero euforico... Quela sera me ne sarei andato da lì.. Ma quella mattina c'era gran fermento a palazzo.. C'era qualche ricevimento importante? O era arrivato qualche personaggio famoso? Mi affacciai dalle scuderie, catena permettendo, per scorgere qualcosa..

Chantal
10-09-2011, 11.08.05
Parola alcuna fu pronunciata da Chantal per alcuni istanti.
Con insistenza guardò fisso negli occhi dello zio,per un tempo indefinito,come ad attendere che egli vi leggesse le pene del cuore taciute dalla bocca.
E sentì l'inquietudine assalirla ancor di più quando vide lo zio turbato.
Si pentì dell'avergli trasmesso la sua apprensione.
Ma da quando aveva appreso i nomi dei rivoluzionari Chantal era divenuta più sospettosa,non meno dello zio,era pur vero che la rivolta mirava a declassare il potere di circoscrizioni politiche ben precise,ma ella temeva che proprio da qualche amico potesse giungere il tradimento,e nutriva pena per le sorti dello zio.
L'università era privilegiato luogo di corruzione e suo zio,in quanto precettore,ne soffriva.
Cercò,comunque,di rasserenarlo,egli era destato da preoccupazioni per la sua condizione anche per le responsabilità a cui assolveva nel suo incarico di tutore della nipote.
La ragazza allora li congedò,cercando di non impensierire oltre lo zio.
"Sì,è tardi,andate voi,zio,disporrò per la cena e,nell'attendervi,riordinerò i documenti che avete tralasciato incustoditi nello studio.Siate prudente,ve ne prego."
Poi,volgendosi al ragazzo:"Sarei più tranquilla se lo accompagnassi anche lungo la strada del ritorno.Pregherò per tuo nonno".E,abbracciando lo zio con gli occhi:"Andate in fede,e che Dio vi assista."
Chantal si portò subito dinnanzi alla grande vetrata per vederli uscire e seguirli fino a che l'imbrunire non avesse inghiottito le loro sagome.
Ma era agitata,ed impaziente,i suoi occhi sgranati si illuminavano delle ultime luci che giungevano dal sole morente all'orizzonte.
Indossava una leggera veste bianca di georgette,fu colta da un brivido improvviso.Si strinse allora nelle braccia e cercò di riordinare i pensieri.Oramai non badava più al fatto che,appena fosse rientrata in casa,si mettesse a piedi nudi.Ma il fresco di quella sera di fine estate le fece percepire ancor più una sensazione di freddo nell'anima.

Talia
10-09-2011, 13.09.20
Renart mi si parò davanti e mi bloccò. Sollevai gli occhi sul suo volto, lanciandogli lo sguardo più truce che possedevo...
“Gelosa?” sibilai “Certo... ti piacerebbe!”
Feci per andarmene di nuovo, ma ciò che lui disse allora mi bloccò lì dov’ero...

“… su, dimentichiamo tutto… anzi, ho una cosa per te… una cosa interessante… molto interessante…” si guardò intorno, certo che nessun altro della compagnia li stesse osservando o ascoltando “… so che ti incuriosisce molto il nostro misterioso Tafferuille… in verità non ne comprendo il motivo… comunque, dicevo, ho una cosa molto interessante… ho sentito, tornando stamane qui, che il nostro uomo mascherato parlava con Essien… diceva che sarebbe mancato per un po’… e poco dopo è sparito… ma aveva un biglietto con sé… lo stesso biglietto che distribuivano ieri notte alla taverna dove ho trascorso la notte… così, se vuoi, possiamo seguirlo e scoprire qualcosa di lui… ovviamente, solo se sarai disposta a far pace con me, mia cara!” E le fece l’occhiolino per poi sorriderle.

I miei occhi si allargarono, mio malgrado, e il mio cuore iniziò a battere forte...
Ero curiosa, certo... ciò era innegabile. Ma non era soltanto semplice curiosità quella che mi coinvolgeva in quella storia... no, c’era dell’altro, qualcosa che non riuscivo a spiegarmi bene... era come una sensazione, un presentimento...
Quel suo modo di comportarsi, quasi volesse passare inosservato, quasi a non voler dare nell’occhio... quasi, pensai improvvisamente, a volerci far credere di esser qualcun altro... ma i suoi modi, il timbro della sua voce erano diversi dai nostri... molto diversi!
E poi c’era il modo in cui Essien lo trattava, la fiducia che riponeva in lui... conoscevo il vecchio Essien da troppi anni e fin troppo bene per poter credere che ciò non significasse nulla...
Questi e mille altri pensieri mi attraversarono la mente in quel momento...
Osservai Renart per un lungo istante, fissai i suoi occhi grandi e scurissimi e il sorriso spavaldo... e fui assolutamente certa che nessuno dei miei dubbi sul misterioso Tafferuille avesse mai sfiorato la sua alquanto ingenua mente, fui certa che non ci avesse mai pensato e che, probabilmente, non gli sarebbe mai neanche interessato...
Mi mordicchiai per un momento il labbro inferiore, pensando...
Infine decisi di sfruttare la situazione!
“Far pace con te, Renart?” domandai in tono suadente, fingendo di ponderare la cosa “Beh... vediamo... potremmo far così: tu aiutami ad esaudire qualche mia piccola curiosità e io prenderò in esame la cosa. Che cosa ne dici?”
Lo osservai appena per un istante, sfoggiando un sorriso sfacciatamente frivolo, poi mi accostai un poco e gli poggiai una mano sul braccio: “Iniziamo con la prima curiosità... hai parlato di un biglietto, giusto? Bene, quale biglietto? Cosa c’era scritto?” sussurrai, avvicinandomi probabilmente più di quanto fosse necessario “E seconda domanda... dove si è diretto il nostro amico? Dov’è adesso?”

Altea
10-09-2011, 16.50.17
Sentii la voce tremante di un giovane cavaliere e alzai lo sguardo dal libro notando due giovani affascinanti, di bellezze diverse.
Solitamente non ero avvezza a dare confidenza a degli sconosciuti ma risposi gentilmente "messere, sarei lieta di potervi aiutare ma approdai da pochi giorni in queste lande e ancora non ho trovato dimora, penso dobbiate cercare altrove ciò che cercate"

ladyGonzaga
10-09-2011, 19.25.30
La giornata trascorsa con lord Carrinton era stata molto bella e rilassante.
La storia degli amanti ..la voce del vento , mi avevano toccato il profondo della mia anima.
Che strano come cambiano le persone a seconda delle circostanze...il lord Carrinton che era con me , era una persona completamente diversa da quella che qualche giorno prima era a palazzo , in compagnia del duca.
Era stato molto dolce e gentile, premuroso e attento.
Tutte doti che spesso mancano agli uomini di un certo rango che vedono le dame dell'alta società come probabile fonte di ricchezza.

Scesi nella sala da pranzo, volevo salutare lord Tudor e ringraziarlo per avermi dato la possibilità di trascorrere una cosi bella giornata.
La mia speranza era quella di poter far colazione con lui e scambiare due parole come eravamo soliti fare anni e anni fa.


Mi prepara e scesi di corsa ma prima di andare nella grande sala, mi venne in mente Starlight , il mio splendido dono di lord Carrinton.
Volevo vedere come stava , anche per lui la giornata era stata pesante.

Arrivai alle scuderie e lo vidi là..bello e imponente e splendido come il sole..
appena mi avvicinai per sfiorarle il suo bel muso. lui mi venne incontro abbassando il capo come se volesse salutarmi.

" Come stai Starllight...vedo che ti hanno portato del buon foraggio ..coraggio..riposati amico mio"..
In quel preciso momento fui distratta da uno strano rumore che proveniva da un angolo buio della scuderia...

" Chi c'è?? , dissi a voce alta...voi???? Ossignore mio ma che ci fate incantenato come un animale selvaggio??
Chi ha osato fare tanto verso una persona umana??? ".

quella scena mi turbò cosi tanto che non potei trattenere la fuga di una piccola lacrima...


http://www.ecocasavacanze.it/it/mrc_private/img_np/disoccupato_di_sciacca_si_incatena_al_municipio.jp g

Daniel
10-09-2011, 19.50.33
<<Lady Gonzaga? Che ci fate qui?>> Non volevo farmi vedere così da lei..
<<Scusate.. Sono impresentabile..>> La guardai e vidi che una lacrima solitaria solcava il suo viso.. Mi avvicinai e senza pensarci la raccolsi col dito.. Cosa sto facendo?.. Ritrassi subito la mano.. Per cambiare discorso..
<<Alla fine siete stata obbligata a stare ancora con quell'altro dannato Lord? Quello con cui per evitarvi di farvi uscire mi sono beccato questo?>> Mi tolsi la camicia e gli feci vedere il segno sulla schiena..
<<Marchiato a fuoco come le bestie...>>

ladyGonzaga
10-09-2011, 22.46.49
Lo guardai e non credetti ai miei occhi. Era lo stesso marchio che avevano i cavalli di lord Tudor...non potevo credere a quello che avevo appena visto.

" Ma perchè vi siete messo in un pasticcio simile..io i giorni passati ho parlato di voi al lord , non capisco che avete fatto di male".

Io non so se posso aiutarvi, continuai..non so quanto possa essere influente la mia parola..ma vi prometto che vi aiuterò".


Uscì di corsa dalle scuderia per andare in cerca del duca , quando ad un certo punto, accanto al laghetto del palazzo, sentì delle risate..e una voce di donna...

Mi fermai e voltandomi lo vidi...lord Tudor in compagnia di una bellissima dama...sembravano molto amici...

Chi era costei ? Quanto è bella e dal suo portamento cosi elegante di certo è una nobildonna.

Mi fermai osservandoli....

Lady Gaynor
10-09-2011, 23.33.28
“Voglio che sia tu ad occuparti di questa storia.” Continuò De Jeon. “Qui ci sono tutti i rapporti che riportano quanto detto dai soldati, dai carcerieri e da alcuni testimoni che affermano di aver visto qualcosa. Studiali e torna da me quando avrai un piano. Questi pagliacci, che sembrano usciti fuori da un romanzo cavalleresco, rischiano di mettere in ombra la forza del governo della repubblica.”
“Il Giglio Verde…” mormorò Missan continuando a fissare il misterioso simbolo sul biglietto.


Nello stesso momento in cui Missan fissava inquieto il biglietto lasciato dal Giglio Verde, la porta si spalancò ed una vivace figura fece il suo ingresso nella stanza.
"Buonasera compagni! Per la vostra gioia eccomi di ritorno, so di esservi mancata molto... Sono stanca morta dopo aver viaggiato tutto il giorno a cavallo, ma non abbastanza da non voler sentire gli aggiornamenti della settimana. Cosa è successo in mia assenza?"
A parlare era una giovane dai lunghi capelli rossi, con ridenti e profondi occhi verdi, legata a Missan e De Jeon da un'amicizia che durava oramai da diversi anni. L'ultima settimana l'aveva trascorsa ad Honfleur, a suo dire la più bella cittadina della regione, lontana da tutte le tensioni che agitavano gli animi della novella Repubblica di Magnus.

Altea
10-09-2011, 23.55.01
Mi soffermai un attimo a guardare i due nobili cavalieri e mi alzai, con un leggero inchino mi presentai a loro "I miei omaggi, sono milady Altea Costance O' Kenninghton. Scusate la mia irruenza nel rispondere, ma parlo anche poco la vostra lingua". Mi soffermai, e il mio pensiero andò alla mia terra natia, la verde terra d'Irlanda dove lasciai i miei genitori in modo poco consono. Mio padre, nobiluomo aristocratico e membro delle guardie reali, si scontrò spesso con me per la mia poca gratitudine per la terra dove dimoravo e la mia strana indole nei confronti del mistico. Una sera venne nelle mie stanze reali mentre la mia dama di compagnia mi pettinava i lunghi capelli del color del tramonto e fissando i miei occhi mi mostrò una fodera color nero, e sguainò una spada dall'impugnatura d'oro con inciso lo stemma della nostra casata e incastonato uno splendido smeraldo. "Vedi figlia mia, ho fatto incastonare questa pietra del color dei vostri occhi" disse nascondendo le lacrime.
Capii subito, me la pose vicino al letto. Il mattino dopo presi quella spada e pochi bagagli e mi affrettai verso il piccolo porto urlando ai marinai di un galeone di aspettarmi "scusate verso dove siete diretti?". Un mozzo si voltò sbalordito "milady..verso la terra di Camelot ma non è posto questo per una nobildonna come voi". Dopo vari dibattiti salii a bordo del galeone e dopo un lungo viaggio approdai nelle lande di Camelot.

La voce del giovane dalla pelle chiara mi destò dai miei pensieri, dolci lacrime stavano per scendere ma la mia indole e l'educazione rigida che mio padre mi diede, quasi da guerriero, mi fecero ridestare e un finto sorriso rivolsi ai due giovani.

Guisgard
12-09-2011, 01.44.17
Gonzaga era andata in cerca di lord Tudor.
Voleva parlargli del giovane Daniel e della sorte che gli era toccata.
Ma giunta dal duca, trovò il nobile signore di Camberbury in compagnia di una bellissima dama e di un ecclesiastico.
“Ah, sei qui.” Disse lord Tudor vedendo arrivare Gonzaga. “Vieni qui, voglio presentarti alcuni nostri amici… questi è monsignor vescovo di Touls… e questa deliziosa dama e lady Melisendra Du Blois, Duchessa di Beuchamps, insieme alla sua governante. Ah, dimenticavo il nostro amico sir Hagus, il mio amministratore in terra di francese.” Aggiunse lord Tudor. “Questa è lady Gonzaga.” Indicando la sua pupilla.
“I miei omaggi, milady…” facendo un lieve e cortese inchino Hagus “… è un piacere per me conoscervi.”
“Bene, messer Hagus, credo non ci sia altro da dire.” Fece lord Tudor rivolgendosi al suo amministratore. “Credo che abbiate un compito da svolgere… trovare informazioni su quanto raccontatoci da lady Melisendra. Attenderemo con ansia il vostro ritorno.”
“Farò il prima possibile, milord.” Disse Hagus, per poi salutare tutti i presenti e andare via.

Guisgard
12-09-2011, 02.14.20
Il giardino era intriso del delicato profumo ed animato dai vivaci colori di quei fiori che circondavano ed avvolgevano i due giovani.
Brianna fissava Theo con occhi sognanti, che sembravano richiamare in essi tutta la luminosità di quella bella mattinata di Settembre.
Theo guardandola sentiva una forte gioia nel cuore, quasi sussultando ad ogni parola della ragazza.
“La Francia è un paese unico…” sussurrò Theo “… non è simile a nessun altro luogo al mondo… nell’aria sembra esserci un’eterna poesia, che possiamo riconoscere nel verde della campagna, nell’incanto delle colline, nel fruscio del vento che accarezza gli alberi, nel silenzioso e dolce scorrere di un fiume in un lussureggiante bosco… le città sono arricchite ed animate da sontuosi palazzi e imponenti monumenti… oh, dovresti vederla, Brianna… servirebbe un poeta per descriverti le meraviglie di quella terra e non un semplice cavaliere come me…” sorrise alla ragazza “… in verità non ho avuto molto tempo per girare… essendo al seguito di sir Hagus sono stato quasi sempre impegnato… a proposito, stasera devo recarmi al palazzo del Belvedere perché sir Hagus ha promesso di presentarmi a lord Tudor, signore di queste terre… mi piacerebbe portarti con me… ti farebbe piacere, Brianna?” E restò a fissare i dolci occhi della ragazza.
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Guisgard
12-09-2011, 02.48.41
Le parole di Altea risuonarono nella mente di Lyo, lasciando quasi un eco, simile ad un sospiro, che attraversò il cuore del giovane.
“Vi porgiamo il nostro saluto, lady Altea Costance O' Kenninghton.” Disse Arthos. “Il vostro accento è irlandese, vero? L’ho riconosciuto subito.” Aggiunse sorridendo.
“Siete dunque irlandese?” Intervenne Lyo. “Provenite allora dalla terra della fiabe e dei miti. Io conobbi un tempo un irlandese… studiava con me all’accademia quando ero ancora un cadetto… mi parlava sempre della sua verde terra e della bellezza delle donne che vi abitavano… ma, nel vedervi, mi accorgo che la realtà supera qualsiasi racconto…”
“Ehm, Lyo…” fece Arthos “… lady Altea ci ha spiegato che, essendo straniera in queste terre, non può aiutarci riguardo alla nostra destinazione… e direi quindi di affrettarci a trovare la strada per il Belvedere, perché sai bene che lord Tudor non ama attendere…”
“Eh, cosa?” Voltandosi Lyo verso l’amico. “Ah, si, certo… perdonatemi, milady…” rivolgendosi di nuovo ad Altea “… da ciò che avete detto non conoscete queste terre e probabilmente neanche le persone che abitano qui… siete sola dunque in questo luogo… posso accompagnarvi alla vostra dimora? Vedete, non è consigliabile restare qui da sola… sono contrade poco sicure queste…”
“Ma non mi dire…” mormorò sarcastico Arthos “… ed io che non ne sapevo niente… fortuna che non mi è capitato ancora nulla di male…”
“Già.” Disse Lyo, voltandosi verso di lui. “Ma tu sei grande e forte e non hai nulla da temere. Perché ora, magari, non cominci a cercare il palazzo dove siamo attesi? Così recupereremo tempo. Va, su!” Esclamò facendogli segno di andare via.
“Già, forse è meglio che io vada.” Sorridendo Arthos. “E mi raccomando di non fare tardi, Tristano…” e accennò una risata “… ora vi saluto, milady… è stato un piacere conoscervi…” e salutata Altea galoppò via.
“Dunque?” Chiese Lyo ad Altea una volta rimasti soli. “Posso accompagnarvi a casa vostra, milady?” Fissando il bel volto di quella misteriosa ragazza.
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Guisgard
12-09-2011, 03.40.50
Quel brivido di freddo.
Come un alito di morte.
Morte nel cuore sentì per un breve, infinitesimale istante Chantal.
La notte, profonda e misteriosa, sembrava aver portato via con sé suo zio.
E la notte è fatta di mille cose, soprattutto sogni, ma anche incubi.

Chantal camminava insieme a suo zio.
I due attraversavano un lungo viale con diversi alberi ai lati della strada.
Così i colori degli oleandri, dei ligustri e dei salici assumevano intensi e scintillanti riflessi sotto gli ultimi raggi del Sole morente.
Chantal era serena e suo zio le sorrideva.
“Visto che si è fatto tardi” disse il chierico “ed è ora di tornare a casa per la cena, che ne diresti di fermarci a prendere un pò di formaggio e del pane bianco?”
Lei annuì.
Ma proprio in quel momento qualcosa spaventò Chantal.
“A morte i nobili!” Gridava la gente. “A morte il Clero!”
Poi tumulti scoppiarono ovunque.
La folla sembrava voler travolgere tutto e tutti e Chantal perse di vista suo zio.
“La messa!” Urlava qualcuno. “Sta celebrando la messa! Andiamo in chiesa, rivoluzionari! Andiamo e lo troveremo là! Andiamo a prenderlo per condurlo poi dal boia!”
Chantal si guardò intorno in cerca di suo zio e proprio in quel momento le apparve un’immagine sbiadita.
Suo zio, solo, attraversava un lungo viale.
Non più fiero e dall’andatura imponente, ma stanco ed ingobbito, come se stesse percorrendo l’ultimo tratto di strada della vita…

I suoni dei canti e dei balli che si udivano nelle strade in lontana destarono la ragazza da quel sogno.
Chantal si era addormentata poco dopo l’uscita di suo zio.
Ma quel sogno aveva lasciato nel suo cuore una profonda inquietudine.

Chantal
12-09-2011, 04.47.51
Si svegliò di soprassalto.
Chantal si ritrovò senza fiato,col cuore accelerato.
I suoni della notte.
D'un tratto tutto le apparve muto,tranne che il suo cuore che le urlava paura.
Era stata colta dal sonno nella poltrona nella quale era solito accomodarsi lo zio quando ella suonava.
Ebbe freddo ancora,vi si accoccolò,rannicchiandosi,si strinse le ginocchia al petto,poi poggiò il capo sulla spalliera,profumava dei capelli di suo zio,annusò il velluto,e guardò ancora attraverso la finestra,senza cognizione del tempo.
Aveva avuto un incubo,non le accadeva certo per la prima volta,eppure si sentì stretta nella morsa del timore e dell'angoscia.
Si alzò.
"Perchè dovrebbe accadere"pensò,"Dio lo preserverà ancora in salute,ne sono certa.E' così che deve essere"
Cercò di convincersi di questo perchè la speranza non l'abbandonasse e lo sconforto non la cogliesse.
Ma il tempo,inclemente,incrementava le sue ore e la notte le appariva interminabile nel suo nero che abbracciava ogni cosa lì,fuori dalla sua casa appena rischiarata da una lampada ad olio che ancora ardeva incustodità.
Si levò rapidamente.Andò di nuovo alla finestra.
La grande e fredda vetrata rifletteva solo la sua immagine.Chantal vi si accostrò per scrutare fuori in cerca di un lumicino,una lanterna che le indicasse il ritorno di suo zio,ma il buio inghiottiva ogni cosa,era notte alta.Il suo respiro annebbiava il vetro tanto si avvicinasse per poter guardare fuori.Ma non scorgeva alcun lume.nè passi o suoni.
Una notte inquieta che Chantal avrebbe voluto dissipare con un soffio,invocando l'alba perchè sopraggiungesse al più presto.
Agitarsi non la conduceva a nulla.
"Prega e spera;non agitarti.L'agitazione non giova a nulla.Iddio è misericordioso e ascolterà la tua preghiera".
Queste parole le echeggiarono nella mente,le parole di un Santo.
"Prega e spera".Si ripetè Chantal.
Ma non riusciva a pregare in preda ad un inquietante pensiero che,oramai,la rapiva interamente.
Raccolse la lampada,abbandonò la vetrata e le tenebre che essa incorniciava e si portò nello studio di suo zio nell'attesa interminabile e angosciante che quella notte si snodasse in seno alle prime schiarite delle luci dell'aurora.Solo allora,forse,anche i suoi pensieri avrebbero ritrovato serenità.
Ma non riusciva.Non demordeva,non fu capace di abbandonare quell'agitazione.Pur nello studio,era accecata dai timori che non vedeva le carte di fronte a sè,non sapeva da dove prendere il capo per fare qualcosa che la tenesse occupata.Posò le mani sui documenti,sentiva d'essere smarrita.Ogni cosa si smarriva come lei in quella stanza orfana di suo zio.
Prese fiato,cercò di abbandonare quell'ambiente alla sua solitudine ma,mentre si portva verso l'uscita,un riflesso generato dalla fiamma che si muoveva dalla lampada che aveva nelle mani,la spaventò,poi,scrutando bene,lo riconobbe proveniente da un fermacarte d'argento,a forma di fiore da molti petali intrecciati tra loro,che teneva bloccato un foglio ingiallito,un foglio posato su qualcosa che Chantal non riusciva a scorgere bene,una tazza,forse.Ritornò allo scrittorio,spostò il fermacarte e sollevò il foglio.
Fu sorpresa.
Quel foglio poggiava su un vaso ricolmo di terriccio.
Chantal lo prese,ne annusò il contenuto che sapeva di humus.Fu rapita per un'istante,rimase perplessa e destata da un curioso incanto.Anche quel terriccio,rimestato dalle mani di suo zio,la riportò ai suoi più aspri timori di quelle ore.
Ripoggiò il vaso coprendolo nuovamente con quel foglio e ritornò nella sala per rimanere,in piedi,ancora con lo sguardo perso attraverso la vetrata nel desiderio di scorgere la lanterna che annunciasse il ritorno di suo zio.
E si abbandonò in balia dell'agitazione che non voleva lasciarle respiro in quella notte inquietante ed interminabile.
Oramai i suoi pensieri non trovavano più spazio nel suo cuore,tanta era la sua inquietudine.
E l'attesa corrodeva la sua speranza.

Guisgard
12-09-2011, 05.04.02
Gaynor entrò a suo modo nella stanza dove i due Ginestrini stavano discutendo.
“Temevamo di averti persa…” con sarcasmo De Jeon a Gaynor “… mentre tu viaggiavi tra le bellezze del nostro paese, qui succedevano diverse cose… e non tutte piacevoli, temo…”
“Eh, la nostra Gaynor è sempre stata affascinata dalla bellezza e dal richiamo del mondo aristocratico.” Fece Missan. “Ed immagino abbia accettato con gioia il suo nuovo incarico, quello cioè che la porta a catalogare tutti i beni sottratti all’aristocrazia e al Clero.”
“Ormai quei beni sono del popolo.” Replicò De Jeon. “Sono stati confiscati in seguito alle leggi che vietano la proprietà privata. Ma parleremo in un altro momento di questo, Gaynor. Lascia pure qui i tuoi rapporti… c’è ben altro su cui discutere… e, conoscendoti, credo che lo troverai ben più interessante…”
“Già, la nostra bella Ginestrina ha un debole per le storie romanzesche e i misteri…” sorridendo Missan.
De Jeon fissava Missan senza tradire emozioni.
“Amica mia, devi sapere che qualcuno sta sottraendo nobili ed ecclesiastici dalle mani del boia…” continuò Missan “… qualcuno che ama firmarsi con questo…” e mostrò alla ragazza il biglietto sul quale era impresso il simbolo del Giglio Verde.

Guisgard
12-09-2011, 05.17.11
Daniel era nelle scuderie, ancora incatenato e marchiato come si fa con le bestie.
Meditava la fuga, animato com’era dal disprezzo e dall’odio per coloro che gli avevano tolto la libertà.
Ad un tratto alcuni uomini entrarono nelle scuderie per condurvi un bellissimo cavallo.
“Chi è costui?” Chiese Guisgard fissando Daniel.
“E’ un ladruncolo che vostro zio ha fatto marchiare e poi diventare schiavo.” Rispose Jalem.
“Oh, bella!” Esclamò vagamente divertito Guisgard. “Mio zio non ha mai perso la mania di trattare meglio i cavalli che i suoi servitori!” E rise di gusto.
“Questo gaglioffo ha insultato il duca, milord.” Spiegò Jalem.
“Davvero?” Continuando a ridere Guisgard. “Cioè, se ho ben capito, questo ragazzo ha osato mancare di rispetto al più importante uomo d’Inghilterra, dopo sua maestà?”
“Esattamente, milord.”
“Ed io che sono andato in Italia perché mi annoiava la nebbiosa ed umida campagna inglese!” Esclamò il nipote del duca. “Sarei invece dovuto restare qui a Camelot! Mi sarei divertito molto di più!” E rise ancor più forte. “Avrei voluto vedere la faccia di mio zio! Lui che ha fatto tremare in gioventù persino in turchi, preso in giro da un ragazzo!”
Gli altri lo fissavano stupiti.
“Su, forza, liberate quel ragazzo.” Disse Guisgard.
“Cosa avete detto, milord?” Chiese Jalem.
“Quel che hai capito, amico mio.” Rispose Guisgard senza scomporsi. “Non trovate che questo cavallo sia bellissimo? Io ci sono molto affezionato e voglio che se ne occupi un servitore capace.”
“Ma questo gaglioffo è un ladro!”
“Chi ha tanto coraggio da prendere in giro un pari del regno” con candore Guisgard “non è certo un sempliciotto. Avanti liberatelo.”
Pochi istanti dopo Daniel era libero.
“Ascolta, ragazzo…” spiegò Guisgard a Daniel “… lo vedi questo magnifico cavallo? Ecco, portalo ad abbeverare presso il ruscelletto che sta tra il Belvedere ed il villaggio… lui beve solo acqua pura di fonte. Poi lo riporterai qui ed attenderai altre mie disposizioni. Ora va, ragazzo.”
“Il conte non comprenderà questa vostra trovata, milord.” Mormorò Jalem. “E si arrabbierà, temo.”
“Tanto è sempre arrabbiato.” Ridendo Guisgard. “Specialmente con me. Ora su, forza, bisogna affrontare il leone nella gabbia. Accompagnami da mio zio.”
Ed un attimo dopo i due uscirono dalle scuderie per recarsi da lord Tudor.

elisabeth
12-09-2011, 08.44.02
Dovevo arrivare a Ostyen........ormai erano giorni che camminavo, e avevo sperato di lasciare il libro e volare via.....non volevo neanche conoscere chi fosse mio padre, volevo scappare da quei luoghi, non ero piu' abituata a guerre e disagi.....il luogo da dove provenivo era fatto di conoscenza, di leggi, non le leggi degli uomini......quelle portavano solo sfacelo, erano le leggi che ognuno di noi aveva disegnate nel proprio animo.....il tempo che scandiva le nostre esistenze. Avevo voglia di meditare....di riordinare le idee, ma non avevo il tempo di farlo dovevo andare in questa benedetta citta' e io non sapevo neanche che direzione prendere...........vidi una luce alle spalle di quell'uomo che si voleva far chiamare Monsieur.....era la sagoma del mio maestro......aveva le mani giunte in segno di preghiera, e la sua energia passo' attravero l'uomo per entrare in me, chiusi gli occhi perche' potessi prenderne tutta l'essenza......" Elisabeth, ogni cosa e' scritta, ogni uomo ha il suo cammino e non c'e' nulla al mondo che puo' fermarlo, e' il tuo bagaglio..prendi il tuo libro e portalo a chi di dovere....e non temere lui ti mostrera' la strada......il mondo e' circondato da segni e tu hai imparato a leggerli.....Ascolta Elisabeth ed evita di udire...."........Era la mia conoscenza che si era dimostrata a me in un momento di sconforto.......non ero sola,nessuno era mai realmente solo......" Monsieur, andro' a Ostyen.......cosi' come mi avete consigliato, per me non sara' semplice, qui regna il caos e io non so che strada prendere, vi chiedo un'ultima cosa.......indicatemi la strada che dovro' seguire........non ho molto tempo, e ne ho perso gia' molto "...

brianna85
12-09-2011, 10.04.28
portarmi a palazzo con te.. in presenza di lord tudor ! esclamai sssi mi farebbe molto piacere theo però vedi sono felice di avervi ritrovato ma anche triste ,saperti sempre in viaggio lontano da camelot e se chiedessi a sir hagus di unirmi a voi? non feci intempo a pronunciare quelle parole che di balso sentii il calore del suo corpo avvolgermi in un abbraccio ,feci cadere la rosa dalle mie mani ...

Daniel
12-09-2011, 13.42.27
Cosa? Cos'è successo? è accaduto tutto immediatamente! Chi era quello? Il nipote di Lord Tudor? Rimasi immobile per qualche minuto incredulo.. Mi tastai il collo.. Non c'era più quella fastidiosa catena! Ma il marchio restava... Mi girai e guardai quel cavallo.. Mi fissava e io lo fissavo.. Mi toccò col muso.. Eravamo amici..
<<Su andiamo a bere bello..>> Presi le briglie del cavallo e lo portai fuori..
Uscimmo fuori dalle mura e andammo al ruscello.. Quando il cavallo finì di bere tornò da me.. Per un attimo rimasi fermo.. Avevo la possibilità di fuggire con un bellissimo cavallo.. Che fare? Gia so che mi sarei pentito di averlo fatto ma quell'uomo mi aveva dato fiducia.. Rientrai a corte nelle scuderie e misi il cavallo in una stalla.. Uscii dalla scuderie e iniziai a correre nel prato vicino le scuderie.. Mi stesi a terra a guardare le nuvole aspettando quell'uomo che mi aveva salvato..

Melisendra
12-09-2011, 16.36.05
"E' un piacere fare la vostra conoscenza, lady Gonzaga", la salutai.
Improvvisamente, di fronte alla pupilla di Lord Tudor, mi resi conto di quanto fossi miseramente abbigliata. Abiti semplici e scuri, di comune fattura. Avevo l'aspetto di una cameriera. Naturalmente sapevo che ciò non aveva importanza, date le movimentate circostanze, ma mi sentii ugualmente a disagio. Nonostante quel momento di smarrimento sorrisi.
Mi rivolsi a Lord Tudor, che stava congedando Sir Hagus: "Trafford Bridge... questo nome non mi è nuovo... potrebbe essere il luogo giusto." Osservai la mappa, pensierosa. Presi un compasso e misurai la distanza da quel luogo.
"Pare essere non troppo distante..."
Mi voltai verso Giselle e, vedendo il suo volto stanco, capii che mi ero attardata più del dovuto.
"Milord, vi ringrazio per il vostro prezioso aiuto... ora vi lascio ai vostri impegni, sono certa di avervi sottratto fin troppo tempo... vi domando licenza di ritirarmi... " Ero nuovamente incerta. Non ero abituata ad essere un'ospite. Avevo da sempre avuto la possibilità di andare e venire a mio piacimento dalle proprietà della mia famiglia e di non dipendere da nessuno, mentre ero giunta in quel castello con i soli vestiti che indossavo e una governante stanca e affamata. L'idea di dovermi rendere presentabile per la cena mi fece tornare con la memoria ai sontuosi banchetti che si tenevano a corte e alle feste nella tenuta di Beauchamps. Ero stata felice a quei tempi... ma sembrava tutto sospeso come in un bel sogno.

Lady Gaynor
12-09-2011, 22.08.26
Gaynor entrò a suo modo nella stanza dove i due Ginestrini stavano discutendo.
“Temevamo di averti persa…” con sarcasmo De Jeon a Gaynor “… mentre tu viaggiavi tra le bellezze del nostro paese, qui succedevano diverse cose… e non tutte piacevoli, temo…”
“Eh, la nostra Gaynor è sempre stata affascinata dalla bellezza e dal richiamo del mondo aristocratico.” Fece Missan. “Ed immagino abbia accettato con gioia il suo nuovo incarico, quello cioè che la porta a catalogare tutti i beni sottratti all’aristocrazia e al Clero.”
“Ormai quei beni sono del popolo.” Replicò De Jeon. “Sono stati confiscati in seguito alle leggi che vietano la proprietà privata. Ma parleremo in un altro momento di questo, Gaynor. Lascia pure qui i tuoi rapporti… c’è ben altro su cui discutere… e, conoscendoti, credo che lo troverai ben più interessante…”
“Già, la nostra bella Ginestrina ha un debole per le storie romanzesche e i misteri…” sorridendo Missan.
De Jeon fissava Missan senza tradire emozioni.
“Amica mia, devi sapere che qualcuno sta sottraendo nobili ed ecclesiastici dalle mani del boia…” continuò Missan “… qualcuno che ama firmarsi con questo…” e mostrò alla ragazza il biglietto sul quale era impresso il simbolo del Giglio Verde.

Gaynor ascoltò lo scambio di battute tra i due amici senza intervenire, poichè aveva notato preoccupazione e fastidio negli occhi di De Jeon. Prese in mano il biglietto che le stava porgendo Missan, lo fissò per qualche istante, poi lo annusò. Lo restituì al compagno con queste parole: "Nell'attesa che mi spieghiate meglio quanto è successo, potrei azzardare l'ipotesi che questo biglietto sia passato per mani aristocratiche... Il simbolo è impresso e non disegnato, quindi non è opera da due soldi, in più profuma di lavanda..." Sentendosi improvvisamente a disagio, continuò il discorso: "So di ripetermi, ma perchè ancora non prendete in considerazione l'idea della prigionia piuttosto della morte? Forse tutte le rappresaglie che stanno nascendo e di sicuro continueranno potrebbero arrestarsi, se dessimo l'idea di un regime più moderato, che prende in considerazione i diritti dell'essere umano in quanto tale... Noi ci ribelliamo alla Chiesa per tutti i soprusi e i delitti perpetrati nel corso dei secoli, e poi agiamo come l'Inquisizione tagliando la testa a tutti i nemici della Repubblica. Non vi sembra una contraddizione?"

Guisgard
13-09-2011, 01.31.33
Chantal tornò a fissare la vetrata ed in quel momento udì un rumore provenire dallo studio di suo zio.
Da una finestra aperta un improvviso colpo di vento aveva fatto cadere dei documenti a terra.
E fra questi vi era una lettera che subito colpì la ragazza.
Probabilmente era stata nascosta per bene sotto altre carte e solo quel fortuito colpo di vento era riuscito a farla emergere tra i vari documenti sullo scrittoio.
La lettera era ben sigillata con la ceralacca e su retro recava un messaggio:

“A Chantal.
Da aprire dopo la mia morte.”
http://static.domini.it/files/ceralacca_01.jpg

Guisgard
13-09-2011, 01.42.36
“Certo, milady.” Disse lord Tudor per poi chiamare alcuni servitori. “Conducete lady Melisendra e la sua governante negli alloggi preparati per lei.”
Le due donne furono allora condotte in una sontuosa stanza, preparata per gli ospiti del palazzo.
Era riccamente arredata, con tende alla moda di Francia, mobili di gusto fiammingo e diversi dipinti alle pareti, che raffiguravano scene pastorali, bucoliche e altre a tema religioso.
“Questo palazzo è accogliente, madame…” fece Giselle, visibilmente stanca “… accogliente e sicuro…” si voltò verso la sua padrona “… non siamo più ad Animos e forse non ci torneremo più… ma siamo vive… vive, grazie al Cielo.” Sorrise. “Ora prego soltanto che questi nobili benefattori riescano a trovare le terre di vostra madre, per permetterci così di ricominciare una nuova vita…”
Si avvicinò ad una delle finestre e restò a fissare l’ancestrale incanto della campagna inglese immersa nel silenzio e nella magia della notte.
“Ora riposate, madame…” continuò Giselle “… così sarete pronta per la cena che lord Tudor ha fatto preparare per il vostro arrivo.”

Chantal
13-09-2011, 01.57.21
Spaventata da quel rumore Chantal attraversò tutta la sala col cuore in gola.
Nello studio trovò una finestra spalancata,non seppe spiegarselo,ma avvertì pericolo e sgomento.Si precipitò a richiuderla con una tale veemenza che ella stessa non si capacitava dei suoi irrazionali movimenti.
E i documenti,tutti scomposti,li vide sparsi tra lo scrittoio ed il pavimento.
Eppure,ella dubitò che fosse opera di una violenta folata di vento.
Non vi era traccia di forzature,o furto,o ricerca di qualcosa ad opera di qualcuno nella stanza,solo quei fogli in disordine,come disseminati da chissà quale arteficio sovrumano.
E tra questi scorse una missiva,a lei indirizzata,suggellata da un sigillo,e con un esplicito invito ad aprirla in circostanze precise.Rimase scossa,e fu ancora più inquieta.
E,come chi si ritrova senza fiato dopo una lunga corsa,irrefrenabili si mossero le sue mani senza esitare un solo momento.Staccò la ceralacca sul quale aveva riconosciuto il giglio.Quel giglio.Diceva tante cose.
Turbata,lasciò scorrere le righe attraverso i suoi occhi.

Guisgard
13-09-2011, 02.48.01
De Jeon saltò su.
“Proprio tu dici questo?” Fissando Gaynor. “Eri anche tu nel Cortile delle Statue all’università quando il maestro tenne il suo primo discorso! Ed eri presente anche nel Palazzo della Ginestra quando giurammo tutti sulla nuova bandiera della nazione! Ed ora vieni a parlarci di tolleranza e misericordia! Loro ne hanno avuto per noi? Forse i nobili hanno rinunciato ai loro diritti feudali quando trovavano i nostri contadini a rubare per fame nelle loro terre? E ne hanno avuto forse i chierici? Mentre affossavano il popolo nel corpo e nello spirito con i loro dogmi che incatenavano gli uomini alle catene della superstizione e dell’ignoranza? No, ora il popolo vuole giustizia! E tutti i tiranni saranno puniti!”
“Perdonami, repubblicana Gaynor…” intervenne Missan “… ma trovo molto più interessante ciò che hai detto riguardo a quel biglietto…” riprendendo fra le mani quel biglietto “… ciò che dici è giusto… molto giusto…”
“Hai dunque un piano, Missan?” Chiese De Jeon.
“Naturale…” rispose Missan “… riallacciandomi a quanto detto da Gaynor, possiamo facilmente supporre che i nostri nemici siano inglesi, visto che tutti gli esuli si trovano in quelle terre, e che parlino benissimo la nostra lingua. Solo così si può spiegare la facilità con cui eludono i nostri controlli e si confondono tra le nostre fila… probabilmente quindi hanno studiato sotto precettori francesi, magari proprio nelle nostre scuole… ciò vuol dire che appartengono tutti ad una classe sociale alta, aristocratica…”
“Ci sono dunque gli inglesi dietro questa sporca storia!” Esclamò De Jeon.
“Già, pare di si…” annuendo Missan “… il simbolo del Giglio Verde, come giustamente fatto notare da Gaynor, è stato impresso, con una leggera rotazione verso destra, ma non abbastanza forte da stropicciare la carta… credo dunque che il marchio sia stato fatto con un anello.”
“Se sono inglesi allora li staneremo nella loro maledetta isola!” Con impeto De Jeon. “E ti recherai tu lì, Missan!”
“In quello stato ci detestano e sicuramente ci ostacoleranno in tutti i modi…” mormorò Missan “… bisogna essere dunque scaltri…”
“Potrai avere tutto ciò che ti occorre per smascherare e catturare il Giglio Verde!”
“Non serve far molto rumore…” con un sorriso Missan “… occorre invece astuzia… in Inghilterra posso contare su una mia spia… qualcuno insospettabile e capace di introdurmi negli ambienti aristocratici… per il resto porterò con me solo due persone… la nostra Gaynor ed una mia vecchia conoscenza che ho già fatto chiamare.”
“Ottimo!” Disse entusiasta De Jeon. “E sono certo che Gaynor sarà all’altezza per affiancarti in questa missione!”
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Melisendra
13-09-2011, 02.51.55
Mi avvicinai a Giselle e l'abbracciai.
"Sistemerò tutto... presto avremo una nuova casa." Le stampai un bacio sulla guancia e poi la congedai. Era troppo affaticata e non potevo permetterle di prendersi cura di me. "Vai nella tua stanza e risposa... ti manderò una cameriera... sai bene quanto mi è cara la tua salute... e non ti preoccupare di nulla." Il mio tono era irremovibile. Non avrei ascoltato le sue proteste.
Una volta rimasta sola con una tinozza d'acqua fumante, congedai le cameriere e iniziai a sciogliermi i lacci dei vestiti.
Strato su strato lasciai cadere a terra ogni singola camicia, fino a quando non riuscii a slacciare il corsetto. Iniziai a strapparne la fodera e ne estrassi le mie uniche gioie.
Erano ancora lì. Tutte quante.
La loro luce aveva reso ancor più brillante la bellezza di mia madre.
Le racchiusi in uno scrigno. Tutti tranne uno. Il diamante blu era montato su una spilla. Era stato il preferito di mia madre, perciò decisi di indossarlo.
Una volta uscita dall'acqua mi sedetti a spazzolarmi i capelli umidi, vicino al fuoco, mentre una cameriera si occupava silenziosamente di portare via i miei vecchi vestiti e un'altra svuotava la tinozza.
Aprii una cassapanca e, incuriosita, iniziai a cercare qualcosa di appropriato da indossare per la cena.
Per la prima volta dopo tanto tempo indossai nuovamente un abito che non fosse tetro come quelli vedovili. Appuntai sul petto la spilla di mia madre e raccolsi i capelli rossi in morbide onde.
Dispensata Giselle dall'accompagnarmi, mi feci guidare da un'ancella verso la sala dei banchetti.
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Guisgard
13-09-2011, 03.20.28
E appena ritiratasi Melisendra, in compagnia della sua governante, lord Tudor si abbandonò ai suoi pensieri.
Ricordi, sensazioni, emozioni, sogni di un’intera vita attraversarono il suo sguardo perso oltre la finestra, nel paesaggio notturno.
“Che silenzio vi è qui!” Esclamò qualcuno entrando nella stanza. “Questo vecchio palazzo diventa ad ogni mio ritorno più austero…” continuò Guisgard sorridendo a suo zio “… i miei amici toscani, di certo più abituati ad un clima di borgata, non esiterebbero a definirlo… diciamo, di gusto gotico. Dico bene Jalem?” Voltandosi verso il servitore che l’aveva accompagnato.
“Ah, abbiamo il ritorno del figliol prodigo.” Disse lord Tudor.
“Ma qui non vedo vitelli grassi uccisi per me.” Ridendo di gusto Guisgard.
“Forse perché i vitelli grassi, ossia il mio patrimonio, già lo consumi a dovere tra viaggi, battute di caccia nei luoghi più assurdi ed impensabili d’Europa, gioco ed il tuo guardaroba che farebbe invidia alla regina.”
“Ah, vi prego, zio, non alzate troppo la voce…” con sufficienza Guisgard e lasciandosi cadere su un divano “… il viaggio è stato lungo e per nulla gradevole… e temo che dovrò lavarmi di nuovo i capelli, se vorrò essere almeno sufficientemente presentabile…”
Lord Tudor scosse la testa e brontolò.
“Novità, caro zio?”
“Ti riferisci ai miei affari? Affari che in teoria dovrebbero essere anche i tuoi.”
“No, vi supplico…” portandosi una mano sulla fronte “… risparmiatemi queste cose… sapete che mi deprimono…”
“Ti deprimono?” Sempre più contrariato il duca. “Eppure sono proprio i miei affari che ti consentono la vita che fai!”
Guisgard sorrise, socchiudendo poi gli occhi.
In quel momento Gonzaga rientrò nella stanza.
“Gonzaga, questa è la piaga della mia vecchiaia…” indicando il nipote assopito sul divano “… mio nipote Guisgard… lei è lady Gonzaga.”
“Incantato, milady…” aprendo gli occhi Guisgard e alzandosi dal divano “… i miei omaggi alla vostra bellezza…” aggiunse baciandole la mano, per poi cadere di nuovo sul divano “… perdonate, ma nulla stanca al mondo come un viaggio… credo che le vere fatiche per il mitico Ercole siano stati i viaggi che lo portarono da un capo all’altro della Grecia, proprio per superare le sue imprese…”
“Componiti, sei un Tudor!” Tuonò lord Tudor.
“Vi supplico, non alzate la voce, zio…”
“Ah, che il diavolo ti porti!” Esclamò il duca. “Stasera ci sarà una cena in onore di alcuni ospiti e voglio che tutto sia in regola!”
“Quali ospiti, zio caro?”
“Alcuni amici giunti qui dalla Repubblica di Magnus.”
In quello stesso momento Melisendra, accompagnata da un’ancella, entrò nella sala.
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Melisendra
13-09-2011, 03.31.37
Non feci caso, prima di fare il mio ingresso, alle voci che provenivano dalla sala. Sembrava fosse in atto un aspro rimprovero.
Una volta varcata la soglia mi accorsi del furore che aveva arrossato le gote del mio benefattore mentre, almeno così sembrava, la causa di tanto affanno se ne stava comodamente seduto su un divanetto.
"Milord..." mi inchinai alla maniera della corte di Animos, dove qualunque inchino doveva essere aggraziato e flessuoso quanto un passo di danza o un giunco nel vento. "La vostra ospitalità non ha eguali..." Lo ringraziai.
Mi accorsi dell'aria un po' tesa.
"Spero di non aver interrotto niente..."

Guisgard
13-09-2011, 03.55.07
Lord Tudor, nel vedere Melisendra, cambiò espressione e si ricompose.
“Milady, è la vostra presenza che nobilita ed impreziosisce la mia dimora.” Sorridendole. “Ed è una gioia ed un onore ospitare una dama del vostro lignaggio.”
Fissò poi il nipote ozioso sul divano.
“Avete solo interrotto l’ennesima arrabbiatura che mio nipote si diverte a procurarmi… milady, questi è sir Guisgard, il mio unico nipote e bastone della mia vecchiaia.” Fece con ironia il duca. “Guisgard, questa è lady Melisendra Du Blois, Duchessa di Beuchamps.”
“Incantato e vostro schiavo, milady.” Alzandosi Guisgard e sfiorando con le labbra la mano della ragazza. “Purtroppo mio zio è facilmente irascibile…” sorridendo “… io credo che sia questo palazzo… non trovate anche voi che sia, come dire… si, decadente, di un’atmosfera un po’ ammuffita? Io credo che lo eviterei anche da fantasma.”
“Beh, potresti sempre andare a vivere altrove.” Accigliato lord Tudor. “Magari in qualche sperduta landa scozzese.”
“Troppo aspra la vecchia Scozia, caro zio…” accennando uno sbadiglio Guisgard “… ma ditemi, milady, come vi sembra l’Inghilterra?” Rivolgendosi poi a Melisendra. “Io devo dire di essere molto incuriosito da voi. Oh, intendo dire che sono incuriosito dalle donne francesi. Vedete, mi affascina la vostra capacità di far confondere noi uomini… per esempio, perché voi dame d’oltre Manica amate tanto farci ammattire? Quando dite si è spesso invece da intendere come no, mentre poi, talvolta, dite no per voler invece dire si. Ecco perché nei vostri romanzi cortesi gli amori erano così complicati. Ah, quanto è affascinante la vostra cultura.”

Guisgard
13-09-2011, 04.06.45
“Madame, la strada per Ostyen è dall’altra parte della cittadina.” Disse quel misterioso uomo ad Elisabeth. “Ma in questo momento vi sconsiglio anche solo di pensare di poterla percorrere. Da quelle parti infuriano gli scontri tra i Ginestrini e i Pomerini… scontri feroci e violenti, animati dall’odio… sarebbe un suicido tentare di attraversare quel passaggio…” la fissò per qualche istante senza dire nulla “… vi farò una proposta, madame…” rompendo il suo silenzio “… se attenderete che la situazione migliori, allora vi condurrò io stesso alla strada per Ostyen… nel frattempo troveremo un posto dove rifugiarci. Cosa ne dite?”

Guisgard
13-09-2011, 04.24.43
Daniel fissava le nuvole che percorrevano come immense isole galleggianti lo sterminato mare azzurro dei Cieli.
Nel guardarle il giovane sembrava riconoscere in esse strane immagini.
Città oltre la Terra, reami lontani e poi torri, manieri, mura, bastoni.
Nella sua vivace fantasia un intero mondo sembrava prendere forma.
Un mondo che lui immaginava di percorrere libero come il vento.
Quello stesso vento che gonfiava e muoveva quelle nuvole sopra i suoi occhi.
Ma ad un tratto qualcosa riportò Daniel alla dura realtà.
Due mani forti lo tennero fermo, mentre un secondo uomo con un piede sopra il suo petto lo bloccava a terra.
“E così stavi tentando la fuga, eh?” Disse una voce sopra il ragazzo. “Voi inferiori vi credete sempre migliori di noi, ma stavolta ti sei messo nei guai, gaglioffo… hai insultato lord Tudor ed ora vorresti farla franca? Avrai ciò che ti meriti!”
Il giovane finalmente riconobbe quella voce: era lord Carrinton.
“Tenetelo fermo!” Ordinò ai due uomini il nobile inglese. “Ora lo farò strillare come un maiale…” e cominciò a far schioccare il frustino che adoperava per cavalcare.

Melisendra
13-09-2011, 04.34.54
Osservai quel giovane con aperta curiosità e lo soppesai con lo stessa stessa sfacciataggine che mi aveva riservato.
"Non sono francese, Nobile Guisgard, sono una dama della corte di Animos... siamo molto più pungenti... e per di più per metà sono inglese. La frivolezza che voi imputate ai natali d'oltre Manica dovrebbe essere mitigata dalla temperanza che mi insegnò mia madre, una lady della casata dei Wendron."
Sorrisi.
"Non posso lamentarmi del paesaggio e dell'atmosfera che si respira nelle vostre terre, giacchè le mie sono diventate ben più tetre... trovo che questi luoghi che voi definite gotici siano invece molto romantici... mi hanno accolto la dolce e malinconica nebbia che avvolge le scogliere di Dover e il calore di questo palazzo... di cosa mai potrei lagnarmi senza sembrare una sciocca?"

Guisgard
13-09-2011, 04.58.02
“Beh, la vostra metà francese, pardon, di Animos, si fa sentire, eccome, milady.” Sorridendo Guisgard. “Ma poi non ha assunto un nuovo nome la vostra terra? Com’era? Aiutatemi, zio.”
“Io sinceramente non ho capito nulla di ciò che hai detto fino ad ora.” Scuotendo il capo il duca.
“Ah, si!” Esclamò Guisgard. “Magnus! Si, Repubblica di Magnus! Ma dicevo, la vostra metà d’oltre Manica si fa di certo apprezzare, milady, ma vi insegnerò, col vostro permesso, qualcosa che riguarda l’altra vostra metà, quell’inglese intendo… vedete, milady, una dama inglese trova sempre il modo per lamentarsi di qualcosa… ora di un vestito, ora di un diadema, ora della città, ora della campagna… persino del tempo una dama inglese trova il modo per lamentarsi… immagino sia per questo che gli uomini di queste terre hanno imparato ed essere così pignoli.” Sorridendo nuovamente.
“Lady Melisendra ha dovuto affrontare alcune situazioni ed un viaggio tutt’altro che semplici.” Intervenne lord Tudor. “Cerchiamo di farla sentire come a casa.”
“Immagino non sia difficile, essendo già per metà compiuta questa cosa, visto che la nostra bella dama è per metà inglese.” E rise di gusto Guisgard. “Perdonatemi, ma ho una particolare abilità, nonché un audace brillantezza, per le battute di spirito. Temo dovrete farci l’abitudine, milady. Però, magari, il mio spirito vi farà dimenticare le peripezie subite in patria.”
Restò poi per qualche istante a fissare la preziosa spilla che la ragazza aveva indosso.
“Per Diana!” Esclamò. “Davvero un gioiello degno di tale nome! Posso ammirarlo, milady? Davvero notevole… anche perché riesce quasi a non essere oscurato del tutto dalla vostra folgorante bellezza. Ma, mi chiedo… come avete fatto a portarlo con voi? Non sarà stato certo facile eludere i controlli dei repubblicani… mi viene quasi da chiedervi, milady, dove la tenevate nascosta una simile meraviglia… eh, è proprio vero… avete mille virtù e mille risorse voi dame francesi… ops, perdono, volevo dire di Animos…” e sorrise.

Guisgard
13-09-2011, 05.09.23
Theo strinse a sé Brianna.
La sua pelle morbida e chiara, i capelli profumati e del colore del Sole ridestarono il giovane cavaliere da ogni fatica e stanchezza.
“Vorresti venire con noi in uno di quei viaggi?” Sorridendo ed un po’ stupito Theo. “Beh, potresti annoiarti alla fine. Magari tu sogni l’avventura, scenari da romanzo, ma in realtà noi dobbiamo fare da scorta a sir Hagus quando si reca in Francia per curare gli interessi di lord Tudor.” La fissò vagamente divertito. “Sin da quando ti conosco hai sempre avuto un debole per le avventure cavalleresche… ecco perché mi hai chiesto di insegnarti a tirare di spada… avresti dovuto innamorarti di uno scrittore, così ti avrebbe resa l’eroina di uno dei suoi racconti.” Rise. “Su, va a prepararti che tra un po’ ci recheremo al palazzo del Belvedere, dove ti presenterò a lord Tudor.”
Poi, di colpo, si fece serio ed abbandonò i suoi occhi in quelli di lei.
Un attimo dopo gli occhi di entrambi si chiusero e le loro labbra si sfiorarono fino a congiungersi in un dolce e lungo bacio.

Melisendra
13-09-2011, 05.27.11
"Suppongo che farò l'abitudine al vostro senso dell'umorismo... così come ho fatto l'abitudine al vostro clima... ma forse, come dite voi, parto avvantaggiata dal mio retaggio." Mi portai una mano alla gola, dove splendeva il gioiello di mia madre, appeso a un nastro. "Questo? Apparteneva appunto a mia madre... l'ho salvato dai saccheggi e dalle confische dei ribelli... non potevo permettere che la dote di mia madre cadesse nelle loro mani. Ora sono tornati al luogo a cui appartenevano... e presto, forse, nella loro casa."Sospirai.
"Non sono sicura che sia cosa da dire in compagnia di persone per bene come voi, ma sono riuscita a salvare i gioielli di mia madre... cucendoli... bè... nella fodera del mio corsetto!" Non riuscii a trattenere un sorriso di soddisfazione.

elisabeth
13-09-2011, 08.01.58
Incominciai a stropicciarmi i lembi del mantello.....ero nervosissima, gli scontri li avevo visti, e se ancora ero viva lo dovevo a quell'uomo ...... che motivo poteva avere per allontanarmi dal mio obiettivo !!! " Ascoltate, ormai sono qui e devo portare a termine la mia missione ...... non vorrei pero' che qui gli scontri si protrassero all' infinito, non ho molto tempo......verro' con voi, ma ascoltatemi bene, se per qualche assurdo motivo vi state prendendo gioco di me, non sara' contro le armi che dovrete lottare....!!....

brianna85
13-09-2011, 10.37.28
non potrei mai innamorarmi di un'altra persona,lo sai bene è vero io adoro l'avventura ,pensavo vi facesse piacere avermi accanto ma forse avete ragione sir theoden sarei un peso per voi protestò brianna .
nonostante la discussione monologa di brianna si preparò con cura ugualmente per accompagnarlo a palazzo indossò un elegante vestito rosso con rifiniture dorate i capelli raccolti in una crocchia dorata

Daniel
13-09-2011, 14.40.02
<<NO!>> Cercavo di liberarmi ma quegli uomini erano forti.. Lord Carrinton stava per frustrarmi allora ormai disperato morsi una mano che mi teneva.. La morsi talmente tanto che sentii il sapore metalico del sangue.. L'uomo mi lasciò.. L'altro preso alla sprovvista mollo la presa.. Approfittai della distrazione comune e cominciai acorrere.. Sentivo che mi stavano inseguendo e tra poco mi avrebbero raggiunto.. Corsi lontano dalle scuderie fino allla corte interna dove vidi quell'uomo insieme a Lord Tudor e Lady Gonzaga.. <<AIUTO! QUell'altro Lord mi vuole frustare!>> disse correndo vicino all'uomo che mi aveva salvato..

ladyGonzaga
13-09-2011, 17.30.16
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" Scusate del ritardo", dissi entrando nel salone dei banchetti.
Andai verso lord Tudor e con un cenno di inchino gli porsi il mio saluto, poi mi avvicinai a Lady Melisendra..." scusate lady per l'altro giorno, forse sono stata poco cortese nel salutarvi. Avrei voluto fare la vostra conoscenza in un modo un po diverso , ma purtroppo quel giorno sono successe troppe cose che mi hanno irritato e fato gioire allo stesso tempo la mia anima."

Notai il suo dolce sguardo..era bella ed elegante , si capiva dal suo portamento.
I suoi occhi facevano trasparire la bellezza della sua anima.

In fondo alla sala notai un giovane ...era Guiscard..,,ricordo ancora quando Lord Tudor me lo presentò.
Un giovane cavaliere dal temperamento assai divertente.

" Ditemi lady Melisendra... starete il tempo neccessario per poterci conoscere meglio?
mi farebbe molto piacere "

Che strano ma mi mancava la presenza di Lord Carrinton , non so perchè ma la sua compagnia era stata piacevole ....


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Guisgard
13-09-2011, 20.26.14
“Oh, non badateci, milady.” Disse sornione Guisgard fissando Melisendra. “Purtroppo spesso le regole della cortesia e della nobiltà, a mio giudizio le peggiori invenzioni fatte dall’uomo, ma ormai talmente radicate in noi che senza non si potrebbe vivere, limitano più di qualsiasi altra cosa gli slanci e gli estri di noi altri.” Accennò un sorriso che sembrava in realtà più simile ad una smorfia. “Però, devo dire, che mai ho invidiato tanto le sorti di un gioiello… cioè, voglio dire, ho sin da piccolo immaginato di essere un falco, un lupo, persino uno scorpione, ma mai mi sono sentito tanto attratto dall’idea di essere un gioiello.” E rise di gusto.
“Smettila con queste sciocchezze, che finirai per mettere in imbarazzo la nostra ospite!” Adirato lord Tudor.
“Oh, vi ho forse messa in imbarazzo senza volerlo, milady?” Stupito Guisgard. “Se così fosse, beh, ovviamente faccio ammenda delle mie colpe e cavallerescamente mi dispongo ad essere vostro campione per qualsiasi causa.” Accennando un lezioso inchino.
“Ah, che idiozie!” Sbuffò lord Tudor. “Ti prego, cara…” voltandosi verso Gonzaga “… pensa tu a fare gli onori di casa ed a fare compagnia alla nostra lady Melisendra.”
Ma in quel momento si udirono delle grida.
Un attimo dopo Daniel entrò come un fulmine nella sala, nascondendosi dietro Guisgard.
Subito dopo anche lord Carrinton ed i suoi due servi raggiunsero tutti loro nella sala.
“Per Diana!” Esclamò Guisgard. “Cosa accade qui?”
“Abbiamo scoperto il vostro servo proprio mentre stava per fuggire, lord Tudor!” Disse lord Carrinton.

Guisgard
13-09-2011, 20.42.49
Chantal lesse quella lettera:

“Chantal, ragazza mia.
Se stai leggendo questa lettera allora vuol dire che il mio tempo è giunto.
Loro mi stavano cercando da tempo e l’aver abbandonato l’insegnamento accademico non poteva proteggermi all’infinito.
Il paese pullula di spie e prima o poi sapevo che questo sarebbe accaduto.
Ma grazie al Cielo ho avuto una vita lunga e ricca di felicità.
Ho amato e sono stato amato e niente cambierei della mia esistenza.
Il Cielo non ha voluto benedire il mio amore per una donna con il dono dei figli, ma mi ha forse dato qualcosa di più grande: il tuo affetto sincero e devoto.
Mi sei stata e mi sarai sempre cara come una figlia.
Tutto ciò che possiedo non potrà divenire tuo perché a quest’ora i repubblicani avranno già confiscato ogni mio bene.
Ma forse non il più prezioso.
Nel mio studio troverai un umile vaso di terracotta, dentro il quale è seminato un tesoro inestimabile.
Richiede cura ed amore, ma presto, sono certo, sboccerà.
E quando quel giorno verrà, allora quel tesoro saprà ricompensarti per tutto ciò che non stato capace di darti io.
So che oltre me non hai nessuno al mondo, figlia mia.
Perdonami se non ho saputo proteggerti.
Spero che quel dono possa in parte ripagare le mie mancanze.
Suona sempre, Chantal.
Suona come se io fossi accanto a te ad ascoltarti.
Suona perché io ci sarò davvero.
Ti voglio bene, figlia mia e ti affido all’Onnipotente.

Adam, servo di Dio.”

Melisendra
13-09-2011, 21.57.37
"Siete sfacciato... Sir Guisgard... ma non tanto da farmi arrossire..." Sorrisi senza cessare di guardarlo dritto negli occhi. Non mi costava alcuna fatica quella compostezza, dal momento che la corte di Animos era famosa per i suoi passatempi frivoli e libertini. Avevo sentito battute ben più salaci di quella.
"Siete molto gentile, lady Gonzaga..." mi rivolsi alla bella dama che era accanto a Lord Tudor. "Anch'io avrei voluto che la nostra conoscenza avvenisse in circostanze migliori. Spero che saremo buone amiche per tutto il tempo che trascorrerò presso questa dimora... solo il Cielo sa quanto sono combattuta tra il desiderio di restare nella quiete di queste mura e quanto, invece, desidero conoscere le terre della mia famiglia." Alle mie spalle udii un rumore di passi e grida concitate.

ladyGonzaga
13-09-2011, 21.59.34
Alla vista del giovane Daniel non sapevo che posizione prendere.
Non era appropriato che una dama prendesse le difese di un giovane sconosciuto e per di più accusato di furto . Ma vederlo cosi indifeso e con quel marchio sulla spalla , mi metteva a disagio.
Speravo in cuor mio che nessuno se ne accorgesse , ma provai una gran pena per lui.

" Scusatemi signori, ...dissi rivolgendomi ai cavalieri presenti...non voglio e credo nessuno di noi, che questa sera venga rovinata da un fatto che molto probabilmente si potrà risolvere fuori da questa stanza.
E poi carissimi...questa sera abbiamo nostra ospite lady Melisendra , immagino che lei voglia trascorrere con noi una serata serena.

Mi avvicinai verso lord Tudor ....Vi prego , duca...cercate di ascoltare questo giovane, sono giorni che cerca un dialogo con voi.In fin dei conti che vi costa?
Guardate i suoi occhi..vi sembrano quelli di una persona pericolosa?
E' solo un ragazzo a cui la sorte non ha riservato nulla di buono.

E avvicinandomi a Lord Carrinton .." sarà un piacere presentarvi la nostra ospite....conoscete già Lady Melisendra?..

Altea
14-09-2011, 00.12.37
Guardai quel giovane straniero, dubitando se fidarmi o meno. Mi trovavo in un posto lontano e non conoscevo nessuno, ma pensai che peggio di cosi non potevo imbattermi in altre situazioni. Ridendo cercai di farmi vedere sicura e senza timore, come mio padre mi insegnò "messere, io mi sono presentata, io ancora aspetto il vostro nome. Sappiate comunque che avete indovinato, la verde e fiera Irlanda è la mia madre Patria. E solitamente mi soffermavo a parlare con folletti e fate".
Passato il momento degli scherzi, sospirando ammisi che non avevo una fissa dimora e che per ora alloggiavo presso una donna aristocratica che mi vide approdare a Camelot. "Mi scusi ma avete parlato di un Belvedere? di un certo milord Tudor?"

Chantal
14-09-2011, 00.38.06
Chantal lesse quella lettera:

“Chantal, ragazza mia.
Se stai leggendo questa lettera allora vuol dire che il mio tempo è giunto.
Loro mi stavano cercando da tempo e l’aver abbandonato l’insegnamento accademico non poteva proteggermi all’infinito.
Il paese pullula di spie e prima o poi sapevo che questo sarebbe accaduto.
Ma grazie al Cielo ho avuto una vita lunga e ricca di felicità.
Ho amato e sono stato amato e niente cambierei della mia esistenza.
Il Cielo non ha voluto benedire il mio amore per una donna con il dono dei figli, ma mi ha forse dato qualcosa di più grande: il tuo affetto sincero e devoto.
Mi sei stata e mi sarai sempre cara come una figlia.
Tutto ciò che possiedo non potrà divenire tuo perché a quest’ora i repubblicani avranno già confiscato ogni mio bene.
Ma forse non il più prezioso.
Nel mio studio troverai un umile vaso di terracotta, dentro il quale è seminato un tesoro inestimabile.
Richiede cura ed amore, ma presto, sono certo, sboccerà.
E quando quel giorno verrà, allora quel tesoro saprà ricompensarti per tutto ciò che non stato capace di darti io.
So che oltre me non hai nessuno al mondo, figlia mia.
Perdonami se non ho saputo proteggerti.
Spero che quel dono possa in parte ripagare le mie mancanze.
Suona sempre, Chantal.
Suona come se io fossi accanto a te ad ascoltarti.
Suona perché io ci sarò davvero.
Ti voglio bene, figlia mia e ti affido all’Onnipotente.

Adam, servo di Dio.”

Quella lettera,il suo sigillo,la sua intestazione.
Ogni particolare recava la firma di suo zio.
Chantal non fece in tempo ad interrogarsi su quali potessero essere i contenuti che già si ritrovava a scorrere le righe con i suoi irrefrenabili e sgranati occhi.
Fu colta da un'emozione inaspettata interamente governata dal pianto.
Leggeva.Leggeva mentre si asciugava le lacrime strofinandosi le guance con la mano.
Le parve una beffa del destino.
Il mancato rientro di suo zio,l'incubo che l'aveva colta mentre aveva ceduto al sonno solo poco prima in quella notte inquietante fatta di attese e tenebre,il rumore proveniente dallo studio,il vento,infine quelle righe.
Righe di abbandono.
Righe di addio.
E i battiti del suo cuore che le percuotevano il petto con ferocia.
Sgomento,sconforto,incredulità,e poi irrazionalità e affanno e rabbia,e ancora impazienza,insofferenza,spregevolezza,e desiderio di scoprirsi in inganno,di cogliere un anelito di speranza,mille e più sentimenti insieme suscitavano quelle righe che sembravano orchestrare gli eventi che in quel momento stavano avvolgendo la figura di Chantal,tutto inondato da un pianto che la ragazza non riusciva a contenere,tutto avvolto dal ritmo accelerato del suo cuore che non accennava a smorzarsi.
Continuava a strofinarsi le guance per ostacolare il fluire delle lacrime,le disperdeva sulla pelle che,calda,le assorbiva e le evaporava.Ma scendevano copiose e amare,espressione di un dolore sordo e spregevole che in quel momento si impossessava della sua ragione.Non riusciva a prosciugarle quelle lacrime,sebbene non smettesse di avvolgersi il viso nella mano che ora si potava agli occhi celati dietro il nero velo del Kajal che si scioglieva,ora alla bocca che sentiva di fuoco,ora ancora tornava alle guance,così permeate e veementi di rossore.
E vi cedette,abbandonandosi a quel pianto,smarrendo lucidità e cognizione.
Il vaso,leggeva del vaso,di quel tesoro che lo zio le affidava in eredità,lo aveva scorto per la prima volta in quella notte avvolta di mistero che presagiva a qualcosa di irrimediabilmente infelice.
Ed infelice si sentì in quel momento quando fu rapita da quelle righe che mai avrebbe voluto leggere.
Righe di allontanamento e separazione per sempre.
Suo zio che la lasciava,e che forse,era già in seno all'abbraccio del Padre mentre ella ancora indugiava in quella lettura.
Ogni cosa le appariva incredula eppure perfettamente disposta come le tessere di un mosaico che raffiguravano la verità,in quel momento.
Il silenzio di quella notte custodiva ora solo il taciuto urlo della disperazione,quell'urlo che Chantal non aveva trovato forza di emettere dalla sua bocca sigillata la cui voce soffocava al cospetto di quel momento di vita in cui avvertì d'essere davvero sola,vinta da un'inconscia consapevolezza che quelle righe presagissero il vero.

Adam, servo di Dio

Fu il sigillo che Chantal impresse a quella notte.

Guisgard
14-09-2011, 01.40.34
Quella scena aveva stravolto l’atmosfera della sala.
“Avete dunque beccato il ragazzo che fuggiva col mio formidabile sauro nuovo?” Fece Guisgard fissando Carrinton. “Ah, ma allora vi sono debitore, amico mio! Quel cavallo vale una fortuna! E ditemi… dove avete trovato questo ragazzo? Nel bosco? Al villaggio? Oppure era già quasi riuscito a fuggire oltre le terre di mio zio?”
“No, l’ho beccato mentre era ancora nel Belvedere.” Rispose Carrinton fissando il nipote del duca.
“Davvero?” Stupito Guisgard. “Questa è bella! Ed io che ritenevo questo ragazzo molto più furbo invece! Dunque costui, caro lord, è tornato indietro, ha lasciato il mio cavallo nelle scuderie, per poi decidere di fuggire via. Beh, non so se definirlo audace, singolare o soltanto stupido il suo comportamento. Non vi pare?”
“Non comprendo…” mormorò Carrinton.
“Vedete, ho affidato a questo ragazzo, che per la cronaca è il mio nuovo scudiero, la cura del mio nuovo cavallo. L’avevo infatti mandato nei dintorni per abbeverare il destriero in questione. Ma ora non capisco il perché abbia riportato il cavallo, invece di fuggire via con esso.”
“Temo ci sia stato un malinteso.” Entrando Jalem nella stanza.
“Lo penso anche io.” Sorridendo Guisgard. “Il nostro lord è solo stato un po’ troppo… impulsivo? Avventato? O forse aveva solo voglia di un po’ di moto. In questo caso vi consiglio la caccia, mio signore. Di animali, non di servi, ovvio.”
“Vedo che siete abile di lingua e di immaginazione, sir.” Piccato Carrinton.
“Mai come voi, milord.” Con sguardo ingenuo Guisgard. “Visto che prendete gli scudieri che lavorano per fuggiaschi.”
“Se volete discutere della mia immaginazione posso tranquillamente accontentarvi, sir…”
“Ma questo ragazzo non era in catene?” Intervenne lord Tudor.
“Veramente, milord, sir Guisgard…” fece Jalem.
“Immagino.” Lo interruppe il duca. “Non voglio sapere altro.”
Jalem, ad un cenno di Guisgard, portò allora con sé il giovane Daniel.
Poi Gonzaga presentò Melisendra a lord Carrinton e l’atmosfera sembrò rasserenarsi.
“Non ho la fortuna di conoscere una creatura tanto splendida.” Con lieve inchino, il nobile. “Incantato, milady.”

Melisendra
14-09-2011, 01.52.08
Provai pena per quel ragazzo, strattonato ed evidentemente in balia degli eventi. Ricordavo bene quale fosse la sensazione di sentirsi trascinare via dalla corrente, la spiacevole e gelida consapevolezza che il proprio destino sta nelle mani non curanti di altri al di fuori di sè.
Lo guardai con simpatia e trattenni il respiro quando fu nuovamente portato via da quella sorte che gioca ogni persona, ma certi con più durezza di altri.
Avevo udito appena le parole dell'uomo che aveva esibito quel ragazzo come un trofeo di caccia. Mi affrettai a rispondere al suo saluto.
"Lord Carrington..." forzai un sorriso e un lieve inchino "sono lieta di fare la vostra conoscenza."
Mi voltai verso Guisgard.
"Avete un singolare modo di fare qui... prima voi e le vostre arguzie, ora una caccia agli scudieri... pare che i passatempi non vi manchino, perfino i più fantasiosi..." Pronunciai quella parole con gaiezza, ma i miei occhi tradirono una certa diffidenza nei confronti dell'uomo a cui ero stata appena presentata.

Guisgard
14-09-2011, 02.25.21
“Dite davvero, milady?” Fece Guisgard fissando Melisendra. “Allora qui prende il sopravvento la vostra metà di Animos!” Appoggiandosi stancamente ad una parete. “Riuscite davvero a trovare fantasioso tutto ciò? Ah, vi invidio, mia cara! E non sapete quanto! Non vi nascondo che alla noia che domina queste terre, preferirei di gran lunga la confusione che c’è dalle vostre parti. Credetemi, milady, nulla stanca più della noia.”
In quel momento un servitore arrivò ad annunciare che la cena era stata servita.
Tutti allora raggiunsero la sala accanto a quella in cui si trovavano in quel momento.
Anche lord Buttleford giunse al palazzo per unirsi a loro.
Gli ospiti presero così posto a tavola.
“Immagino, milady…” disse lord Carrinton a Melisendra “… che sia stata tanto drammatica quanto penosa la vita dalle vostre parti dallo scoppio di quell’assurda rivoluzione. Io tremo al solo pensiero di come si possa vivere quando l’ordine costituito da leggi naturali e secolari viene stravolto in questo modo. Ora il vostro governo è in mano a delle bestie, perché tale è la massa.” Aggiunse il nobile che sedeva accanto a lady Gonzaga.
“Monsieur, nessun uomo è una bestia, essendo fatto ad immagine e somiglianza di Dio.” Intervenne il vescovo di Touls. “Purtroppo la colpa non è certo della gente, ma di chi approfitta dei suoi drammi per giungere al potere.”
“Ma chi sono veramente questi rivoluzionari?” Chiese lord Buttleford. “E cosa vogliono?”
“Le nostre terre, i nostri titoli e le nostre teste, amico mio.” Rispose lord Tudor.

Melisendra
14-09-2011, 03.03.35
"Il loro odio per il nostro sangue e il disprezzo per ciò che abbiamo costruito si mescola col desiderio di impossessarsene. Il fanatismo di quegli uomini è tanto pericoloso quanto brutale è la maniera in cui si manifesta... non dimenticate quante teste sono già cadute sotto la lama del boia... nè le donne e neppure i bambini sono esenti da ciò che hanno il coraggio di chiamare giustizia."
Le mie parole erano amare e pesanti come piombo in fondo al mio cuore.
Faticavo a riconoscermi in quella gravità. Se mi fossi vista allo specchio avrei stentato a credere di aver pronunciato quelle affermazioni.
La piccola Melisendra, quella fanciulla leziosa e felice, quella piccola lady che prendeva il cavallo del padre e lo spronava a perdifiato nelle campagne... le frivole chiacchiere col le altre dame, i sospiri dei corteggiatori... mi ero persa da qualche parte nel passato. Nel presente non esistevo più.
"Perdonate l'asprezza delle mie parole..." Presi il calice di vino e assaporai il liquido ambrato. Le mie dita sfiorarono con noncuranza il gioiello di mia madre. Mi sentii subito meglio.
Sapevo di apparire fragile. Ero sempre apparsa come una fragile e delicata creatura. Ma mio padre mi diceva ogni volta che non dovevo dimenticare mai che il sangue che mi scorreva nelle vene faceva di me una guerriera. All'epoca io ridevo di quelle parole.
"Sei una guerriera, Melisendra, anche se ancora non lo sai... hai uno spirito forgiato nel fuoco, sotto quel visetto angelico." E poi mi ammoniva: "E ricorda che la spada di una gentildonna è la raffinatezza e la cortesia dei suoi modi. Che Dio salvi il tuo futuro sposo quando imparerai a usare le tue armi!"
Posai il calice.
"Come intendete sconfiggere la noia che tanto temete, Sir Guisgard?" decisi di passare a pensieri più lieti.

Guisgard
14-09-2011, 03.25.48
“Purtroppo non possiamo neanche immaginare ciò che voi e la vostra famiglia avete dovuto sopportare, milady…” disse lord Tudor “… voi come tutti i nobili ed il Clero di Animos… tutti noi avevamo amici fra i tanti martiri di quell’inumana rivoluzione ed il solo pensiero che gli artefici di tutto questo sono ancora ai loro posti, mi fa vergognare di vivere in questo mondo.”
“Suvvia, non affliggiamo oltre i nostri ospiti…” prendendo la parola Guisgard.
“Guisgard, ti prego…” scuotendo il capo lord Tudor.
“Ma è stata lady Melisendra a chiedermi di distrarla, caro zio.” Replicò il nipote. Del resto se è fuggita da Animos, non è giusto che si ritrovi anche qui ad affrontare quegli argomenti per lei tanto dolorosi, non vi pare?”
“Potreste raccontarci del vostro viaggio in Italia, sir.” Fece lord Buttleford.
“Oh, non amo tanto apparire ed accentrare l’attenzione su di me, milord.” Con insofferenza Guisgard. “No, per distrarre la nostra bella lady di Francia, ops, pardon, di Animos… temo non mi abituerò mai, milady…” sorridendo a Melisendra “… ci vorrebbe qualcosa di particolare, originale, fuori dall’ordinario…”
“Milord…” entrando in quel momento un valletto “…la marchesa Ymma De Tour Jazzy e suo marito, sir Louis de Peruguen sono qui.”
“Falli entrare.” Rispose lord Tudor.
Un attimo dopo la giovane entrò e riconosciuto suo zio, il vescovo di Touls, corse fra le sue braccia, baciandolo e stringendolo a sé.
“Grazie al Cielo, siete salvo, zio.”
“Ymma, piccola mia.” Piangendo il vescovo. “Grazie, milord… grazie dal profondo del cuore…” rivolgendosi a lord Tudor.
“Ciò che conta è che vi siate riuniti.” Rispose il duca. “Milady, vorrei presentarvi lady Melisendra Yolande Demetra Du Blois, Duchessa di Beuchamps. Anch’ella fuggita come voi dalle persecuzioni dei Ginestrini.”
“Sono lieta di conoscervi, madame.” Disse Ymma a Melisendra. “E sono felice di sapervi in salvo e al sicuro qui con noi.”

Guisgard
14-09-2011, 03.35.48
“Fate bene a stare in guardia, madame” disse il misterioso uomo ad Elisabeth “e a non fidarvi di nessuno. Ma non credo abbiate molto da temere da me. Non penso siate una nobile in fuga, o una monaca che si nasconde, quindi ci guadagnerei poco se vi vendessi alla Guardia Repubblicana. Conservate pure le vostre forze per quando incontrerete, ed accadrà credetemi, minacce e pericoli ben più reali di quelli che potete vedere in me ora.”
L’uomo controllò la situazione ed il luogo in cui si trovavano e vista la via libera condusse via Elisabeth.
Poco dopo i due giunsero ad una piccola casa, seminascosta tra due vicoletti che si tagliavano perpendicolarmente.
“Prego, madame.” La invitò ad entrare l’uomo. “Non sarà la reggia del principe, ma saprà accoglierci e proteggerci almeno per un po’.”
Preparò allora una fugace cena col poco che aveva in casa e lo divise con la donna.
“Sono sincero…” disse dopo aver mangiato “… trovo curioso, strano, forse assurdo che una donna tutta sola attraversi il paese in questo momento. Soprattutto con l’aria di sospetto che il vostro modo di fare riesce a suscitare in chi vi guarda. Ogni angolo di questo stato pullula ormai di guardie e spie.”

Melisendra
14-09-2011, 03.55.39
"Marchesa, mi ricordo di voi... ho avuto modo di scorgervi a corte, molto tempo fa. Sono lieta di vedervi in salvo." La salutai con cordialità.
In quel momento i ricordi tornarono a sopraffarmi e cercai di scacciare quella malinconia nascente.
"La fantasia non vi manca, Sir Guisgard, attenderò con impazienza i vostri suggerimenti. State pur certo che non deluderò le aspettative che attribuite al temperamento delle dame d'oltre Manica e saprò fare buon uso dei vostri consigli."

Guisgard
14-09-2011, 04.14.29
Ymma salutò Melisendra ed accennò anche lei ad un ricordo lontano di un loro incontro.
Poi la cena proseguì, con l’aggiunta dei nuovi venuti.
“Ormai da Animos giungono solo voci confuse.” Disse lord Buttleford. “Il governo della repubblica lascia solo, e sporadicamente, blandi comunicati ufficiali che sanno di niente o quasi.”
“Laggiù ormai c’è solo il caos.” Fece lord Carrinton.
“Ed arrivano voci assurde, senza alcuna fondatezza.” Mormorò lord Tudor.
“Di certo vi riferite a quelle di misteriosi liberatori dei nobili e del Clero, vero, milord?” Chiese Buttleford.
“Leggende e favole.” Sentenziò il duca.
“Sembra che ora abbiano anche un nome…” scuotendo il capo Buttleford “… alcuni marinai di un mio amico armatore mi hanno raccontato che si firmerebbero con un fiore.”
“Che assurdità.” Con indifferenza lord Tudor.
“Io li ho visti, milord!” Intervenne Ymma. “Se io e mio marito siamo qui è grazie a loro! Erano degli uomini travestiti da zingari. Parlavano con accento inglese e ci condussero fino a Calais, dove poi ci fecero imbarcare sulla nave di un capitano italiano!”
“E’ impossibile organizzare tutto questo in un paese controllato notte e giorno da guardie e spie, milady.” Fissandola lord Tudor.
“Milord, perdonatemi, ma anche noi abbiamo incontrato qualcuno a cui dobbiamo la vita e che ci ha celato il proprio volto.” Intervenne il vescovo. “Erano diversi uomini, tutti camuffati, e se siamo qui lo dobbiamo solo a loro. Io non so se le voci su quel fiore siano vere o fasulle, ma so che chi ci ha tratto in salvo era reale come lo siamo ora tutti noi qui.”
“Ho raccolto alcune informazioni da mercanti e viaggiatori” disse il marito di Ymma “e ad Animos tutti giurano che quelle voci sono vere. Tutti laggiù parlano del misterioso Giglio Verde.”
“Ecco un argomento adatto per farvi distrarre, milady.” Disse Guisgard a Melisendra. “C’è tutto per far galoppare la fantasia verso pensieri sognanti… mistero, avventura ed un sottile alone di romanticismo d’altri tempi… non a caso ho composto alcuni versi su questa cosa, amici miei.” Aggiunse con un sorriso vagamente compiaciuto.

Guisgard
14-09-2011, 04.49.46
L’angoscia e la disperazione stringevano come in una morsa il cuore di Chantal.
Aveva paura.
Paura di non rivedere più suo zio.
Il mondo, il suo mondo, quella sera sembrava caderle addosso.
Cosa ne sarebbe stato di lei?
Ma, ad un tratto, qualcosa la destò dai suoi tormenti.
Era un rumore.
Qualcuno si trovava nel giardino e dal rumore dei passi sembrava avvicinarsi sempre più alla porta di casa.
Quella lettera appena letta era ancora lì, davanti a lei.
Quella lettera con il suo inestimabile tesoro.
Ma ora lei e quel tesoro sembravano essere in pericolo.

Guisgard
14-09-2011, 05.01.47
Lyo fissò Altea e restò un istante in silenzio.
“Che sciocco che sono!” Esclamò. “Vi sarò sembrato di certo scortese, milady… ma permettetemi di rimediare… il mio nome è Lyo Bahyle e sono un cavaliere al servizio di lord Tudor.” Sorrise e mostrò un lieve inchino col capo. “Beh, giungete davvero dalla lontana Irlanda se non conoscete lord Tudor e la sua nobile dimora, il Palazzo del Belvedere!” Esclamò. “Egli è il signore di tutte queste terre e tutti qui lo conoscono. Sicuramente anche la nobildonna che vi ospita.” La fissò per qualche istante. “Però, se non avete mai visto il Belvedere, perdonatemi, è davvero una cosa grave, milay. E’ un magnifico palazzo, secondo solo, per stile e sontuosità, al Palazzo Reale di sua maestà. Vi va di vederlo? Io sto andando proprio là. E sarà ovviamente una gioia potervi accompagnare lì.”

Guisgard
14-09-2011, 05.16.56
Theo fissò Brianna mentre la ragazza andava a prepararsi.
Strani e cupi pensieri attraversarono in quel momento il suo cuore.
Era combattuto.
Combattuto su cosa dire e fare.
“Forse non capiresti, piccola mia…” disse fra sé “… vorrei che tutto questo finisse… vorrei non avere quest’impegno… ma ho giurato… e se non mantenessi quel mio giuramento, non sarei degno del grande dono che il Cielo mi ha fatto… il tuo amore.”
Dopo un pò Brianna tornò da lui.
Era pronta per essere presentata a lord Tudor.
Ed era bellissima.
In quello splendido abito rosso, impreziosito da quelle rifiniture e ricami dorati, la sua fresca bellezza sembrava splendere ancor più radiosa.
La sua pelle bianca esaltava il luminoso colore di quello sguardo che sembrava celare dolcezza unita a determinazione.
I capelli raccolti lasciavano libero il suo volto, mostrando gli splendidi e perfetti lineamenti con i quali il Buon Dio l’aveva ritratta.
“Sei… sei bellissima, Brianna…” sussurrò Theo nel vederla “… sarò il più invidiato ora che giungeremo al Palazzo del Belvedere…” le si avvicinò, baciandole la mano “… posso avere, milady, l’onore di essere il vostro cavaliere per oggi?” Scherzò sorridendo. “Badate che non accetterò alcun rifiuto."