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Vecchio 08-01-2014, 15.06.42   #171
Altea
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Questa storia mi ha veramente affascinata...una grande donna di luce..un grande insegnamento..del distaccamento delle cose materiale e superflue, cosa assai difficile di cui solo una donna altamente miracolata come lei è forse riuscita a fare.
Grazie sir Taliesin...
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"Coloro che sognano di giorno sanno molte cose che sfuggono a chi sogna soltanto di notte". E.A.Poe

"Ci sono andata apposta nel bosco. Volevo incontrare il lupo per dirgli di stare attento agli esseri umani"...cit.

"I am mine" - Eddie Vedder (Pearl Jam)

"La mia Anima selvaggia, buia e raminga vola tra Antico e Moderno..tra Buio e Luce...pregando sulla Sacra Tomba immolo la mia vita a questo Angelo freddo aspettando la tua Redenzione come Immortale Cavaliere." Altea
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Vecchio 08-01-2014, 15.19.25   #172
Taliesin
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Grazie per la vostra luce che si è fatta emozione lady Aldea...

Taliesin, il Bardo
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Vecchio 08-01-2014, 21.55.59   #173
elisabeth
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elisabeth è un gioiello nella rocciaelisabeth è un gioiello nella rocciaelisabeth è un gioiello nella roccia
Il Sufismo e' opera altamente spirituale.....se si guarda danzare un sufi egli lo fa, con un braccio rivolto verso l'alto e l'altro verso il basso...per indicare il cielo la terra l'unità delle cose.......Un'altra donna.......di cui ho preso consapevolezza....

Ultima modifica di elisabeth : 09-01-2014 alle ore 17.04.26.
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Vecchio 09-01-2014, 10.01.17   #174
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Madonna Elisabetta...
la vostra consapevolezza è insita in voi dal giorno della creazione, e se questa Donna, nella sua danza, ha risvegliato in voi ricordi ancestrali, è solo perchè appartenete a quel tipo di creato.
Il resto, come sempre, è solo silenzio
Grazie...

Taliesin, il Bardo
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Vecchio 13-01-2014, 09.00.18   #175
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UNA GRECA SUPERBA: ANNA COMNEA.

Nata a Costantinopoli il 2 dicembre 1083 dall’imperatore Alessio I Comneno e Irene Ducaena, Anna, oltre che per la vivace intelligenza e la ponderosa preparazione culturale, si segnalò anche per il carattere ambizioso e incline all’intrigo che la portò a vivere giorni tempestosi quando, alla morte del padre cercò di impedire l’ascesa al trono dell’odiato fratello Giovanni.

La piccola Anna, infatti, poco dopo la nascita, era stata promessa sposa a Costantino Ducas, adottato da Alessio e proclamato co-imperatore e suo diretto successore, poiché la coppia reale non aveva alcun figlio maschio.

Con la nascita di Giovanni II Comneo (1087), non fu più necessario far continuare il prematuro fidanzamento di Anna e Costantino, che venne sciolto. Alessio I aveva ora il suo legittimo erede, e Anna aveva soltanto potuto assaporare quella posizione di potere, che vagheggerà per tutta la vita.

All’indomani della morte del padre Anna iniziò a ordine trame oscure alle spalle del fratello, appoggiata dalla madre, e trascinò nella congiura il marito Niceforo Briennio. Pur di arrivare al trono, era disposta a uccidere Giovanni. Aveva sete di potere, Anna.

Le cose non andarono però come aveva sperato. Il marito, stratega e uomo di grande cultura, non osò uccidere il cognato. Così Giovanni, venne eletto imperatore il 15 agosto 1118. Egli decise di non punire la sorella cospiratrice: Anna fu spedita in un convento.

Nonostante questo il matrimonio con Niceforo fu felice e dalla loro unione nacquero quattro figli.

Alla morte di Niceforo, Anna si assunse l’incarico di colmare la lacuna lasciata dal consorte: stava infatti lavorando all’opera “Materiali per una storia”, dedicata al suocero Alessio, quando la morte lo colse nel 1137.

Dopo la morte del marito Anna si dedicò sempre più intensamente all’Alessiade, che con i suoi toni epici e con la sua monumentalità è una delle opere più pregevoli della letteratura bizantina. In quindici libri, narra della vita e del regno di Alessio I Comneno. Si può ben dire che Anna eresse con mano maestra un monumento perenne al padre. L’opera termina nel 1148 con la morte della principessa Comnena.

Sono molti i motivi per i quali vale la pena sottolineare il posto di rilievo assunto dall’Alessiade. Ci offre preziose informazioni sul regno di Alessio I (1081-1118). Dall’infanzia prodigio del futuro imperatore, alle imprese militari nelle quali si cimentò, alla fermezza e determinazione con la quale riuscì a sconfiggere l’eresia dei Bogomili. È sbagliato considerare quest’opera solo come un elogio tra retorico e patetico dell’imperatore.

È indubbio il valore dello sguardo che Anna ci consente di rivolgere al mondo bizantino del suo tempo. Era infatti un personaggio di rilievo a corte, e disponeva di testimonianze e documenti originali, in qualsiasi momento.

Nonostante ciò, bisogna tenere presente come talvolta Anna manchi di l’obiettività, celando avvenimenti che metterebbero in cattiva luce il padre.

Ma che sia una delle fonti storiche più preziose dell’epoca è una certezza, fatto proclamato all’uninsono dagli storici moderni. Per esempio per le vicende inerenti alla Prima Crociata, di cui ci offre il punto di vista bizantino.

Quest’opera è poi uno specchio per poter comprendere la profonda formazione culturale della principessa cresciuta tra il mondo greco di Omero, Eschilo e Euripide e quello latino di Achille Tazio che tanto la influenzò nel tratteggiare il carattere dei protagonisti della sua Alessiade.

Non dimentica mai, Anna, di sottolineare la vastità della sua erudizione, tendendo così talvolta alla vanagloria. Ma era parte di quel carattere passionale che emerse anche per il costante e sincero attaccamento alla coppia reale, lodata sovente, addirittura per il bell’aspetto.

“Straordinario, davvero incomparabile, era l’aspetto fisico della coppia imperiale, Alessio e Irene. Nessun pittore potrebbe riprodurre questo modello di assoluta bellezza, nessuno scultore riuscirebbe a infondere tanta armonia alla nuda pietra.” (Alessiade III, 3, 1-4)

E continua Anna narrando come mai mancò di rispetto ai genitori. Ci dice che il padre Alessio I era impegnato in una spedizione, quando Irene capì che era giunto il momento di mettere alla luce Anna. Ma la donna pregò la nascitura affinché attendesse il ritorno del padre per venire al mondo. Anna ci spiega che ascoltò l’ordine materno dimostrando chiaramente, fin da quando era nel seno materno, il docile affetto che in seguito avrebbe nutrito per i genitori.

Questa era veramente Anna: una tempesta di sentimenti contrastanti e ambizioni spregiudicate, una donna dall’alterigia schiacciante. Una smania di potere indice di forza e sicurezza interiore da un lato, e di fragilità estrema dall’altro.

Anna era un “greca superba”, “avida”, che non vedeva niente al di fuori della propria opera: questo il filo rosso dal quale Kavafis si sentì legato alla principessa comnena.

tratto da:www.instoria.it

«Nel preambolo all’Alessiade, Anna
Comnena lamenta la sua vedovanza.

L’anima ha le vertigini. “Da fiumi
Di lacrime” essa ci dice “gli occhi
sono sommersi… Ah, che tempeste” in vita,
“ah, che sommosse!” La bruciante pena
“al midollo” la strugge, “fino a spezzarmi l’anima”.

La verità è un po’ diversa, pare che un solo
acerbo dolore conobbe questa donna avida,
una sola pena profonda ebbe (benché
ce lo nasconda) questa greca superba,
di non aver saputo, lei così capace,
mettere le mani sulla corona-che le soffiò,
per così dire, quell’insolente di Giovanni.»

Così, in una delle sue poesie, il poeta e giornalista alessandrino Constantinos Kavafis (1863-1933), ci descrive Anna Comnena

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Vecchio 16-01-2014, 11.14.43   #176
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IL RICAMO DI DIO: MARIA DI GIRONA.

Alcune artiste ricamatrici vollero lasciare il loro nome alla storia. In Catalogna si sono conservate due memorabili opere ricamate firmate da donne: la cosiddetta “Stola di San Narciso”, tessuta e ricamata da Maria, e “L’insegna o stendardo di San Ottone”, di Elisava.

E' sembrata molto suggestiva l’ipotesi di identificazione della ricamatrice Maria con la badessa María di Santa Maria de les Puelles di Girona. Dell’antico monastero abbiamo ben poca informazione, ma i pochi riferimenti sono estremamente interessanti. Sappiamo che la viscontessa di Narbona, Riquilda, figlia dei conti di Barcellona Wifredo II e Garsenda, nel suo testamento, lasciava parte dei beni perché il vescovo di Girona costruisse entro due anni un monastero davanti alla città, in onore di Santa Maria, anche se non specificava che fosse di monache. Il conte Borrell II, suo cugino primo, nel testamento faceva donazione di alcuni beni allodiali (cioè senza vincoli feudali) alla casa di Santa Maria de les Puelles di Girona, che nel 992 aveva una comunità femminile.

Degli avvenimenti di questo monastero restano poche tracce documentali, cosicché queste donne sarebbero quasi perdute per la storia; ma una lapide sepolcrale, datata alla fine del X secolo, ci permette di identificare una religiosa che voleva essere ricordata, come se lei e le sue compagne temessero che il silenzio si portasse via per sempre il suo ricordo. Sul sepolcro si parla di ricordo e di memoria:

Maria di venerabile ricordo, che si è impegnata ogni giorno della sua vita in sante opere e nei comandamenti; perseverante, assolutamente, nelle elemosine, molto devota alle memorie e orazioni dei santi, conservando con cura estrema la regola del monastero, rimane nella verginità di Dio.”

Maria voleva lasciare traccia e lo fece nel modo che conosceva. Nella parrocchia di Sant Feliu di Girona si conserva una stola magnificamente tessuta e ricamata, conosciuta come “la stola di San Narciso”, sulla quale appaiono delle parole che identificano Maria come l’autrice del lavoro. Sono state fatte diverse ipotesi sulla datazione del ricamo e del tessuto della stola. Noi abbiamo trovato estremamente interessante quella pubblicata da Mundò, che identifica l’artista del telaio e del ricamo con la badessa Maria citata nella lapide sepolcrale, cioè con un’artista della fine del X secolo.

Con la stola Maria realizzerebbe il desiderio di essere ricordata firmando il lavoro, e darebbe validità a ciò che si dice nell’epitaffio: “impegnata in sante opere e nella devozione alla memoria dei santi”. Cosicché la stola fu prodotta da Maria forse per il nuovo sepolcro di Sant Feliu, costruito all’epoca del vescovo Miró Bonfill, morto nel 984, o per quello di San Narciso, con cui popolarmente si identifica la stola.

Il lavoro della monaca artista non è solo di grande bellezza, ma mostra anche una notevole erudizione. Tra le frasi che si possono leggere nel tessuto c’è un frammento appartenente alle “Laudi” che si cantavano all’incoronazione dei re carolingi. Inoltre contiene la benedizione episcopale che si dava alla fine della messa. Comunque vorremmo mettere in evidenza una delle frasi del tessuto che orla la stola:

“[Ricorda,] amico, Maria mi fece, chi porterà questa stola su di sé, interceda per me affiché Dio mi aiuti”.

Benché la parola “sappi” o “ricorda” risulti lacunosa nel tessuto, possiamo permetterci di interpretarla in questo modo; Maria voleva essere ricordata, era consapevole di aver fatto un lavoro elaborato e bello. Sarebbe anche da commentare la parola “amice”, l’espressione del sentimento dell’amicizia usata al vocativo, che ci sembra tanto grafico, con cui questa donna del X secolo si rivolgeva affettuosamente a chi avrebbe portato la stola, e a noi che più di mille anni dopo la contempliamo. Quando nel 1018 la contessa Ermesenda fondò Sant Daniel di Girona non sembra restasse traccia dell’antico monastero femminile di Santa Maria; è come se la preoccupazione di Maria di non essere dimenticata avesse un fondamento, come se lei sapesse che la sua comunità aveva i giorni contati.

A parte le lettere che adornano, su tessuto rosso, il contorno della stola, in mezzo e alle due estremità figurano dei magnifici ricami a colori forti e caldi, alcuni fatti in filo d’oro. A una delle estremità c’era un san Lorenzo, molto malconcio, nell’altra il battesimo di Cristo, e in mezzo c’è quello che consideriamo il più bel ricamo, con l’immagine della Madre di Dio con il vestito dorato e con il lemma “Santa Maria ora pro nobis”.

tratto da:www.ub.edu.it

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Vecchio 16-01-2014, 11.23.32   #177
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LO STENDARDO DI DIO: ELISEVA DA BARCELLONA.

Il ricamo di Maria non è l’unica opera d’arte firmata da una donna.
Eliseva firmò il cosiddetto stendardo di San Ottone, che, proveniente dalla Cattedrale di Urgell, si conserva presso il Museo dell’abbigliamento di Barcellona. Qualche storico dell’arte considera Elisava una committente dell’opera, noi non condividiamo questa teoria, pensiamo che la recisa affermazione “Elisava me fecit” abbia a che vedere con il lavoro reale, non solo con il pagare o patrocinare l’opera.

Lo stendardo ricamato, in toni rossicci e dorati, di seta su un tessuto di lino, conservato presso il Museo dell’abbigliamento di Barcellona, potremmo datarlo intorno al XII secolo. L’opera è incentrata sulla figura del Salvatore dentro la mandorla mistica avvolta nei simboli degli evangelisti e ornata da un bordo di motivi vegetali. Dallo stendardo pendono tre strisce della medesima stoffa, anch’esse ricamate con figure oranti od offerenti, che sono evidenti figure femminili, cosa che ha fatto pensare a qualcuno che la figura centrale potrebbe rappresentare Elisava, committente del ricamo; ma è solo un’ipotesi, che non condividiamo.

Per noi Elisava è la ricamatrice; in ogni caso, se l’esperta e delicata ricamatrice non fosse questa donna di cui conosciamo solo il nome ma non il lignaggio, sarebbe un’altra donna, più anonima, ad aver realizzato il magnifico lavoro. Comunque sia, l’unità e la bellezza dell’opera ci fanno pensare a una grande compenetrazione tra chi la ordinò e chi la realizzò. Potrebbe essere stata Elisava l’artista e la committente allo stesso tempo?

Un’altra ipotesi: se identifichiamo il destinatario dello stendardo in San Ottone vescovo di Urgell, figlio di Lucía de la Marca e del conte Artau I de Pallars Sobirà, morto nel 1122, possiamo dire che proprio l’immagine offerente che figura in mezzo allo stendardo ci ricorda il dipinto in cui appare Lucia, madre di sant’Ottone, che offre il murale del monastero di Sant Pere del Brugal.

tratto da:www.ud.ebu.it

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Vecchio 16-01-2014, 15.09.18   #178
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L'AMORE OLTRE L'AMORE: KASSIA DA COSTANTINOPOLI.

Nata probabilmente attorno all'anno 810 a Costantinopoli da una famiglia aristocratica greco-bizantina, è stata una delle prime compositrici medioevali di cui ci siano pervenute un numero notevole di opere, tanto che i musicologi ed i musicisti hanno avuto modo di poter studiare le sue composizioni. Il complesso della sua opera è costituito da circa cinquanta inni, di cui ventitré fanno parte della liturgia della chiesa ortodossa. Il numero esatto dei suoi lavori è comunque imprecisato visto che diversi inni vengono ascritti a diversi autori, in manoscritti diversi, e sono spesso identificati come anonimi.

Oltre agli inni, ci sono pervenuti 261 versi di carattere profano, molti dei quali sono degli eppigrammi e degli aforismi chiamati versi gnomici.
Indichiamo di seguito un esempio:
"Odio l'uomo ricco che si lamenta come se fosse povero."
Tre cronisti bizantini dell'epoca, Simeone il logotete, Giorgio il monaco (anche detto Giorgio il peccatore) e Leo il grammatico, sostengono che ella partecipò ad un ricevimento in cui l'imperatore Teofilo di Bisanzio avrebbe dovuto scegliere la sua sposa, consegnando alla prescelta, come d'uso, una mela d'oro.

Affascinato dalla bellezza di Kassia, il giovane imperatore l'avvicinò e le disse: "Attraverso una donna si distillano le passioni più vili (riferendosi al peccato originale di Eva)". Kassia gli rispose dicendogli: "Ma attraverso una donna giungono le cose migliori (riferendosi alla nascita di Gesù)."

Per orgoglio Teofilo scelse un'altra sposa, Teodora.

Dopo questo episodio, ella fondò un monastero ad ovest di Costantinopoli di cui divenne la badessa. Nonostante molti studiosi attribuiscono questo suo comportamento all'amarezza per il mancato matrimonio con l'imperatore, una lettera di Teodoro Studita indica che ella aveva altre motivazioni per scegliere una vita monastica. Queste erano in stretta relazione con il vicino Monatero di Studion che giocò un ruolo centrale nella riedizione della liturgia bizantina fra il IX e il X secolo. Questa situazione ha contribuito a che le opere di Kassia siano giunte intatte sino ai nostri giorni.

Ella scrisse molti inni per la liturgia cristiana, il più famoso dei quali è Inno di Kassiani che viene cantato il martedì santo. La tradizione dice che l'imperatore Teofilo, che era innamorato di Kassia, chiese di vederla ancora una volta prima di morire. Si recò pertanto al monastero di Kassia. Ella stava scrivendo il suo Inno quando udì che l'imperatore voleva vederla.

Ella era ancora innamorata di Teofilo ma ormai aveva dedicato la sua vita a Dio e scacciò dalla sua mente questo pensiero per evitare che lo stesso potesse sovrastare il suo sentimento religioso. Lasciò così il suo inno incompiuto sul tavolo e si nascose dietro una porta. Teofilo entrò da solo nella cella ma non trovò Kassia. La cercò nella cella ma lei non era lì; nascosta lo guardava. Teofilo era molto triste, pianse e rimpianse di aver, in un moto di orgoglio, respinto una si bella ed intellettuale donna.

Poi notò l'inno incompiuto giacente sul tavolo e lo lesse. Quando lo ebbe letto si sedette al tavolo e terminò l'inno che Kassia aveva lasciato incompleto. La leggenda dice che mentre stava per andar via intravide Kassia ma non le parlò. Ella entrò nella stanza dopo che Teofilo era andato via, lesse quanto egli aveva scritto e pianse accoratamente.

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Vecchio 16-01-2014, 18.27.59   #179
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Una storia bellissima....e in Amore l'orgoglio non paga mai....L'Imperatore ha pagato a caro prezzo il suo conto.....rendendo infelice un'altro essere umano...
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Vecchio 10-02-2014, 15.06.01   #180
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UNA VITTIMA DIMENTICATA : IPAZIA DA ALESSANDRIA.

Un giorno per le strade di Alessandria d'Egitto, nel corso dell'anno 415 o 416, una folla di fanatici cristiani guidati da Pietro il Lettore ha catturato una donna, l'ha trascinata in una chiesa, dove è stata spogliata e picchiata a morte con delle tegole. Hanno poi fatto a pezzi il suo corpo e l'hanno bruciato.

Chi era questa donna e qual'era il suo crimine?

Ipazia è stata, nell'antica Alessandria, una delle prime donne a studiare e insegnare la matematica, l'astronomia e la filosofia. Anche se viene ricordata più per la sua morte violenta, la sua vita drammatica è un obiettivo affascinante attraverso cui si può visualizzare la situazione della scienza in un'epoca di conflitti religiosi e settari.


Fondata da Alessandro Magno nel 331 a.C., la città di Alessandria crebbe rapidamente e fu un centro di cultura per tutto il mondo antico. Il suo cuore è stata la biblioteca- museo, una sorta di università, che conservava più di mezzo milione di rotoli e manoscritti racchiusi diligentemente nei loro astucci. Alessandria ha subito un lento declino a partire dal 48 a.C., quando Giulio Cesare conquistò la città e, accidentalmente, bruciò la biblioteca che fu ricostruita. Nel 364, a seguito della scissione dell'Impero Romano, Alessandria divenne parte della metà orientale e fu luogo di combattimenti tra cristiani, ebrei e pagani. Ulteriori guerre civili hanno distrutto gran parte del contenuto della biblioteca. Gli ultimi resti devono la loro scomparsa probabilmente, insieme con il Museo, nel 391, quando l'arcivescovo Teofilo contribuì, agendo su ordine dell'imperatore romano, alla distruzione di tutti i templi pagani. Teofilo buttato giù il tempio di Serapide costruì sul luogo una chiesa.

L'ultimo membro conosciuto del museo è stato il matematico e astronomo Teone padre di Ipazia. Alcuni scritti di Teone sono stati salvati; Il suo commento (una copia di un'opera classica che incorpora note esplicative) su Elementi di Euclide era l'unica versione conosciuta di quel lavoro sulla geometria cardinale fino al 19° secolo. Ma poco si conosce della sua vita e di quella di sua figlia. Anche la data di nascita di Ipazia è controversa; gli studiosi hanno a lungo sostenuto che era nata nel 370, ma gli storici moderni credono che il 350 possa essere l'anno di nascita più probabile. L'identità della madre è un mistero e Ipazia può aver avuto un fratello, Epifanio, anche se può essere stato solo l'allievo prediletto di Teone.

Teone ha insegnato matematica e astronomia a sua figlia, e ha collaborato in alcuni dei suoi commenti. Si pensa che il libro III della versione di Teone di Tolomeo, Almagesto, Il trattato che ha istituito il modello Terra-centrico per l'universo che non sarebbe capovolto fino ai tempi di Copernico e Galileo, era in realtà il lavoro di Ipazia.

Lei è stata una matematica e astronoma ed insegnava tali materie. Lettere di uno dei suoi studenti, Sinesio, indicano che queste lezioni includevano anche come progettare un astrolabio, una sorta di calcolatrice portatile astronomica che sarebbe stato utilizzato fino al diciannovesimo secolo.

Oltre le materie di competenza di suo padre, Ipazia s'è affermata come un filosofo in quella che oggi è conosciuta come la scuola neoplatonica, un sistema di credenze in cui tutto ciò che emana proviene dall'Uno. (Sinesio, il suo studente, sarebbe diventato un vescovo nella chiesa cristiana integrando i principi neoplatonici nella dottrina della Trinità.) Le sue conferenze, aperte al pubblico, sono state popolari e attiravano le folle.

Il filosofo Damascio ha scritto di lei: "La donna era solita indossare il mantello del filosofo ed andare nel centro della città. Commentava pubblicamente Platone, Aristotele, o i lavori di qualche altro filosofo per tutti coloro che desiderassero ascoltarla. Oltre alla sua esperienza nell'insegnare riuscì a elevarsi al vertice della virtù civica."

Ipazia non si sposò mai e probabilmente conduceva una vita da celibe, che forse è stata in linea con le idee di Platone, relativa alla soppressione del sistema familiare. Il lessico Susa, un'enciclopedia del X secolo del mondo mediterraneo, la descrive come "molto belle e di forma. . . nel discorso articolato e logico, le sue azioni prudenti ".

Tra i suoi ammiratori vi era anche Oreste, il governatore di Alessandria. A Teofilo, l'arcivescovo che ha distrutto l'ultima grande biblioteca di Alessandria, nel 412 era succeduto il nipote, Cirillo, che ha continuato la tradizione di suo zio: ostilità verso altre fedi. (Uno dei suoi primi atti fu quello di chiudere e saccheggiare le chiese appartenenti alla setta di Novaziano cristiana.)

Tra Cirillo, il capo del principale gruppo religioso della città, e Oreste, responsabile del governo civile, iniziò una lotta su chi doveva controllare Alessandria. Oreste era un cristiano, ma lui non voleva cedere il potere alla chiesa. La lotta per il potere ha raggiunto il suo picco a seguito di un massacro di cristiani da parte di estremisti ebrei, quando Cirillo ha portato una folla che tutti gli ebrei espulsi dalla città e saccheggiato le loro case e templi. Oreste ha protestato con il governo romano a Costantinopoli. Quando Oreste e Cirillo hanno rifiutato i tentativi di riconciliazione, i monaci di Cirillo hanno cercato senza successo di assassinarlo.

In questo clima, maturò l'omicidio di Ipazia, poiché, riferisce lo storico della Chiesa Socrate Scolastico, «s'incontrava alquanto di frequente con Oreste, l'invidia mise in giro una calunnia su di lei presso il popolo della chiesa, e cioè che fosse lei a non permettere che Oreste si riconciliasse con il vescovo». Ipazia, era un obiettivo più facile. Era una pagana che aveva pubblicamente parlato di una non-filosofia cristiana, il neoplatonismo, ed aveva meno probabilità di essere protetta dalle guardie di Oreste.

Il ruolo di Cirillo nella morte di Ipazia non è mai stato chiaro. Ipazia è diventata un simbolo per le femministe, una martire per i pagani e gli atei. Voltaire ha usato la sua morte come spunto per condannare la Chiesa e la religione.Né il paganesimo, né lo studio scientifico sono morti ad Alessandria con Ipazia, ma certamente hanno subito un brutto colpo.

"Quasi da sola, praticamente l'ultima accademica, si affermò per i valori intellettuali, per la matematica rigorosa, il neoplatonismo ascetico, il ruolo cruciale della mente, la voce della temperanza e la moderazione nella vita civile", ha scritto Deakin.

Vittima del fanatismo religioso, Ipazia rimane una fonte d'ispirazione anche in tempi moderni.

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