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Vecchio 09-04-2015, 14.15.58   #241
Lady Gwen
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Intensa e struggente questa storia... come tutte le storie che si concludono in tragedia a causa del potere... grazie per questa ennesima perla, Bardo e` sempre un piacere conoscere la vita di queste fantastiche, seppur sfortunate, donne :)
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Vecchio 09-04-2015, 14.53.53   #242
Altea
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Una storia avvincente, misteriosa e struggente...grazie sir Taliesin per avermi narrato la storia di una donna nata proprio vicino la mia terra e che approdò nella città gigliata..una città che ritengo mi abbia adottata.
E chissà se fosse stato arsenico..
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"I am mine" - Eddie Vedder (Pearl Jam)

"La mia Anima selvaggia, buia e raminga vola tra Antico e Moderno..tra Buio e Luce...pregando sulla Sacra Tomba immolo la mia vita a questo Angelo freddo aspettando la tua Redenzione come Immortale Cavaliere." Altea
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Vecchio 09-04-2015, 15.54.56   #243
Taliesin
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Grazie Lady Altea per il vostro pensiero nei confronti di una città da me particolarmente amata, spesso come Madre, Sposa ed Amante...

Grazie Lady Gwen per il vostro sensibile pensiero nei confronti di un'altra fortunata "principesssa della storia", come una sorta di perla appesa al crepuscolo di miolioni di perle mai dimenticate...

Dovete sapere che negli anni verdi della mia vita, in un tempo sciocco e spavaldo, ho studiato a lungo la storicità della vicenda spesso infangata e riabilitata dalle convenienti ed ingombranti politiche fiorentine di passaggio...Grazie al mio Apprendista, in qauesto tempo razionale e perfettamente allineato alle tecnologie, voglio narrarvi il suo forse ultimo epilogo...

di Gino Fornaciari e Raffaella Bianucci
Straordinari risultati di una ricerca sui resti del granduca di Toscana: la presenza di Plasmodium falciparum (l’agente della malaria perniciosa) conferma le fonti secondo cui Francesco de' Medici morì di febbre malarica e manda in soffitta la lunga storia dell'avvelenamento
L’ipotesi dell'avvelenamento da arsenico di Francesco I de’ Medici (Firenze 1541 - Poggio a Caiano 1587) e della moglie Bianca Cappello da parte del fratello Ferdinando, cardinale e suo successore al Granducato di Toscana, è stata riproposta tempo fa in un articolo scientifico (Mari F. e coll., The mysterious death of Francesco I de’ Medici and Bianca Cappello: an arsenic murder? «British Medicai Journal, 2006, n. 333), ripreso trionfalmente dai media, e successivamente in ben due vo­lumi a carattere divulgativo (Ma­ri E, Bertol E., Polettini A., La mor­te di Francesco I de' Medici e della sua sposa Bianca Cappello, Le lette­re, Firenze 2007; Ferri M., Lippi D., I Medici. La dinastia dei misteri, Giunti, Firenze 2007). Del pro­blema si occupò anche Archeologia Viva con un'ampia inchiesta (Be­cattini M., Francesco e Bianca: arse­nico e vecchi merletti, AV n.123). In sintesi, i tossicologi Francesco Ma­ri, Elisabetta Berto!, 1}ldo Poletti­ni e la storica della medicina Do­natella Lippi hanno sostenuto di avere le prove dell' avvelenamento. L'ipotesi era basata su analisi con­dotte su alcune formazioni pilife­re ritrovate sull' osso mascellare di Francesco I (i cui resti sono stati riesumati nel 2004 da Gino For­naciari nell'ambito del "Progetto Medici") e su due campioni bio­logici rinvenuti all'interno di un sacello pavimentale della chiesa di S. Maria a Buonistallo, parroc­chiale della villa medicea di Pog­gio a Caiano (Po), dove - secon­do un documento di archivio - fu­rono portati dopo l'autopsia i va­si con le viscere di Francesco I e Bianca Cappello (ricordiamo qui che il corpo di Francesco fu se­polto nella basilica di San Loren­zo a Firenze, mentre il cadavere di Bianca non è mai stato ritrovato). I reperti biologici di Buonistallo, interpretati come frammenti di fegato umano appartenenti a in­dividui di sesso opposto, sono stati attribuiti ai due coniugi an­che grazie alla presenza, nella crip­ta, di frammenti ceramici e di due crocifissi bronzei ritenuti tardo­cinquecenteschi (ma risultati poi del Settecento e dell'Ottocento).
Azzardata dimostrazione di un delitto.
Una prima conside­razione a proposito di questi fortunosi ritrovamenti nella chiesa di S. Maria a Buonistallo è che la cripta, dove nei secoli sono stati collocati centinaia di corpi, non è stata scavata con tecniche ar­cheologiche; inoltre - come di­chiarano gli Autori dello studio ­il recupero dei frammenti di vasi e del materiale organico fu effet­tuato direttamente dai muratori... Ciononostante, gli stessi Autori hanno sostenuto che l’ipotesi dell’avvelenamento poteva essere non solo plausibile, ma anche dimo­strabile. L'analisi chimica ha in­fatti rivelato la presenza, in que­sti resti, di arsenico in dosi tossi­che; al tempo stesso i ricercatori fiorentini affermano - senza pe­raltro rendere nota né la metodologia né i dati molecolari ottenu­ti - che il DNA di uno dei due campioni organici sarebbe compatibile con quello delle formazioni pilifere ritrovate in corrispondenza del mascellare di Francesco I, nella cassetta di zinco dove le ossa del granduca erano state rideposte nel 1955 al termine dello studio antropologico effettuato da Gaetano Pieraccini e Giuseppe Genna. È un dato di fatto però che nella cassetta di zinco di Francesco I, riaperta nel 2004, non c'era traccia di materiali organici, né di cute né di barba, ma solo resti dei tessili che avvolgevano le ossa, peraltro accuratamente ripulite dagli antropologi degli anni Cinquanta per effettuare lo studio antropologico e per ricavare un calco in gesso del cranio del granduca. Quindi appare assai plausibile che il DNA ritrovato - e confrontato con quello dei resti organici della chiesa di Buonistallo non sia il DNA originale di Francesco l, ma sia dovuto - come succede spesso in laboratori non dedicati allo studio del DNA antico - a inquinamento da DNA moderno. Quanto alla presenza di arsenico, era consuetudine dopo l'autopsia trattare i visceri asportati con composti arsenicali, per favorirne la conservazione. In conclusione, già al momento della pubblicazione del lavoro sull'avvelenamento di Francesco I e Bianca Cappello permanevano forti dubbi sull’attendibilità dei risultati (Fornaciari G., The mystery of beard hairs, British Medical Journal, 2006, n. 333).

L’agonia dei granduchi.
La documentazione lasciataci dai medici di corte Pietro Cappelli, Giulio Cini e Baccio Baldini (gli archiatri che assistettero Francesco I) riporta il decorso della malattia. Nei giorni 6, 7 e 8 ottobre 1587 il granduca si strapazzò moltissimo andando a caccia nella tenuta circostante la sua villa di Poggio a Caiano, un’area agricola coltivata a risaia, ambiente malarico per eccellenza. La sera dell’8 Francesco si sentì male: febbre violenta accompagnata da vomito incoercibile, seguiti da insonnia e irrequietezza. La febbre persistette tutto il giorno 9 innalzandosi verso sera. Il 10 i medici diagnosticano una febbre malarica terzana, pertanto Francesco viene sottoposto a un primo salasso. Nella notte tra il 10 e l’11 il granduca si sentì meglio e riprese le sue attività. Il 12, 13 e 14 ottobre Francesco fu nuovamente in preda a violenti brividi causati da febbre elevata, cui si accompagnò un'intensa sudorazione per tutta la notte. Le sue condizioni migliorarono leggermente il giorno dopo. Il 16 e 17 ottobre il granduca si aggravò: ancora febbre alta, sudorazione profusa, vomito incoercibile, secchezza delle fauci, stitichezza e irrequietezza crescente. Miglioramento il 18 e gli vengono praticati due salassi. La mattina del 19 ottobre Francesco I si confessò e dettò le ultime volontà; nel pomeriggio la febbre s'innalzò di nuovo, accompagnata da grande irrequietezza, cui seguirono una forte astenia e la perdita di coscienza due ore prima della morte. Correva l'anno 1587 e Francesco aveva 46 anni. Quasi in contemporanea si era ammalata anche Bianca Cappello e i medici di corte, seppur in modo meno dettagliato, ne descrivono la malattia come molto simile a quella del coniuge: la stessa notte del 9 ottobre la granduchessa si sentì male, colta da un violentissimo attacco di febbre, e da allora fu febbrile con una sintomatologia uguale a quella del marito. Morì il 20 ottobre 1587 a 39 anni.

Malaria o avvelenamento? Attenti ai sintomi.
I tossicologi fiorentini hanno sostenuto che la sintomatologia manifestata da Francesco I (vomito incoercibile, secchezza delle fauci, dolori e bruciori di stomaco, continua irrequietezza, ingrossamento del fegato, lesioni polmonari ed edema diffuso) è tipica dell' avvelenamento da arsenico e ben diversa da quella dell'infezione malarica. A questo proposito è opportuno sottolineare che, nelle popolazioni dei paesi dove la malaria persiste in forma endemica, l’insieme dei sintomi riferiti per la malattia di Francesco I è invece tipico della febbre malarica da Plasmodium falciparum. Infatti, uno degli apparati maggiormente colpiti durante l'attacco malarico acuto è proprio quello gastro-intestinale. Il vomito incoercibile, sempre accompagnato da stato febbrile, è il sintomo principale, solitamente con una frequenza elevata all'insorgere della malattia. La conseguente perdita di liquidi e di elettroliti causa una disidratazione accompagnata da secchezza delle fauci e conduce, infine, al collasso cardio-circolatorio. La malaria acuta, accompagnata o meno dalla sintomatologia gastro-enterica, include anche edema polmonare nonché disturbi di tipo neurologico quali agitazione, turbe del comportamento e perdita di coscienza. Ebbene, l'ingestione orale di triossido di arsenico in elevate concentrazioni è certamente associata a sintomi gastro-intestinali (dolori gastritici acuti, salivazione abbondante, vomito, secchezza delle fauci, sete, difficoltà di parola, diarrea, tenesmo) e neurologici (convulsioni, turbe del comportamento, coma), ma attenzione: non è mai accompagnata da febbre. A parte il vomito incoercibile e la sete inestinguibile, Francesco I nella sua agonia durata undici giorni non manifestò nessun altro sintomo riconducibile ad avvelenamento acuto da arsenico.

Referti medici e voci di popolo.
Su richiesta del cardinale Ferdinando, i corpi di Francesco e Bianca furono sottoposti a esame autoptico e i medici confermarono che una forma perniciosa di malaria (terzana maligna) era stata la causa dell'improvviso e simultaneo decesso della coppia granducale. Tuttavia, subito dopo la morte dei due, cominciarono a diffondersi voci insistenti secondo cui Ferdinando avrebbe assassinato fratello e cognata con l'arsenico. Ma non mancarono altre versioni dell'accaduto. Addirittura si disse che Bianca avrebbe preparato una torta avvelenata da offrire al cognato Ferdinando: per sbaglio ne assaggiò anche Francesco e la donna, disperata, ne mangiò lei stessa per non sopravvivere al suo amato.

Fu il Plasmodium falcipamm il “killer” del granduca.
Recentemente, nel Laboratorio di Parassitologia della Facoltà di Medicina veterinaria dell'Università di Torino, estratti di campioni di osso spugnoso di Francesco I sono stati sottoposti ad analisi, per verificare la presenza di due proteine tipiche del Plasmodium falciparum, la proteina di tipo 2 ricca in istidina (P.f. HRP-2) e la lattato deidrogenasi (pLDH), usando due metodi qualitativi di determinazione tramite anticorpi a elevata sensibilità: il Malaria Antigen RAPYDTEST® e il MalariaDetect™ RAPYDTEST® (DiaSys, Connecticut, USA). Quest'ultimo test viene utilizzato per la diagnosi differenziale fra il P. falciparum e le altre tre specie di Plasmodium (P. vivax, P. ovale e P. malariae). I risultati hanno accertato la presenza della proteina di tipo 2 ricca in istidina di Plasmodium falciparum e della lattato deidrogenasi di P. falciparum non solo nel tessuto osseo spugnoso di Francesco I de’ Medici [MED11], ma anche in quello di altri tre membri della famiglia Medici, cioè il cardinale Giovanni [MED3], don Garzia [MED4] e la loro madre Eleonora di Toledo [MED5], deceduti per “febbre terzana” nel 1562 dopo un viaggio nella Maremma grossetana (Bianucci R. e coll., Immunological Identification of Plasmodium falciparum and Leishmania infantum in the skeletal remains of the Medici family, in Atti del XVIII congresso dell'Associazione Antropologica Italiana, Firenze, 1-4 ottobre 2009). Il Detect™ RAPYDTEST® non ha evidenziato la presenza d’infezioni non-falciparum o miste. Invece i campioni ossei di Cosimo I [MED6], deceduto per polmonite, e di Giovanna d'Austria [MED8], mona di parto, utilizzati come controllo interno, e due campioni esterni di controllo, di epoca medievale, provenienti da aree non malariche della Francia e della Germania, sono risultati negativi per l'infezione malarica.

Quattro secoli di falsità.
La teoria dell'avvelenamento da arsenico di Francesco I e Bianca Cappello ha suscitato un dibattito che dura da oltre quattro secoli. Due anni orsono, come abbiamo visto, lo studio effettuato dal professor Francesco Mari e colleghi aveva rilanciato !'ipotesi. I risultati della ricerca attuale, fornendo la prova sicura della presenza di proteine di Plasmodium falciparum nei resti scheletrici di Francesco I, confermano invece le fonti storiche, secondo le quali il granduca morì di malaria acuta. Ora la teoria dell'avvelenamento dovrà essere ricollocata fra le tante leggende che hanno circondato la dinastia granducale dei Medici, mentre il cardinale Ferdinando viene assolto da un'accusa infamante


Taliesin, il Bardo

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Vecchio 09-04-2015, 20.33.18   #244
elisabeth
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elisabeth è un gioiello nella rocciaelisabeth è un gioiello nella rocciaelisabeth è un gioiello nella roccia
Questo luogo non solo rifiorisce con questa stupenda storia nei suoi tratti piu' disparati.......Amore.....abbandono intrigo......Ma..sorpresa delle sorprese, mi ritrovo in un vero e proprio laboratorio dove la medicina ne fa da padrona.....e ancora una volta...scienza ...e storia...ne diventano il fulcro il fulcro di due anime che anno vissuto una gioia grande come una grande ed immensa sofferenza.......


Ben tornato...Amato Bardo.....
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Vecchio 10-04-2015, 01.28.57   #245
Galgan
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Scienza, storia, amore, tradimento, infamia....Spesso sono i volti della medesima ametista, e il saperli rievocare tutti è un dono del Padre.
A voi il compito di narrare, buon Taliesin, a noi il dovere, e il piacere, di carpire, perché nulla venga condannato all'oblio.
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Yamamoto Tsunetomo, Hagakure
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Vecchio 23-04-2015, 13.04.21   #246
Taliesin
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Amata Elisabetta...
nessun fiore potrebbe rifiorire nella serra dei ricordi e delle emozioni se una mano angelica non ponesse, assieme al calore del suo sole, gocce di rugiada che cadono dagli occhi cristallizzati...

Cavaliere Galgano...
anche in voi è presente quel Padre

Taliesin, il Bardo
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Vecchio 23-04-2015, 13.07.40   #247
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IL PATRONO DEI TROVATORI: MARIA DE VENTADORN

Maria era una di las tres de Torena, "tre Turenne", le tre figlie di visconte Raimondo II di Turenne e di Elise de Séverac. Questi tre, secondo Bertran de Born, possedeva tota beltat terrena, "tutte le bellezze terrene". La sua data di nascita è incerta; lei forse morì nel 1222. Il suo nome è variamente registrata come Marie de Turenne e Marguerite de Turenne. Ha sposato visconte Eble V di Ventadour; avevano un figlio, Eble, che sposò Dauphine de la Tour d'Auvergne, e una figlia, Alix o Alasia.

Il marito di Maria era la nipote di Eble III, e la pronipote di Eble Il cantante, che si ritiene sia stato tra i creatori del genere. Maria è rivolta, o almeno accennato, nel lavoro di diversi trovatori tra cui Gaucelm Faidit, il Monaco di Montaudon, Gausbert de Puicibot, Pons de Capduoill, Guiraut de Calanso, Bertran de Born e Gui d'Ussel. Secondo un commento poetico incluso nelle Biografie des Troubadours, Hugh IX di Lusignano era "cavaliere" di Maria.

Maria de Ventadorn è elencato come trobairitz nel suo pieno diritto sulla forza di un singolo Tenso o dibattito poetico, di cui versi alternativi erano apparentemente composte da lei e da Gui d'Ussel. La questione oggetto del dibattito è stato questo: una volta che un uomo è riuscito a sua richiesta per essere accettato come amante di una donna, egli torna ad essere suo pari, o se egli rimane il suo servo? Maria prende quest'ultimo punto di vista.

Taliesin, il Bardo
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Vecchio 23-04-2015, 15.12.13   #248
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IL TORMENTO E L’ESTASI: CHIARA DA MONTEFALCO.

Seconda figlia di Damiano e di Giacoma, Chiara nacque a Montefalco, in provincia di Perugia, nel 1268. Presa d'amor divino, fin dall'età di quattro anni mostrò una così forte inclinazione all'esercizio della preghiera da trascorrere intere ore immersa nell'orazione, ritirata nei luoghi più riposti della casa paterna. Sin da allora ella ebbe anche una profonda devozione per la Passione di Nostro Signore e la sola vista di un Crocifisso era per lei come un monito di continua mortificazione, a cui si abbandonava volentieri infliggendo al corpo innocente le più dure macerazioni con dolorosi cilici, tanto che sembrava quasi incredibile che una bimba di sei anni potesse avere non già il pensiero, ma la forza di sopportarne il tormento.

Consacratasi interamente a Dio, Chiara volle seguire l'esempio della sorella Giovanna, chiedendo di entrare nel locale reclusorio, dove fu accolta nel 1275. La santità della piccola e le elette virtù di Giovanna fecero accorrere nel reclusorio di Montefalco sempre nuove aspiranti, per cui ben presto si dovette intraprendere la costruzione di uno più grande che, cominciata nel 1282, si protrasse per otto anni tra opposizioni, contrasti e difficoltà di varia natura. A causa delle ristrettezze finanziarie, per qualche tempo durante i lavori Chiara fu incaricata anche di andare alla questua. Nel 1290, allorchè il nuovo reclusorio fu terminato, si pensò che sarebbe stato più opportuno fosse eretto un monastero, affinché la comunità potesse entrare a far parte di qualche religione approvata. Giovanna ne interessò il vescovo Gerardo Artesino che, con decreto del 10 giugno 1290, riconobbe la nuova famiglia religiosa, dando ad essa la regola di s. Agostino e autorizzando in pari tempo l'accettazione di novizie. Il novello monastero fu chiamato "della Croce", su proposta della stessa Giovanna, che ne venne subito eletta badessa.

Alla morte della sorella (22 novembre 1291), Chiara fu chiamata immediatamente a succederle nella carica, contro la sua volontà e nonostante la giovane età. Durante il suo governo, che esercitò sempre con illuminata fermezza, seppe tenere sempre vivo nella comunità, con la parola e con l'esempio, un gran desiderio di perfezione. Ebbe da Dio singolari grazie mistiche, come visioni ed estasi, e doni soprannaturali che profuse dentro e fuori il monastero, venendo,- inoltre, favorita dal Signore col dono della scienza infusa, per cui poté offrire dotte soluzioni alle più ardue questioni propostele da teologi, filosofi e letterati. Alla sua pronta azione, si deve poi la scoperta e l'eliminazione, tra la fine del 1306 e gli inizi del 1307, di una setta eretica chiamata dello "Spirito di libertà", che andava diffondendo per tutta l'Umbria errori quietistici.


Tanta era la fama di sé e delle sue virtù suscitata in vita da Chiara che subito dopo la morte, avvenuta nel suo monastero della Croce in Montefalco il 17 agosto 1308, fu venerata come santa.


Una tradizione leggendaria, fondata su una accesa pietà e su una ingenua nozione dell'anatomia, riferisce che nel cuore di Chiara, di eccezionali dimensioni, si credette di scorgere i simboli della Passione: il Crocifisso, il flagello, la colonna, la corona di spine, i tre chiodi e la lancia, la canna con la spugna. Inoltre nella cistifellea della santa si sarebbero riconosciuti tre globi di uguali dimensioni, peso e colore, disposti in forma di triangolo, come un simbolo della S.ma Trinità.


Erano trascorsi solo dieci mesi dalla morte di Chiara, quando il vescovo di Spoleto, Pietro Paolo Trinci, ordinò il 18 giugno 1309 di iniziare il processo informativo sulla sua vita e sulle virtù; poiché, però, avvenivano sempre nuovi miracoli e aumentava la devozione per la pia suora di Montefalco, molti fecero viva istanza presso la S. Sede per la canonizzazione di Chiara; procuratore della causa fu Berengario di S. Africano, che a tal fine si recò nel 1316 ad Avignone da Giovanni XXII, il quale deputò il cardinale Napoleone Orsini, legato a Perugia, a informarsi e riferire. Il nuovo processo, cominciato il 6 settembre 1318 e dal quale sarebbe dipesa certamente la canonizzazione di Chiara, per cause del tutto esterne non poté tuttavia aver seguito. Fu solo nel 1624 che Urbano VIII concesse, dapprima all'Ordine (14 agosto), poi alla diocesi di Spoleto (28 settembre), di recitare l'Ufficio e la Messa con preghiera propria in onore di Chiara, il cui nome Clemente X fece inserire, il 19 aprile 1673, nel Martirologio Romano. Nel 1736, Clemente XII ordinò la ripresa della causa e l'anno seguente la S. Congregazione dei Riti approvò il culto ab-immemorabili; nel 1738, fu istruito il nuovo processo apostolico sulle virtù e i miracoli, ratificato dalla S. Congregazione dei Riti il 17 settembre 1743. In tal modo si poteva procedere all'approvazione delle virtù eroiche, che si ebbe, tuttavia, solo un secolo più tardi, dopo un ulteriore processo apostolico, incominciato il 22 ottobre 1850, conclusosi il 21 novembre 1851 e approvato dalla S. Congregazione dei Riti il 25 settembre 1852; solo l'8 dicembre 1881, però, la beata Chiara da Montefalco fu solennemente canonizzata da Leone XIII.
Il 17 agosto si commemora la santa, mentre il 30 ottobre si celebra la festa "Impressio Crucifixi in corde s. Clarae".


Taliesin, il Bardo

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Vecchio 23-04-2015, 15.42.05   #249
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E queste pagine ritornano a ricoprire le manchevolezze della mia conoscenza......molto spesso l'ignoranza ci rende ciechi......ma grazie alla Vostra costanza Amato Bardo......anche quando nessuno di noi si accorge che state facendo qualcosa per donarci attimi del vostro tempo,siete lì'......pronto a portare alla luce quelle Donne che hanno costruito la "superbia" delle Donne del nuovo secolo.......
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Vecchio 23-04-2015, 17.49.18   #250
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Maria de Ventadorn..affascinata da questo personaggio..ora conosciuto tramite voi..e io adoro la conoscenza nuova..e sto pensando al quesito ultimo... "una volta che un uomo è riuscito a sua richiesta per essere accettato come amante di una donna, egli torna ad essere suo pari, o se egli rimane il suo servo?". La risposta di Maria de Ventadorn è audace per quei tempi..è pari un servo...io mi sento di dire..donna di oggi..egli torna ad essere suo pari.
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