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Vecchio 24-06-2014, 20.50.19   #211
Hastatus77
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Vecchio 25-06-2014, 11.02.49   #212
Taliesin
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Povera Sofonisba...
Nonostante la sua vita agiata nelle corti prestigiose del suo tempo e la sua arte che ha sfiorato i secoli dell'oblio, così pacata nell'animo e così minuta nel corpo, avesse solamente potuto immaginare che, attraverso piccole gocce di biografia riportate da un Bardo di passaggio, avrebbe potuto scatenare una moderna inquisizione in proposito, mi avrebbe sicuramente maledetto nei secoli dei secoli.
Chiedo dunque venia a questa gentilissima Madonna per averla trascinata, suo malgrado, dinanzi a un tribunale che non potrà mai condannarla poichè è già assolta da coloro che hanno saputo vedere "oltre".

Grazie alla mia Lady Elisabeth, appassionata adulatrice dei miei sconclusionati scritti secolari e impersonificazione stessa delle emozioni contenute in quelle vite delle mie "Donne del Medioevo".

Grazie a Lady Altea, costante, dirompente e chiassosa voce dell'anima nel rispetto e nella cordialità, in un giardino sempre più silente e distaccato dall'essenza primeva di quell'impolverata Tavola Rotonda.

Grazie al Cavaliere dell'Intelletto per la sua garbata, amorevole ed amichevole puntualizzazione, che, nonostante non sia stata recepita in pieno dalla mia oramai inevitabile mente diroccata, ha sucitato una piacevole conferma di grande altruismo e bontà d'animo, raramente riscontrabili in questo e in quell'altro mondo...

Taliesin, il Bardo



Autoritratto, 1554, olio su tela - Vienna Kunsthistorisches Museum
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Vecchio 10-07-2014, 11.26.46   #213
Taliesin
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UNA VOCE SQUILLANTE NEL SILENZIO: ROSVITA DI GANDERSHEIM.

Rosvita, il cui nome latinizzato, come spiega lei stessa, assume il significato di Clamor Validus (voce squillante) , deriva probabilmente dall’antico alto tedesco hruod-suind o dall’antico sassone hrot-swith.

La nostra è una canonichessa vissuta nel decimo secolo, si ritiene sia nata intorno al 935 e morta dopo il 973; data della morte di Ottone I alla quale lei stessa accenna nella prefazione di una sua opera. Rosvita non ebbe grande successo nel medioevo e per questo i manoscritti che hanno tramandato le sue opere sono molto rari. Proprio per questo problema nell’800 viene sollevata una vera e propria “questione Rosvitana”.

Alcuni studiosi sostennero che la scrittrice non fosse mai esistita realmente, ma fosse stata creata dal suo scopritore Conrad Celtis, che nel ‘500 trovò il primo manoscritto delle opere di Rosvita. Fortunatamente la disputa filologica si è conclusa nel 1922 con il ritrovamento da parte di Goswin Frenken di un altro codice contenente gli scritti di Rosvita.

Rosvita visse quindi nel cosiddetto “secolo di ferro” nel particolare monastero di Gandersheim. Il cenobio fu fondato nel 852 dal duca di Sassonia Liudolfo, trisavolo di Ottone I. Già il titolo del suo fondatore può essere una prima spia per capire che fin dall’ inizio fu un istituto altamente aristocratico; le sue badesse appartenevano infatti alla famiglia imperiale e, dal 947, divenne a tutti gli effetti un principato autonomo. Sebbene ci sia chi sostiene che Rosvita sia entrata in convento relativamente tardi, ma la maggioranza della critica ritiene che Rosvita sia entrata in convento almeno da adolescente. A favore di questa tesi sta la sua ottima preparazione; acquisibile solo in ambito monastico e in lunghi anni.

La sua formazione fu merito prima della consorella Rikkardis che l’avviò allo studio delle discipline del quadrivio (musica, astronomia, matematica e geometria), successivamente della nuova badessa Gerberga, nipote dell’imperatore Ottone I che la indirizzò allo studio della retorica, dialettica e grammatica (discipline del trivio). Ella lesse direttamente Terenzio Virgilio e Ovidio, ma conobbe anche Lucano e Orazio. Tra gli autori tardo antichi e medioevali conosciuti dalla poetessa vanno citati almeno Agostino, Boezio ed Alcuino. Le “aspirazioni intellettuali” delle suore di Gandersheim frutto dell’ottima preparazione conseguita all’interno del monastero erano soprattutto “coltivare lo spirito, studiare i maggiori autori pagani e cristiani, e avere scambi con uomini colti”. Quest’ultimo punto implicava anche un ideale sociale che per le canonichesse non era irraggiungibile.

In Gandersheim, infatti, come anche in altri cenobi del tempo, vivevano sia monache che canonichesse. Le ancillae dei canonicaeo virgines non velatae si distinguevano dalle monache esteriormente, perché non portavano il velo e sostanzialmente, perché erano meno soggette alla regola benedettina: dovevano rispettare i voti di castità e di obbedienza, e partecipare ai sette uffici di preghiera giornalieri, ma al contempo godevano di forti libertà poiché non erano tenute a prendere voti di povertà e di clausura. Questa condizione privilegiata, poco gradita alla chiesa di Roma, risultava invece una soluzione ottimale per la sistemazione delle figlie dell’alta aristocrazia. Questa precisazione risulta di notevole importanza per comprendere il personaggio Rosvita come “donna del suo tempo” e tanto più importante per comprendere la natura del suo lavoro come scrittrice. L’essere canonichessa infatti le consentiva di frequentare liberamente la corte imperiale.

Diversi indizi ci parlano della frequentazione della corte da parte di Rosvita. Primo fra tutti è il brano in cui parla delle fonti adoperate per le sue leggende, dove dice di aver ricostruito la vicenda del martirio di Pelagio grazie al racconto di un testimone oculare originario di Cordova (luogo del martirio). Testimone che presumibilmente faceva parte di un’ambasceria inviata Abd ar-Rahman III a Ottone I.

Oltre questo evento particolare c’è chisostiene la possibilità che Rosvita avesse avuto contatti anche con Raterio da Verona che avrebbe influenzato lo stile della sua prosa rimata.
Altro indice dei rapporti con la vita culturale di palazzo sono le lettere stesse che la canonichessa indirizza agli intellettuali interlocutori delle sue commedie. Queste lettere-premessa sono molto importanti per il corpus delle commedie dal punto di vista programmatico e saranno affrontate più avanti.

Le opere
Le maggiori fonti di ispirazione per la nostra autrice sono i vangeli apocrifi e le agiografie. Le vite delle vergini martiri cristiane sono per lei il modello degli ideali di vita cristiana e da essi troverà il maggiore spunto per esaltare il potere della fede delle donne nelle sue opere.
L’opera di Rosvita si divide in tre libri.
Nel I libro si trova la dedica a Gerberga e la prefazione in cui si scusa con i lettori per i numerosi difetti della sua scrittura, seguono le otto leggende sacre dette anche poemetti agiografici. Maria, Ascensione, Gongolfo, Pelagio, Teofilo, Basilio, Dionigi, Agnese, tutte scritte in esametri leonini ad eccezione del Gongolfo scritto in distici elegiaci.
Il II libro comprende le commedie in prosa ritmata precedute da una prefazione in cui motiva la composizione dei drammi e si scusa per i suoi errori. A questi seguono alcuni versi che l’autrice scrisse sull’apocalisse a commento degli affreschi che la raffiguravano.
In conclusione il III libro contiene i Gesta Ottonis e i Primordia cenobii Gandeshemensis; due poemetti storici scritti in esametri leonini. Il primo parla della vita di Ottone I fino alla sua incoronazione ad imperatore, mentre il secondo parla della storia del convento di Gandersheim, fin dai primi prodigi avvenuti sul luogo di fondazione; quest’ opera fu probabilmente scritta con l’intento di far tornare il convento in “voga” mentre il cenobio viveva quel periodo di crisi che ne precedeva il declino.

I drammi
Volendo ora analizzare più nello specifico i drammi, converrà illustrare l’opera nella sua struttura e nei suoi intenti, facendo riferimento anche alle prefazioni.
Per capire la struttura tematica dei drammi conviene introdurre prima i poemetti, poiché il raffronto dei due cicli è utile alla comprensione del progetto dell’autrice. Le leggende o poemetti agiografici sono la prima opera in cui l’autrice afferma la sua forte volontà di scrivere. Rosvita è un caso eccezionale come letterata in quanto donna e per di più religiosa. Infatti già nella prefazione ai poemetti si nota la sua estrema professione di umiltà. Lei sa di essere molto preparata e molto intelligente, ma non perde occasione per scusarsi dei suoi errori e chiedere perdono ai suoi lettori. Quasi in contrasto con le sue umili cerimonie, Rosvita sa anche difendere molto bene la sua scelta di dedicarsi alla letteratura; scrive infatti di dover scrivere per celebrare Dio attraverso il talento che egli le ha donato. L’autrice inoltre difende la particolarissima scelta di usare come fonti i vangeli apocrifi affermando in proposito che “quod videtur falsitas forsan probabitur esse veritas”. Questo atteggiamento ambivalente nella premessa sembra quasi essere una “dissimulazione onesta” dell’autrice, che con queste professioni di modestia e umiltà cerca di evitare gli attacchi dei suoi contemporanei. Rosvita infatti poteva essere criticata sia perché donna sia perché religiosa e soprattutto a causa degli argomenti da lei trattati.

Inizia così a mostrarsi a noi, una figura sempre più originale di donna decisa e sapiente, che non esita (o meglio fa finta di esitare) ma afferma validamente le sue scelte. Chissà se dietro tutte queste professioni di umiltà, non si nasconda il timore di un eccessivo autocompiacimento, unito ovviamente alla più comprensibile “captatio benevolentiae”, dovuta alla sua condizione di donna e canonichessa. Per concludere l’analisi sul personaggio che emerge da queste formule rituali nelle premesse potrebbe essere utile citare Vinay che sottolinea il tentativo di riscatto di Rosvita come donna monaca e letterata. Veicolo di questa rivalsa sono i suoi personaggi femminili vincenti nella fede e nel confronto con il sesso opposto.
Dopo le leggende agiografiche Rosvita scrive le commedie. I due cicli, se raffrontati, rivelano l’intento di formare un solo grande lavoro con elaborate simmetrie interne. Cercherò di sintetizzare le corrispondenze più importanti.

Leggende
Drammi
Maria / Ascensione
Gallicano I-II
Gongolfo
Agape, Chionia e Irene
Pelagio
Drusiana e Callimaco
Teofilo
Maria la nipote di Abramo
Basilio
La conversione di Taide
Dionigi
La passione delle sante vergini.
Agnese
Apocalisse


I parallelismi sono soprattutto tematici. Tra tutte risaltano le composizioni centrali; “Teofilo” e “Basilio” per le leggende e “la conversione di Taide” e “Maria la nipote di Abramo” per le commedie. L’importanza data alla parabola esistenziale-religiosa dei personaggi che rinunciano a Dio per poi pentirsi e redimersi, sembra stare particolarmente a cuore alla nostra autrice che tratta la questione in quattro modi diversi.
Inoltre converrà sottolineare che le prime due commedie (Gallicano I – II) e le prime due leggende (Maria e Ascensione) formano un dittico strutturato da una prima parte più lunga e un’appendice più breve. Una piccola nota sulle prime due leggende è la centralità della figura di Maria (la cui infanzia è tratta dai vangeli apocrifi). La madre di Gesù sarà un personaggio importante anche nell’ascensione di Cristo per il discorso che egli le rivolge promettendole la sua ascensione al cielo.

Il Gongolfo e Agape, Chionia e Irene sono accomunati dalla commistione di elementi tragici e comici, mentre nucleo tematico del Pelagio e di Drusiana e Callimaco è l’ amore illecito. Altre storie di martirio sono trattate nel Dionigi e nel Sapienza (detto anche La passione delle sante vergini) , con la particolarità che i martiri sono sapienti - il primo è un filosofo e la seconda è la personificazione stessa della sapienza. L’ ultimo parallelismo è il più complesso: Agnese è una santa martire che rifiuta il matrimonio per la fede; il tema della verginità e del rifiuto del matrimonio chiude il cerchio rimandando ai temi di Maria e del Gallicano ( la protagonista Costanza rifiuta di consumare il matrimonio). Il collegamento ben più sottile, avanzato dal Kuhn per chiudere il ciclo, suggerisce prima il rimando al tema della verginità con l’incipit dell’Apocalisse “Il vergine Giovanni vide il cielo aperto” e aggiunge che l’argomento dell’apocalisse chiude idealmente il doppio ciclo di opere iniziato con l’infanzia di Maria fino all’ ascensione di Cristo. Questo lavoro così strutturato ha suggerito che Rosvita possa aver tratto ispirazione da qualche modello iconografico. Era possibile infatti che nei suoi soggiorni a corte abbia potuto ammirare dei cicli di affreschi come quelli della chiesa di palazzo contenenti scene dell’antico e del nuovo testamento. Nella storia dell’arte medievale infatti questi parallelismi sono molto frequenti poiché si riteneva che nel vecchio testamento ci fossero costanti richiami profetici al vangelo.

Finora è stato analizzato il contenuto del doppio ciclo, ma non la sua “forma”. Perché Rosvita scrive drammi? Perché decide di imitare uno scrittore pagano come Terenzio? A queste domande risponde lei stessa nella prefazione. Rosvita dichiara nella lettera di presentazione del suo lavoro, indirizzata agli intellettuali di corte, di voler scrivere drammi al modo di Terenzio, ma con contenuti cristiani a causa del successo che l’autore pagano riscuoteva all’epoca. Ella infatti dichiara che “vi sono molti cattolici [..], che per la raffinata eleganza della lingua antepongono la frivolezza dei libri pagani all’utilità delle Sacre Scritture” o che anche attenendosi ad esse non, disdegnano, per il piacere della lettura la “dolcezza della sua lingua (Terenzio)”,rendendosi comunque soggetti alla contaminazione delle nefandezze pagane. Suo intento è quindi quello di usare la forma terenziana che risultava di maggior presa sul pubblico, ma modificandone i contenuti. L’ argomento dei suoi drammi sostituirà alle “oscene sconcezze di donne senza pudore […] l’ encomiabile illibatezza di sante vergini cristiane”. Rosvita quindi opera, nei confronti del commediografo pagano, una “riscrittura antifrastico – emulativa” (Cit. Giovini). Il succitato studioso inoltre analizza il rapporto tra Rosvita e il classico Terenzio attraverso il principio del “furto sacro”; un concetto diffuso nella cultura cristiana medioevale attraverso il De doctrina Christiana di Agostino. Egli si rifà ad un passo dell’ esodo che narra di come gli ebrei in fuga dall’egitto rubarono (per volere di Dio) dei vasi precedentemente prestati agli egiziani. Spiega così, in modo figurato, il comportamento da adottare dagli scrittori cristiani rispetto al sapere classico proprio per recuperare le verità contenute nei testi classici e destinarle ad un uso migliore.
In conclusione, un’altra cifra caratteristica del lavoro di Rosvita è, come precedentemente accennato, la centralità della figura positiva della donna. La donna nei drammi di Rosvita vince con la forza della fede sugli uomini e le loro debolezze, cercando così un riscatto dalla mentalità misogina medioevale.

Taliesin, il Bardo

Testi di Riferimento:
E. D'Angelo, Storia della letteratura mediolatina.
Rosvita - Dialoghi drammatici a cura di Ferruccio Bertini
Peter Dronke,
Donne e cultura nel medioevo
Maria Pasqualina Pillola, Introduzione a -
Gesta Ottonis imperatoris, Hrotsvitha Gandeshemensis
Gustavo Vinay - "Rosvita: una canonichessa acora da scoprire?" in Alto medioevo latino
Marco Giovini - Rosvita e l'imitari dictando Terenziano

tratto da: www.italiamedioevale.org
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Vecchio 14-08-2014, 11.31.23   #214
Taliesin
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LA TRAGHETTATRICE DI ANIME E DI POPOLI: OLGA DI KIEV

Olga è tra i primi santi russi-slavi inseriti nel Calendario cattolico bizantino; è considerata l’anello di congiunzione tra l’epoca pagana e quella cristiana, nella storia dei popoli russi.
Le fonti che parlano di lei sono numerose e tutte di rilevanza storica, da esse apprendiamo che Olga nacque nell’890 nel villaggio Vybuti a pochi km da Pskov, sul fiume Velika.

Bellissima popolana era addetta al traghettamento delle persone sul fiume stesso; nel 903 fu vista dal principe Igor Rjurikovic che volle sposarla sebbene giovanissima. In realtà Olga o Helga era figlia di un capo variago, tribù normanna di origine scandinava, che proveniente dal Nord si occupavano di traffici e commerci lungo la via del Volga, del Mar Nero e del Caucaso; sicuramente il padre era sorvegliante e responsabile di qualche punto strategico di questo percorso.

Il loro matrimonio fu il simbolo concreto della fusione del popolo russo-slavo con quello variago, che alla fine del secolo IX cominciava ad attuarsi sotto il benefico influsso del Cristianesimo.

Nell’anno 945 il principe Igor, marito di Olga, fu ucciso dai Drevljani ed ella con un temperamento retto ma violento, vendicò con fermezza l’assassinio, mandando a morte molti capi nemici e imponendo ai superstiti tributi e tasse di ogni genere.
Divenne reggente del principato di Kiev, per il figlio Svjatoslav di tre anni, governò con saggezza politica, riuscendo a far diventare tributaria di Kiev la stessa importante provincia di Novgorod; amata dal popolo che le riconosceva il merito di essere giusta e misericordiosa, ma anche inflessibile, educò rettamente il figlio, anche se non ebbe la gioia di saperlo cristiano, dopo che lei verso il 957, si era convertita al cristianesimo.Sarà uno dei nipoti Vladimiro a darle questa soddisfazione, infatti non solo diventò cristiano e battezzato, ma diventerà "battezzatore della Rus’", "nuovo apostolo" e santo della Chiesa.

La prima conversione del popolo russo-variago fu nell’862 attraverso i bizantini, poi ci fu l’opera di apostolato dei santi Cirillo e Metodio e pur attraversando un periodo di persecuzione da parte dei refrattari Variaghi, il cristianesimo si andò affermando in tutto lo Stato, di pari passo con la diffusione della lingua slava e già al tempo del governo del principe Igor, esisteva a Kiev una chiesa dedicata al profeta Elia.

Olga con la sua conversione e con la sua opera contribuì attivamente all’evangelizzazione del regno " Rus’".
Tentò di stringere legami solidi con l’Impero di Bisanzio, desiderando di sposare il figlio Svjatoslav con una principessa bizantina; nel 957 si recò personalmente a Costantinopoli, ma il viaggio risultò infruttuoso fra la delusione dei cristiani e la soddisfazione dei pagani.
Allora i cristiani si appoggiarono all’imperatore Ottone I di Sassonia e nel 959 gli chiesero di inviare un vescovo per la Russia, che purtroppo nel 962 fu scacciato da una rivolta pagana.

Olga pregava giorno e notte per la conversione del figlio e per il bene dei sudditi, al termine della reggenza, secondo le leggi di allora, si ritirò nei suoi possedimenti privati, dove continuò nella sua opera di apostolato e missionaria, costruì alcune chiese fra cui quella in legno di S. Sofia a Kiev.
Visse piamente e morì a circa 80 anni l’11 luglio 969. Dice il suo biografo Giacomo: prima del Battesimo la sua vita fu macchiata da debolezze e peccati, crudeltà e sensualità; ella ciononostante divenne santa non certo per suo merito, ma per un disegno speciale di Dio sul popolo russo.

La venerazione per Olga cominciò sotto il governo del nipote s. Vladimiro, che nel 996 fece trasportare il corpo nella chiesa da lui fatta costruire. La festa fu fissata all’11 luglio, venerazione che fu poi confermata dal Concilio Russo del 1574.

I mongoli, nel 1240 invasero e distrussero completamente Kiev, 400 anni dopo il metropolita della città Pietro Moghila, fece restaurare le antiche chiese distrutte e le reliquie di s. Olga sembra che siano state ritrovate, ma dal 1700 non si hanno più notizie di dove siano.

Taliesin, il Bardo

tratto da www.santiebeati.it di antonio borrelli
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Ultima modifica di Taliesin : 18-08-2014 alle ore 15.17.11.
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Vecchio 14-08-2014, 19.36.10   #215
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Amato Bardo.......la ricerca sulle Donne di un tempo.......ha il sapore di donne vissute nel mondo moderno.........vi sono grata per la vostra ricerca.....
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Vecchio 18-09-2014, 10.19.30   #216
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L'ALTRA DONNA DEL RE: MARIA BOLENA.

Poco si sa della vita di Mary Boulen:la sua memoria nella storia è legata a due fattori che sono indipendenti dal suo essere donna e persona.

Il primo è che era la sorella di Anna,seconda moglie di Henrico VIII, Re d'inghilterra e donna che ,con la sua relazione con il sovrano ,portò il paese allo scisma.Il secondo fattore è che Mary,prima di Anna,fu amante del re e ,probabimente,ebbe da lui due figli mai riconosciuti.

Leggendo invece il percorso esistenziale di Mary ci si rende conto che fu donna intelligente ed abile nelle relazioni a corte e che tra le tre ragazze Bolena-Howard fu l'unica,che dopo aver condiviso il letto con il re,salvò la testa,ebbe un'ottima sistemazione matrimoniale e visse a lungo.Sia Anna che Katerina Howard,loro prima cugina e quarta moglie di Henry,furono decapitate e i loro vessili ed insegne cancellate a disperderne la memoria.

Maria nasce nel castelo di Hever da una nobile famiglia con qualche problema economic,suo padre è un Boulen,legato ai Tudore,ma la madre che appartiene ai grandi e potenti Howard,lega la famiglia anche agli Yorker i tempi due alleanze di simile fatta non erano male.
Le due ragazze(c'è anche un fratello George che avrà un drammatico ruolo nella caduta di Anna),compiono il percorso di tutte le nobili giovinette inglesi del tempo,compreso un soggiorno alla raffinata corte di Francia.

La corte francese era un pò come un collegio svizzero di oggi,o un soggirno di studio negli states:dava accrediti e insegnava le buone maniere,non specifiche della rude corte Tudor,ma apprezzatissime.Indubbiamente lo scopo della famiglia era "sistemare"le due fanciulle con nobili di corte,tenendo conto solo della loro grazia,perchè la dote scrseggiava.Il destino aiutò Maria che appena tornata dalla Francia colpì il re.In quel momento Enrico era annoiato della moglie Caterina,donna severa di educazione spagnola(era figlia di Isabella d'Aragona e Ferdinando di Castiglia),ma era sopratutto deluso dal fatto che l'Aragona non riuscisse a partorire figli maschi.La regina era inoltre più vecchia di lui e non proprio una bellezza.

Maria era sposata,a quel momento,con William Cary,nobile della camera da letto del re,ma il fatto non costituì impedimento e forse il più contento fu William che si prese una serie inaspettata di benefici.
Maria Bolena diviene amante ufficiale del Tudor un anno esatto dopo il matrimonio nel 1521 e rimane al suo fianco per sei anni.Partorisce due figli,indubbiamente di Enrico,ma non ne chiede,nè ottiene il riconoscimento di bastardi del re per i suoi figli.Maria non chiede nulla,si gode quel periodo di grossi privilegi e aspetta.Da donna intelligente comprende di essere una meteora e comprende anche che il suo silenzio e la sua discrezione le consentiranno di salvarsi.Il re detesta le complicazioni e c'è inoltre una regina ed un'altra amante ufficiale con un figlio riconosciuto.

Alle complicazioni ci penserà inatti la sorella Anna.

Si sa che nel 1527 la passione del re è finita e le sue attenzioni si rivolgono ora alla capricciosa Anna.
Maria capisce di essere di imbarazzo alla famiglia(le mire con Anna sono alte)alla sorella e,più pericoloso,al sovrano.
William Carey è morto nel 1528 e Maria accetta la corte e la proposta di matrimonio di William Stafford soldato privo di ogni nobiltà.
Un buon modo per allontanarsi dalla corte e farsi dimenticare.Maria e William si ritirano nella tenuta di lei a Rochford,Essex.Non comparirà mai più a corte e non si farà vedere nè nell'apice della gloria di Anna,nè nella sua rapida caduta.

Sarà la sua salvezza:muore di morte naturale(probabilmente di influenza inglese)il19 luglio 1543.

tratto da: www.perstorie.it

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LA FAVORITA DEL RE: ANNA BOLENA

Anna Bolena (italianizzazione del nome inglese di Anne Boleyn) nasce nel 1507, benché la data non sia certa, nel castello di Hever nel Kent, Inghilterra sud-orientale. La sua famiglia è di origini nobili, il padre Thomas Boleyn è conte del Wiltshire, mentre la madre è figlia di Thomas Howard, secondo duca di Norfolk. Anna ha una sorella e un fratello e cresce in una famiglia agiata ma che non ricopre ancora incarichi a corte, anche se il potente zio, il duca di Norfolk, è uno dei consiglieri del re. Thomas Boleyn è però un uomo abile e diplomatico e riesce a far educare entrambe le figlie alla corte del re di Francia, prima quella di Luigi XII e poi quella di Francesco I.


Anna in particolare manterrà per diversi anni un forte rapporto con la corte di Francesco I e così farà sua sorella. Al suo ritorno in patria, Anna Bolena diventa dama di corte della regina Caterina d'Aragona. La regina è una donna forte, dalla fede incrollabile con una forte consapevolezza del suo ruolo e del suo destino, ma ha una debolezza: non riesce a dare un figlio maschio al re, che desidera un erede più di ogni altra cosa.


Il re è Enrico VIII un uomo illuminato, dalla forte cultura umanistica e con una particolare predisposizione e predilezione per le arti e la cultura. E' un uomo giovane quando sposa Caterina, ha 18 anni e la sua responsabilità di re, da poco salito al trono dopo la morte del padre e del fratello, lo opprime come un peso enorme e tuttavia se la cava bene e probabilmente ama Caterina, che non è solo la zia di Carlo V imperatore ma anche una donna amata dal popolo e rispettata da tutti.


Enrico diventa un re a tutti gli effetti e vive le ansie di un'eredità e di una continuità della sua famiglia, i Tudor, saliti al trono grazie a suo padre che ha vinto la "guerra delle due Rose". Quando Anna Bolena giunge a corte il matrimonio con Caterina è già minato e Anna ne diviene una delle sue cortigiane, facendosi notare dal re. Quasi subito inizia una relazione fra i due, che anche se tenuta nascosta, viene conosciuta da tutti, compresa la regina.


Anche il principale consigliere del re, Thomas Wolsey, arcivescovo e uomo di stato, ne viene a conoscenza e osteggia Anna e la sua famiglia, ma nulla può di fronte all'amore del re, che perde interesse e fiducia nel suo consigliere. La figura di Anna a questo punto diventa più ambigua, perché sono molti i suoi nemici e perché il fatto di essersi infilata nel letto del re la mostra come una ruba mariti agli occhi non solo dei notabili ma anche del popolo. Sia il padre che lo zio la proteggono e la aiutano a crescere all'interno dei delicati equilibri della corte inglese.


Nel frattempo il re perde la testa completamente e decide di sposarla. Nel 1533 sposa Anna Bolena mentre i suoi consiglieri cercano tutti gli appigli legali e teologici per far invalidare il matrimonio con Caterina. Quando il matrimonio viene reso ufficiale, la sovrana lo impugna davanti alla legge ma perde la causa e cade in disgrazia e pertanto dove lasciare il palazzo reale. Anna è già incinta quando si sposa e da alla luce la futura Elisabetta I d'Inghilterra. Enrico decide di farla incoronare nel maggio del 1533 ma il popolo non le riconosce quel rispetto che aveva tributato a Caterina.


Nel frattempo il papa Clemente VII decide di scomunicare il re non riconoscendo il matrimonio e dando inizio allo scisma che porta alla nascita della Chiesa Anglicana, tutt'ora esistente.
Negli anni seguenti, questo matrimonio e lo scisma fra le due Chiese comporta una serie di conseguenze deflagranti sia nella politica che nelle istituzioni religiose.


La sua influenza nei confronti del re cresce e nei tre anni successivi al matrimonio la famiglia Bolena viene, in particolare il padre e il fratello, arricchita dal re ricevendo terreni, titoli e incarichi diplomatici. Durante questi tre anni i coniugi reali tentano di avere altri figli, ma senza successo: Anna subisce tre diversi aborti spontanei e la nascita di un bambino morto. Il re nel frattempo attraversa un periodo di forte instabilità, il suo regno ha problemi con la Francia e con la Spagna, l'economia soffre e le congiure di palazzo lo ossessionano. La mancanza di un erede diventa quindi un problema di Stato e Anna comincia a cadere in disgrazia.


Il re decide di sbarazzarsene e così fa accusare la regina di stregoneria e di averlo sottoposto a una magia per indurlo a sposarla; inoltre grazie all'astuzia di Thomas Cromwell, ex alleato di Anna e della sua famiglia, imbastisce un processo in cui cinque uomini dichiarano di aver avuto dei rapporti sessuali con la regina, fra questi anche il fratello di lei. Tutti vengono condannanti a morte, compresa Anna Bolena che per un periodo risiede nella Torre di Londra con la speranza che il re la grazi. Questo però non succede, e il 19 maggio 1536 Anna Bolena viene giustiziata con il taglio della testa e così avviene per gli altri cinque condannati. Thomas Boleyn assiste impotente alla morte della figlia e del figlio perché graziato dal re che gli intima di lasciare la corte.


La regina Anna Bolena è una figura sulla quale in anni recenti si è fatta un po' più di luce, rilevando doti che sono sempre state trascurate dalla storiografia, come ad esempio la sua attenzione per l'umanesimo e per una riforma della chiesa non in chiave eretica bensì teologica.

tratto da: www.biografieonline.it

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Vecchio 18-09-2014, 14.52.07   #218
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Sir Taliesin avete narrato la storia di due sorelle che mi hanno sempre affascinato..ho letto con passione il libro "l'altra donna del re"..ho ammirato Maria..pedina della sua famiglia poi spiazzata e spodestata dal suo ruolo di..favorita..dalla stessa sorella.
A volte mi sono chiesta se Maria Bolena amasse davvero Enrico VIII..
Grazie per questo contributo.
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"Ci sono andata apposta nel bosco. Volevo incontrare il lupo per dirgli di stare attento agli esseri umani"...cit.

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Vecchio 18-09-2014, 16.26.16   #219
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Milady Altea...
Sapevo, visti i vostri passati interventi a proposito di questo argomento e del personaggio femminile in questione, caduti oramai in quegli scaffali polverosi e risucchiati nei silenti corridoi di un giardino appassito, che sareste accorsa in aiuto della povera Maria Bolena, ridonando lustro al suo spirito, magistralmente presentato nel libro che avete citato.
Per rispondere alla vostra domanda Milady, io credo, senza ombra di dubbio, che nonostante i tradimenti, le sofferenze, gli strazianti dolori fisici e dell'anima, Maria abbia veramente amato quel Re, come il primo uomo che abbia fisicamente incontrato, come un padre che non mai avuto, come una madre, come una sorella, come una Libertà.

Grazie Milady, anche per Lei...grazie di cuore per avere soffermato su di Lei, come sempre, il vostro cuore.

Taliesin, il Bardo
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Vecchio 18-09-2014, 16.32.08   #220
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Sapevo, visti i vostri passati interventi a proposito di questo argomento e del personaggio femminile in questione, caduti oramai in quegli scaffali polverosi e risucchiati nei silenti corridoi di un giardino appassito, che sareste accorsa in aiuto della povera Maria Bolena, ridonando lustro al suo spirito, magistralmente presentato nel libro che avete citato.
Per rispondere alla vostra domanda Milady, io credo, senza ombra di dubbio, che nonostante i tradimenti, le sofferenze, gli strazianti dolori fisici e dell'anima, Maria abbia veramente amato quel Re, come il primo uomo che abbia fisicamente incontrato, come un padre che non mai avuto, come una madre, come una sorella, come una Libertà.

Grazie Milady, anche per Lei...grazie di cuore per avere soffermato su di Lei, come sempre, il vostro cuore.

Taliesin, il Bardo
Grazie a Voi sir Taliesin..poichè pure io nel Cuore di Maria Bolena lessi tanto amore per quel Re...e mi sono sempre chiesta se il mio fosse solo un abbaglio, e mi compiaccio di questo gradevole confronto.
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