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Vecchio 22-10-2015, 00.25.15   #1
Guisgard
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shield Nei cieli di Evangelia

"Salva il tuo popolo, e benedici la tua eredità;
pascili e sostienili per sempre."

(Salmo 28)



PROLOGO




La guerra ha portato alla sconfitta e alla fine dei grandi stati imperialistici.
Così la Germania del Kaiser, l'Austria-Ungheria degli Asburgo e la Turchia del Sultanato vedono il tramonto, a vantaggio degli stati costituzionali.
Anche l'imperiale Russia degli Zar crolla sotto la rivoluzione rossa.
L'unico stato imperialista rimasto, retto dal suo aristocratico feudalesimo, è quello dell'Afralignone.
Le leggi ed i valori secolari dell'ultimo impero vengono visti così come un pericolo per l'ordine raggiunto tra i vari stati vincitori e per questo l'ex Principato di Animos, da poco mutato in repubblica popolare e autoproclamatasi Canabias, decide di dichiarargli guerra e di invaderne i confini.
Ma le frontiere settentrionali di Afralignone sono difese dalla Rocca di Evangelia, ultimo baluardo a difesa del mondo aristocratico da quello repubblicano.
E proprio nei cieli di Evangelia si combatte questa guerra.




NEI CIELI DI EVANGELIA



Capitolo I: Angeli caduti

“Un guerriero sa che un angelo e un demonio si contendono la mano che impugna la spada.”

(Paulo Coelho, Manuale del guerriero della luce)



Nuova Camelot, libera città del Nord.
Da essa si possono raggiungere le più importanti capitali europee.
La Stazione Reale pullula ogni giorno di svariata umanità, come viaggiatori occasionali, religiosi, pendolari, militari in licenza o congedo, mercanti, pellegrini, vagabondi, esuli e persino profughi.
La guerra ha rivoltato il vecchio mondo come un guanto, mutandolo in qualcosa di diverso, dove nuove illusioni hanno preso il posto delle antiche certezze.
Le Società di Antico Regime quasi non esistono più, fatta eccezione per l'Impero di Afralignone con i suoi castelli, i palazzi e l'ovattato mondo nobiliare racchiuso nei suoi secolari privilegi.
Molti nobili, in esilio o in fuga dalle macerie degli antichi imperi frantumatisi sotto la guerra ed il nuovo fervore di democrazia, cercano di raggiungere Afralignone.
Qualcuno ci riesce, qualcun altro invece finisce nelle mani della spietata polizia segreta di Canabias, sempre in cerca di esuli nobiliari fuggiaschi.
Il Merdian Express è l'unico treno che da Nuova Camelot conduce a Città di Capomazda, la capitale Afralignonese.
Per molti è il solo mezzo per fuggire dal nuovo mondo e ritornare in quello vecchio.
Ma per giungere a destinazione, col suo carico di speranze e di sogni, il Meridian Exspress deve per forza passare per Evangelia, la rocca che controlla i confini settentrionali di Afralignone.
E' l'ultimo baluardo imperiale a cavallo fra due epoche e due mondi.
Ma in quelle lande imperversa una furiosa guerra e solo i più temerari, o forse solo i più disperati, decidono di salire sul Merdian Express per raggiungere ciò che resta della tradizione aristocratica.
La stazione, con le sue vetrine ed insegne in stile vittoriano che ancora richiamano le Belle Epoque appena tramontata, era densa del fumo delle locomotrici che arrivavano e partivano, brulicanti di figure e sagome tutte uguali, che quasi si muovevano goffe e buffe, come le immagini di un cinematografo, tra i binari ed i sottopassaggi anneriti dal vapore dei treni e dal grigiore che la borghesia operaia amava trasmettere a ciò che restava dei tempi andati.
“In carrozza, signori...” disse il capostazione agitando la sua paletta “... in carrozza... ultima chiamata, signori... in carrozza, signori... in carrozza... ultima chiamata...”
Il prezzo di un biglietto del Meridian Express equivaleva ad un intero salario o ad un mezzo stipendio.
La Società delle Nazioni, ossia i vincitori che si erano spartiti il mondo dopo la guerra, era arrivata ad un accordo con gli stati membri riguardo al libero transito del treno attraverso i territori meridionali, fino alla capitale Aralignonese.
Tuttavia Canabias, in guerra contro l'impero di Afralignone che non aveva riconosciuto il suo governo rosso, era riuscita ad imporre un rigido controllo in tutte le stazioni, ottenendo la presenza di pattuglie armate per sventare la possibile fuga di profughi verso Sud.
“In carrozza, signori...” ancora il capostazione “... in carrozza... è l'ultima chiamata... in carrozza, signori... in carrozza... ultima chiamata per Città di Capomazda...” mentre il Meridian Express già fumava pronto per la partenza.




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Vecchio 22-10-2015, 00.46.45   #2
Dacey Starklan
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Dacey Starklan è sulla buona strada
Nei miei occhi c'erano ancora le vivide immagini dell'orda di rivoltosi che si abbatteva sul mio castello, gli sforzi delle guardie per contenerle lungo le mura, il fuoco che divampava e il fumo che si innalzava fino alla mia stanza, poi c'erano i rumori, le armi sparavano e le atroci grida di chi veniva colpito, le urla della mia famiglia...
La mia famiglia. Tutti morti. Non riuscivo ad abituarmi all'idea, non mi sarei mai abituata all'idea, mai. E come potevo io concepire che tutta la mia famiglia era stata uccisa da della gente impazzita, per un motivo che neanche conoscevo. Io mi ero salvata si, e i ricordi di quei momenti erano così confusi nella mia testa, ero ancora sotto shock e per quanto mi sforzassi quegli attimi erano offuscati, solo un insieme indefinito di colori e suoni. Tutto quello che sapevo era che ora ero qui, in una terra a me straniera, orfana e senza nessuno.
Un'orfana che non doveva farsi riconoscere, una ormai ex principessa la cui unica speranza in quel momento era rappresentata da un treno. Un unico nome, il Meridian.

Recuperai il mio misero bagaglio stando ben attenta a restare con il capo coperto e raggiunsi la banchina pronta a immergervi in quel viaggio carica di timore e speranza, presi il mio biglietto, acquistato con un paio dei soldi che ero riuscita a trafugare dal castello, e salii su una carrozza.
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Dacey "Karishma" Starklan

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Vecchio 22-10-2015, 00.50.10   #3
Lady Gwen
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Lady Gwen ha un'aura spettacolareLady Gwen ha un'aura spettacolare
Attesa.
Trepidante attesa. Aspettavo impaziente che ci dessero il via per salire sul Meridian Express; avevo aspettato mesi per racimolare il denaro sufficiente a comprare il biglietto, vivere ormai da sola mi aiutava molto anche in questo e avevo anche messo qualcosa da parte per il viaggio. Anche perché dovevo pur vivere, no?
Mi era dispiaciuto molto lasciare l'ospedale, con le altre infermiere che ormai erano come delle sorelle, come se fossero una seconda famiglia, anche se solo la prima era a conoscenza della mia vera natura di pagana.
Mi sarebbe mancato il progresso che conservava ancora qualche traccia dell'epoca vittoriana che amavo e forse era proprio quell'antichitá, quel progresso minimo e relativo, rispetto alla cittá in cui avevo vissuto negli ultimi anni, che mi mancava.
Tuttavia, non vedevo l'ora di partire; ero sempre stata amante dei viaggi, fin da piccola e quando avevo dato la notizia ai miei che volevo cambiare città, anni fa come anche alcuni mesi orsono, mi avevano lasciata libera di fare ció che sentivo dentro di me e sapevo che questa era la scelta giusta.
Sapevo che saremmo passati da Evangelia e da ció che avevo sentito, lí imperversava la guerra, ma ció non mi spaventava.
Quando quando il capostazione ci disse di salire, non me lo feci ripetere due volte e mi affrettai ad esibire il biglietto e cercare un posto sul treno.
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"La passione tinge dei propri colori tutto ciò che tocca"
BALTASAR GRACIÁN


"Sappi che la Luna è il messaggero degli astri. Essa infatti trasmette le loro virtù da un corpo celeste all'altro"
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Vecchio 22-10-2015, 01.21.17   #4
Clio
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Clio sarà presto famosoClio sarà presto famoso
L'aria era fresca quella mattina, potevo quasi sentirla volteggiare accanto a me, eterea e leggera.
Un altro giorno è sorto.
Un giorno come un altro a Evanglia.
I cieli sono stranamente sgombri, e l'alba regala scenari mozzafiato.
Mi sento fortunata ad essere qui.
Qui, dove nessuno è mai giunto, più in alto delle nuvole.
Come sembra lontana e piccola la rocca vista da quassù, eppure non mi è mai parsa così bella.
Casa.
L'unica che mi è rimasta, l'ultima che vedrò.
Ogni cosa ha un sapore più intenso sapendo che potrebbe essere l'ultima.
Questa alba, questi colori potrebbero non tornare, potrebbero accompagnarmi nell'ultimo viaggio.
Allora fisso ancora per un istante l'orizzonte incantato, un istante per assaporare appieno la Bellezza intorno a me, per fissare quell'immagine nel cuore, renderla indelebile.
Ma è ora di rientrare.
Tutto sommato, il giro di ricognizione mattutino era stato positivo, la tratta aerea riconquistata negli ultimi giorni sembrava stabile.
A malincuore voltai il mio velivolo e tornai indietro, dove un'altra giornata era iniziata.
Non appena aprii lo sportellino, la vivace attività del forte mi avvolse come una coperta in un mattino troppo freddo.
Le reclute affidate ai maestri mi facevano sempre tenerezza, poi c'erano i legionari che parlavano tra loro, i meccanici sempre alle prese con qualche motore che decideva di fare i capricci.
Attraversai il cortile a passo spedito, rispondendo con un cenno del capo ai soldati che salutavano rigidamente al mio passaggio.
Almeno non avevo brutte notizie da riferire quella mattina, pensai con un mezzo sorriso.
Raggiunsi così una porta austera e scura, presidiata da due guardie che si scostarono al mio arrivo.
"Mi sta aspettando" dissi soltanto, come ogni mattina.
Non dovevo certo spiegare che ci facessi lì, ma la disciplina e l'ordine erano all'ordine del giorno ad Evanglia.
Aprirono la porta, facendomi entrare nell'ampia stanza.
"Tenente Loyd a rapporto, signore.." quasi automaticamente.
Salutai militarmente e relazionai circa la mia incursione mattutina.
"Sostanzialmente tutto tranquillo, capitano.." con voce ferma "Avete ordini?".
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Vecchio 22-10-2015, 10.30.07   #5
Marwel
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Marwel sarà presto famoso
Non aveva chiuso occhio quella notte, poichè con il freddo erano arrivate anche le prime influenze e a metà dei bambini era salita la febbre, mentre l'altra metà cominciava a starnutire. Insomma aveva passato la parte buia della giornata ad appoggiare pezze bagnate sulla fronte dei suoi orfani e a dar loro le medicine per abbassare la temperatura, ma alle prime luci dell'alba si era detta esausta e, addormentato l'ultimo bambino e messo nel suo letto il più piccolo, si era addormentata abbracciata al fagotto di quattro mesi.
Non era un bel periodo per Evangelia, non lo era per il mondo intero, ma ella non aveva mai pensato ad una fuga. Era la sua casa, era il rifugio dei suoi dodici bambini e presto, pensò, ne sarebbero arrivati degli altri a causa della guerra e lei doveva essere li, pronta ad accogliere chiunque le chiedesse asilo.
Il giorno prima Betty, la più grande dei suoi orfani, dall'alto dei suoi tredici anni, le aveva chiesto il perchè di quella guerra, ma Marwel non aveva saputo darle risposta, poichè nemmeno lei lo sapeva. La guerra era un abominio.
Non riuscì a riposare a lungo, il suo corpo non si gustò a pieno il calore delle coperte, tanto che erano appena le sette quando rimise i piedi sul freddo pavimento e si diresse in cucina.
Doveva preparare la colazione ai bambini e sapeva che avrebbe dovuto imboccarli a causa della febbre, ma per fortuna Betty le dava una mano volentieri. Era il suo braccio destro in un mondo che le aveva tolto tutte le persone a lei care.
La porta della cucina era aperta e, mentre impilava le ciotole per il latte, venne distratta dal suono delle pantofole che strisciavano sul pavimento. Quando si voltò vide Benjamin che ciondolava verso di lei: aveva quattro anni, i capelli biondo dorato e gli occhi di un verde brillante che facevano a pugni con la sua carnagione bianca. Ma quella mattina il suo volto era troppo pallido, le occhiaie troppo marcate e scure per un bambino in salute. Lo aveva sentito tossire il giorno prima e si era lamentato della sua gola dicendo che gli bruciava da matti e nemmeno l'acqua bastava a placarla.
Il bambino era solito stringere a se un orsacchiotto di piccole dimensioni, scuro e a cui mancava un occhio.
"Mio piccolo Benji, perchè sei sveglio?" gli chiese abbassandosi al suo livello per poterlo guardare negli occhi. Subito portò la mano sulla sua fronte e la riscoprì bollente, più di quella di altri bambini, tanto che lo strinse forte a se, lo prese in braccio e lo portò nella camera dove vi erano gli altri bambini malati.
Lo sdraiò sul letto e lo coprì fino al mento, gli disse di rimanere li e andò a svegliare Betty, così da poter cominciare a dar da mangiare ai fanciulli appena svegliati. Marwel era molto preoccupata per la salute di Benjamin, tanto che per un attimo non riuscì nemmeno a farsi venire il mente le erbe e gli intrugli da poter utilizzare per fargli scendere la febbre.
Fece un respiro profondo, si passò le mani tra i biondi capelli e cercò di calmarsi, poi prese la camomilla, il salice bianco e il tiglio e ne fece una tisana.
"Mamma! Benji non apre più gli occhi! Non si muove!" urlò Betty.
La tazza con la tisana le scivolò dalle mani e si ruppe facendosi in mille pezzi, ma la donna non ci fece caso più di tanto e corse nella camera.
Quando arrivò, Betty era in lacrime e Benji sembrava morto; gli toccò il viso e lo scosse per risvegliarlo, ma il respiro del bambino era debole e anche il battito del suo cuore, così Marwel non perse tempo e lo prese in braccio di nuovo, ma sta volta lo avvolse nelle coperte ed uscì dall'orfanotrofio dicendo a Betty di prendersi cura dei bambini.
La temperatura fuori dalla sua porta era bassa, tanto che non passò molto prima che dei brividi di freddo le percorressero le braccia e la schiena, ma non era quello il suo problema. Doveva arrivare in ospedale il più presto possibile e doveva far di tutto per salvare la vita al piccolo Benji.
"Non preoccuparti tesoro, presto starai meglio" disse mentre correva per le vie di Evangelia con le lacrime agli occhi. Raggiunse l'ospedale e chiese aiuto alle infermiere che subito le diedero assistenza, presero il bambino e lo portarono chissà dove.
Si sedette in attesa di notizie. Nessuno le chiese nulla, le disse nulla o fece nulla per tranquillizzarla, ma il mondo era in guerra e tutti erano diventati un po' più freddi e duri.
Il tepore dell'ospedale le scaldò le membra, ma le sue mani erano ancora congelate e non le avrebbe sentite calde per un po', pensò.
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L'amore non ha un senso, l'amore non ha nome, l'amore bagna gli occhi, l'amore scalda il cuore... L'amore batte i denti, l'amore non ha ragione. L'amore è così grande da sembrarti indefinito, da lasciarti senza fiato, il suo braccio ti allontanerà per sempre dal passato.
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Vecchio 22-10-2015, 14.49.38   #6
Altea
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Altea ha un'aura spettacolareAltea ha un'aura spettacolareAltea ha un'aura spettacolare
Venti di tempesta e venti di guerra soffiavano o sarebbero soffiati vicino al nostro piccolo ma importante Ducato, posto tra Afralignone e Canabias, strane voci correvano ma noi eravamo donne e la politica non era per noi, a dir di molti.
Ogni giorno si ripeteva lo stesso rituale, alla stessa ora e con le stesse cadenze. Aspettavo lo scricchiolio del legno pregiato sul pavimento del corridoio, sotto il passo di mia madre, e nel frattempo mi preparai.
Presi uno specchio in madreperla e spazzolai energicamente i lunghi capelli biondi, li scostai e pizzicai le diafane gote per far prender loro un po' di colorito.
Ma lo sguardo dei miei occhi verdi si rifletterono su quello specchio come la mia anima:


"Presto, accorrete, è successo qualcosa al Duca de Bastian". Ero appena tornata da uno dei soliti noiosi balli con le mie quattro sorelle ed eravamo spensierate ma alle urla della serva, ordinai loro di andare a letto e rimase con me la sorella più grande, Costanza.
Seguimmo la serva in lacrime e in preda al panico e ci portò in una stanza posta nel solaio del grande castello e ci fece segno di entrare...senza scrupolo o talmente giovane da non capire. Lì..in mezzo alla stanza..la sedia riversa e il corpo dell' amato padre pendeva da una corda.
Così mio padre ci lasciò e mio nonno Mandus prese in mano il Ducato, visto non vi erano eredi maschi ma aveva grande fiducia in me...non avremmo lasciato la nostra Terra, le ricche produzioni di tessuti e soprattutto la gente.....Cherval doveva vivere e lottare sola.
Un giorno mio nonno mi portò al mare, amava portarmi fin da bambina nei giorni di tempesta.."Vedi, Altea, noi siamo impetuosi come quel mare in tempesta ma forti, freddi, inscalfibili come quelle rocce a strapiombo sul mare che lottano contro le furie della tempesta e delle onde". Prese un sospiro, il vento scompigliava i miei capelli e tenevo ferma la lunga gonna di seta "Tuo padre, Teobaldo de Bastian, non si è suicidato...lo hanno ucciso..sono stati dei sicari di Canabias poiché non abbiamo voluto appoggiare le loro idee contro Afralignone...ho parlato col re e vari nobili ad Afralignone e Capomazda, abbiamo dichiarato la nostra neutralità. Ci hanno promesso in caso di pericolo sarebbero venuti a salvarci...il loro esercito è potente."
Lo guardai prendendo coraggio...."Perchè non mi avete detto lo hanno assassinato, l'ho odiato per molto..pensavo ci avesse abbandonato" non una lacrima scese dal mio viso.."Avete saputo del treno che sta arrivando da Nuova Camelot, nonno Mandus? Porta a Capomazda e..." mi zittì puntandomi l' indice e poi rivolto verso il mare."Mi hai sentita prima? Non cederemo, rimarremo qui...non abbiamo bisogno di prendere quel treno, questa è la nostra Terra e ho già pattuito tutto con Capomazda, siamo sempre stati rispettosi tra noi e loro hanno bisogno dei nostri tessuti. Vuoi fuggire abbandonando il tuo popolo? Lo sai benissimo alla mia morte ho pattuito tu prenderai le redini del Ducato...vuoi deludermi?". Scossi il capo e mormorai.."Sia fatto il vostro volere allora".

Lo scricchiolio..i passi sul legno disegnato ad ovali sovrapposti..era il segnale. Mia madre stava andando a riposare, indossai il caldo mantello vermiglio di angora e misi nella sacca della carta, pennino e un libro. Dovevo raggiungere il mio piccolo luogo segreto, un laghetto nel boschetto vicino e presso la nostra baita. Lì potevo studiare tranquilla, scrivere i miei romanzi e poesie; mia madre disapprovava tutto questo..per lei una donna doveva solo sposarsi e dare una prole, la cultura non serviva ma io seguivo gli insegnamenti di mio nonno e mio padre e avevo insistito per avere pure un maestro privato.
E lentamente sgattaiolai fuori il castello, incamminandomi a piedi, mentre un vento impetuoso soffiava....
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"Coloro che sognano di giorno sanno molte cose che sfuggono a chi sogna soltanto di notte". E.A.Poe

"Ci sono andata apposta nel bosco. Volevo incontrare il lupo per dirgli di stare attento agli esseri umani"...cit.

"I am mine" - Eddie Vedder (Pearl Jam)

"La mia Anima selvaggia, buia e raminga vola tra Antico e Moderno..tra Buio e Luce...pregando sulla Sacra Tomba immolo la mia vita a questo Angelo freddo aspettando la tua Redenzione come Immortale Cavaliere." Altea

Ultima modifica di Altea : 22-10-2015 alle ore 14.56.27.
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Vecchio 22-10-2015, 17.17.45   #7
Guisgard
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Guisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare bene
La cantina era semibuia, con quella piccola lampada alimentata da gasolio ad illuminarla, umida e maleodorante.
Ma era diventata il loro rifugio, un luogo tranquillo, alieno dal fragore e dalla violenza che invece imperversavano per le strade di Animos.
Nulla era più come prima.
Neanche la stessa Animos esisteva più, oggi rinominata Canabias dagli operai affamati che avevano assalito i suoi castelli e chiuso le sue chiese, mossi dalle sinistre mire della borghesia.
Si, perchè da sempre nessuna rivoluzione ha mai avuto come scopo la libertà, la liberazione o l'uguaglianza.
E nessuna rivoluzione, da quando esiste il mondo, è mai stata proclamata dal popolo.
La massa, la gleba, il volgo, altro non è che il braccio, furioso ed ignorante, di chi invece mira a rovesciare un potere per instaurarne un altro.
Così è stato per la rivoluzione francese, per quella russa ed ora anche per quella che sta insanguinando la defunta Animos.
La borghesia, gli intellettuali, sono loro i veri capi, le menti di quest'orrore.
Cacciare il re e sedersi al suo tavolo per mangiare ciò di cui si nutrivano i nobili fino a quel momento.
Questa è la rivoluzione che ha spazzato via Animos e così sono tutte le rivoluzioni scoppiate nei secoli su questo pianeta.
Eppure quella cantina era un luogo tranquillo, persino accogliente.
Una specie di angolo segreto in cui le figlie del re fantasticavano e giocavano.
Anastasia, la più grande, poi Dacey ed infine Maria.
Ma una fredda sera dei rumori si udirono dalle scale che conducevano alla cantina.
L'ex re Talcos fissò a lungo la porta.
Non erano i passi delle sentinelle, né del guardiano che portava loro acqua e cibo.
La porta si aprì ed entrarono i militari.
Dacey non li guardò neanche in volto.
Non guardò nemmeno le loro uniformi, né i loro fucili.
Restò a fissare la stella rossa tra la falce e la scure.
L'immagine del nuovo potere di Canabias.
Il simbolo di un orrore che si era abbattuto non solo su quel paese, ma sul mondo intero.
I militari entrarono così nella piccola cantina.
In verità non erano veri soldati.
Erano ex briganti, proclamatisi prima partigiani, poi guerrieri del popolo ed infine della libertà.
Quanti martiri aveva fatto quel demone che agli uomini si camuffa da libertà.
Il caporale si avvicinò all'ex re.
“Dobbiamo farvi una foto...” disse il caporale “... mettetevi tutti in quell'angolo... contro il muro... non ci vorrà molto...”
“Mamma...” chiese la piccola Maria a sua madre “... come fanno a farci una foto se non hanno macchine fotografiche?”
Ma l'ex regina non rispose nulla, limitandosi ad accarezzare e a baciare la sua bambina.

Il fischio del treno destò Dacey da quei terribili ricordi.
Il Meridian Express aveva chiuso le porte ed era pronto per partire.
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Vecchio 22-10-2015, 17.28.09   #8
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Gwen salì sulla carrozza, per prendere poi posto nel vagone affollato.
Dai finestrini vide sui binari dei militari che parlottavano col capostazione.
Avevano le divise rosse, erano dunque di Canabias.
Indicavano il treno, ma poi si allontanarono.
Il fischio e qualche istante dopo il Meridian Express partì, lasciandosi dietro nuvole di vapore.
“Giornali e riviste...” disse il controllore entrando nella carrozza passeggeri “... giornali e riviste, signori...”
“Uno per me, grazie...” uno dei passeggeri.
Il controllore allora si fermò per dare il giornale al passeggero ed avendolo accanto Gwen, gettando lo sguardo sui giornali sotto il suo braccio, notò un trafiletto in cui si richiedevano infermiere volontarie.
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Vecchio 22-10-2015, 17.32.20   #9
Dacey Starklan
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Dacey Starklan è sulla buona strada
Con un sussulto mi ridestai da quel ricordo. Più passava del tempo, più iniziavo a rammentare, a mettere insieme i pezzi, come in un puzzle che sembrava non voler finire mai.
Quei flashback andavano e venivano facendomi perdere la cognizione del tempo, erano così realistici che mi sembrava di essere ancora lì.
Di essere di nuovo in quella cantina, quel luogo angusto che era stato per un po' la mia casa, la mia e quella della mia famiglia, fino a quando... Quegli uomini, ora ricordavo i loro volti ma soprattutto rammentavo la bandiera, quella bandiera che loro impugnavano con spavalderia, quella bandiera rossa che rappresentava tutti i miei sogni infranti.
Li odiavo, quegli uomini e quella bandiera, li odiavo indistintamente e avrei voluto vederli morti, vedere quella stupida bandiera bruciare. E invece loro erano ancora lì, nel mio regno, percorrevano i corridoi del mio castello e di certo qualcuno stava dormendo nel mio letto. Perché nessuno era intervenuto per fermarli, perché nessuno era venuto in nostro soccorso? Era ciò che mi chiedevo più spesso e anche in quel momento, sul treno, rianimato dal suo fischio, io mi chiedevo perché nessuno aveva fermato i rivoltosi, nessuno aveva salvato me e la mia famiglia.
Appoggiai una spalla contro la parete del treno, gettando qualche occhiata distratta fuori dal finestrino, mentre la gente si affrettava a salire o a salutare i cari pronti per il viaggio.
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Vecchio 22-10-2015, 17.39.37   #10
Lady Gwen
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Lady Gwen ha un'aura spettacolareLady Gwen ha un'aura spettacolare
Salii sul treno e presi posto.
Osservano dal finestrino la gente a:la stazione, le guardie di Canabias e pensavo che ormai non potevo piú tornare indietro, probabilmente non volevo.
Passó poi il controllore con delle riviste sotto braccio.
Quando si avvicinó per porgerne una all'uomo vicino a me, notai un trafiletto in cui c'era un annuncio. Si cercavano infermiere.
"Una anche per me, per favore" dissi all'uomo.
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