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Vecchio 07-04-2010, 14.39.49   #1
SakiJune
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Fly Little Wagtail

Il personaggio di Clarissant compare in Perceval ou le conte du Graal di Chrétien de Troyes, ma la mia caratterizzazione è libera.
Mi attengo principalmente alla linea di Malory, ma non disdegno qua e là accenni alle Nebbie di Avalon o altri spunti presi qua e là in Rete, e soprattutto IMMAGINANDO. La grafia dei nomi è varia e si riferisce al mio gusto personale. "Morgana" è in italiano, per esempio, ma "Arthur" in inglese. Perdonate questo capriccio.
Importante: se disdegnate la differenza d'età in amore, passate oltre
I capitoli saranno nove in tutto. Pronti a partire per le Orcadi?

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PROLOGO.

Storia, che così presto ti trasformi in leggenda! E tu, leggenda, che come l'edera svelta ti abbarbichi sulla realtà passata... per nasconderla? Camuffarla? Rendere sopportabile la sua vista agli occhi degli uomini nuovi?
Forse. Io però non credo che la gente di quest'era sia migliore, o che creda ancora al Bene e al Male come entità di potere. Da sempre ogni uomo ha in sé un'anima generosa e un'anima crudele, ed è dalle sue scelte, consapevoli o no, che si dipanano gli eventi. La magia, che oggi nessuno sa più incatenare e sfruttare per sé, aleggia sugli stagni come nebbia o si addensa, multiforme, nei boschi non ancora spazzati via dalla furia distruttrice del progresso.
Si narra che un tempo lontano, nelle isole Orkney, verdi e fredde ed echeggianti di richiami d'uccelli marini, vivesse un sovrano altrettanto gelido, spietato e calcolatore. Il suo nome era Lot, figlio di Thorfinn, e un tempo il suo dominio si estendeva su Gododdin, la terra che oggi si chiama Scozia e che in suo onore fu ribattezzata Lothian.
Lot sognava di conquistare la Britannia, strappandola al suo legittimo re Uther Pendragon nonché agli invasori sassoni che già avevano preso possesso di vasti territori. Ma gli alleati di Uther erano pericolosi, e decise di mantenere un basso profilo per accattivarsi la sua fiducia: ricevette in verità un dono da Uther, oscuro e prezioso, che gli permise di entrare a pieno diritto nella leggenda, cosa che solo con la sua ambizione non avrebbe raggiunto.
Quel dono aveva un volto, e un ventre, e un nome: Morgause, primogenita del defunto duca Gorlois, che fu sua sposa e madre dei suoi molti figli.
Era una donna creata a sua somiglianza, si sarebbe detto, al pari di lui glaciale e crudele. Quando la follia lo spinse infine a sfidare Arthur, legittimo erede di Uther, fu sconfitto e privato delle terre del Lothian, e infine ucciso nella battaglia di Terrabel. Ella gli sopravvisse di buon grado.
Un episodio, giunto da testimonianze antichissime, racconta che una sua figlia rimase incinta senza aver marito, ed egli, considerandolo un disonore troppo grande, la scagliò dalla finestra.
Non sono qui ora per intessere le lodi di questo sovrano, che non lo merita affatto. Ma di fronte ad un così arbitrario tentativo di distorcere i fatti, ben più nobili e delicati, non posso che prendere la penna e tentare di raccontarvi ciò che realmente accadde alla principessa di Orkney, che fu prima sposa fedele di un cavaliere cristiano, e poi regina delle sue isole; e che mai recò in sé un frutto d'amore, ma fu madre nel cuore e nelle azioni, fino alla fine.
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"Mio re, mia vita, mia patria! Il lago è profondo, tranquille le sue acque. Più sottile è questo petto che palpita nel tormento. Ora ditemi, dove dovrei affondare Excalibur per amor vostro?"
(da "Thus I shall love thee")
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Vecchio 08-04-2010, 10.13.41   #2
llamrei
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llamrei è veramente ingamballamrei è veramente ingamballamrei è veramente ingamballamrei è veramente ingamba
Intrigante!!! Io sono pronta per il viaggio in nome passi!!!
llamrei non è connesso   Rispondi citando
Vecchio 08-04-2010, 10.32.23   #3
cavaliere25
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cavaliere25 sarà presto famoso
mylady è un bellissimo racconto
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fabrizio
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Vecchio 08-04-2010, 11.03.46   #4
SakiJune
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CAPITOLO UNO.

Dove incontriamo la nostra protagonista, ed ella incontra una persona sgradita che le ordina di tacere sul vero assassino di sua madre.



Clarissant di Orkney era solita classificare ogni persona che la circondasse con una specie diversa di volatile.
Quando era piccola, sua madre teneva nel parco alcune pavoncelle. Come resistessero a quel clima, era piuttosto insolito; comunque il divertimento più grande per lei e Gareth, in quei tempi spensierati, era rincorrerle fino alle soglie del bosco, o finché la cugina Morvydd non li richiamava a gran voce sguinzagliando i servi a recuperare i pennuti.
- Non date dispiaceri a vostra madre, non ne ha proprio bisogno - tagliava corto con lei, soffermandosi invece ad accarezzare i riccioli di Gareth. Tutti adoravano suo fratello.
Lui era lo scricciolo, pensava. Lei la ballerina gialla, con quello stupido vestito di lana che Morvydd le faceva sempre indossare. Morvydd era un'allodola che non sembrava sentire affatto la nostalgia di casa, nonostante il castello di re Uriens fosse tanto lontano. E sua madre era...

Era.

I tempi belli erano finiti, Gareth era partito per Camelot, come i suoi fratelli prima di lui

(Il falco, Gawain. Lo spioncello, Mordred. il pulcinella di mare, Gaheris. E il gabbiano, Agravain, con le sue strida di folle dispetto)

e la primavera successiva un cavaliere sconosciuto con lo stemma azzurro e bianco sul petto aveva cominciato le sue visite.

- Sssst - le dicevano quando si sentiva arrivare un cavallo, e la spedivano nella sua stanza.

Morvydd era strana, in quel periodo. Borbottava da sola e progettava di tornare a casa, perché "Tanto la signora è tale e quale alla mia". Voleva dire che Morgause e Morgana si somigliavano, ma Clarissant non capiva cosa ci fosse di male. E poi non era vero, zia Morgana era più bassa e più magra.
Un'uria che vola sulla superficie del mare e sa già su quale pesce tuffarsi.

Clarissant aveva smesso di salutare al mattino la Piccola Sconosciuta, l'isoletta che si ergeva verdissima di fronte al golfo. E non trovava più gusto a rincorrere le pavoncelle, sola com'era. Il cavaliere misterioso occupava tutta la sua fantasia; d'altronde non aveva molto a cui pensare, se non a come se la cavasse lo scricciolo Gareth "laggiù". Sotto le ali del falco Gawain, probabilmente.

Morvydd era rimasta a filare ininterrottamente per una settimana, cosa che faceva soltanto quando era inquieta, dopodiché Clarissant l'aveva vista consegnare una lettera ad un servo che era partito immediatamente per la terraferma. Non aveva dimenticato quell'episodio, e non si stupì quando, durante una delle visite del cavaliere azzurro, aveva udito un altro rumore di zoccoli al galoppo. Un altro stemma celeste, tra l'altro, aveva notato. Ma le due strisce bianche non erano dritte, bensì incrociate...

- Gaheris! - aveva gridato, correndo incontro al fratello. Era felice di rivederlo, c'erano così tante cose che doveva chiedergli... sul suo scricciolo, naturalmente, e sul pulcino di falco, Gingalain, che era nato l'anno prima.

Ma Gaheris era smontato da cavallo, armato, e non l'aveva degnata di uno sguardo, entrando dal portone con un viso così feroce che Clarissant ne tremò tutta. Lo scudiero, che aveva ben pochi anni più di lei, fu invece cordiale e rispose a tutte le sue domande: Gareth non lavorava più nelle cucine della reggia, era sopravvissuto alle angherie del terribile Sir Kay (una poiana, fu il verdetto della bambina) e il Re gli aveva già affidato un'importante missione, salvare una damigella al Castello Periglioso. Agravain e Mordred erano sempre imbronciati e cupi, e la moglie di Gawain attendeva un altro bambino. Era incredibile quante chiacchiere circolassero a Camelot, pensò. Ma l'espressione di Gaheris di poco prima le era rimasta impressa così vivamente che, esaurita la curiosità, aveva deciso di cercarlo in casa...
In quel momento il cavaliere misterioso era uscito dal portone correndo come se fosse inseguito da una belva. Indossava il mantello a rovescio ed era scalzo: nell'insieme le era parso divertente, ma sapeva pur fare due più due e aveva intuito che doveva aver avuto un qualche scontro con il pulcinella di mare.
Nell'ingresso non c'era nessuno, però.
E per quanto fosse ormai quasi abituata alla solitudine e alla tranquillità, c'era davvero troppo silenzio.
- Fratello? - aveva chiamato piano, affacciandosi ad uno dei cortili interni. Gaheris era lì. Era smagrito, nervoso, ed aveva sussultato quando si era accorto della sua presenza, ma senza voltarsi. Stava in piedi davanti alla fontana, e teneva la spada sotto il getto dell'acqua; i suoi vestiti erano macchiati di sangue.
- Siete ferito? - aveva avuto il tempo di chiedere, prima di udire le urla di sua cugina e di essere strattonata via dalla nutrice, raggiungendo il secondo piano e poi la sua stanza a grida e spintoni, perché ormai aveva capito che era accaduto qualcosa di tremendo e voleva sapere che cosa.

Dalle sbarre della finestra, quando ebbe smesso di piangere (e si era fatta ormai sera) intravide un drappello di cavalieri in arrivo, tra cui riconobbe Mordred e Agravain.
Il giardino era sporco di sangue e piume. Gaheris aveva sterminato le pavoncelle, decapitandole una ad una, e ricordava di essersi chiesta perché mai avesse lavato la spada prima di compiere una simile strage.

Il mattino dopo si era svegliata stordita e più stanca che mai. Non ricordava di essersi messa a letto, ma qualcuno doveva avercela portata.
Aveva anche fame.
Provò ad aprire la porta e ci riuscì. Sentì delle voci, alcune conosciute, altre mai udite prima. Non aveva finito di scendere le scale quando un uomo era sbucato dal salone e aveva alzato gli occhi a guardarla.
- Torna di sopra, bambina - le aveva detto, brusco.
Era alto, più alto di qualsiasi uomo delle isole, e vecchio almeno quanto Gawain. Se fosse bello o brutto, questo non lo sapeva dire; aveva corti capelli rossicci, la barbetta a punta e occhi penetranti. Portava abiti di colori vivaci e il suo stemma era rosso, ma il suo viso era triste e tirato.
- Non sono una bambina, signore, sono Clarissant di Orkney, e vi trovate nel mio castello - rispose con aria altezzosa, imitando sua madre, consapevolmente o no.
L'uomo aveva accennato ad un inchino, non tanto di rispetto quanto di pietà:
- Sir Bedivere, cavaliere della Tavola Rotonda e duca di Neustria, per servirvi.
Con sorpresa notò che non aveva la mano sinistra.
- Non ve l'ha tagliata mio fratello Gaheris, quella, spero.
- Ques... oh! - Il duca sembrava turbato dall'innocente franchezza di Clarissant. Gli era venuto in mente che la bambina potesse aver visto qualcosa: in realtà aveva creduto a ben poco di ciò che Gaheris aveva raccontato la sera prima. - Certo che no. Avrete forse sentito parlare della battaglia di Mont-Saint-Michel... ma ditemi, perché avrebbe dovuto?
Clarissant lo condusse in giardino e gli mostrò i cadaveri delle pavoncelle irrigiditi al sole del mattino, freddo ma abbagliante.
- Ma sapete, la sua spada era già sporca. Prima.
Il duca socchiuse gli occhi e annuì. Si aspettava una cosa del genere, per quanto non gli facesse piacere che i suoi dubbi diventassero certezze in modo così brusco.
- Non ditelo a nessuno. Qualsiasi cosa vi chiedano, non raccontatelo a nessuno, o questo castello crollerà nell'oblio del disonore, peggio di quanto lo sia già.
Clarissant parve studiare le mura solide del maniero, che contraddicevano qualsiasi nera profezia. Ma ciò che restava della sua famiglia non era là, in quel momento.
- Potrebbero fare del male a Gareth?
Lui alzò un sopracciglio, come se avesse avuto un'intuizione, e capì che era necessario mentire. - Potrebbero. - Ma fu con lingua sincera che continuò, rinfrancandosi nell'affermare una candida verità: - E sarebbe un peccato, perché è il ragazzo più gentile e buono d'animo che abbia mai varcato la soglia di Camelot.

Rabbia le salì dallo stomaco, sebbene non sapesse a chi fosse diretta: se al cavaliere scalzo, a Gaheris o all'uomo che le stava davanti. Perché nessuno le aveva mai parlato con tanta gravità. Era il volto dell'impotenza, quello del duca di Neustria, il volto della morte. La sua fantasia di bambina delle isole decretò: era un corvo fatto e finito.
Ma la ballerina gialla aveva paura, paura per il suo scricciolo.
Così si tenne dentro un segreto che quasi non conosceva, e che più tardi volle far finta di non conoscere.
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(da "Thus I shall love thee")
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Vecchio 09-04-2010, 13.33.26   #5
SakiJune
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CAPITOLO DUE.

Dove Clarissant deve fare i conti con nuovi luoghi, strani parenti e brutti incontri.




Non c'era nessun motivo per cui Morvydd restasse sulle isole, aveva deciso Morgana. Clarissant dovette seguirla, perché Gawain non voleva saperne di tenerla a corte, e ben presto l'atmosfera tetra nel castello di re Uriens aveva pesato sui nervi della bambina in modo irreparabile. C'erano stanze dove non si doveva entrare, naturalmente, e parole che non andavano pronunciate, e il cugino Ywain le era così ostile da piantarle gli occhi addosso e sibilare: - Via, fuggite! - ogni volta che la incontrava.
Aveva riferito questo comportamento così spiacevole a Morvydd, e le fu risposto con disinvoltura che non doveva considerarlo un insulto, ma un buon consiglio.
- Ma lui mi odia! E anche voi mi odiate, se parlate così! Oh, cugina, siete mai stata trattata così a Orkney? Mia madre vi fece mai mancare nulla? Che cos'ho fatto per meritarmi questo?
Morvydd sospirò. - Clarissant, mia madre è una persona orribile. È lei, in pratica, a governare Gore. E quando è a Camelot riesce a influenzare anche le decisioni di nostro zio... credimi, Ywain vuole il tuo e il mio bene, ma presto partirà. - Aveva l'aria scoraggiata, ma non abbattuta. - Se riuscissi a sposarmi presto! Vi porterei con me, ve lo giuro!

- E chi vorreste sposare? - Clarissant era nell'età in cui l'universo maschile iniziava a prendere una forma definita. - Siete innamorata?

Morvydd era innamorata, eccome. Il cavaliere che aveva rapito il suo cuore si chiamava Sir Colgrevance. Re Uriens sembrava tenerlo in grande considerazione, ma Morgana aveva deciso che sua figlia non avrebbe sposato "uno di quei fanatici della croce". Già Ywain l'aveva delusa informandola che avrebbe partecipato ad una missione sacra, ma stranamente non aveva protestato: sembrava addirittura felice che se ne andasse da Gore.
- Vostra madre teme Ywain, come se lui sapesse qualcosa su di lei.
Morvydd scrollò le spalle e rispose che sì, era possibile, ma non le importava nulla.

- E se vi facessero sposare qualcun altro? - azzardò una volta, ma non ci provò più. Morvydd le disse che era una bambina stupida e ignorante e che non doveva immischiarsi negli affari degli adulti. Non era più la sua allodola, non cantava e non sorrideva... era diventata un'altra persona, sotto l'influenza della madre.

Gli uccelli di Gore erano diversi, troppo diversi da quelli delle isole. Nondimeno imparò a conoscerli.


Gareth si sposò. Quando Lady Lyonors, la famosa damigella del Castello Periglioso, le scrisse che avrebbe tanto desiderato averla con sé, Clarissant vide la luce dopo tanto tempo. Le dispiace un poco separarsi da Morvydd, ma d'altra parte la cugina era diventata così cupa e scostante...
Lyonors era bellissima, e gentile, e affettuosa! E Gareth... era cambiato, sì, ma era rimasto sempre il suo scricciolo. Le disse di essere dispiaciuto per tutto ciò che aveva dovuto sopportare, ma che da quel momento in poi la sua vita sarebbe stata diversa.
Gawain aveva regalato agli sposi una residenza non lontana da Carlisle, e la prima cosa che Clarissant notò fu che non c'era il mare. Non le sembrava possibile vivere in un luogo dove, affacciandosi alla finestra, non si vedono onde e scogli e gabbiani

(Agravain, già. Si era sposato anche lui, ma fu contenta che non l'avesse invitata)

e la notte ha un rumore sconosciuto.

Criiii-criii.

Mi abituerò anche a questo, si disse.

Fu il primo incontro con Lady Lynette a segnare definitivamente il suo ingresso nel mondo degli adulti. Non era stato l'assassinio di sua madre, né il soggiorno nel tetro castello di Gore, ma proprio la conoscenza di quella dama arguta e fiera.
Anche lei era gentile, ma il pensiero che fosse la moglie di Gaheris la faceva rabbrividire.
Rivedeva le pavoncelle sul prato, bianco rosso verde
e la spada sotto il filo dell'acqua
e il volto serio di Sir Bedivere: - Non ditelo a nessuno.

Non le disse che forse Gaheris aveva ucciso la loro madre, che il cavaliere misterioso non aveva fatto niente di male

(o quasi niente)

eppure, alla fine, aveva pagato con la vita.

Non le chiese nemmeno, con la consueta curiosità infantile, se fosse davvero innamorata di suo fratello. Intuiva che lo era, e tanto le bastava per non causarle dolore.
Questo significò per lei diventare donna: non soltanto custodire un segreto, ma farlo in piena consapevolezza.

La seconda moglie di Gawain aveva avuto un altro maschio, Florence. L'anno successivo, morì dando alla luce Lovell. Il falco non sembrò portare il lutto in maniera ostentata, anzi sembrava sereno e soprattutto occupatissimo con gli affari di corte. Tempo dopo si risposò, ma non fu un'unione felice.

Quando Clarissant aveva ormai compiuto i sedici anni, a Carlisle fu indetto un torneo in occasione del compleanno della regina. Fu una settimana festosa, ma che venne presto guastata da due spiacevoli incidenti.
Durante il sorteggio degli sfidanti, Gaheris fu scelto per duellare con Sir Bedivere. Clarissant provò un brutto presentimento, e alla prima occasione si avvicinò al duca e gli espresse la propria preoccupazione.
- Per chi mi avete preso, signora? Ciò che sappiamo non mi porterà certo a smascherarlo in pubblico dopo tanti anni. Vincerà il migliore e in questo momento, per me, lui è un mio fratello in armi come tutti gli altri. È un periodo di festa, ricordate?
Clarissant fu un poco rincuorata dalle sue parole, ma nondimeno non se la sentiva di seguire la sfida. Finse un lieve malessere e si rifugiò in una delle tende montate nel parco. Quale sorpresa fu trovarsi faccia a faccia con Morvydd, l'allodola dei suoi giorni d'infanzia, la triste principessa di Gore!
Fu felice di rivederla, ma trovò alquanto strano che se ne stesse là tutta sola e non seguisse il torneo.
- Aspetto un figlio - le rivelò la cugina, brusca.
Re Uriens aveva acconsentito al suo matrimonio con Sir Colgrevance, e le era sembrato di toccare il cielo con un dito. Erano stati molto vicini, le fece capire, e avevano finito con l'affrettare i tempi... Morgana aveva capito tutto e le aveva fatto il peggior dispetto che la sua anima perversa potesse mai escogitare: aveva rivelato al futuro genero come non ci fosse traccia di fede cristiana a Gore, e che Morvydd stessa seguisse le sue orme nella pratica della Vecchia Religione.
Orripilato al pensiero di aver commesso un peccato doppiamente terribile, Colgrevance aveva rotto la sua promessa, e Uriens, furibondo, aveva alzato le armi contro di lui, avendo la peggio.
Ora Morgana regnava con grande soddisfazione e lei era fuggita, disperata e furiosa, ma decisa a non tornare mai più a Gore.
- Sir Colgrevance vi ha fatto un torto - dichiarò Clarissant - Avrebbe dovuto ascoltarvi!
- Lui non ha colpa, non ha colpa! È stato mio padre ad aggredirlo... ed è stata mia madre a convincerlo ad abbandonarmi! E io non posso certo fingere e vantarmi di essere cristiana, quando mio fratello è rimasto ucciso mentre cercava una stupida reliquia per innalzare la gloria di Arthur Pendragon agli occhi del Papa!
Le parole di Morvydd non le fecero granché impressione; aveva vissuto a Gore abbastanza per non scandalizzarsi. Le promise che avrebbe parlato a Gareth e Lyonors, e avrebbero trovato una soluzione.

Dopo la cena, però, le accadde di rimanere sola con Gaheris. L'espressione ostile negli occhi del fratello aveva una sola spiegazione: aveva origliato la conversazione tra lei e il duca.
L'avrebbe uccisa.
Era la fine.
- Quanto sapete? - Senza giri di parole, così, l'aveva spiazzata. - Non mentitemi, sorella, o sarà peggio per voi.
Clarissant scoppiò in singhiozzi. - Non conta: non lo sa nessun altro. E Sir Bedivere è il primo a desiderare che il vostro segreto rimanga sepolto.
Gaheris notò la coincidenza e non mancò di farla apprezzare anche a Clarissant: poco prima, durante lo scontro, gli sarebbe bastato così poco per assicurarsi il silenzio del suo sfidante!
- Sir Bedivere è molto legato al re nostro zio, lo sapete meglio di me. Non vorrete incorrere nella sua ira... pensate a Lynette! Non l'amate quanto lei ama voi? - Indietreggiò, quando vide che la mano del fratello era corsa alla spada.
Incredibile, si preoccupava più per il corvo che per se stessa? O cercava di sviare l'assassino che aveva di fronte dal suo proposito più immediato? In quel caso, fu tutto inutile.
- Voi non sapete nulla, lo credete soltanto. Avete un'immaginazione fuori dall'ordinario. Ragazzina sciocca, avrei dovuto uccidervi già allora...

- Cosa succede qui? Sir Gaheris!
Il re era tornato nel salone, accompagnato da alcuni dei cavalieri a lui più intimi. Il duca era tra loro.
Nonostante avesse appena assicurato al fratello che non avrebbe rivelato nulla, la presenza del re le diede l'impressione che se non l'avesse fatto sarebbe morta, se non quel giorno, in un'altra occasione.
Addio, ballerina gialla.
- Mia sorella è impazzita, farnetica. Levatemela di torno - improvvisò Gaheris, ma spostò la mano dall'elsa della spada.
Clarissant si gettò in ginocchio davanti al re:
- Maestà, vi prego di credere alle mie parole: non sono folle, e sono realmente in pericolo.
- È la verità - confermò Sir Bedivere. - Credo sia opportuno che vostra maestà convochi una seduta speciale. Non avrei mai desiderato rimestare nel fango né procurarvi un dispiacere, ma non desidero si sparga altro sangue innocente.
Lei si voltò a guardarlo con gratitudine, chiedendosi però quali sarebbero state le conseguenze di quanto stava accadendo.
- Ha detto che voleva uccidere anche voi...
Udì la propria voce echeggiare, come se non fosse stata sua; desiderò che lui l'abbracciasse e la sostenesse, perché si sentiva tutt'a un tratto tanto debole...
Tutto fu buio e quando riprese conoscenza non era in un letto, ma semplicemente distesa su un divano della sala e Gawain se ne stava seduto al suo fianco con la testa tra le mani.
- Non dovete spiegarmi nulla, Sir Bedivere si è preso ogni responsabilità sul vostro silenzio.
Certo, lui fa e disfa, pensò con disappunto, ignorando i sentimenti così squisitamente femminili a cui poco prima aveva avuto la debolezza di abbandonarsi.
- Ma siete arrabbiato ugualmente - mormorò Clarissant, allungando una mano. Gawain non si lasciò toccare e si alzò in piedi, con quella fierezza scostante mista ad un malinconico rimorso che sempre accompagnò la sua esistenza.
- Abbiamo pur sulle spalle la morte di Sir Lamorak.
- Era l'amante di nostra madre... - gli ricordò Clarissant, rischiarata da una nuova, feroce consapevolezza.
- In questo momento assomigliate a nostro fratello Mordred, lo sapete? - fu la risposta di Gawain, ancora più feroce. Da pari a pari, per quanto lei fosse tanto più giovane e per di più una donna - perché il loro sangue era lo stesso, tormentato e vendicativo, per quanto non malvagio.

Ma rendersene conto non era di per sé un vantaggio?


Gaheris fu bandito da Camelot a tempo indefinito, e per uno strano scherzo del destino Clarissant andò sposa a Sir Colgrevance. Non poté rifiutare; il re e Gawain avevano imbastito quell'unione da tempo, l'uno spinto da Morgana, desiderosa di intralciare i piani della figlia, l'altro forse da sincera stima nei confronti del suo compagno in armi.
Scrisse comunque a Morvydd, che una titubante Lady Lyonors aveva accettato di ospitare presso di sé, esprimendo il suo rammarico e augurandosi che non le portasse odio.

Cara cugina,
vi rispondo brevemente per rassicurarvi.
Non provo la minima ostilità verso di voi, sia per l'affetto che ci ha sempre legate, sia perché non avrei comunque potuto occupare il vostro posto in questo momento.
Primo, è stato vostro marito a rompere il fidanzamento; secondo, non vorrei comunque vivere accanto all'uomo che ha ucciso mio padre, anche se in tutta onestà credo che sia stato solo costretto a difendersi... e non avrebbe potuto far altro che vincere il duello, in quanto io stessa resi la sua spada invincibile.
Ma poiché lo conosco, e l'ho amato, so che renderà felice voi.

Morvydd, principessa di Gore, che non ha dimenticato gli uccelli delle vostre isole

E la fanciulla, che ora conosceva la paura ma non la malvagità (Gaheris non era un mostro, soltanto un perdente, solo questo), non capì il crudele sarcasmo di quelle parole così ben scelte. Fu anzi felice della fiducia che Morvydd le dimostrava confessando un segreto tanto compromettente. Le lesse come una benedizione e andò incontro ad una vita nuova e serena, al fianco di quel cavaliere biondo a cui, già lo sapeva, avrebbe voluto bene.
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"Mio re, mia vita, mia patria! Il lago è profondo, tranquille le sue acque. Più sottile è questo petto che palpita nel tormento. Ora ditemi, dove dovrei affondare Excalibur per amor vostro?"
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SakiJune
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Cynon è il nome di Sir Colgrevance nelle leggende gallesi, e in teoria lo è anche qui... ma in questa fic si riferisca a suo figlio. Nessuna stranezza, se esiste Bors figlio di Bors, può esserci anche Cynon figlio di Cynon :)
A me intrigano i nomi in generale. In questo fandom dove le varianti sono numerosissime, mi piace pensare che alcune possano coesistere; che un cavaliere possa avere sia un nome di battesimo, perlopiù gaelico, e un altro, anglicizzato, da sbandierare a corte.





CAPITOLO TRE.

Dove conosciamo Branwen, figlia di Gawain, e nel castello di Sir Colgrevance si riunisce una losca congrega.


Non fu facile, dapprincipio, convivere con le circostanze che avevano condotto al loro matrimonio, con il fatto che Colgrevance avesse abbandonato Morvydd e ucciso il padre di lei. Ma con il tempo, Clarissant giunse a comprendere due importanti verità: egli anteponeva la sua fede ai moti del cuore ed ogni sua azione, per quanto istintiva e crudele, era paradossalmente dettata dalle più pure intenzioni; Morvydd era la degna figlia di Morgana, e a lei legata, malgrado se stessa, da qualcosa di oscuro e inevitabile... a Clarissant parve solo allora di conoscerla davvero - una civetta mascherata da allodola. La cugina non aveva prolungato più del necessario la sua permanenza presso Lady Lyonors (che ne fu sollevata) ed era infine tornata a Gore, perché a questo era destinata.
Clarissant si trovo così a crescere il piccolo Cynon, che per beffa e per fortuna portava il nome del padre; Lyonors ne aveva tratto la conclusione che Morvydd aveva rinunciato al bambino per sempre, senza lasciargli alcun marchio. Una volta messo al corrente della situazione, Colgrevance non si era tirato indietro nel riconoscere il proprio figlio naturale: fu una scelta saggia, perché non ci furono altri eredi, né maschi né femmine. Rassicurò la moglie che non intendeva fargliene una colpa, e che non avrebbe rinunciato a lei. L'esempio del re, che pure non aveva avuto figli dalla regina Ginevra e tuttavia l'amava con tutto il cuore, doveva averlo ispirato, o forse era convinto dentro di sé che fosse stata proprio la sua vecchia fidanzata a maledire la sua famiglia; in ogni caso fu sempre cortese e generoso nei suoi confronti, accordandole fiducia e libertà.
Che una simile disgrazia fosse opera di magia nemica o soltanto del destino, Clarissant dovette ammettere che nonostante tutto il suo nido non fu mai vuoto. Qualche tempo dopo l'arrivo di Cynon, giunse un altro dolce fardello che la conquistò completamente. Gawain aveva ripudiato la sua ultima moglie, e le sue ragioni dovevano essere ben gravi, perché dichiarò di non voler avere nulla a che fare con la bimba nata da quel matrimonio. "Somiglia a sua madre in modo insopportabile" era tutto ciò che gli si riusciva a tirar fuori sull'argomento, e tanto bastò alla sorella per accoglierla tra le braccia.

- È la creatura più deliziosa che abbia mai visto - commentò Gareth quando la vide per la prima volta, durante una delle sue frequenti visite. - E somiglia a Gawain più di quanto lui stesso voglia ammettere. Come si chiama?
Clarissant ridacchiò. - Il suo nome è Branwen, e so che cosa state per dirmi...
- "Bellissimo corvo"? Sembra calzare a pennello con la vostra fissazione per gli uccelli. - Il suo sorriso sereno e innocente era qualcosa che non sarebbe mai cambiato nel tempo. - Non ho dimenticato i nostri giochi, sorella... io ero lo scricciolo, voi la ballerina gialla, e poi?
- E poi... tante, tante sciocchezze, Gareth. Ma il corvo era già stato preso, vedete.
Proprio mentre ammetteva che i suoi ricami infantili fossero così sciocchi, Clarissant era arrossita in modo così vistoso che Lyonors credette che si sentisse male.

Lui c'è sempre quando accade qualcosa di brutto.
Lui. Non è cambiato nulla, lo odio come un tempo.


Crescendo, Branwen non deluse le aspettative di Clarissant. Era una bambina sana e robusta dai capelli neri - forse da questo aveva avuto il suo nome - e gli occhi particolarmente grandi, il che le dava un'espressione di eterna curiosità. La sua indole era docile, a volte passiva, e seguiva la zia per ogni dove. Ma sotto quell'aspetto così mite si nascondeva un enorme bisogno di verità e di affetto.
Nonostante suo padre evitasse di incontrare la figlioletta, ciò non era sempre possibile. E Clarissant aveva raccontato a Branwen tutte le imprese compiute da Gawain di cui era a conoscenza, tralasciando l'inutile vendetta su Sir Lamorak, che non faceva proprio onore a nessuno. Non c'era da stupirsi che ella fosse cresciuta adorandolo senza speranza, sentendosi sempre più rifiutata e indegna del suo amore.
L'infanzia finì presto per Cynon, che divenne scudiero di Sir Lionel e partì da casa con grande entusiasmo. Clarissant credette di scorgere nella nipote la stessa tristezza che lei aveva provato in una simile occasione, quando Gareth aveva abbandonato le isole, ma il loro legame di sangue era troppo debole e i loro caratteri troppo diversi. Semmai, aveva sofferto della separazione da Lovell, che aveva servito per qualche tempo Sir Colgrevance prima di ricevere l'investitura. Il ragazzo sembrava sinceramente affezionato alla sorella e aveva più volte supplicato il padre di rivolgerle un poco di attenzione, ma invano. Anche lui e Florence, d'altronde, con il tempo si fecero trasportare da facili compagnie - anche all'interno della famiglia - che Gawain non gradiva affatto: Camelot non era quella cittadella di virtù che tanti bardi decantavano.

Gli anni passavano, e ancora Branwen pensava sempre e soltanto ad escogitare un modo perché il padre si accorgesse di lei e invidiava i tre fratelli maggiori. Domande come: "Se io fossi un ragazzo, lui mi amerebbe?" e "Non sono abbastanza buona?" imbarazzavano Clarissant oltre ogni dire.
- Ma che dite! I vostri fratelli non sono in una posizione migliore della vostra. - si spazientì un giorno, cercando di chiarire la situazione una volta per tutte. - Egli li tratta come compagni d'armi, né più né meno, tranne quando si tratta di dar loro ordini. Gingalain è stato costretto ad un matrimonio assurdo, e si strugge d'amore per questa fanciulla di nome... oh, non ricordo! Lovell ci racconterà i dettagli stasera, penso.
- Viene a trovarci, davvero? - A Branwen brillavano gli occhi, ma Colgrevance zittì subito il chiacchericcio delle due donne.
- Moglie, non mi pare che sposare la regina del Galles si possa considerare assurdo. E mi spiace deludere la vostra curiosità su simili sciocchezze, ma questa sera ci sarà una riunione molto delicata... i panni sporchi di Camelot si lavano in casa nostra, vedete - concluse amaro.
Il marito aveva perso il buonumore già da qualche tempo, e rischiava di farlo inquietare chiedendogli spiegazioni. Nondimeno, in capo a una settimana, domandando alle persone giuste, ebbe le risposte che cercava e furono peggiori di quanto si aspettasse.

A corte stava per scoppiare uno scandalo: voci insistenti sostenevano che Sir Lancelot, il prediletto del re nonché la persona che Gareth ammirava di più al mondo, avesse una tresca con la regina, e che Colgrevance fosse tra coloro che desideravano smascherare il tradimento.
La prima reazione di Clarissant fu: "Di nuovo?"
Di nuovo segreti? Di nuovo odio? No, non doveva accadere. Sir Lamorak era morto, eppure Gaheris era stato riammesso a Camelot e sedeva alla stessa tavola di Sir Tor, che pure avrebbe volentieri sterminato tutta la loro famiglia.

Gaheris, che l'aveva minacciata di morte...

Non fu sorpresa quando scoprì che l'istigatore delle voci era nientemeno che Mordred. Si aspettava però che agisse allo scoperto, eppure non aveva partecipato alla riunione segreta: aveva mandato Agravain, un altro bell'esemplare di tatto e finezza. Si chiese cosa pensasse Gawain di tutta la faccenda, ma non osò intromettersi, sperando in cuor suo che alla fine il buon senso avrebbe prevalso.

Quando i cospiratori tornarono, erano più numerosi di prima. Cavalieri del Lothian, uomini di fiducia. Ma dov'erano il viscido Melehan, il pavido Melou? Perché Mordred non rischiava il suo sangue, se davvero si trattava di un'impresa semplice e onorevole?
L'indomani, poco dopo l'alba, si udì un gran trambusto nelle cucine, e una serva corse a chiamarla con una strana eccitazione sul viso: Branwen e Lovell stavano discutendo, e in modo piuttosto animato.
Il ragazzo doveva averle accennato a come si sentisse fiero di far parte di una simile spedizione, abituato com'era a fidarsi della riservatezza della sorella. Ma non si aspettava che, sotto le spoglie di un'innocua damigella, si nascondesse la sua stessa tempra.
Era o non era la figlia del falco? Aveva o no un becco forte e affilato?

- Cosa vi fa credere che nostro padre sia contrario? Egli per primo non desidera che il re venga ingannato. La verità deve venire alla luce, il mio signore ha ragione... o non avete fiducia in zio Agravain e zio Mordred?
- Cosa me lo fa credere, chiedete? Voi non sapete mentirmi, questo vi dico. Il vostro sguardo evita il mio, proprio adesso, e ora sono io a chiedere a voi, fratello, chi è il vostro signore! Non siete più al servizio di Sir Colgrevance, ricordate? Né siete costretto ad obbedire a zio Mordred o a chicchessia!
- Ma Gingalain...
- Gingalain soffre! L'avete detto voi! Farebbe qualsiasi cosa per dimenticare il suo amore, si getterebbe in battaglia senz'armi, o nel fuoco, per placare la sua passione... o screditare quella altrui!
- Dunque voi conoscete la passione?
Questa frase pungente era riuscita a far ammutolire Branwen. Si voltarono a guardare la zia che li aveva ascoltati in silenzio.

- Se fossi uomo, saprei dimostrargli obbedienza - fu tutto ciò che riuscì ancora a dire la ragazza. Le sue guance erano infuocate, i capelli erano sfuggiti all'acconciatura. Se qualcuno le avesse teso uno specchio, non si sarebbe riconosciuta, cercando il volto della bambina che era stata.

- Lovell, per quanto porti stima a mio marito, questa è una decisione grave e triste... lasciate che siano uomini più vecchi di voi a commettere una tale imprudenza. Sento che non ne verrà nulla di buono - dichiarò Clarissant.

Lo sentiva, e fortemente. Quel gesto avrebbe messo in pericolo le loro esistenze, avrebbe fatto crollare ogni certezza e disciolto ogni legame.

Le loro parole non servirono a nulla.
La congrega partì qualche ora dopo, lasciando due donne inermi ad attendere il destino. Andò Colgrevance, l'uomo gentile e devoto che Clarissant aveva sposato, andarono i fratelli di Branwen, tanto giovani e già con troppe idee in testa, e andò con loro persino Sir Gromer, il burbero gigante di Inglewood, che in altre occasioni non avrebbe mosso un passo senza l'approvazione di Gawain. L'epoca della cortesia e dell'onore era conclusa per sempre.

E quando si fece di nuovo giorno, e udì un galoppo in lontananza, Clarissant sapeva già chi si sarebbe trovata di fronte, ad annunciarle sventura e distruzione.
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"Mio re, mia vita, mia patria! Il lago è profondo, tranquille le sue acque. Più sottile è questo petto che palpita nel tormento. Ora ditemi, dove dovrei affondare Excalibur per amor vostro?"
(da "Thus I shall love thee")
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Vecchio 14-04-2010, 20.42.18   #7
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Grazie, mi ero dimenticata di aggiornare






CAPITOLO QUATTRO.

Dove si piangono i morti e il loro onore perduto, e la piccola Branwen si innamora.



Sir Bedivere cavalcava davanti a loro, in silenzio.
La strada verso Carlisle, luogo un tempo festoso e ameno e ora teatro di morte, sembrò fin troppo breve a chi non aveva fretta di scendere a patti con la realtà.
Clarissant teneva la testa china, pensando a come il marito fosse morto con disonore. Sir Lancelot era disarmato davanti ai suoi aggressori, ed era stata la spada di Sir Colgrevance che aveva usato per sterminarli, dopo averlo ucciso.

"... e non avrebbe potuto far altro che vincere il duello, in quanto io stessa resi la sua spada invincibile..."

Per quanto gli anni del suo matrimonio fossero stati sereni e piacevoli, non riusciva a versare una sola lacrima per il marito. La morte dei suoi nipoti era tutt'altra cosa, però. Sapeva di aver fatto tutto il possibile per dissuadere Lovell, e se né le sue parole dure né quelle accese di Branwen avevano sortito effetto, ecco... non poteva darsi alcuna colpa. Ciò non diminuiva il suo dolore di un briciolo, naturalmente.

Branwen invece guardava davanti a sé, i grandi occhi scuri spalancati e fissi sulle spalle dell'uomo che aveva portato loro una notizia tanto orribile, quanto preannunciata dagli incubi della notte precedente. Erano un poco curve, ma robuste; c'era nobiltà nella sua figura e forza nella mano che reggeva le redini.
Quando Sir Bedivere si voltò a chiedere alle due donne se necessitassero di bere o mangiare o fermarsi un poco, la ragazza sentì una nota di limpida amicizia vibrare in quella voce, diversa da tutte le altre che aveva udito fino a quel giorno.
- Affrettiamoci, invece - rispose, mentre si asciugava le lacrime raffreddatesi sulle guance. - Desidero essere accanto a mio padre, adesso più che mai.

Inchini accompagnarono il loro ingresso al castello, ma nessun sorriso. Branwen, scesa da cavallo, si sentì di colpo spossata dal viaggio e dall’emozione, e Sir Bedivere le porse il braccio per impedirle di cadere: aggrappandosi a lui, nel torpore che minacciava di farla scivolare nell’incoscienza, incontrò il suo sguardo chiaro e sincero e sentì un inspiegabile calore che la rianimò.
- Lasciatela! Avete fatto abbastanza, duca – Sir Bedivere si voltò e lesse tutto il disprezzo negli occhi della principessa di Orkney, ora vedova e dama altera e irraggiungibile. Si era già chiesto in precedenza cosa poteva aver compiuto di tanto ignobile da meritare quell’odio profondo e imbarazzante, e si era ripromesso di chiedere consulto a Lucan – che di donne se ne intendeva un poco di più.
Ma c'era qualcos'altro ora. Un'altra donna. Quasi una bambina, su cui non aveva il diritto di posare gli occhi...


Le due donne furono rifocillate e fu preparata loro una camera per riposare. Clarissant si domandava, nel dormiveglia, quanto fossero vicine al luogo del massacro,

(quale corridoio, quale porta schizzata di sangue, il loro stesso sangue?)

e finalmente ripensò all'uomo che aveva amato, senza più rimurginare sulle sue colpe, e lo rimpianse sinceramente.


L'indomani tutti sarebbero partiti per Camelot. Il Consiglio si sarebbe riunito per decidere il da farsi, a porte sigillate, occupando ormai solo metà della Tavola Rotonda.
Sir Lancelot aveva già dalla sua parte un gran numero di cavalieri: i figli superstiti di re Pellinore, in primo luogo, avevano sentito risvegliarsi in loro l'antico rancore contro il clan di Orkney e lo consideravano un motivo più che sufficiente. Altri, comunque, avevano compiuto tale scelta perché affezionati a Lancelot e davvero preoccupati per la sorte della regina Ginevra, in quanto Arthur Pendragon si era dimostrato fino ad allora un sovrano tanto saggio quanto inflessibile con i traditori. Sir Lionel era tra questi, e con un brivido Clarissant pensò che Cynon, in quanto suo scudiero, era senza dubbio con loro.
Intuendo che sarebbe stato difficile avere un colloquio con Gawain il giorno successivo, si chiese se l'avrebbe fatto adirare presentandosi a lui durante la notte, unendosi alla veglia per i cavalieri caduti nel loro stesso agguato.
Si alzò, si rivestì e mentre chiudeva la porta si trovò davanti Branwen, svegliata dai suoi pur lievi passi e decisa ad accompagnarla.
L'alba non era ancora spuntata quando, alzando gli occhi asciutti, Sir Gawain vide la sorella e la figlia entrare in quella camera di morte e avvicinarsi a lui.

- Una parola, fratello, se voi e Iddio me la concederete - sussurrò Clarissant.
- Non qui - rispose Gawain con voce roca. - Seguitemi.
Dall'ombra, un'altra figura si alzò e uscì con loro alla fioca luce delle torce nel corridoio. A differenza del fratello maggiore, Gareth aveva pianto. Combattuto tra la lealtà al suo re e al profondo affetto che lo legava a Sir Lancelot, l'uomo che gli aveva insegnato a combattere e che aveva creduto in lui sin dal suo arrivo a Camelot, sembrava prosciugato da ogni certezza.
Raggiunsero una sala, anch'essa debolmente rischiarata, e i tre adulti si sedettero; ma Branwen si inginocchiò ai piedi del padre e là rimase, mentre essi discutevano, attendendo invano una carezza.

- E dunque?

Non solo il Consiglio reale era diviso in modo irrimediabile, ma la loro stessa famiglia. In quella stanza semibuia erano in quattro, così diversi l'uno dall'altra eppure uniti nelle intenzioni: Gawain, Gareth, Clarissant e Branwen. Non venne Gaheris, a cui pure il re aveva perdonato il suo crimine e le sue menzogne, né Mordred, che con le sue parole flautate e subdole aveva condotto al massacro quattro cavalieri del suo sangue.

- La spada che Sir Lancelot ha usato per compiere la strage...
- Sorella, non avete colpe per le azioni di vostro marito. - sbottò Gawain. Per lui era naturale e necessario interromperla, non solo perché era una donna; era abituato a sentirsi piagnucolare addosso e respingeva in anticipo questo genere di seccature. Ma siccome Clarissant aveva al contrario bisogno di chiarire fatti importanti, riprese il discorso senza badare alla sua freddezza:
- Fu nostra cugina Morvydd ad incantarla. Sir Lancelot non poteva saperlo, ma è dotata di vita propria... non meno di quella del re.

Gli occhi di Gareth si accesero ed esclamò con foga: - Vedete! Io lo sapevo, ve lo dissi! Non voleva far del male ad anima viva, lui è innocente!

- Non ho mai detto di desiderare vendetta contro Sir Lancelot, Gareth. - fu la risposta. - So cos'è l'onore, e ahimé, i miei figli non ne hanno dimostrato. Cosa si aspettavano? Cosa credevano di essere? A chi dovevano obbedienza, a me o a quello stolto, stolto... oh, basta! Che fate, voi?
Aveva abbassato gli occhi, svanita la foga, per decifrare il balbettio della figlia che si aggrappava alle sue vesti, bagnandole di lacrime.
- Ho ten-tato... di dis-suadere Lovell... se l'aves-si fermato, f-f...

- È la verità - confermò Clarissant. - Abbiamo fatto appello alla prudenza e al rispetto verso di voi, ma credo fossero tutti davvero convinti di agire per il meglio.

- Agire per il meglio! Rendendo tutti quanti infelici! - Gareth aveva pronunciato quella parola come se avesse avuto un cattivo sapore. - Avrei parlato io stesso a Sir Lancelot! Tutto questo si sarebbe evitato...

Caro, ingenuo Gareth. Era l'unico a non essere mai stato sfiorato da invidie, gelosie, macchinazioni, segreti. Per quanto ammirasse Gawain, la sua forza e il suo valore, nel cuore di Clarissant non c'era affetto più grande di quello che provava per lui.
- Se il mondo vi somigliasse... - mormorò la donna. Gareth le sorrise, commosso.

Gawain tentò di alzarsi, ma Branwen sembrava non avere intenzione di muoversi dalle sue ginocchia. - Serbate le smancerie per tempi meno cupi. Chiederò al re di mostrare clemenza verso Sir Lancelot, e lo farò in nome dei suoi meriti - che non mi sono sconosciuti né sono svaniti dalla mia memoria. E siano maledetti gli incantesimi di Morvydd e di sua madre!

"Ma poiché lo conosco, e l'ho amato, so che renderà felice voi"

No, nemmeno Morvydd aveva colpa per ciò che era accaduto. Erano tutti manovrati da qualcosa di più grande e terribile, a cui non potevano sottrarsi.
C'era una ragione per tutto, ma non serviva a nulla cercarla, poiché non apparteneva a questo mondo.
E tuttavia c'era.


Branwen fu accolta dall'accecante sfarzo di Camelot e a sua volta l'accolse con timida curiosità. Mai si era trovata davanti a tanti sconosciuti; cavalieri, paggi e servitori, voci gravi e preoccupate, sguardi truci, ma soprattutto nessuno che si occupasse di lei. Clarissant era intenta, con Lady Lyonors, a consolare Gareth: l'ordine di assistere all'esecuzione della regina era per lui una follia disumana, ma avrebbe obbedito. Gawain sì, che aveva potuto rifiutarsi, ma era una cosa ovvia: il re lo teneva in così gran conto da accordargli ogni privilegio, e ancor di più adesso che Sir Lancelot era caduto in disgrazia!
Passeggiava, dunque, con ancora sul cuore il peso della perdita dei fratelli, ed esplorava corridoi e giardini come in sogno.
Non aveva più incontrato Sir Bedivere da quando avevano lasciato Carlisle, ma in un'occasione aveva udito la sua voce provenire da una porta aperta. Non poté proprio trattenersi dall'ascoltare: sin dalla prima frase, si sentì chiamata in causa.

- Chi ha mai messo in dubbio le sue virtù? Ma quando afferma di non avere più figli, vorrei ricordargli che non è del tutto vero; sembra indifferente al futuro di quella fanciulla che pure ha generato!
- Dite che non ha anima? Sbagliate, lo conosco bene anch'io, se permettete. - L'altro uomo aveva una voce stentorea e, anche se non riusciva a vederlo, immaginò un fisico esuberante e un animo di fanciullo. Quando ebbe occasione di conoscerlo, prima della guerra, non ebbe bisogno di ricredersi sul suo conto. - Egli piange, ma solo quando non ha nessuno attorno; sa provare pietà e rabbia, tenerezza e rimpianto, ma l'orgoglio gli impedisce di dimostrarlo. Io lo stimo, e lo ammiro...
- Fraintendete, come sempre! Chi non lo stima? Chi può muovergli un'accusa? Ma se ha sentimenti, perché non li rivela all'unico bene che gli è rimasto?
- La desiderate, fratello, ammettetelo. - La risata amara che seguì quelle parole le diede un brivido di dispetto. - Perché non la chiedete in sposa? Se, come credete, Gawain non si interessa di lei, non esiterà a concedervela.
- Lucan, non cambierete mai, svergognato! Dovrei pensare a prender moglie, quando la nostra regina sarà messa a morte? Se qualcuno vi sentisse...

Era successo tutto in un istante: Sir Bedivere si era voltato, i loro occhi si erano incrociati e lei era fuggita, le guance che scottavano, il cuore che batteva forte, e qualcos'altro che non sapeva spiegare le si agitava dentro...
Parlavano di lei, di lei!
Non credeva di essere già in età da marito, non si era mai chiesta come gli uomini guardassero a lei. Sapeva che un giorno, confusamente lontano, sarebbe diventata moglie di qualcuno oppure monaca in un convento, se suo padre avesse stabilito così, e non considerava uno di questi due destini migliore dell'altro.
Ma adesso...
Ricordò le ultime parole che Lovell le aveva rivolto: "Dunque voi conoscete la passione?"
E con una lacrima diede l'addio alla sua infanzia.


Avrebbe avuto tempo di riflettere su questo ed altri misteri durante la guerra, nel freddo, vuoto maniero dei suoi antenati. Dove ogni mattina i richiami degli uccelli marini sarebbero giunti puntuali a destarla da un sonno che avrebbe voluto durasse per sempre.
Quando non ci sarebbe stato ormai più nulla da attendere o sperare.
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Vecchio 16-04-2010, 13.02.30   #9
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QUINTO CAPITOLO.

Dove Clarissant regna su Orkney, ed evita un imbarazzante matrimonio alla nipote.



Che Gawain non avesse mai ambito al trono di Orkney, nonostante gli spettasse di diritto, era cosa vera e risaputa. Ma che non si occupasse di ciò che accadeva lassù, che avesse lasciato il maniero in decadenza e gli abitanti delle isole alla fame, era una menzogna, una sporca menzogna uscita dalla lingua avvelenata di Mordred.
Clarissant se ne rese conto non appena vide le fiaccole accese che sembravano darle il bentornato, mentre la nave attendeva la luce del giorno per attraccare. Tanto vicina da far temere per la carena, la Piccola Sconosciuta parve sorriderle, nera nel buio ma fertile nel ricordo: si chiese se quel verde scoglio, l'isoletta di pastori che lei e Gareth salutavano ogni mattina dalla finestra, avesse mai avuto un nome...

Quando venne l'alba, non furono più soltanto luci e luoghi ad accogliere lei e Branwen, ma voci e inchini: erano a casa. L'unica vera casa che potessero avere al mondo. Non Camelot, né Carlisle, né Gore; non il castello dove aveva vissuto con il marito, né quello dove ora Lady Lyonors si strappava ancora i capelli dal dolore.

Non lascerò mai più la mia terra, promise a se stessa, nonché agli uomini che la guardavano come se fosse una dea portata dal mare.



Né il sangue che aveva intriso gli scogli di Dover, né i rantoli d'agonia che erano echeggiati a Camlann erano giunti a lambire le coste di Orkney, ma le notizie arrivavano ugualmente; prima che l'ultimo degli alleati di Mordred sul suolo di Britannia fosse stato annientato, il popolo delle isole aveva pianto la morte di Gawain e salutato Clarissant come loro regina.

Saggi erano i nobili dell'Isola Grande, dura e sincera la lingua che non aveva dimenticato.


Aveva imparato ad essere egoista, e non lo avrebbe creduto possibile; si rese conto che ciò era potuto accadere non solo per aver abitato in luoghi diversi e vissuto situazioni difficili, ma perché aveva perduto tutto quello che negli anni aveva temuto di perdere. Come chi possiede uno scrigno di gemme, e le contempla ogni giorno e veglia inutilmente ogni notte affinché non le rubino, ma quando esso infine vuoto nota sul fondo una pietra opaca, insignificante, che ad un occhio attento si rivela la più preziosa di tutte.
Non era rimasto nulla di ciò che credeva di aver acquisito lungo il cammino, ma come il sole aveva svelato al suo sguardo il castello dei suoi antenati, il presente le aveva restituito più di quanto aveva lasciato indietro.

Clarissant aveva amato con tutto il cuore solo tre persone al mondo: Gareth, Gawain e se stessa. Dire che voleva bene anche a Branwen non è esatto, poiché non la considerava una persona diversa da sé. Era il suo riflesso, la sua ombra e la sua scintilla di giovinezza e candore.
- Siamo rimaste sole - balbettava la ragazza, incredula e scioccata, ma la zia negava e la correggeva: - Siamo rimaste insieme. - Erano davvero le ultime della stirpe reale di Orkney, due donne. Lei era sterile e aveva trentasette anni, ma Branwen era sana e graziosa; era sicura di trovare, tra gli uomini della piccola corte, un marito degno di lei.

Un nuovo re era salito sul trono di Britannia, e il suo nome era Constantine, figlio di Cador. Era saggio e prudente, e mandò quasi subito un cavaliere della sua corte per assicurarsi che la regina di Orkney rispettasse il suo ruolo e i suoi domini: quale sorpresa fu per Clarissant riconoscere nel giovane messaggero il suo figliastro, Cynon! Il ragazzo aveva accompagnato il suo signore, Sir Lionel, al seguito di Lancelot; dopo la battaglia di Camlann aveva combattuto contro gli ultimi alleati di Mordred ed aveva giurato fedeltà a re Constantine.
Non capì subito quali fossero le sue vere intenzioni, era ancora confusa sui suoi sentimenti verso di lui. Considerava ancora la strage di Carlisle un terribile errore, ma non per questo accettava le sue scelte. Almeno, non dopo la morte di Gareth.
Viviamo in una contraddizione continua, pensò. Questa non è che una delle mille svolte sulla nostra via.

- Desideriamo esservi amici, Cynon. Il mio esercito ha funzione puramente difensiva e non sbarcherà sul suolo di Britannia se non per recarvi aiuto. Non rivendichiamo alcun territorio nel Lothian, né in nessun'altra terra che mio padre possedeva prima di ribellarsi al compianto sovrano Arthur Pendragon.
- Signora...
- C'è forse dell'altro?
Cynon aveva notato come ella parlasse di sé al plurale, ma seppe vincere la propria curiosità.
- Il mio re vi chiede riguardo alla foresta di Inglewood. Afferma che ora vi appartiene.
- Re Constantine si sbaglia. - Clarissant si era fatta pensosa. - Mio fratello Gawain aveva ceduto quelle terre a suo cognato, Sir Gromer, e quindi sarebbero andate in eredità a mio nipote Gingalain. - Sospirò, riflettendo come nessuna delle persone sinora menzionate fosse ancora in vita. - La proprietà è passata a sua moglie, la regina del Galles. E con questo credo sia tutto.
"La moglie che Gingalain non voleva..."

Cynon si trattenne qualche giorno, non sembrava avere la minima fretta di ripartire. Fece mille moine intorno a Branwen, che sebbene fosse felice di rivederlo non si dimostrò molto espansiva. Clarissant non poteva darle torto, e finì per ammonire il giovane:
- Che cosa pretendete da lei? Il vostro re vi ha mandato qui per assicurarsi la nostra amicizia, o la vostra è un'iniziativa matrimoniale? Oppure tutte e due le cose? Mia nipote non è in vendita, questo dev'essere chiaro. Vi ho voluto bene come un figlio, ma non ci penserò due volte a farvi cacciare da questa corte!

Frasi così aspre turbarono Cynon, in parte perché in esse c'era molto di vero. Ma egli era innocente, e meritava di capire; disprezzarlo gratuitamente non sarebbe stato di nessuna utilità.

Somiglio a mia madre. Sono identica a lei, maledizione!

Così riprese: - Perdonatemi, Cynon. Vi ho voluto bene e amavo vostro padre, lo sapete. Ma la donna che vi diede la vita ha giocato con la stregoneria, proprio come vostra nonna Morgana... e se non ho più una famiglia lo devo in gran parte al sentimento che legava i vostri genitori... non solo alle trame di mio fratello Mordred.

- Io sono un cavaliere cristiano! - ribatté il giovane con fierezza. - Non ho niente a che spartire con la gente di Avalon o...

- Certo, certo. Avete scelto la vostra strada. Ma è giusto che vi tenga a parte di ciò che è accaduto prima che nasceste - sospirò Clarissant.

E si apprestò a raccontare tanto le colpe di Morvydd quanto le proprie.



Branwen pregava, pregava che sua zia non acconsentisse al matrimonio, perché sentiva che era sbagliato, e la cosa buffa era che non sapeva Chi pregava. Non esistevano né Dio né la Dea, lassù, solo antiche vestigia degli adoratori del Sole. Per lei era un mondo nuovo, dove il freddo rendeva la purezza a persone e cose... com'era ingenua! L'acqua della fontana nel cortile era limpida e trasparente, ma Clarissant vi vedeva ancora il sangue della regina Morgause che gocciolava dalla spada di Gaheris, a scandire la sua prima orrenda consapevolezza del Male.
Si sarebbe rassegnata a unirsi ad un uomo delle isole, sì, l'avrebbe fatto per la donna che l'aveva cresciuta e amata. Ma non Cynon. Per lei era stato un fratello esattamente come Lovell e Florence, provava solo nausea al pensiero di diventare sua moglie... e di ingannarlo, anche.
Un uomo vecchio e brutto, uno di quei nobili di Norvegia dai capelli lunghi e l'espressione gelida. Ecco. Che non pretenda amore, perché ho consacrato questa parola ad una persona soltanto.
Si era innamorata perdutamente, sulla strada per Carlisle, come per una magia o una malattia. Si era innamorata del profilo assorto di Sir Bedivere, poi del suo sguardo preoccupato e del braccio che la sorreggeva, e infine delle parole, rivolte a Sir Lucan, con cui aveva dimostrato di capirla più di ogni altro.
Ma era sicura che fosse rimasto ucciso a Camlann, e tanto le bastava per rassegnarsi a non aprire più il suo cuore.



- Ma perché, se sapevate che la spada di mio padre era invincibile, avete lasciato che Sir Gawain convincesse re Arthur a muoverci guerra? - Cynon aveva quasi gridato, incredulo davanti a un cumulo di certezze in frantumi e ad una matassa di colpe e menzogne più intricata di quanto il suo animo semplice potesse investigare.

- Giurate... giurate che vendicherete Gareth! Voi ucciderete Sir Lancelot!
- Lo giuro, sorella.
- E convincerete gli altri a seguirvi.
- Nostro zio non potrà negarmelo.
- Perché tutti l'amavano. Perché Lancelot lo amava, ma l'ha dimenticato.
- E l'amore sarà più forte di qualsiasi incantesimo Morvydd abbia infuso in quella spada.
- Così sia, Gawain, così sia.
Ma così non era stato.

"Non ho solo lasciato che accadesse, ahimé! L'ho spinto a cercare vendetta", ricordò lei con amarezza, ma rispose con voce ferma:

- Perché, mio piccolo Cynon, io guardavo a Gawain con occhi incantati; così come Gareth vedeva Lancelot, o come Lovell vedeva vostro padre... forse come voi vedevate Sir Lionel...
L'ultima parte della frase era simile ad una domanda, e Cynon chinò il capo.
- Lo credevo indistruttibile, eterno... e ora potrei dire che non perdonerò mai a me stessa di aver lasciato vincere la rabbia e il dolore sul raziocinio, ma a che servirebbe? La mia terra non ha bisogno di una regina folle e malinconica.

- Ammiro la vostra forza d'animo - dichiarò inaspettatamente il ragazzo, tra il sarcasmo e la delusione. - Riferirò a re Constantine che sarete un'alleata preziosa negli anni a venire.

L'incontro era concluso; Cynon sarebbe tornato in Britannia, se non a mani vuote, senza ciò che sperava.
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"Mio re, mia vita, mia patria! Il lago è profondo, tranquille le sue acque. Più sottile è questo petto che palpita nel tormento. Ora ditemi, dove dovrei affondare Excalibur per amor vostro?"
(da "Thus I shall love thee")
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Vecchio 18-04-2010, 13.42.07   #10
Hastatus77
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