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Vecchio 04-11-2009, 11.08.17   #111
llamrei
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llamrei è veramente ingamballamrei è veramente ingamballamrei è veramente ingamballamrei è veramente ingamba
E' inquietante.........per fortuna era stato solo un sogno.....
llamrei non è connesso   Rispondi citando
Vecchio 04-11-2009, 19.56.14   #112
Guisgard
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Guisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare bene
Milady, quando si porta nel cuore una colpa tanto opprimente e lacerante, anche i sogni, solitamente eterea dimora dei nostri desideri e pensieri più intimi, diventano dimora dei nostri tormenti.
Raimondo di Sangro, principe di Sansevero, diceva: "Strane ed arcane forze, benigne o maligne che siano, ruotano attorno ad ogni uomo, influenzandone la condotta, i giudizi ed i pregiudizi."
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Vecchio 05-11-2009, 00.54.26   #113
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ARDEA DE' TADDEI

XXXII

“Così bolliva sempre di quell’angoscia
storica, il figlio diHealfdene. Né il saggio
eroe riusciva a schermare la pena: troppo
forte il conflitto toccato alla sua terra, troppo
odioso e durevole: oppressione, violenza, astio
feroce, grave piaga notturna.”
(Beowulf, III, 189)


Per tutto il giorno l’inquietudine, frutto di quell’arcano sogno, lo accompagnò costantemente.
Il tempo era grigio e sembrava diffondere nell’aria una velata apatia.
Il vento dei giorni scorsi si era fermato e tutto il paesaggio che circondava il castello pareva assumere i contorni di una visione incantata, quasi irreale.
Ardea era, come quasi sempre, presso la tomba di suo padre.
Ad un tratto lo raggiunse Vico.
“Stamani il gallo per te ha cantato presto.” Disse ad Ardea.
“Ormai per me” rispose Ardea senza voltarsi verso Vico “le notti sono solo lunghi tormenti.”
“Spero ti abbia portato consiglio però questa notte.”
“Consiglio…”
“Si” disse Vico “per abbandonare il tuo folle proposito.”
“La follia” rispose Ardea, scrutando il cielo, quasi a volerlo interrogare “mi ha accompagnato negli ultimi quattro anni.”
Vico gli si avvicinò.
“La vita è tua, ragazzo mio.” Gli disse portandogli una mano sulla spalla.
“Mi avete preparato ciò che vi ho chiesto?” Chiese Ardea.
“Si, ecco la mappa delle Cinque Vie!”
Ardea srotolò la pergamena e cominciò a leggere ciò che su essa era inciso.
“Le Cinque Vie” cominciò a dire Vico “sono formate da sette contrade; la valle della Maddola, i Cancelli di San Felice, Caivania, Cardizia, Frattagrande, Casorre ed Acerna.”
“Ognuna è retta da un vassallo del duca è su tutte è imposto un tributo annuo.” Concluse Vico.
“Un tributo che però da due anni nessuno più paga.” Disse Ardea fissando Vico negli occhi.
“Già” rispose questi “e nessuno di noi ne conosce i motivi.”
“Probabilmente” disse Ardea “venuti a conoscenza della cattiva salute del duca, i suoi vassalli ne hanno approfittato per liberarsi dal tributo!”
“Lo escludo!” Rispose sicuro Vico. “Il duca nutriva la massima fiducia verso i suoi sottoposti. E questi gli sono sempre stati devoti e leali! E tu sai bene che il duca non era uno sciocco!”
“E’ nei momenti difficili” disse disilluso Ardea “che si vede la vera devozione e fedeltà.”
Vico, capendo che il ragazzo alludeva a se stesso, non rispose a quelle parole.
“Vico” riprese a dire Ardea dopo un momento di silenzio “tra tre giorni partirò per risolvere queste sette Questioni ed a riscuotere i tributi.”
“Sei quindi deciso…”
“Si” gli rispose “e so che posso contare sulla vostra lealtà verso il nome di mio padre.”
“Comanda ed io ti servirò!”
“Fra tre giorni fatemi avere tutto l’equipaggiamento necessario per questa impresa.”
“Ci penserò io.” Rispose Vico, che poi aggiunse: “Portami con te!”
“No” rispose Ardea “non possiamo lasciare incustodito il castello. E poi questo è un compito per me solo!”
“Ormai su questo castello” disse Vico “governano il vento e la solitudine. Qui sono inutile, mentre al tuo fianco ti aiuterei a risolvere le sette Questioni.”
“Vico” disse Ardea stringendogli la mano in segno di amicizia fraterna “io devo andare incontro al mio destino. Se morissi in questa impresa, almeno uno di noi resterebbe a difendere ciò che è rimasto.”
I due si guardarono negli occhi per alcuni istanti, poi si chinarono entrambi sulla tomba per pregare ed invocare dal Cielo la benedizione su quella disperata impresa.


(Continua...)
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Vecchio 06-11-2009, 01.14.24   #114
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ARDEA DE' TADDEI

XXXIII

“Con il ramoscello sferza la
groppa del cavallo che corre via:
senza inciampare, lo porta a grande
andatura nella foresta oscura.”
(Perceval o il Racconto del Graal)


La mattina del terzo giorno, quello che Ardea aveva fissato per la partenza, tutto era pronto.
Vico aveva preparato una delle armature che il duca aveva voluto per suo figlio quando sarebbe tornato col titolo di cavaliere.
Dalle scuderie condusse un magnifico cavallo dal pelo rossastro e dalla criniera che pareva d’argento.
“Questo formidabile destriero” disse ad Ardea “tuo padre voleva donartelo, come degna cavalcatura per un cavaliere. Non credo ne esista uno simile in tutta Afragolignone.”
“E’ magnifico.” Disse Ardea.
“Quando fu condotto al castello” aggiunse Vico “nessuno riuscì a domarlo. Il duca lo tenne per le redini, lo fissò negli occhi e, montatogli in sella, gli morse un orecchio fin quando questo fiero sauro ebbe la forza di scalciare. Alla fine cadde stremato, vinto dalla determinazione e dall’abilità del duca.”
“Lo domò per me…” Disse Ardea accarezzando quel cavallo.
“Si” rispose Vico “per te. Il suo nome è Arante!”
Per un istante Ardea restò in silenzio, osservando quel bellissimo cavallo. Poi destatosi dai suoi pensieri, preparò le ultime cose per la partenza.
“Qui vedo lo scudo, la lancia, la scure ma non la spada!” Disse osservando il suo equipaggiamento. “Non ci sono più spade?”
“Seguimi!” Gli disse Vico.
I due giunsero alla cappella di palazzo.
Entrarono e Vico si inginocchiò e si segnò con la croce. Ardea fece altrettanto.
Poi Vico raggiunse l’arca di pietra posta davanti all’altare e ne estrasse il contenuto.
“Ecco la tua spada, cavaliere.” Disse porgendogli l’arma contenuta nell’arca.
“No” rispose stupito Ardea “Parusia no!”
“Era la spada di tuo padre” disse Vico “e sono sicuro che egli avrebbe voluto che tu la portassi con te.”
“Non sono degno di questa magnifica arma!” Rispose Ardea rifiutandosi di toccarla.
“Non è un premio, Ardea, ma un aiuto in questa tua impresa.”
“E’ un’arma sacra! Non posso portarla con me!”
“E’ l’occasione giusta per adoperarla!” Affermò Vico “Sei da solo contro l’ignoto. Ella ti darà almeno una possibilità di riuscita.”
“Non ne sono degno!”
“La adopererai solo per risolvere le Questioni. Al tuo ritorno la deporremo di nuovo nell’arca.”
“E sia…mi auguro di non disonorarla.”
“Tuo padre” disse Vico “avrebbe voluto che tu un giorno potessi brandirla.”
In quel momento nella cappella entrò un monaco coperto da un cappuccio.
Salì sull’altare e cominciò a celebrare la santa messa.
Vico ed Ardea l’ascoltarono e parteciparono al banchetto Eucaristico.
Conclusa la mistica recitazione, Ardea si apprestò a partire.
Abbracciò forte Vico, senza che nessuno dei due disse nulla.
Poi, montato in sella ad Arante, commosso salutò il suo amico.
“Addio” disse “e che Dio ti protegga.”
“E faccia lo stesso con te.” Gli rispose Vico.
A quel punto nulla poteva più trattenerlo al castello.
Uscì quindi dal maniero e si apprestò a seguire il sentiero che conduceva nel folto e misterioso bosco.
Il cielo era luminoso ed un asciutto vento schiariva l’aria, disegnando perfettamente le forme dei monti che tutt’intorno racchiudevano quel paesaggio.
Percorse solo pochi passi, quando notò una lontana sagoma provenire dal bosco.
Era a cavallo e veniva verso il castello. Si accorse di Ardea e, dopo un attimo di titubanza, gli si avvicinò.
Canticchiava una canzone e sembrava che gli uccelli del bosco, con i loro melodici cinguettii, lo accompagnassero in quel suo curioso motivetto.


(Continua...)
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Vecchio 09-11-2009, 00.28.05   #115
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ARDEA DE' TADDEI

XXXIV

“<<In quanto a questo>> replicò Gurth
<<non tradirò mai un amico, nemmeno
se minacciano di scuoiarmi. Ho la pelle
dura, io, e sopporta il coltello e la frusta
quanto quella di un maiale del mio branco.>>”
(Ivanhoe, X)


“Chi vive?” Gridò Ardea.
“Io so chi sono” rispose la voce del viaggiatore mentre si avvicinava “voi piuttosto, chi siete?”
“Avanza ed annunciati, menestrello!” Intimò Ardea.
“Non sono un menestrello!” Rispose il viaggiatore.
“Ma questa voce…”
“Viva il re!” Gridò il viaggiatore.
“Non può essere….Biago!” Esclamò sorpreso Ardea.
“Proprio lui!” Rispose divertito Biago.
I due si raggiunsero e si abbracciarono.
“Cosa ti spinge quaggiù?” Chiese Ardea.
“A corte” rispose Biago “io e mio padre abbiamo finito di riparare le armature danneggiate dal tuo misterioso sfidante. Ormai lì, per me si batteva troppo la fiacca!”
Ardea rise di gusto.
“Tu piuttosto” chiese Biago “come te la passi?”
Ardea si incupì. Poi dopo alcuni istanti rispose:
“Purtroppo mio padre è morto. Non ho fatto in tempo neppure per salutarlo un’ultima volta.”
“Fatti forza, amico mio.” Gli disse abbracciandolo forte Biago.
“Mi spiace che non potrai trovare grande ospitalità al castello.” Disse Ardea. “Ormai è quasi disabitato. Su queste terre sembra essere calata madonna Miseria.”
“Non starci a pensare” rispose Biago “sai bene che non sono affatto abituato al lusso ed allo sfarzo. Mi basterà la tua compagnia.”
Mi spiace, mio buon amico” rispose sconsolato Ardea “sono in partenza.”
“E dove sei diretto?”
“Devo percorrere in lungo e in largo questo feudo.”
“Per quale motivo?”
“Sono ormai due anni che nessuno dei vassalli di mio padre versa più i tributi.”
“E vai a riscuoterli da solo, senza scorta?”
“Un manipolo di guardie fu già inviato dal duca a richiedere ciò che gli spettava” rispose Ardea “ma non fece più ritorno.”
“E tu vorresti riuscire da solo dove molti hanno fallito?”
“Ormai sono rimasto io solo per questo compito. Lo devo al nome di mio padre.”
Biago lo fissò per qualche istante, poi disse:
“Ho capito! Hai deciso di farti ammazzare prima di incontrare ancora il misterioso cavaliere apparso a corte nel giorno dell’Assunta!”
“Hai il pessimo difetto” rispose seccato Ardea “ti trasformare ogni situazione in una farsa comica.”
“Veramente chi dice cose assurde sei tu, mio buon amico.”
“Cosa puoi saperne tu!” rispose infastidito Ardea. “Con te perdo solo il mio tempo. Il castello è laggiù; lì troverai l’ultimo fedele di mio padre. Digli chi sei ed egli ti ospiterà. Addio.”
“Forse non sarò esperto di cavalleria come te” gridò Biago all’amico che gli aveva appena voltato le spalle per incamminarsi verso il bosco “ma posso vantarmi di conoscere bene le armi. E tu dovresti ben ricordarlo, se non erro!”
“Cosa vuoi da me?” Gli chiese Ardea voltandosi indietro.
“Voglio venire con te!”
“Sei pazzo!” Rispose ironico Ardea. “Non è lavoro per te, maniscalco!”
“Eppure, un giorno, venisti da me a chiedere il mio aiuto, ricordi?”
“Era una faccenda totalmente diversa!”
“Era un fatto d’armi” rispose Biago “come lo è ora. Né più, né meno!”
”Al torneo di Capo degli Orafi tu dovevi solo farmi da scudiero” disse Ardea “qui invece non so cosa mi aspetta in ognuna delle contrade di questo feudo che visiterò. Sarebbe troppo rischioso per te. Ed inoltre potresti essermi d’intralcio!”
“E se si dovessero danneggiare le tue armi?” Chiese Biago “Se la tua corazza avesse bisogno di riparazioni? Ad ogni cavaliere, per ogni impresa, occorre uno scudiero!”
“Non qui” rispose deciso Ardea “basto io da solo.”
“Un tempo” esclamò Biago “chiedesti il mio aiuto. Ed io, contro ogni logica ed ogni regola ti fui accanto. Ora ti chiedo di ripagare quel favore.”
“Quest’impresa potrebbe celare insidie terribili. Pericoli inimmaginabili…”
“Abbiamo sfidato la collera del re, ricordi?” Rispose Biago. “Cos’altro potrebbe spaventarci!”
Ardea fissò il suo amico, quasi convinto dall’ardore delle sue parole.
“E sia.” Disse Ardea. “Però dovrai giurare di obbedirmi sempre. In ogni occasione.”
“Sarò il più devoto e leale degli scudieri!”
“E in ogni pericolo dovrai farti da parte. Mi starai lontano di cento passi, ogni volta sarò impegnato in uno scontro!” Sentenziò Ardea.
“Lo giuro.” Rispose Biago.
Una stretta di mano sancì quel fraterno patto.
Poi i due si incamminarono lungo il sentiero, fino ad essere inghiottiti dal lussureggiante e misterioso bosco che, come la porta del destino, sembrava segnare il passo verso l’ignoto.


(Continua...)
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Vecchio 09-11-2009, 10.08.43   #116
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llamrei è veramente ingamballamrei è veramente ingamballamrei è veramente ingamballamrei è veramente ingamba
Vera Amicizia. Mi chiedo se sia possibile un tale sentimento anche nella vita di tutti i giorni. Senza inganni e a prescindere.
Ammiro questi due personaggi
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Vecchio 09-11-2009, 12.00.58   #117
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elisabeth è un gioiello nella rocciaelisabeth è un gioiello nella rocciaelisabeth è un gioiello nella roccia
Lady Llamrei, avete colpito nel segno....ho letto con attenzione tutta la storia, in essa si racchiudono tutte le vicissitudini che ci accompagnano nella vita, la gioia e il dolore sempre compagne.......e l' amicizia...il puro sentimento cio' che pensi e senti a "priscindere"......purtroppo non credo che nella maggior parte delle volte possa accadere........il sentimento e le belle parole......nell' amicizia e in qualsiasi altro rapporto.....ahime' sono sempre a " priscindere"...........
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Vecchio 09-11-2009, 18.45.10   #118
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Mie delicate dame, ciò che dite è vero.
Madonna Amicizia e Messer Amore, sono i compagni migliori che un uomo possa chiedere a questo mondo.
Trovare il vero amore, come la vera amicizia, forse dipende più da un privilegio del Fato che dall'abilità dell'uomo.
L'immenso Laurence Olivier diceva spesso che la vita è come un grande film, capace di raccontare le storie più belle.
Ma le storie, per essere tali, hanno bisogno di grandi interpreti.
La ricerca del vero amore, come quello della vera amicizia, è un'eterna viaggio che ognuno di noi fa.
E i più fortunati troveranno questi degni interpreti, che faranno davvero della nostra vita la più grande storia mai raccontata.
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Vecchio 10-11-2009, 01.45.37   #119
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ARDEA DE' TADDEI

XXXV

I° QUESTIONE: CAIVANIA, IL GREGGE DI TRAMANTO

“Sembrava quasi che gli spiriti del canto
non potessero concedere al loro protettore
un segno più amabile di gratitudine che questa
figlia, la quale possedeva tutto ciò che la più soave
immaginazione poté riunire in una tenera figura di
fanciulla.”
(Enrico di Ofterdingen, III)


Il lungo e solitario sentiero percorreva, tagliandolo da occidente, il folto bosco, fino a giungere nelle terre di Caivania.
Questa era la contrada più vicina ai territori del castello ducale. Racchiusa da questa densa e compatta macchia verde, Caivania sorgeva su terre assai fertili e da sempre aveva sostenuto un tributo per il duca.
Ma mentre erano ormai prossimi alla porta della contrada, Ardea e Biago furono colti dal crepuscolo.
“E’ inutile andare oltre” disse Ardea “sono posti sconosciuti per noi questi, meglio accamparci e riprendere il cammino domattina.”
All’improvviso però i due furono destati da un poderoso rumore di passi. Un attimo dopo una veloce e solida carrozza li raggiunse e li superò.
Il passo del veicolo era ben lanciato, ma non tanto da impedire ad Ardea di scrutarne l’interno.
E vide alcune donne. Ma solo su una cadde la sua attenzione.
Aveva un velo bianco attorno al collo, che incorniciava in maniera sublime un viso bellissimo e perfetto, dalla pelle come alabastro e dagli occhi chiarissimi.
Un cappello di stoffa annodata attorno al capo non teneva dietro tutta la sua bellissima chioma, nerissima come le piume di un corvo.
La corsa della carrozza permise solo per un breve istante questa paradisiaca visione ed Ardea ne fù completamente rapito.
“Io non so quanto potrò ancora vivere” pensò Ardea “se un giorno, un mese, un anno o cento. Però so che fino a quando il mio cuore pulserà e la mia anima mi apparterrà io non amerò altra donne che te!”
“Che fretta!” Esclamò Biago. “Per poco quella carrozza non ci travolgeva! Ma dove è diretta?”
“Non lo so” rispose Ardea “ma voglio scoprirlo!”
E si lanciò all’inseguimento, con Biago che lo seguì a ruota.
Dietro la corsa della carrozza, i due arrivarono in una radura buia ed irregolare. Al centro della quale sorgeva una piccola locanda.
Appena giunta, la carrozza fu fatta fermare dietro l’abitazione e lo steccato che racchiudeva quello spiazzo fu chiuso subito.
Ardea e Biago allora, impossibilitati ad avvicinarsi a coloro che scendevano da quella carrozza, legarono i cavalli fuori la locanda ed entrarono dentro.
Subito l’oste si avvicinò e li fece accomodare accanto al fuoco acceso, che rianimò con della legna secca.
Comandò poi ad un dei suoi figlioli di occuparsi dei cavalli dei nuovi clienti e servì a costoro del buon vino della casa.
“Una capra verde come insegna!” Disse ad alta voce Biago. “Come mai?”
“Capre e pecore” rispose l’oste mentre portava a tavola altro vino “se ne vedevano in abbondanza una volta da queste parti.”
“Ed ora invece?” Chiese Biago.
“Ora invece la terra di questi luoghi non da più buoni frutti come un tempo.”
“Carestia?” Chiese ancora Biago.
“Si…diciamo così.” Rispose l’oste. “I signori avranno fame, immagino. Mia moglie ha ancora sul fuoco uno sformato di carne e verdure davvero ottimo. Ve ne servo un po’?”
“Certo!” Rispose euforico Biago. “E innaffiatelo con altro vino, amico mio!”
“Sentito?”Disse Biago rivolto ad Ardea, “Sembra che qui ci sia una carestia.”
Ardea non fece caso a quelle parole. In realtà non aveva minimamente prestato attenzione alla conversazione del suo scudiero con l’oste.
Nei suoi pensieri vi era solo quel bellissimo volto visto poco prima in quella carrozza. E fremeva di sapere a chi appartenesse.
“Cos’hai?” Chiese Biago.
“Nulla…” Rispose assente Ardea.
“Sarà, ma mi sembri strano.”
“Non hai visto i passeggeri di quella carrozza che abbiamo incrociato nel bosco?”
“Incrociato?” Rispose lesto Biago. “Per poco non ci investiva!”
“Vi era una ragazza dentro.”
“E sei riuscito a vederla?” Chiese stupito Biago. “A quella velocità io a stento ho visto la carrozza!”
“Perché si sono fermati dietro la locanda?” Chiese Ardea.
“Chissà, forse sono di casa. O magari sono persone importanti.”
“Voglio chiederlo all’oste!”
“Lascia perdere!” Rispose Biago. “Mia nonna mi diceva sempre che la troppa curiosità chiama i guai!”
“Se i guai hanno il suo aspetto” disse Ardea “allora spero di incontrarne ogni giorno!”
In quel momento arrivò l’oste per servire la cena.
“Che profumino!” Esclamò Biago. “Amico mio, questo sformato canta!”
“A chi appartiene quella carrozza ferma dietro la locanda, dite?” Chiese Ardea.
“A certi gran signori, messere.” Rispose l’oste.
“Che signori?” Chiese Ardea, dominato dalla curiosità.
“Forestieri, credo. Sono di passaggio e pare non vogliano essere disturbati.”
Finito di cenare, Ardea uscì all’aperto.
Giunto dietro la locanda vi trovò un uomo addormentato di guardia alla carrozza.
Notò al piano superiore dell’edificio un luce provenire da una finestra.
Vinto dalla curiosità, l’indomito ragazzo, con fare ardito, si arrampicò sul capanno delle stalle e si accostò alla finestra.
Udì allora un rumore provenire dalla stanza e per prudenza saltò giù nello spiazzo.
Un momento dopo la finestra si aprì ed una donna si affacciò nel buio della sera.


(Continua...)
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Ultima modifica di Guisgard : 10-11-2009 alle ore 19.04.20.
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XXXVI

“E cos’è l’amore, se non una pazzia
mite, un’amarezza che soffoca,una
dolcezza che da sollievo?”
(Romeo e Giulietta, I, I)


Quella donna con una lampada scrutò con fare sospettoso l’oscurità sottostante la finestra.
Era una donna pasciuta e dall’aspetto severo quella che si era appena affacciata.
“Mia signora” gridò Ardea dal buio dello spiazzo “sono qui!”
“Per l’amor del Cielo!” Esclamò la donna. “Chi siete e cosa volete a quest’ora?”
“Cercavo una damigella…”
“Una damigella?” Rispose seccata la donna “E la cercate qui, svegliando la gente che dorme?”
“Sono sicuro che è passata da queste parti, mia signora!”
“Non ci sono damigelle per voi qui” tuonò la donna “ora allontanatevi o chiamerò uno dei guardiani!”
“Lasciate che ve la descriva” implorò Ardea “forse davvero l’avete intravista.”
La donna sbuffò spazientita.
“E’ una bellissima fanciulla” continuò a dire Ardea “ha la pelle bianca come la porcellana e vellutata come una pesca. Gli occhi sono quelli di una colomba e i capelli più scuri di una limpida notte d’inverno senza Luna!”
“Siete forse un poeta?” Chiese sempre più irritata la donna.
“No, signora” rispose lesto Ardea “sono un cavaliere errante.”
“Comunque, come vi ho detto” disse la donna “qui non c’è nessuna damigella che vi sta attendendo. Quindi allontanatevi, di grazia!”
“Sono io che cerco lei!”
“Messere, volete che chiami i guardiani? Se siete un cavaliere, allora non dimenticate le buone regole della cortesia e lasciateci dormire!”
Detto questo, la donna rientrò e chiuse la finestra.
Ma da dietro la tendina della finestra si mostrò un volto di ragazza.
Questa guardò Ardea coprendosi il volto con un velo, lasciando scoperti solo i suoi bellissimi occhi.
E dopo alcuni istanti richiuse la tendina, sparendo nel buio della stanza.
Ardea l’aveva però riconosciuta: era la ragazza della carrozza.
“Allora ella è davvero in quella stanza!” Pensò tra sé.
“Oh cielo notturno…mi hai donato una delle tue scintillanti stelle! Ma come si raggiunge una stella? Gli uomini possono solo sfiorare con i loro desideri quelle cadenti!”
Poi andò a sedersi sotto un alto albero.
“E il Cielo ben conosce i miei desideri e ciò che più sogno in questa notte che pare incantata.”
Poi, dopo aver sospirato ancora un po’ sotto l’immensità del firmamento, rientrò nella sua stanza.
Biago dormiva pesantemente.
Ardea invece restò alla finestra, invocando presto il sonno, per sognare la sua bellissima ninfa.
Poco dopo, all’albeggiare Biago si svegliò.
Voltandosi vide il letto di Ardea vuoto.
Si alzò di scatto e si accorse che il suo amico era addormentato accanto alla finestra.
Gli si avvicinò e lo coprì con una coperta.
“La notte è stata umida.” Pensò fra se.
Ma Ardea, si destò in quello stesso istante.
“Buongiorno, amico mio!” Disse sorridente Biagio.
“Ho la schiena a pezzi…”
“Immagino” gli rispose Biago “quella nuda pietra sembra tutt’altro che comoda!”
“Già…” Rispose Ardea massaggiandosi la schiena.
“Perché hai dormito qui?”
“Il sonno…credo mi abbia colto alla sprovvista.”
“Succede sai” rispose ironico Biago “di notte soprattutto.”
“Beh, ieri sera non ne avevo molto di sonno.”
“Preoccupato?”
“No…innamorato!”
“Per la barba del demonio!” Esclamò Biago.
“Oh, il diavolo non c’entra, mio buon amico!” disse Ardea. “L’amore viene solo dal Cielo.”
“Bel momento hai scelto per innamorarti!” Esclamò Biago.
A quelle parole Ardea fù come destato da un sogno.
“Hai ragione” rispose “forse è davvero opera del demonio…”
“Ora non esagerare!” Rispose Biago.
“Dimentichi questo nostro viaggio?” Disse Ardea. “Non sappiamo nemmeno cosa ci attenda!”
Poi dopo un momento di silenzio aggiunse:
“E poi…se anche risolvessimo tutte e sette le Questioni, tra meno di un anno mi attende un mortale duello con quel misterioso cavaliere.”
“Lo temi tanto dunque?”
“No…ma tu l’hai visto…sembra il diavolo bardato di armatura.” Rispose Ardea. “Con una simile spada di Damocle sulla testa quale promessa posso fare ad una fanciulla, se non quella, celata nel mio cuore, di amarla in silenzio per sempre.”
In quell’istante l’oste bussò alla porta.
“Lor signori quando vorranno” disse da dietro la porta “troveranno giù latte fresco e pane appena sfornato.”
Scesi, appresero dall’oste che la carrozza che aveva sostato alla taverna la sera precedente era partita poco prima dell’alba.
“Per dove?” Chiese Ardea.
“Hanno preso la strada per Acerna.” Rispose l’oste.
“Acerna, l’ultima contrada del feudo…” Pensò fra sé Ardea, mentre nel suo cuore una strana ansia si fece sempre più intensa.


(Continua...)
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