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Vecchio 15-07-2010, 02.35.09   #221
Guisgard
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Guisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare bene
ARDEA DE' TADDEI

“Amleto: <<Il vostro affetto, dite; ed il mio a voi.
Lo spettro di mio padre in armi? Brutto affare!
Qui sotto c’è una trappola… Fosse già buio!
Oh, anima mia, cerca di restar calma.
Le azioni dei malvagi non possono sfuggire
agli occhi degli uomini. Con tutto il suo sforzo
la terra non riesce a nasconderle.>>”
(Shakespeare, Amleto, I, II)


Il terreno del bosco era fangoso e vischioso, reso così a causa dell’umidità.
Ardea sentiva l’intenso odore dell’erba bagnata attorno a se.
Sollevò la visiera del suo elmo ed alzò gli occhi azzurri, ora resi quasi vermigli per il sangue, verso il suo avversario.
Govarola era steso a terra, in una pozza di sangue.
Ardea tentò di sorridere ma una forte fitta glielo impedì.
Si portò allora una mano sul fianco e, toccandosi la tunica, vide il suo guanto di ferro sporco di sangue.
Cercò allora con gli occhi il suo fianco.
Ebbe solo la forza di chinare il collo e vedere un fiume di sangue sgorgare dalla sua tunica lacerata.
In quel momento sentì le sue ultime forze abbandonarlo.

Si levò improvvisamente un forte e fresco vento che cominciò a soffiare su tutta la campagna.
Attraversava rapido quella distesa verde, correndo fra le spighe di grano e le poderose querce, che al suo passaggio piegavano, come inchinandosi, le loro cime al cielo.
Ardea era in groppa al suo cavallo.
Riconobbe subito quell’aria e quella terra.
L’odore dei prati in fiore ed i colori che guarnivano quel pastorale scenario.
Era finalmente ritornato alle Cinque Vie.
Il cielo era di un intenso blu e le nuvole che lo attraversavano era candide e lucenti.
Rivide in un attimo le sue corse ed i suoi giochi da ragazzo.
I suoi allenamenti e le lunghe cavalcate con suo padre.
Accarezzò allora il suo Arante.
“Siamo tornati a casa, amico mio.” Disse sorridendo.
Avanzò allora lungo quella piccola stradina e cominciò a scorgere in lontananza la sagoma del castello ducale.
Un intenso brivido percorse tutto il suo corpo.
Una gioia viva e straripante si impossessò di lui.
Il cuore cominciò a battergli forte e gli occhi gli divennero lucidi.
“Dopo tante sofferenze” pensò “sono di nuovo a casa.”
Ad un tratto si sentì chiamare.
Si voltò e vide una figura in lontananza.
Era immobile e lo fissava senza dire nulla.
Ad un tratto gli fece un cenno.
Ardea allora cominciò ad avvicinarsi a quella misteriosa figura.
E più si avvicinava, più riconosceva in quella figura i tratti di una ragazza.
La ragazza allora, appena fu raggiunta dal cavaliere, si tolse il velo che copriva il suo volto.
Ardea restò turbato e sorpreso, riconoscendo quella figura.
Questa gli sorrise.
Era la ragazza che Ardea vide alla locanda di Caivania.
La stessa ragazza a cui aveva donato il suo cuore.
“Perché proseguite in quella direzione, cavaliere?” Chiese quella bellissima ragazza.
“Lì c’è il castello di mio padre.” Rispose Ardea.
“Lì non c’è nessuno.” Disse la ragazza, fissandolo con i suoi meravigliosi occhi chiari. “Di qua invece vi stanno aspettando.”
“Chi mi sta aspettando?” Chiese stupito Ardea.
La ragazza non rispose nulla.
Abbassò gli occhi inumiditi dal pianto e si coprì di nuovo il volto con il suo velo.
In quello stesso momento, in fondo alla strada, apparve qualcuno.
Era un grosso cavaliere su un cavallo nero.
“Quello è il cavaliere che mi sta aspettando alla cappella di San Michele!” Disse Ardea.
“E’ tornato il duca!” Gridò un contadino che attraversava la campagna. “Presto, andiamo a rendergli omaggio!”
Ardea si voltò di scatto e vide suo padre.
Era a pochi passi da lui e gli dava le spalle.
“Padre!” Gridò Ardea. “Padre, sono io!”
E in quel momento si alzò di scatto da letto, chiamando ancora suo padre.
Era sudato ed agitato.
Le mani gli tremavano e sentiva il cuore battergli forte.
Comprese allora che era stato tutto un sogno.
Solamente un sogno.
Si guardò intorno. Era in una capanna di legno.
A pochi passi da lui c’era un camino acceso ed accanto al fuoco stava un uomo di grossa stazza che gli dava le spalle.


(Continua...)
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Ultima modifica di Guisgard : 15-07-2010 alle ore 02.55.29.
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Vecchio 15-07-2010, 10.54.15   #222
Talia
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O forse, molto più probabilmente, anche il Sommo Poeta veniva ispirato dalla medesima musa
è un'ipotesi plausibile anche questa, sì...


oh, meno male... ero così preoccupata per Ardea!!
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"Essere profondamente amati ci rende forti.
Amare profondamente ci rende coraggiosi."

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Vecchio 16-07-2010, 03.59.48   #223
Guisgard
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ARDEA DE' TADDEI

“Prospero: << Calmati e non temere più;
di al tuo cuore pietoso che non è accaduta
nessuna sventura.>>”
(Shakespeare, La tempesta, I, II)


“Avete ripreso conoscenza…” disse l’uomo accanto al fuoco “... bene.”
“Dove mi trovo?” Chiese Ardea, ancora intontito.
“Siete ospite nella mia umile capanna.” Rispose l’uomo.
“Chi siete voi?” Chiese ancora Ardea. “E come sono giunto qui?”
L’uomo sistemò un grosso pezzo di legna di traverso sul fuoco ed avvicinò un bacino di terracotta alla brace ardente.
“La minestra è quasi pronta.” Disse fissando il fuoco. “E voi avete bisogno di mangiare carne.”
Ardea lo guardava senza dir nulla, incuriosito come era da quel luogo e dal suo proprietario.
“Vi ho trovato senza conoscenza” aggiunse l’uomo “ed in una pozza di sangue nel bosco.”
“Già…” disse Ardea “… ora ricordo… il duello…”
“Si, la scena in cui giacevate come morto” rispose l’uomo “dava proprio l’idea di un duello appena concluso.”
“Il mio avversario…” cominciò a dire Ardea.
“Era poco distante da voi, senza vita.” Lo interruppe l’uomo.
“Dio sia lodato…” disse Ardea “… ho vinto quel marrano.”
L’uomo non disse nulla.
“Chi siete voi?” Chiese Ardea.
“Sono un vecchio abitante di questo bosco.” Rispose l’uomo senza mai voltarsi.
“E vivete qui tutto solo?”
“Si, lontano dai miei simili ho meno possibilità di peccare.”
“Siete dunque un eremita, allora.”
“No, non confondiamo la preziosa seta con la comune lana!” Rispose l’uomo. “Un uomo di Chiesa è ben altra cosa. Io sono solo un semplice peccatore.”
“Lo siamo tutti.” Disse Ardea.
“Si, ma non tutti abbiamo la capacità di comprenderlo” rispose l’uomo “e l’umiltà di riconoscerlo, purtroppo.”
“Ma il giusto castigo” sentenziò Ardea “alla fine colpisce sempre i rei.”
“Fortunatamente” aggiunse l’uomo “il Supremo Giudice non sbaglia mai.”
“Verissimo.” Rispose Ardea.
“L’antica saggezza popolare” continuò l’uomo “recitava spesso che Dio è tardivo nel far attendere i suoi propositi, ma non dimentica mai di realizzarli!”
“Parlate da saggio.”
“Quella che voi chiamate saggezza, ma che io invece definisco esperienza di vita, è uno dei pochi vantaggi che si raggiungono alla mia età.”
“Qual è il vostro nome, signore?” Chiese ancora Ardea.
L’uomo allora smise per un momento di mescolare la minestra e finalmente si voltò verso il suo ospite.
Mostrò così il suo volto.
Un volto maturo ma fiero, ben incorniciato da capelli lunghi e bianchissimi che unendosi con la folta barba, anch’essa bianca, racchiudevano quasi tutto il suo capo.
Lo sguardo, le gote ed il naso erano le sole cose che quel manto bianchissimo lasciava fuori dalla sua fluente massa.
Gli occhi erano di un azzurro intenso e caldo, circondati da poche ma decise rughe.
Il naso, aquilino e pronunciato, dava un’espressione a quell’uomo di austerità e nobiltà insieme.
La corporatura era robusta ed i suoi movimenti lasciavano trasparire orgoglio, dignità e lignaggio.
Ardea, fissandolo, sentì come un sussulto nel suo cuore.
Qualcosa di quel volto sembrava turbarlo.
Qualcosa però che egli non riusciva a comprendere.
Rimase così a fissare quel misterioso uomo, mentre nella capanna i bagliori del fuoco acceso generavano giochi di luce e ancestrali ombre che sembravano rendere quel luogo come una proiezione dell’Aldilà.


(Continua...)
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Vecchio 16-07-2010, 15.33.49   #224
lady rainbow
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ecco ed ora che succede???chi è questo saggio misterioso?
ps:bene ora turberete i miei sonni con quest' immagine sir..non si può vedere un Bloom cosi e rimanere impassibili...
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Vecchio 16-07-2010, 18.38.44   #225
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ps:bene ora turberete i miei sonni con quest' immagine sir..non si può vedere un Bloom cosi e rimanere impassibili...
ahhh, come sono d'accordo!
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Vecchio 19-07-2010, 04.14.06   #226
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ARDEA DE' TADDEI

“E così splendido era l’eroe figlio di Zeus,
con le guance fiorite di leggera peluria e gli
occhi splendenti, ma la forza ed il vigore di una
belva. Muoveva le braccia, provando se erano ancora
agili come in passato e non le avevano appesantite né
la fatica, né il remo.”
(Apollonio Rodio, Le Argonautiche, II, 42)


“Ecco, la nostra sobria cena è quasi pronta.” Disse l’uomo. “Come va la vostra ferita?”
Ardea allora, quasi istintivamente , portò il suo sguardo sul fianco.
“Va meglio, credo...” rispose “... non mi causa alcun dolore.”
Poi, fissando l’uomo aggiunse:
“Suppongo siete stato voi a curare la mia ferita.”
L’uomo si avvicinò al letto e gettò uno sguardo sulla stretta fasciatura che teneva fermo il fianco del cavaliere.
“Si, non sanguina più.” Disse tastandola con le dita. “Del resto sono tre giorni che dormite. La ferita ha così avuto modo di riposarsi a dovere. Fortunatamente non era molto profonda. Siete stato fortunato, Govarola quando colpisce lo fa sempre a morte.”
Ardea, avvicinatosi quell’uomo, lo fissò con ancora più attenzione.
Il viso era praticamente sommerso dai lunghi capelli e dalla folta barba e la penombra della capanna non rendeva certa più chiara la sua immagine.
“Tre giorni?” Ripeté Ardea. “Mi state dicendo che sono qui già da tre giorni?”
“Si, tre giorni e tre notti.” Rispose l’uomo mentre riempiva due ciotole di minestra. “Ecco, ora mangiamo. Voi avete bisogno di forze, altrimenti non potrete lasciare questo luogo e riprendere il vostro viaggio.”
“Come sapete che sono in viaggio?” Chiese incuriosito Ardea.
“Nel sonno i primi due giorni avete delirato.” Rispose l’uomo senza scomporsi. “E parlavate del vostro viaggio e di qualcosa che vi attendeva.”
“Sono vostro debitore.” Disse Ardea. “Mi avete salvato la vita e concesso ospitalità. Qual è il nome a cui devo tutto ciò?”
“Fin quando vivevo in mezzo agli altri” rispose l’uomo senza alzare lo sguardo dalla sua ciotola “tutti mi chiamavano Memmone il Fragolo.”
“Siete dunque di Afragolignone anche voi!” Disse Ardea. “Conoscete quindi il duca Taddeo d’Altavilla!”
“Mi sono ritirato qui” rispose Memmone “da troppo tempo. Gli usi ed i nomi degli uomini mi sono ormai indifferenti.”
“Per non conoscere il duca” replicò Ardea “vuol dire che siete qui da molto tempo!”
“Mangiate o non vi rimetterete.” Disse l’uomo.
Ardea allora consumò la sua cena.
Dopo i due stettero un po’ accanto al fuoco, senza però scambiarsi molte parole.
In realtà Ardea avrebbe voluto, ma quell’uomo non sembrava molto socievole.
Forse quella vita da eremita lo aveva indotto in tale comportamento, pensava Ardea e non volle quindi forzare più di tanto.
Del resto il nostro cavaliere continuava a fissare il suo misterioso salvatore, cercando di capire perché quel volto lo turbasse tanto.
Dopo un po’ l’uomo si alzò e diede la buonanotte al cavaliere.
Anche Ardea si coricò, ma non riuscì a prendere sonno tanto presto.
Il giorno seguente il Sole era alto e penetrava con forza da due piccole finestre sulla parete.
L’uomo servì del latte fresco di pecora al suo ospite, accompagnato da del pane caldo.
“Come vi sentite oggi?” Chiese ad Ardea.
“Molto meglio!” Rispose Ardea. “La ferita non la sento neanche più!”
“Bene, così potremo capire quando sarete in grado di ripartire.” Rispose Memmone.
“Sembra abbia un gran fretta di liberarsi di me...” pensò Ardea “... del resto se ha scelto questa l’avrà fatto perché stanco del mondo, probabilmente.”
“Ve la sentite di provare?” Chiese Mammone.
“A far cosa, signore?”
“A provare la vostra forza.”
“La mia forza?” Ripeté incuriosito Ardea.
“Si. Quando vi sarà ritornata allora potrete ripartire.”
“E in che modo proveremo?” Chiese Ardea.
“Lottando.”
“Lottando?” Ripeté Ardea. “E con chi?”
“Con me.” Rispose Mammone. “Non vi sembro forte abbastanza da poter rappresentare un buon allenamento?”
“Certo, siete alto e robusto.”
“Allora approfittate!” Disse Mammone. “Provate a spostarmi.”
I due allora cominciarono quella prova.
Ardea si lanciò verso il suo avversario e lo afferrò per i fianchi. Cercò allora di spostarlo, ma Mammone gli portò un braccio attorno al collo e lo atterrò con facilità.
“Siete ancora debole, cavaliere.” Disse l’uomo aiutandolo ad alzarsi. “Non è ancora il momento per voi di ripartire.”
Aprì allora la porta della capanna, lasciando entrare la chiara luce del Sole, che invadendo tutta la stanza quasi abbagliò lo sguardo di Ardea, non più abituato al chiarore del giorno.


(Continua...)
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Vecchio 20-07-2010, 04.34.23   #227
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“Polvere sono i cavalieri,
ruggine le loro spade,
con i santi sono le loro anime,
noi crediamo.”
(Samuel Taylor Coleridge)


Il giorno trascorse lento.
Memmone preparò una tisana per il suo ospite e sgozzò uno dei suoi capretti per sfamarlo.
Gli offrì poi del vino rosso.
“Questo è il sangue rosso della terra.” Disse ad Ardea. “Bevetene e rigenererà il vostro.”
Quando giunse la sera, i due trascorsero ore serene accanto al fuoco.
Ardea pian piano prese confidenza con quel suo misterioso salvatore e cominciò a raccontare un po’ di sé.
Memmone però non sembrava particolarmente impressionato da tutto ciò che era successo al suo ospite.
L’unica volta che rispose qualcosa fu quando Ardea gli parlò dei suoi sensi di colpa per aver abbandonato suo padre.
“La vita ha diverse stagioni” disse “e non tutte sono raggianti come un giorno di primavera. Quando si attraversa un periodo difficile, bisogna prenderne atto e cercare di non peccare ancora. La tentazione si annida nelle nebbie dei nostri stati d’animo.”
Poi concluse:
“Ora è tardi, sarà meglio andare a dormire.”
Il giorno dopo, Memmone chiese ancora ad Ardea di testare la sua forza.
I due lottarono di nuovo ed ancora una volta Ardea ebbe la peggio.
Ogni giorno, per dieci giorni, Memmone chiese ad Ardea di lottare per provare il suo stato di salute.
Il tredicesimo giorno, costretti nella capanna per il forte vento che scuoteva il bosco, Memmone mostrò alcune cose al suo ospite.
“Queste sono armi forgiate con quelle di Govarola.” Disse, mostrandogli alcune frecce. “Erano armi di strabiliante e superba fattura. Sarebbe un peccato lasciarle inutilizzate.”
“Perché ne avete fatto delle frecce?” Chiese Ardea. “La sua spada ed il suo scudo, come anche la sua mazza ferrata erano in buono stato.”
“Erano armi maledette” rispose Memmone “e andavano purificate. Troppo sangue aveva intriso la loro superficie.”
“Allora vi faranno comodo.” Disse Ardea.
“Sono per voi, non per me.” Rispose l’uomo. “A me non occorrono armi. Mi sono ritirato dal mondo proprio per non aver più a che fare con le sue miserie.”
“Per me?” Ripeté Ardea.
“Si, potrebbero servirvi.”
“Perché dite questo?” Chiese Ardea.
“Siete un cavaliere, giusto? Allora vi occorreranno di certo.”
“Ho già una magnifica arma.” Disse Ardea. “Una formidabile ed invincibile spada.”
“Non esistono armi invincibili.” Rispose l’uomo con tono disilluso. “Tutto dipende dalla maestria di chi le adopera.”
“Parlate così perché non conoscete Parusia.” Disse fiero Ardea. “Nemmeno la mitica Excalibur e la possente Durlindana potrebbero tenere testa a questa divina spada.”
L’uomo sorrise.
“Mio tenero amico” disse “conosco ogni arma di questo mondo, compresa la leggendaria spada di cui mi parlate. Ma i grandi di Afragolignone sanno bene che l’arma non può nulla se il cuore di chi la brandisce non è saldo. E voi ne avete avuto la prova con Govarola.”
“Cosa rende il cuore saldo?” Chiese Ardea.
“I valorosi e gli ideali che lo riempiono.” Sentenziò l’uomo.
Poi si alzò ed invitò Ardea a battersi di nuovo.
“Provatemi la vostra forza ed insieme ad essa quanto è saldo il vostro cuore.”
Ardea si alzò e si apprestò alla sfida.
Gli occhi dei due si incrociarono in un intenso sguardo che provocò ad Ardea un turbine di ricordi e sensazioni.
In quel momento rivide quasi tutta la sua giovinezza trascorsa alle Cinque Vie attraversargli il cuore.
Fissando quell’uomo ed il suo sguardo qualcosa si destò in Ardea, provocandogli uno stato d’animo enigmatico ed indefinito.
Come se quella scena egli l’avesse vissuta già in passato.


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Vecchio 21-07-2010, 17.49.53   #228
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un deja vu? ma chi sarà mai questo misterioso uomo?
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Vecchio 27-09-2010, 05.00.11   #229
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"Oreste <<Proprio a te parlo: soccorri, padre, i tuoi cari.>>
Elettra <<E io aggiungo la mia voce tra il pianto.>>"
(Eschilo, Orestea, Coefore)


I due si fissarono per alcuni lunghissimi istanti, perdendosi ciascuno nello sguardo dell’altro.
Memmone era robusto e forte e nonostante l’età non sarebbe stato facile per nessuno avere la meglio su di lui.
E mentre Ardea lo fissava, fu investito ad un tratto da un mare di ricordi.
Egli rivide suo padre mentre lo allenava.
Quei giorni luminosi alle Cinque Vie.
Giorni fatti di duro allenamento e snervanti sacrifici.
Suo padre era duro e non concedeva riposo.
“Cavaliere è un modo di essere, non di fare!” Soleva sempre dire.
Quanto aveva ragione, pensava oggi Ardea.
Solo quel ferreo addestramento avrebbe potuto renderlo il cavaliere che era oggi.
Se il suo spirito ed il suo fisico non fossero stati forgiati da quegli insegnamenti, egli non sarebbe sopravvissuto alle disumane Questioni che era stato costretto ad affrontare.
E come il Sole illuminava, in quei giorni ormai lontani, il castello delle Cinque Vie, così oggi l’astro infuocato rendeva chiara e lucente quella capanna.
Ma suo padre non c’era più.
C’era però quel misterioso uomo che lo incitava e lo spronava.
“Battiamoci, cavaliere!” Esclamò all’improvviso.
Un momento dopo si ritrovò Ardea addosso.
Il cavaliere, con un fulmineo balzo, lo aveva braccato.
“Notevole, ragazzo mio!” Disse Memmone. “Ma lo slancio del cerbiatto e la rapidità della lepre risulterebbero vani se non fatti seguire dalla forza del toro!”
Ardea aveva afferrato le sue muscolose braccia e cercava di immobilizzarlo.
Ma la stazza di Memmone era il doppio della sua e con un deciso quanto poderoso gesto, l’anziano uomo si divincolò dalla presa del giovane cavaliere.
“Quando deciderete di attaccare il vostro nemico” lo riprese Memmone “accertatevi di avere le possibilità per poterlo fare!”
Ardea rapido indietreggiò ed evito il tentativo di presa del suo avversario.
“Molto bene!” Esclamò Memmone. “Il giovane gufo ha ritrovato l’agilità e si libra sicuro con le sue veloci ali!”
Poi rise di gusto.
“Ma ora è il momento decisivo della battaglia...” aggiunse “... l’attimo nel quale si compie il destino dei due pretendenti alla vittoria! Occorre decisione e fermezza!”
Ardea lo fissò senza dir nulla.
“Altrimenti la sciagura è già sopra di voi!” Concluse Memmone.
In quel momento allora Ardea si lanciò sul suo avversario e strinse i suoi fianchi come in una morsa.
Per qualche istante i due contendenti furono scossi ciascuno dalla forza dell’altro.
“E’ dunque questa tutta la vostra forza, cavaliere?” Chiese severo Memmone. “Di questo passo non risolverete mai le altre Questioni che vi sono rimaste! Anzi, forse troverete la morte proprio nella prossima!”
“Maledizione!” Ringhiò Ardea.
“E il vostro fallimento sarà il fallimento di vostro padre!” Aggiunse Memmone.
In quel momento Ardea sentì un misto di delusione e pena nel suo cuore.
Ma più ancora avvertì una rabbia folle e smisurata.
Una rabbia contro se stesso.
Una rabbia che lo spinse a maledire la sua debolezza ed il suo egoismo.
Sentì allora una forza senza eguali sorgere in lui.
Una forza mai avvertita prima.
Strinse ancor più vigorosamente i fianchi del suo avversario e con un rapido e deciso movimento lo scaraventò verso terra.
Memmone cadde pesantemente, fracassando gran parte del letto, che fortunatamente attutì la sua rovinosa caduta.
“Avete recuperato in pieno la vostra salute, mio giovane cavaliere!” Esclamò dopo qualche istante Memmone.
Ardea lo fissava ansimando per la fatica.
Tutto questo mentre i vigorosi e caldi raggi del Sole invadevano e riscaldavano quella capanna attraverso un alone aureo e luminoso.


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Vecchio 27-09-2010, 13.07.26   #230
Talia
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Ardea!
Oh, sir... cominciavo proprio a sentirne la mancanza!!
Grazie, mio signore, per avermi ed averci donato un nuovo capitolo! ...mi auguro, anzi, che ora non ci lascerete in attesa del successivo troppo a lungo!!
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Amare profondamente ci rende coraggiosi."

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