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Vecchio 20-08-2016, 01.13.10   #1
Guisgard
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Il Tropico Lunare

“Beato l’uomo che non entra nel consiglio dei malvagi,
non resta nella via dei peccatori
e non siede in compagnia degli arroganti,

ma nella legge del Signore trova la sua gioia,
la sua legge medita giorno e notte.”


(Salmo I)

PROLOGO

La città dai vetri pullulava di macchine, luci, persone, quasi fosse un vecchio film senza sonoro.
La tv era accesa e trasmetteva le ultime notizie della sera.
“Veniamo alla cronaca...” disse la bella presentatrice “... dopo un anno dalla sua misteriosa scomparsa, nessuna notizia è più giunta riguardo al noto scienziato Hordafren. Il brillante matematico aveva catalizzato su di sé attenzioni e polemiche dopo le sue rivelazioni al mondo accademico circa alcune sue presunte scoperte che avrebbero rivoluzionato l'intero pensiero occidentale, riscrivendo di fatto le più basilari conoscenze della nostra cultura. Tutto ciò attirò su di sé le perplessità di molti suoi colleghi e la condanna delle più alte sfere Ecclesiastiche. Inoltre alcuni gruppi Islamici di studenti Coranici arrivarono persino a minacciare di morte il noto scienziato. E proprio il timore che il professor Hordafren possa essere stato colpito da queste minacce ogni comincia a serpeggiare fra i suoi non pochi estimatori. Ricordiamo che il professor Hordafren è scomparso senza lasciare più tracce insieme all'intero equipaggio dell'Ateon, la nave che lo stava conducendo nell'Oceano Pacifico per i suoi studi ai Tropici. Ed ora passiamo alle notizie sportive...”


IL TROPICO LUNARE

“Si tratta di acqua primordiale, di almeno mezzo miliardo di anni fa.”

(Isaac Asimov, Sogni di robot)


EPISODIO I: Orizzonte perduto



RETANIA

A Retania era un'Estate spettrale e la Luna brillava muta ed indifferente sulla vasta capitale, con misteriosi profumi che aleggiavano su onde inquiete.
Silenziose e scintillanti, malefiche ed inargentate le acque maledette dalla Luna accarezzavano le rive in ombra, mentre infiniti e bianchi petali di loto svolazzavano nel vento oppiaceo della sera.
Le alte e frastagliate scogliere mormoravano tristezza, quasi invitando a seguire il loro profilo di canne ondeggianti, fiori assopiti ed alghe spumose.
E mentre la Luna cominciava a calare ad Ovest e la marea si ritirava dalla riva incantata, in lontananza si stagliavno visioni svelate di guglie perfette, torri festonate di marmo ed alti palazzi inabissati nel cielo crepuscolare.
E quel profilo della città appariva simile ad un miraggio perduto, nella morsa della costa di perle e coralli e del bosco profondo ed ancestrale.
E proprio nel bosco magico ed ignoto molti erano scappati, in cerca di miti e tradizioni per sfuggire all'orrore che continuava a colpire quelle lande.
Solo il bosco sembrava in grado di proteggere quel mondo.
La capitale, nonostante la sua inarrivabile bellezza ed il suo seducente mistero, era invece la preda preferita di quel caos primordiale.




CITTA' DI CAPOMAZDA

La città correva tra le sue caotiche strade, tutte articolate fra popolosi quartieri, traffico, grattacieli di vetro ed acciaio, chiese e larghe piazze tutte circondate ed animate da svariati locali, mentre le insegne al neon lampeggiavano con i loro colori assurdi e giochi psichedelici che si riflettevano sul cielo della sera.
L'umidità fluttuava tra i monti e la campagna, salendo lenta e dolce ad appannare le prime stelle ed a velare la Luna, senza però intaccare la confusione cittadina, fra le antiche mura della cittadella fortificata e la ricca e moderna metropoli con le sue strutture avveniristiche.
L'antenna della radio troneggiava sul brulicante centro urbano, con la gente che indifferente si spostava senza senso sui marciapiedi e fra i vari negozi.
Erano giorni di vivacità, nonostante fosse Agosto inoltrato, a causa del III° Simposio Mondiale sulle origini della civiltà, evento di portata internazionale e che aveva attirato in città l'intero mondo accademico storico-scientifico.
E qui naturalmente si era discusso anche sulla misteriosa scomparsa del noto professor Hordafren e sulla sua contraddittoria figura.




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Vecchio 20-08-2016, 01.20.04   #2
Lady Gwen
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Lady Gwen ha un'aura spettacolareLady Gwen ha un'aura spettacolare
Il bosco era particolarmente tranquillo quel giorno.
La luce del crepuscolo filtrava fra le fronde degli alberi, creando un'aura incantata, cosa non strana da queste parti, ma era un effetto che riusciva sempre a sorprendermi.
Godendo ancora qualche minuto del prato soffice e fresco, mentre gli ultimi raggi del giorno morente giocavano con preziosi giochi di cangianti luminescenze fra le mie ali, arrivai davanti alla Grande Quercia.
Sorrisi.
Era l'albero più antico del bosco, un albero che solo guardandolo e osservandolo ti infondeva quell'imponenza, quella saggezza tipica delle creature che da tempo immemore sono ospiti della Terra.
Poggiai la mano sulla ruvida e confortante corteccia, mentre il sangue fatato che mi scorreva nelle vene veniva riconosciuto, come un antico richiamo, e il passaggio si apriva, mostrandomi la vista mozzafiato del villaggio, Idrial.
La cittadina era organizzata in tante piccole casette, intervallate da negozietti e botteghe, ricche degli oggetti più disparati.
Ricambiavo con un sorriso i cenni di rispettoso saluto che gli abitanti mi rivolgevano.
Mi ero sempre detta che, una volta diventata regina, avrei regnato con la dolcezza e la bontà di mia madre, Miriel, e la determinazione e la fermezza di mio padre, Egnor.
Il popolo era felice, sereno, lo si leggeva nei loro occhi, occhi particolari, fatati, impreziositi da quelle screziature che li rendevano, e ci rendevano, diversi dagli altri.
Camminai ancora, finchè sull'altura lo vidi.
Il Palazzo della Luce.
Splendido e luminoso nella sua fattura, che comprendeva esclusivamente oro e cristallo di rocca, con quest'ultimo che con la sua capacità di raccogliere i raggi luminosi e trasformarli in stupendi arcobaleni aveva dato al palazzo il suo nome.



Entrai nel grande androne e cercai di capire dove fosse mio padre.
Mia madre era scomparsa da alcuni anni ormai, mi mancava, ma i bei ricordi di lei mi aiutavano a sopperire al vuoto che avevo di lei,così rimasi a fissare incantata, come spesso facevo, il suo ritratto.





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Vecchio 20-08-2016, 01.37.57   #3
Altea
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Altea ha un'aura spettacolareAltea ha un'aura spettacolareAltea ha un'aura spettacolare
Ascoltai attentamente la notizia alla televisione...già.. era da tanto non si avevano notizie di Hordafren ma prima di lui era scomparso mio padre.
Sospirai spegnendo il grande televisore al plasma e assaporando un cocktail fresco guardando il panorama di Capomazda dal mio grande attico a due livelli nel più alto grattacielo.. si doveva preparare il III Simposio Mondiale e avrei avuto un bel pò di lavoro.
Mi presento..sono Altea de Ruen, figlia di un famoso studioso storico archeologo di cui si sono perse le tracce durante una spedizione. Ogni giorno vivo nella speranza di rivederlo, mi ha lasciato soldi e le sue passioni ed infatti lavoro alla Università di Capomazda come aspirante archeologa, dove mio padre aveva una Cattedra.
Grazie a lui ho imparato la passione per questo lavoro, le armi che so usare perfettamente e l' avventura.
Non sono sola, sebbene figlia unica..mi incontro con i miei amici universitari e abbiamo fondato un gruppo privato "La sirena bianca" e ci dilettiamo ad esporre i nostri pensieri e studi. Perchè questo nome? E' il nome del relitto marino trovato da mio padre in una spedizione e dal quale mi portò una strana collana di cui mi disse di non separarmi mai, la porto al collo gelosamente..un giorno saprò il suo significato. Per ora mi diletto nelle mie passioni e divertimenti e nel mio lavoro aspettando quello scossone che renda la mia vita particolare.

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"Coloro che sognano di giorno sanno molte cose che sfuggono a chi sogna soltanto di notte". E.A.Poe

"Ci sono andata apposta nel bosco. Volevo incontrare il lupo per dirgli di stare attento agli esseri umani"...cit.

"I am mine" - Eddie Vedder (Pearl Jam)

"La mia Anima selvaggia, buia e raminga vola tra Antico e Moderno..tra Buio e Luce...pregando sulla Sacra Tomba immolo la mia vita a questo Angelo freddo aspettando la tua Redenzione come Immortale Cavaliere." Altea
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Vecchio 20-08-2016, 01.44.18   #4
Clio
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Retania

Nella foresta oscura e tetra si nasconde una torre solitaria e inaccessibile: la Torre di Giada, dove la leggenda narra sia nascosto il Cuore di Giada, un manufatto che racchiude al suo interno poteri inimmaginabili.
Si racconta che possa rendere invincibili in battaglia, catturare cuori, accumulare ricchezze, mentre secondo altri si ha un demone al proprio servizio, o ancora le cose più strane: chi dice che possa dare la felicità, rendere immortali, curare i malati, uccidere in un battito di ciglia.
Così, molti guerrieri, avventurieri, persino reali hanno cercato in lungo e in largo la Torre di Giada, nel ventre stesso della foresta.
La maggior parte di essi è morto o impazzito ancor prima di arrivare alla Torre, ma per quelli che vi sono giunti, la sorte non è stata certo migliore.
Si narra che il Cuore di Giada abbia un guardiano.
E anche sul guardiano ci sono le leggende più assurde: secondo qualcuno è un potente drago verde, altri parlano di un mostro, o ancora un demone, un gigantesco molosso a tre teste.
Comunque sia, nessuno è mai tornato indietro per raccontarlo, generando così le fantasie più assurde.
Si narra che il custode del Cuore di Giada sia legato al suo destino, e chi riuscirà a sconfiggerlo potrà poi averlo come schiavo, insieme al Cuore.



Un’altra mattina è giunta, il sole fa capolino tra le finestre della torre.
Un giorno come un altro, in una lunga e ripetitiva trafila che si ripete ormai da anni.
A meno che non si tratti di uno di quei giorni.
D'un tratto, udii il familiare richiamo del rapace, e mi affacciai alla finestra.
Un cavaliere solitario in sella al suo destriero arrivava.
Sorrisi.
Bramavo e temevo “quei giorni”, gli unici a non essere uguali agli altri, gli unici in grado di rompere la monotonia della mia vita.
Mi preparai in fretta, e raggiunsi la sala grande, illuminata da una strana luce verde, data da cristalli che riflettevano la luce del sole.
Poco dopo l’uomo arrivò.
Quello che si trovò davanti poteva sembrargli surreale.
Un lupo bianco con due occhi azzurri, avvolto da una forte luce stellare.
Questo era l’incanto del Cuore, in realtà era la custode che lo fissava, con una lancia in mano, intarsiata con simboli antichi, e con alle estremità dei cristalli di Giada.
“Chi osa irrompere in questo sacro luogo” la voce del Lupo rimbombò in tutta la sala.
“Io sono Sir Gartir e reclamo il Cuore di Giada, per salvare il mio signore che sta morendo…” disse il cavaliere, con un inchino.
Era sempre commuovente vedere come gli uomini pensassero che le motivazioni che li avevano portati lì fossero importanti, come se decidessimo di lasciar perdere tutto e consegnargli il Cuore.
La verità era che briganti o santi, tutti sarebbero andati incontro al medesimo destino.
Il Lupo ringhiò, e lo scontro cominciò.
Una danza atavica e primordiale in quello scenario così unico, una danza di morte, di vita e di libertà.
Una pioggia di colpi, fendenti, affondi, finte, sangue ferro e giada.
Finchè il cavaliere non cadde a terra, agonizzante.
Allora il Lupo gli inflisse il colpo di grazia, con i suoi gelidi occhi azzurri.
“Pulite tutto..” ordinò ai domestici che stavano nascosti.
Il Cuore di Giada era salvo un’altra volta.


Quello che le storie non raccontano, del misterioso guardiano del Cuore di Giada, è che non si tratta né di un drago, né di un demone, né di un mostro.
Ma di un semplice essere umano, di una donna per di più, condannata a quella vita fin da bambina.
Senza mai sapere cosa sia la libertà.
Perché il suo destino è legato al Cuore, e se lasciasse la Torre senza essere stato liberata morirebbe, ma essere liberata significava diventare schiava del padrone del Cuore.
E a quel pensiero la cattività non sembrava poi così male.
Eppure c’era una speranza, un’antica leggenda che le custodi si scambiavano di generazione in generazione, l’unica cosa che le tenesse in vita.
La profezia che un giorno il legame si sarebbe potuto spezzare.
E allora il Lupo Bianco sarebbe davvero stato libero, padrone del suo destino.
Ma non è altro che una leggenda, per centinaia di anni le custodi hanno terminato il loro servizio con la morte.
Quando una nuova custode viene istruita, sfiderà il Lupo Bianco e ne prenderà il posto se riuscirà a sconfiggerlo.
Deve sempre esserci il guerriero migliore a difesa del Cuore.
E non è poi così difficile far sparire bambine per addestrarle ad essere dei guerrieri implacabili.
Una custode non smette mai di combattere, al suo trentesimo compleanno, cederà il posto ad una custode più giovane, ma non sarà libera.
Diventerà sacerdotessa del Cuore, e resterà nella torre fino alla fine dei suoi giorni.
Nessuna di loro è mai stata sconfitta, nessuna di loro è mai stata liberata.
Molte infatti consideravano la profezia come un’invenzione di una custode per non impazzire, altre invece ci credono fermamente.
Io non so più cosa credere, non conosco nient’altro che il sangue e la cattività.
Un lupo non è fatto per essere rinchiuso, dopotutto.
Ed io è questo che sono.
Un lupo, il Lupo Bianco.
Il Lupo Solitario della Torre.
L’ultima custode del Cuore di Giada.



Quando tornai nella sala, le ancelle avevano gia pulito tutto, lasciandomi come di consueto, la spada del malcapitato.
La raccolsi e restai ad osservarla per un lungo istante.
Era di pregevole fattura, come molte altre del resto.
Così, la raccolsi e raggiunsi la sala più bassa in cui mi fosse concesso entrare.
L'ultima sala che vedevano gli intrusi prima di trovarsi al mio cospetto.
Qui, a monito, erano appese centinaia di spade, dei cavalieri, dei ladri, dei banditi e persino dei re, che avevano sconfitto le custodi nei secoli per proteggere il Cuore di Giada.
Guardai l'angolo dove c'erano tutti i miei trofei con un sorriso, mentre mi apprestavo a sistemare la mia ultima conquista.
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Vecchio 20-08-2016, 01.55.42   #5
Nyoko
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Mi svegliai di soprassalto. Era già mattino. I primo preziosi raggi del sole mi accarezzarono il volto, dandomi un leggero fastidio agli occhi. Non volevo alzarmi. Mi ero allenata così tanto la scorsa sera da non riuscire più a stare in piedi.
Mi alzai con forza, con ancora gli occhi chiusi. Mi affacciai alla finestra e guardai il cielo. Era di un bellissimo azzurro, ma per me era sempre lo stesso cielo triste che vedevo da quel giorno. Andai a vestirmi. Indossai la mia tuta da lavoro verde e marrone, e mi aggiustai i capelli rossi e ribelli. Poi afferrai la spada e la fissai. La spada di mio padre. Forgiata direttamente da mia madre.
Distolsi lo sguardo e nascosi la spada dalla pietra particolare nel fodero, e mi avviai.
Durante il cammino, mi inoltrai nel villaggio, conosciuto come "la terra della luce" poiché eravamo i prediletti del sole. Non so quanto potesse essere bello questo fattore, ma al mio popolo piaceva credere così.
Mentre camminavo, mi sentì pizzicare le lunghe orecchie a punta. Mi voltai, credendo di essere chiamata, ma mi resi conto che era solo la mia fantasia. Lui non c'era più, ma non riuscivo ancora ad accettarlo. Il mio sorriso era scomparso dal mio volto ed il dolore non sbiadiva il suo volto. Il volto dell'uomo più importante della mia vita: mio padre, Marlax. Il solo eroe in grado di proteggere il nostro mondo di luce da quello oscuro. Perso durante una tremenda battaglia. Mentre rimuginavo sulla sua morte e le sue geste eroiche, giunsi alla base di controllo, dove anche oggi avrei fatto da vedetta per proteggere il nostro villaggio, la terra di Lumus.

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Vecchio 20-08-2016, 02.02.34   #6
Guisgard
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Il palazzo era avvolto da un'aura incantata, formata da infiniti granelli di sabbia magica.
Ogni giorno veniva fatta fluttuare sull'intero palazzo, rendendolo non solo invisibile a coloro che non appartenevano al Piccolo Popolo, ma anche invalicabile.
E mentre Gwen fissava il ritratto di sua madre, un elfo, dalla figura assopita e slanciata, la raggiunse.
“Bentornata, principessa.” Disse con un lieve inchino. “Sua maestà ti stava aspettando... prego, ti condurrò da lui.”
Così, attraverso un lungo corridoio, Gwen fu condotta in una grande sala di quarzo ed alabastro.
Re Egnor era sul suo trono d'aria, circondato dagli gnomi che lo affiancavano come consiglieri ed al suo cospetto vi erano alcuni nani della selva.
Ma nel vedere sua figlia, Egnor le sorrise e con un cenno la fece avvicinare.
“Dimmi...” fissandola “... com'è andato il tuo viaggio per il bosco? Ti sei divertita? Attendevo con ansia il tuo ricordo... solo quando sei qui con noi io ti sento al sicuro. Strane storie si raccontano oltre i confini del nostro villaggio...”
Ed i nani annuirono preoccupati.
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Vecchio 20-08-2016, 02.09.29   #7
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La collana che il padre aveva lasciato ad Altea era particolarmente curiosa.
Da essa pendeva un silicio nero e lucidissimo, grande si e no come un dattero, sul quale erano impressi oscuri segni di uno sconosciuto sistema di geroglifici.
Nessuno degli studiosi che avevano potuto studiare quel misterioso monile erano riusciti ad inquadrare quei geroglifici in una qualche lingua conosciuta o almeno riconducibile ad un gruppo noto.
Una particolarità che quella collana presentava era la sua capacità di cambiare colore una volta entrata a contatto con l'acqua.
Da nera infatti diventava di uno strano colore ambrato.
Ad un tratto qualcuno suonò al citofono.
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Vecchio 20-08-2016, 02.10.05   #8
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Ero ancora intenta a fissare il quadro, quando un elfo mi raggiunse, avvisandomi che mio padre mi cercava.
Mi feci condurre così da lui, mentre la sabbia magica, utile a celare il palazzo, fluttuava leggera come pulviscolo.
Lo vidi seduto al trono, accerchiato dai suoi consiglieri e da alcuni nani della selva.
Sorrisi appena e presi le sue mani nelle mie.
"Sì, il bosco era molto tranquillo oggi" annuii "Dai, non preoccuparti, non mi succederà nulla" sorridendo incoraggiante.



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Ultima modifica di Lady Gwen : 20-08-2016 alle ore 02.15.07.
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Vecchio 20-08-2016, 02.16.09   #9
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Mi rinfrescai il viso e una goccia cadde lentamente dal viso sul collo, vidi la pietra farsi ambrata...divenni seria..possibile nessun luminare al Simposio mi avrebbe aiutata a decifrarla.
Ad un tratto uno squillo di citofono, toccai un display per vedere chi fosse..la tecnologia a volte era una gran comodità.
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Vecchio 20-08-2016, 02.22.17   #10
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Un battito d'ali catturò l'attenzione di Clio.
Allora il gufo si posò sul davanzale della finestra, restando a fissare la ragazza con i suoi grandi occhi indagatori.
“Quanto chiacchierano i mercanti del Nord...” disse Abelardo il gufo “... sono capaci di camminare per giorni con le loro carovane senza smettere mai di parlare. Di cosa poi? Miti e leggende. Bah, ecco perchè il mondo va a rotoli. Ormai la ragione è poco più che un peso per molti. Di questo passo finiremo col vivere in un mondo fatto di favole e superstizioni. Pensa un po', raccontavano di un intero villaggio, meta del loro viaggio per scambiare merci, trovato completamente distrutto dal fuoco. A sentir loro è bruciato in una manciata di minuti, come se dalla terra fossero emerse le fiamme del'Inferno per consumarlo all'istante. Bah..." insofferente.
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