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#1611 |
Cavaliere della Tavola Rotonda
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Gavron ascoltò con attenzione le parole di Melisendra.
E ad ogni parola il suo viso sembrava distendersi e riacquistare un pò più di colorito rosa che il pianto aveva come asciugato. “Allora lui non sapeva che sotto la corazza ci fosse una donna…” disse “… e non poteva nemmeno immaginarlo, perché lei era forte come un uomo, giusto?” Annuì. “Ma lui lo sa?” Chiese. “L’ho sentito dire che era pentito e ci stava male… forse dobbiamo dirglielo che non è colpa sua… forse ora si sente un vigliacco, un uomo cattivo… si, dobbiamo dirglielo che non è colpa sua…” le sorrise finalmente “… io credo che dovreste essere voi a dirglielo, milady… lui tiene a voi e si fida di ciò che dite… quando giungeste qui, mi disse che dovevamo difendervi da alcune persone cattive… che voi eravate come una principessa e noi due i vostri cavalieri… lui si fida di voi, milady…” e quel sorriso divenne ancora più grande e luminoso "... si, scendiamo. Scendiamo, così possiamo dirglielo!"
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AMICO TI SARO' E SOLO QUELLO... E' UN SACRO PATTO DA FRATELLO A FRATELLO Ultima modifica di Guisgard : 29-06-2011 alle ore 05.34.31. |
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#1612 |
Cittadino di Camelot
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"Eh?" non feci in tempo a sollevare un sopracciglio che mi travolse e in un battito di ciglia ci trovammo nel cortile a cercare Guisgard.
"Ma..." una volta giù cercai di scuotermi di dosso il fieno, finitomi dappertutto, perfino tra i capelli. "D'accordo, ma forse è meglio se ci parlo da sola... in fondo è un argomento delicato..." In realtà pensavo che avremmo certamente continuato a litigare, perciò era meglio che Gavron non assistesse nuovamente alla deplorevole scena di poco prima. Gli misi in mano l'involto e gli dissi di aspettarci in casa. Saremmo arrivati prestissimo. Mi incamminai, seguendo Guisgard, che si era diretto nel piccolo orto dietro casa.
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#1613 |
Cavaliere della Tavola Rotonda
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Finiwell fissò Llamrei quasi stupito.
“Giuro sul mio valore cavalleresco” disse sottovoce a Cavaliere25 “che non immaginavo esistessero monache simili! Probabilmente a farle prendere i voti saranno stati i suoi familiari! Non mi stupirei” ridacchiando “se ora prendesse una scopa e volasse via!” Llamrei, seguita da Finiwell, Morrigan e Cavaliere25, imboccò il cunicolo. Attraversarono così un lungo e stretto passaggio, che percorreva sottoterra buona parte della città. Giunsero poi ad una piccola apertura che dava direttamente nel cortile della caserma.
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#1614 |
Cavaliere della Tavola Rotonda
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Gavron annuì entusiasta a quelle parole di Melisendra.
Prese allora i biscotti e corse in casa. Melisendra così si diresse verso Guisgard, che si trovava nell’orto che si apriva dietro la casa. L’aria del mattino era ancora mite e la campagna assumeva vivissime tonalità di rosso e arancione, mentre il Sole si alzava man mano da Oriente. I frutti degli alberi sembravano grosse pietre colorate che il vento quasi si divertiva ad accarezzare ed a scuotere. Il cavaliere fissava le grandi nuvole che si gonfiavano nel cielo e che navigavano verso est, riflettendo i teneri ed acerbi colori di quel nuovo giorno. Investite dai raggi del Sole nascente, quelle nuvole sembravano assumere contorni fiabeschi ed incantati, simili a regni lontani e sospesi nei Cieli. Città galleggianti, fornite di alte torri e poderose mura, parevano prendere forma mentre il cielo si forgiava col calore e l’intensità del nuovo Sole. “Devi recarti a Capomazda, Guisgard...” disse il vecchio maestro “… solo lì potrai conoscere la verità e capire veramente chi tu sia…” “Non voglio, maestro…” mormorò Guisgard “… odio quel luogo e tutto ciò che rappresenta…” “Lì è cominciato tutto... e solo lì potrai conoscere non solo la verità, ma anche te stesso...” Ad un tratto qualcosa destò Guisgard da quel ricordo. “Siete voi…” voltandosi e vedendo Melisendra alle sue spalle “… cosa volete ancora? Farmi scomparire dai vostri spiriti? Beh, mi fareste solo un piacere… possibilmente vorrei finire agli estremi confini del mondo… magari nella steppa tartara, o nel deserto arabico dove mozzano il capo a tutto ciò che somigli anche lontanamente ad un infedele…”
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#1615 |
Cavaliere della Tavola Rotonda
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L’esercito nemico si era accampato nella campagna circostante le mura di Capomazda.
Qui Gouf e Ivan de Saint-Roche avevano concesso ai loro uomini di saccheggiare e depredare i campi coltivati. Furono anche incendiate alcune case isolate, lasciate anticipatamente dai loro proprietari dopo che si era diffusa la notizia del possibile assedio. “Distruggendo la campagna” disse Ivan “getteremo la gente nello sconforto e nella disperazione. Presto non avranno più nulla da mangiare!” “All’interno delle mura avranno abbastanza scorte per resistere un bel pò al nostro assedio.” Intervenne uno dei suoi luogotenenti. “Questo è sicuro.” Annuendo Ivan. “Ma quelle scorte non dureranno in eterno. Resteremo qui anche anni, se dovesse essere necessario.” Gouf ascoltava in silenzio. “Voi cosa ne pensate?” Gli chiese Ivan. “Non ho fretta…” rispose Gouf. “Io invece si.” Replicò Ivan. “E tanta.” “Quando saranno esausti, affamati e rassegnati” mormorò Gouf “allora mi consegneranno l’uomo che cerco… la disperazione rende gli uomini vigliacchi, egoisti e disumani.” “A me non interessa nulla di quell’uomo.” Fece Ivan. “Io voglio le terre ed i tesori di Capomazda.” “Perché non prendiamo la città adoperando il nostro ariete?” Chiese il luogotenente ad Ivan. “Perché ora sono ancora in grado di difendersi e di combattere.” Rispose questi. “Attenderemo invece… attenderemo il momento giusto… quando non avranno più forza per respingerci…”
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#1616 |
Cittadino di Camelot
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Ascoltai con attenzione le parole di Luna, memorizzando ogni minimo dettaglio.
"Peggio di Theenar in persona, sembrerebbe..." dissi sogghignando. "Sai Luna, io sono sicura che il Cavaliere del Gufo ce l'ha un anima... Tu sai se per caso Ade..." mi interruppi. Lho ci stava ascoltando ed io non volevo renderlo partecipe dei miei affari. Mi avvicinai ancora di più a Luna e le sussurrai nell'orecchio, in modo che orecchie indiscrete non ascoltassero la nostra conversazione. "Forse dovremmo tornare alla Tana e da lì preparare un nuovo piano per uccidere il Cavaliere. Tu hai detto di aver visto i due eserciti che ci attaccheranno, giusto? Ho deciso, lo ucciderò durante la battaglia, non se ne accorgerà nemmeno!" risi sommessamente. Solo poco dopo mi resi conto che Theenar stava prendendo nuovamente il sopravvento. Sorrisi. Mio Signore, finalmente. Vi fate nuovamente sentire! Cominciavo a pensare che mi aveste abbandonato... Sono felice di condividere con Voi il mio corpo. Continuammo a camminare e giungemmo in un piccolo borgo. Gli abitanti ci guardavano con interesse e bisbigliava qualcosa a proposito della Dolorosa Costumanza. In lontananza sorgeva su una piccola altura uno stupendo palazzo. Icarius fermò un passante e gli chiese cosa fosse quel castello, l'uomo gli rispose che era la Dimora degli innamorati. "Siamo arrivati, dunque. Lady Talia si trova in quel palazzo..." Guardai Luna e le parlai mentalmente, per non destare sospetti. Luna, puoi sentire se Talia si trova in quel palazzo? Non vorrei aver percorso tutta questa strada per niente... Luna scuotè piano la testa. No, Verdammt, non posso. L'aura di questo posto è troppo... negativa. I miei poteri sono positivi. Dovrai utilizzare i tuoi, Verdammt. Sollevai la manica destra della mia tunica e osservai il Segno Maledetto. Dopo solo qualche secondo di concentrazione il Segno Maledetto cominciò a pulsare di una luce azzurrina e la vidi, in compagnia della donna della pieve, Layla... "Dobbiamo sbrigarci." dissi guardando intensamente Icarius. Ora dobbiamo cimentarci nella misteriosa tradizione, ma finalmente siamo giunti alla Dimora degli Innamorati.
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"La Morte non è una punizione, ma una liberazione" Dragon Heart. ![]() |
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#1617 | |
Cittadino di Camelot
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La verità...
Trattenni il respiro a quelle parole della donna e strinsi più forte il calice che tenevo tra le mani. La verità... Chinai appena la testa. Ciò che mi era stato chiesto mi aveva scosso l’anima e non ero certa di quello che aveva causato in me... mi sarebbe occorso tempo per assimilare l’idea, tempo per comprendere il mio stato d’animo... Ma non l’avevo. Non avevo tempo... improvvisamente mi resi conto di quanto poco conti tutto il resto quando non si hanno che pochi attimi per prendere una decisione tanto importante. “Talia...” La voce ferma di mio padre mi riscosse, sollevai gli occhi su di lui. “Talia, ho bisogno di una risposta. Adesso!” Mossi gli occhi tra lui e i due uomini che stavano al suo fianco: uno era il suo più vecchio e fidato consigliere, l’altro era un uomo che non avevo mai visto prima ma che sapevo essere un ambasciatore giunto da Capomazda. “Lui... beh, lui che cosa dice?” mormorai, nel disperato tentativo di prender tempo. “Lord Rauger scrive...” iniziò il principe, gettando un occhio alla lettera che stringeva tra le mani. “Non ho chiesto cosa scriva lord Rauger, padre!” lo interruppi “Ho chiesto che cosa pensa lui... di questa... faccenda! Ti prego, vorrei conoscere la verità!” Gli occhi di mio padre sembrarono volermi perforare ed entrare nella mia mente... “Milady...” si intromise a quel punto l’ambasciatore “Milady, come il nostro augusto signore lord Rauger scrive, tutti a Capomazda sono entusiasti... lord Icarius per primo...” Ma mio padre lo interruppe con un rigido e intransigente movimento della mano. Mi osservò ancora per un istante... “La verità! Niente è più meraviglioso e più pericoloso allo stesso tempo... la verità... è questo che vuoi?” sospirò “E’ giusto... in fondo persino una verità che ferisce è meglio, a conti fatti, di una bugia di comodo. Ma la verità è che io non so ciò che tu chiedi, mia piccola Talia. Tutto ciò che so è in questa lettera.” Ci scambiammo ancora un’occhiata... volevo bene a mio padre e lo rispettavo più di qualsiasi altra persona al mondo, in quel momento seppi che anche lui rispettava me. E quelle parole non le avrei dimenticate mai più. Infine decisi... mi inchinai e mormorai: “Acconsento a questo matrimonio, signore. Sono contenta!” Quel ricordo durò appena un battito di ciglia, un istante dopo era già svanito e io stavo ancora fissando Layla. La verità... Qual era la verità di Icarius? E in quel momento capii che, qualsiasi essa fosse stata, sarebbe stata la sola cosa giusta da perseguire. Sorrisi appena. “Forse avete ragione, dopotutto, milady...” mormorai “La verità, qualsiasi essa sia... beh, vale sempre la pena di cercarla.” Sollevai il calice, quindi, e ne bevvi l’intero contenuto... era liquido e fresco, ma impalpabile contro le mie labbra, era come bere una nuvola. Riabbassai il bicchiere, infine, e tornai a guardare Layla... Pregavo, in quel momento... pregavo silenziosamente che Icarius trovasse la sua verità, pregavo che questo non lo conducesse alla rovina, ma pregavo anche egoisticamente che non dimenticasse il suo cuore. Citazione:
Ma subito mi riscossi: appoggiai il calice sul tavolo e corsi fuori, dietro a Layla e a Shezan.
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#1618 |
Cittadino di Camelot
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Avanzai compostamente nell'orto. Era ben curato e rigoglioso.
Il sole del mattino era piacevole sulla pelle. Il tepore era gradevole e un lieve brezza muoveva le foglie. Scrutai bene e non vidi i miei fedeli spiriti. Erano altrove. Guisgard si voltò di scatto. Ascoltai pazientemente le sue parole e mi avvicinai a un pesco. Quel piccolo frutteto era pieno di profumi dolci e dell'odore della terra scura. Lo rimirai, e fece per un attimo riaffiorare nella mia memoria ricordi fugaci di un tempo in cui avevo corso in un simile frutteto, molto lontano da lì. "Siete furente per qualcosa e sono sicura che questo qualcosa non coinvolge direttamente me... io sono solo il bersaglio più vicino. E Aytli non è che un tormento che vi autoinfliggete come per distrarvi da qualcos'altro, poiché sapete anche voi che non è certo stata colpa vostra ciò che è successo." Mormorai con un po' di tristezza, mentre le mie dita accarezzavano lievemente la vellutata morbidezza di una pesca che penzolava proprio poco sopra di me. "C'è un nodo di dolore dentro di voi... lo so, perchè... bè, non solo una cattiva madre, una che gioca con gli spiriti e la sciocca che credete voi. Potete ignorare le mie parole o abbaiarmi nuovamente contro, per me fa poca differenza, ma non se ne andrà se continuerete a far finta che non esista." Parlai sottovoce, con una calma che pensavo di non avere più. Avevo detto a Gavron che avrei cercato di sistemare le cose. Mi appoggiai al tronco dell'albero e per un attimo socchiusi gli occhi, sentendone l'energia, che saliva dal terreno e si diramava. Lo guardai di sfuggita, mentre ammiravo le fronde dell'albero ondeggiare sopra di me. "Gavron mi ha mandata per riappacificarci. E io vi ho detto quello che penso... e ora aggiungo che non intendo affatto aiutarvi a perdere la testa in un deserto lontano." Svicolai seduta, tra le radici dell'albero.
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#1619 |
Cavaliere della Tavola Rotonda
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A quelle parole del passante, Icarius guardò Sayla e gli altri suoi compagni di viaggio, per poi spronare Matys ed incamminarsi verso l’altura sulla quale sorgeva il palazzo.
Luna si avvicinò per un attimo a Sayla e le sussurrò qualcosa, ben attenta che nessuno ascoltasse. “Il Cavaliere del Gufo è protetto da forze troppo grandi anche per noi…” disse “… fino a quando avrà quella sua corazza i nostri poteri saranno nulli contro di lui… ricordalo…” Il Sole aveva già compiuto buona parte del suo corso, ma i suoi raggi di Giugno cadevano ancora copiosi sugli arbusti e sulle rocce bianchissime e levigate che adornavano quel bucolico scenario. Al passaggio dei nostri e dei loro cavalli nutriti sciami di mosche, farfalle e libellule si alzavano dai cespugli per fuggire via. Sotto la luce del giorno ancora vivo quegli insetti risplendevano come gemme, mentre celati nelle fronde degli alberi circostanti uccelli di varie specie accompagnavano il sibilo leggero di una brezza gentile con il loro canto gioioso. Prossimi alla cima di quell’altura, i nostri poterono abbracciare con uno spettacolare colpo d’occhio il bosco e l’intera brughiera che ricopriva i confini più remoti e misteriosi di quel mondo. Quel luogo era selvaggio e vivo. La natura dominava serena e nell’attraversarlo Icarius avvertì un’indefinita sensazione nel cuore che non seppe spiegare nemmeno a se stesso. Alzò allora gli occhi al Cielo. Un Cielo terso ed azzurrissimo, appena lambito da monumentali nuvole sospese tra la terra ed i sogni di chi poteva scrutale. Quelle nuvole lasciavano cadere la loro ombra sui monti lontani che, stagliandosi lungo l’orizzonte dimenticato, sembravano far quasi da guardiani a quello scenario dai tratti lussureggianti e dalla classicheggiante visione. I cavalli imboccarono uno stretto passaggio tra i rovi, simile ad un sentiero solo a tratti salvatosi dall’oblio del tempo, raggiungendo così uno spuntone roccioso simile ad un parapetto. Qui si ritrovarono in una sorta di pineta, riparata dal Sole e avvolta in un’atmosfera dunque tiepida ed odorosa, che sembrò suscitare serenità e calma nei cuori dei nostri eroi. Ma raggirato quello spuntone roccioso, di solido e splendente granito sotto quel cielo azzurrognolo e luminosissimo, si ritrovarono in una piccola selva intrisa di angoscia per l’irreale spettacolo che racchiudeva. Ovunque vi erano resti di cavalieri a marcire nelle loro corazze arrugginite alla mercè del ronzio di mosche e calabroni, come del vorace appetito dei ratti. Un fetido orribile e disgustoso appestava l’aria e lamenti, pianti ed imprecazioni sembravo l’unica melodia nota a quel disperato asilo. Erano i lamenti, i pianti e le imprecazioni delle donne che si trovavano vicino a quei corpi orrendamente putrefatti. Erano madri, figlie, mogli. Si strappavano le vesti e si graffiavano il viso e le braccia, maledicendo se stesse ed il loro sangue. Davanti a quella scena una cupa disperazione, sorda ma implacabile, scese nei cuori di Icarius e dei suoi compagni. L’eroe ardeide si voltò a fissare i suoi amici, quasi a chiederne il sostegno, la forza o forse solo la compassione ed il perdono per averli trascinati in un luogo che sembrava essere la più oscura anticipazione degli inferi che un uomo avesse mai visto. Lho fece cenno col capo di proseguire, incamminandosi come a voler far strada a tutti loro. Ed usciti da quella selva dai contorni da incubo, videro finalmente il palazzo davanti a loro. Tutto era diverso, opposto a ciò che era apparso loro nella selva. La natura aveva riacquistato i suoi colori ed i suoi suoni ed anche il vento aveva ricominciato a soffiare, lento e pietoso, tra gli alberi ed i bagliori delle rocce rese incandescenti dal Sole di Giugno. Il palazzo, notevole per dimensioni e lusso, era racchiuso da belle e solide mura, alte e forti come bastioni. Un magnifico ingresso si apriva fra quelle mura, con due alte e robuste colonne, di gusto greco, a racchiuderlo. Sulle colonne crescevano profumati e colorati fiori di ogni tipo, che avvolgevano il lucente marmo delle colonne fino ai sontuosi capitelli. Ad un tratto il cancello di quell’ingresso si aprì ed un gentile e giovanissimo valletto apparve ad Icarius ed i suoi compagni. “Siate il benvenuto, mio signore.” Inchinandosi davanti ad Icarius. “Iddio possa benedire e risparmiare voi ed i vostri nobili compagni. Vi attendevamo da tempo… benvenuti alla Dimora degli Innamorati.”
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#1620 | |
Dama
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Citazione:
" E scommettiamo che prima di prendere il volo vi tramuterò in un viscidoso e grumoso rospo?" "Bene" dissi dopo essere giunta a quella che doveva essere una botola "vi avverto. Siate prudenti. Da qui in poi ognuno è responsabile della propria vita. Il lasciapassere lo tengo io. Nessuno sospetterà di una monaca. Non parlate finché non vi farò un cenno. Forza: il gioco si fa duro. E a noi piace giocare pesante, vero ragazzi?" Con un colpo deciso aprii la botola. Il sole mi colpì forte in viso. Adoravo il suo tepore. Riuscii, nonostante la gonna lunga e pesante, ad uscire. Non feci in tempo ad aggiustarmi lo scuro fardello che incrociai il suo sguardo.... |
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