Discussione: Redemptio
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Vecchio 25-08-2017, 19.00.20   #1
Guisgard
Cavaliere della Tavola Rotonda
 
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Redemptio

“Riempile di spavento, Signore,
riconoscano le genti di essere mortali.”


(Salmo 9)




REDEMPTIO

Episodio I: Uomini in fuga

"Come fai a esser certo di aver sognato?"

(Isaac Asimov, Sogni di robot)




L'aria del pomeriggio, densa di una strana malinconia e ricolma di granelli di polvere ionizzata, grigi e fitti al punto da velare il Sole nelle ore dopo Mezzogiorno, pareva traboccare tutt'intorno e tormentare i sensi con quel suo odore asfittico, da laboratorio statale, rendendo opachi i vetri degli sterminati agglomerati di cemento e plastica che racchiudevano Imperios.
Quella polvere sembrava poter penetrare ovunque, persino fin dentro l'animo degli uomini e delle donne che pullulavano la grande e cupa città, al punto da lasciare ogni sera sui baveri delle giacche, sulle tese dei cappelli e sulle maniche dei giubbotti quella specie di sozzura rossastra e contaminante così caratteristica ormai dei cieli moderni.
Ma se apparentemente l'aria di Imperios appariva senza odori particolari, camminando per le sue strade si respirava forte un fetore di morte.
Lo si poteva capire attraversando le piazze, i larghi ed i vicoletti risparmiati dalle asettiche lampade al radeon e resi così perennemente avvolti da notti vaghe e silenziose.
Erano gli schermi a dirlo, a ricordarlo, ad ossessionare tutti e tutto.
Non c'era mai un monitor spento o malfunzionante.
Come le luci della notte, anche gli infiniti video di negozi, sale bar, ritrovi pubblici e gallerie commerciali dovevano pullulare di immagini e suoni, come a scandire il tempo attuale.
Era un bombardamento continuo, asfissiante, ossessivo, psichedelico ed ipnotico.
E se si era nella propria betamobile, su un cronobus o un mitotram il computer di bordo o il proprio sensorphone permettevano costantemente di essere connessi con questa incessante rete di informazioni.
L'intera ed oceanica isola pedonale tra i quartieri bassi del proletariato e quelli alti della ricca borghesia gorgheggiava di incalcolabili monitor sempre in funzione.
All'interno di uno degli edifici più alti ed illuminati di Imperios, dall'aspetto di un freddo vuoto ed un decadente neobarocco, un droide sorvegliava, tramite il controllo ottico di chi attraversava l'ingresso, che non ci fossero estranei o persone poco gradite.
Le luci fotogrammetrali a consumo costante generavano un mesto bagliore che riverberava apatico sulle pareti bianche.
Le luci salivano dal pavimento, dalla logora moquette di un grigio spento, attraverso gli scanner, le stampanti, i monitor ed ogni altro strumento nel vasto androne.
L'odore era lo stesso di tutti i grandi edifici commerciali e pubblici, il solito effluvio vago di ioni negativi ed anidride ramizzata che fuoriusciva dai tubi catodici negli angoli dell'alto soffitto.
Una tromba di acciaio e ghisa, rivestita di porcellana lunare con infissi in megalluminio pressofuso dai riflessi di sandalo ed acero, racchiudeva la lenta scala mobile sulla quale un uomo grasso, dai tratti poco regolari e ben vestito saliva attorniato da vari collaboratori, tutti impegnati ad annotare le sue indicazioni e rispondere alle sue domande.
Parlava in modo veloce, scandendo bene ogni parola ma tradendo un accento del Nord, sgradevole e marcato.
Arrivarono davanti all'ascensore magnetico, le porte si aprirono e nell'uscire un vecchio inserviente lasciò cadere in modo goffo un secchio d'acqua sporca che bagnò ed insozzò le belle scarpe di cuoio madrelino dell'uomo ben vestito.
“Oh, mi spiace, signor Enner...” disse sinceramente dispiaciuto l'anziano sguattero “... ero sovrappensiero e non mi sono accorto delle porte che si aprivano...” tentando di chinarsi per pulire le scarpe dell'uomo che aveva davanti.
“Su su...” fece Enner, per poi farlo rialzare “... cosa vuol fare? Pulirmi le scarpe?” Ridendo. “Non le darò crediti extra oltre il suo stipendio!” Divertito.
Anche il vecchio inserviente rise.
“Su, non si dia pena, amico mio...” continuò Enner e strofinando la mano sulla piega umida dei pantaloni “... alla nostra età dovremmo essere entrambi in pensione, sa? Soprattutto lei che è più anziano di me.” Facendogli l'occhiolino. “Ma cosa sarebbe questo mondo se noi lo lasciassimo in mano ai giovani di oggi?” Dandogli una pacca sulla spalla.
L'altro annuì divertito.
“Su, riprenda il suo lavoro...” concluse Enner “... e non sia troppo ossequioso o la gente finirà per approfittarne.” Stringendogli la mano.
“Lei è molto gentile, signor Enner...” lieto l'inserviente anziano “... io e mia moglie la guardiamo sempre in tv...”
Enner gli fece il segno dell'ok e con i suoi passò oltre.
“Lupa...” rivolto poi alla sua assistente dopo che ebbero imboccato la scala mobile superiore “... da domani non voglio più vedere qui dentro quel vecchio fossile... chiaro? Altrimenti gli farai compagnia a pulire i bagni, rovinandoti quelle tue belle unghie laccate e perdendo l'aria da sgualdrinetta d'alto borgo.” Fissandola.
“Si, capo...” sbuffò lei “... entro stasera sarà licenziato.”
“Brava, mi piace quando capisci al volo.” Sorridendo Enner.
Con loro vi era anche un omone sui due metri, con l'uniforme della sicurezza ed armato di manganello sintetico e pistola.
Enner guardò la sua guardia del corpo e gli fece segno di seguirli.
Entrarono così tutti nella studio principale, dove tra schermi al tecnoplasma e registratori sensorottici nasceva il programma più amato di sempre, quello con il più alto tasso di visibilità mai registrato nella storia dello spettacolo televisivo.
In quella stanza Enner ed i suoi generavano quella straordinaria macchina di violenza, morte e denaro capace di incollare milioni di spettatori allo schermo e scommettere interi stipendi sulla vita di altri loro simili.
In quella sala fredda e luminosa nasceva Redemptio, lo sport del futuro e lo spettacolo più amato da quell'umanità decadente e perduta, il cui slogan passava in rassegna senza sosta sugli infiniti monitor che illuminavano Imperios:

“Due squadre di campioni,
un malvivente in fuga
e una gara lunga sette gironi
per trovare la morte o raggiungere la redenzione!”




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AMICO TI SARO' E SOLO QUELLO... E' UN SACRO PATTO DA FRATELLO A FRATELLO
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