Ma prima che potessero darsi una risposta, una voce li destò dai loro pensieri.
Era sottile, delicata, dolce e proveniva dalla figura eterea e malinconica di Zafirya ferma sulla porta...
“Parlami del tuo mondo...” disse lei.
“Capomazda?” Fissandola lui.
“Si..." annuì lei “... parlami dei castelli, dei tornei, degli amori... parlami delle città e delle stelle che di notte vi splendono...”
“Allora ti parlerò del tesoro perduto che cerchiamo noi a Capomazda...” fece lui “... un tesoro capace di ridarci la Gioia... un Fiore...”
“Un Fiore?” Ripetè lei.
“Si...” annuì lui.
E le recitò la famosa poesiola.
E su quelle pietre lei gli donò il suo cuore.
E su quelle pietre ogni giorno venne ad attendere il suo ritorno.
E su quelle stesse pietre si lasciò precipitare quando comprese che non l'avrebbe più rivisto...”
“E' la storia del fantasma, vero?” Fissandola Icarius.
“Si..." annuì in lacrime Zafirya, mentre il suo braccio sanguinava senza sosta.
In quell'istante però arrivarono Gwen e Pinto, con in mano l'abito bianco sporco di sangue.
E dopo averlo visto, Zafirya scappò sul tetto attraversò una scaletta che pendeva dal soffitto.
“Dobbiamo fermarla!” Gridò il Taddeide. “Temo possa fare un gesto disperato!”
“Fermati, cane!” Gridò Vengor apparso sulla soglia. “Abbiamo un conto in sospeso io e te!” Estraendo la spada.