Discussione: Ardea de'Taddei
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Vecchio 20-11-2009, 02.51.26   #124
Guisgard
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ARDEA DE' TADDEI

XXXIX

“Quando Tristano senza terra arriva
in Cornovaglia, subito apprende una
notizia che gli è molto sgradita: dall’Irlanda
è giunto il potente Moroldo che sotto la minaccia
delle armi esige da Marco il tributo delle due terre
di Cornovaglia e d’Inghilterra.”
(Tristano, 10)


Il tiepido fuoco del camino creava lievi aloni nella penombra della stanza.
La luce, tenuta a freno dalle porte chiuse e sprangate, era quasi del tutto relegata all’esterno, permettendo al buio di dominare ogni angolo di quella casa.
La legna secca si frantumava con fischi e schiocchi al contatto col fuoco.
Quell’odore nauseabondo, a differenza della luce, non trovava ostacoli a penetrare ed aveva ormai impregnato ogni cosa si trovasse in quella vecchia abitazione.
La donna mise una vecchia pentola, unta e grassa, sul fuoco del camino. In breve la brodaglia che conteneva iniziò a bollire.
“Come è possibile mangiare con una simile aria?” Si chiedeva Biago mentre osservava quella donna intenta a preparare la cena.
Giuspo era seduto accanto al fuoco e pian piano sembrava riprendersi dallo spavento che aveva vissuto poche ore prima.
Ardea invece stava in piedi, accanto al fuoco. Ne osservava le fiammate, causate dalla legna troppo secca, perdendosi di tanto in tanto a fissare le strane ombra che il chiarore del camino proiettava sulle pareti.
“E’ quasi pronto, miei signori” disse la donna “non è un granché, ma di questi tempi è già tanto.”
“Cos’è accaduto oggi, Giuspo?” Chiese all’improvviso Ardea.
Giuspo lo fissòl senza dire nulla.
“Miei signori, questa terra è maledetta!” Intervenne la donna.
“Se una terra è maledetta” disse Ardea “è perché qualcuno vi ha imposto una maledizione!”
“Tutto sembra averci abbandonato” disse la donna “la fertilità della nostra terra, la protezione del duca e la misericordia di Dio!”
“Il duca non vi ha abbandonato e come lui la Divina Misericordia!” Esclamò Ardea. “Il duca sa sempre cosa accade sulle sue terre!”
“Sono ormai due anni che non passa più nessuno dei suoi a Caivania” disse la donna “mentre qui noi moriamo poco a poco.”
“Raccontatemi tutto.” Disse Ardea.
La donna smise di mescolare il contenuto della pentola e si sedette accanto al fuoco. Lo fissò per alcuni istanti, poi cominciò a raccontare:
“La terra di Caivania è sempre riuscita a sfamare i suoi abitanti. Dai nostri raccolti abbiamo sempre ricavato il necessario per noi ed il tributo per il duca. Ma un anno e mezzo fa tutto è cambiato.”
“Cosa è accaduto?” Chiese Biago.
“Non sappiamo né da dove, né perché, ma il male giunse un giorno in mezzo a noi…” Sospirò con le lacrime agli occhi la donna.
“Il male?” Chiese Biago.
“Dal lontano nord un essere terrificante e potente decise di fare di Caivania il suo sacrilego asilo.” Disse la donna. “Egli prese possesso di tutta la nostra terra e ne fece l’immondo pascolo per il suo gregge.”
“Chi è costui di cui ci parlate?” Chiese Ardea.
“Un essere tanto malvagio quanto orrendo.” Rispose la donna. “Tramanto è il suo nome ed il suo aspetto suscita paura e disperazione!”
“E’ gigantesco e grottesco nella persona, vile e rozzo nei modi, violento e sanguinario nell’indole.” Continuò la donna.
“E nessuno di voi ha potuto opporsi?” Chiese Ardea.
La donna lo fissò quasi come se fosse suo figlio.
“Mio dolce signore” rispose “noi siamo contadini ed artigiani. Tra noi non vi sono guerrieri. E per tener testa a quel mostro occorrerebbe un esercito di cavalieri.”
Ardea e Biago si scambiarono una rapida occhiata.
“Inoltre quel maledetto ha posto a guardia del suo gregge un mostruoso cane.” Aggiunse la donna. “Ucante è il nome di quella feroce fiera e sbrana tutti coloro che tentano di avvicinarsi al gregge del suo terrificante padrone.”
“Oggi io ed il mio amico Plino” intervenne Giuspo “abbiamo tentato di rapire una di quelle pecore. Avrebbe sfamato i nostri figli e le nostre donne. Ma sapete poi come è finita per il povero Plino…”
“Quel cane sembra essere stato generato dal medesimo parto che diede la vita al suo padrone!” Esclamò la donna. “E’ grosso quanto un toro, veloce come un rapace e feroce quanto un lupo!”
“E questo immane tanfo” chiese Biago “da dove arriva?”
“Sono gli escrementi del gregge di Tramanto.” Rispose la donna “Quelle bestie pascolano sulla nostra terra, facendone scempio, sia nei frutti che nell’aria.”
La brodaglia della pentola iniziò a bollire più intensamente e per un momento il suo profumo sembrò coprire il fetido dell’aria.
“Ma voi chi siete, nobili signori?” Chiese Giuspo.
“Costui è…” Cominciò a dire Biago.
“Io sono un cavaliere errante.” Lo interruppe prontamente Ardea. “E questi è il mio scudiero. Siamo forestieri e capitammo per caso in questa desolata terra.”
“E avete un nome, cavaliere?” Chiese Giuspo.
“Ho combattuto in Terrasanta” rispose Ardea “e feci voto, per annullare la mia superbia, di non rivelare mai il mio nome ad alcuno.”
“Un voto?” Chiese Giuspo. “Avete qualche colpa da estirpare, mio signore?”
“Si” rispose Ardea “ecco perché il soprannome che ho scelto è cavaliere Ripudiato.”
Madre e figlio restarono colpiti dal soprannome scelto da quel cavaliere. Il suo portamento ed il suo aspetto tradivano valore e bellezza e quel curioso epiteto sembrava fuori luogo.
Tuttavia non chiesero altro.
Intanto la cena era pronta e tutti si sedettero a tavola per consumare quell’ingrato pasto, mentre le lunghe ombre proiettate dal fuoco del camino sulle pareti sembravano disegnare inquiete ed arcane figure, animate dalla paura e dal terrore di quella infelice terra.


(Continua...)
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AMICO TI SARO' E SOLO QUELLO... E' UN SACRO PATTO DA FRATELLO A FRATELLO
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