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Vecchio 09-12-2013, 23.00.05   #8
Clio
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Clio sarà presto famosoClio sarà presto famoso
Inspirai profondamente, assaporando intensamente gli odori e i rumori della città, le macchine, le chiacchiere dei passanti.
Mi era mancata ogni cosa, persino l’odore di fumo, di asfalto.
Mi chiesi come mai fosse così buio, ma poi mi resi conto che, infondo, era dicembre, dovevo aver perso la cognizione del tempo,succede, quando stai in isolamento per così tanto tempo.
Mi voltai una sola volta ad osservare l’imponente e austero palazzo da cui ero uscita, il tempo di una rapida e fugace occhiata, non vedevo l’ora di lasciarmelo alle spalle.
I miei effetti personali erano condensati in un unico borsone nero, lo aprii, cercando velocemente il lettore MP3, lo accesi, mi calai le cuffie sulle orecchie, e iniziai a camminare mentre le note di un gruppo locale riempivano il mondo intorno a me.
La canzone parlava di una terra lontana, un cavaliere, una battaglia eterna ed infinita.
Canticchiavo a bassa voce, incurante dei passanti, il rumore della città avrebbe coperto le mie note stonate.
Non avevo avvisato nessuno, certo non la mia famiglia, che era stata l’ultima a difendermi e la prima a non credermi.
"Tutta colpa degli amici che frequenti.." avevano detto "..se al posto di giocare a fare il cavaliere, di imparare a combattere avessi fatto uno sport normale, come tutte le altre ragazze..".
Rabbrividii al pensiero di quello che mi sarebbe successo, se non fossi stata in grado di difendermi.
No, non mi ero pentita, nemmeno per un istante in quei quattro anni.
Non mi aveva toccata, e solo questo contava.
Ma ero un disonore per loro, troppo impegnati a informarsi sulle opinioni della gente piuttosto che sui fatti.
No, non era più la mia famiglia, forse, non lo era mai stata.
C’era un solo posto dove avrei voluto andare, l’unico in cui mi sentivo veramente a casa. Sapevo che li avrei trovati lì, i miei amici, i miei fratelli.
Decisi di camminare, osservando i cambiamenti della città, palazzi che non avevo visto costruire, insegne di negozi che conoscevo scomparse, sostituite da altre di cui non avevo mai notato l’esistenza.
E poi, la vidi, un ‘insegna luminosa in cui sosteneva di poter realizzare i nostri sogni. E quel nome: Fum Soft.
Sorrisi.

La ragazza dai grandi occhi verdi mi si avvicinò, timidamente.
“Grazie..” mormorò, inseguendomi per farsi sentire.
“Di nulla, tranquilla.. Sono allergica alle ingiustizie..” le sorrisi, riprendendo il mio posto sulla panchina. Raccolsi il quaderno e lo aprii dove lo avevo lasciato.
Smisi di calcolarla e ricominciai a scrivere, perdendomi nel mondo fantastico che prendeva vita dalle mie pagine.
La sentii ridacchiare, e mi voltai a guardarla in modo interrogativo.
“Scusa..” mormorò lei arrossendo “..è solo che..”
“Cosa?” tuonai.
“Beh, ironico detto qui dentro..”
Non riuscii a trattenere un sorriso “Sì, Non hai tutti i torti..” alzai le spalle “ma è per questo che sono qui..” sospirai "..più il mondo è sporco, più addita a chi tenta di essere pulito..".
Mi si avvicinò ancora di più, timidamente.
“Lia..” disse, con un cenno del capo, una strana luce illuminava i suoi occhi.
“Clio..” sorrisi, indulgente, facendole segno di sedersi.
“A chi scrivi?” mi chiese, osservando le pagine colme di parole.
“A nessuno, sono solo dei racconti…”
Si illuminò “Davvero? Io adoro i racconti... mi sto laureando in letteratura francese! Di cosa parlano? Posso leggerli?”
Sorrisi, colpita da quell’entusiasmo che era merce rara tra quelle quattro mura.
“Letteratura francese? Interessante.. Io sono un'appassionata di Storia.. Comunque.. Nessuno legge i miei racconti.. li scrivo per me.. narrano le gesta di un manipolo di cavalieri che girano il mondo in cerca di onore.. sai, difendere i deboli, salvare damigelle, liberare regni dai malvagi…” sorrisi, pensando a quei personaggi così veri “..e, ovviamente, la più in gamba del gruppo è una ragazza… neanche a farlo apposta..” strizzandole l’occhio “niente di speciale.. ma mi fa sentire vicino ai miei amici, e occupo il tempo..”.
“Ma è fantastico!” battendo le mani come una ragazzina, con tanto entusiasmo da riuscire a strapparmi un sorriso.
Mi chiesi cosa ci facesse lì dentro, ma forse lei si stava facendo la stessa domanda.
“Hai sentito della Fum Soft?” mi chiese
Scossi la testa “No.. sono qui da troppo tempo.. cos’è?”
“Pare che sia un videogioco… talmente reale che permette di realizzare i propri sogni..” con aria sognante “potresti viverle davvero quelle avventure..”.
“Un videogioco è un videogioco.. mica può fare miracoli.. certo, sarebbe bello.. scappare da questo mondo marcio… anche se, cosa otterremmo? Scappando non si risolvono le cose!”.
“Cosa le chiederesti?”
La guardai, interrogativa.
“Sì, alla Fum Soft.. realizzano i sogni.. io vorrei essere libera..”
Risi “..sì, quello lo vorremmo tutte.. troppo facile..”
“No, intendevo.. niente regole, niente costrizioni.. insomma.. libertà..” mi guardò con gli occhi scintillanti.
“Siamo un po’ diverse, Lia.. quello che descrivi è il mondo in cui viviamo.. e guarda com’è ridotto..”
“Allora tu cosa vorresti?”
“Un regno che valga la pena difendere, un ideale per cui combattere, avventure, onore.. una bella spada affilata…” sorrisi “..e dei compagni d’arme con cui condividere tutto questo.. altrimenti che noia..”.
“E un principe da liberare?”
Risi “Sì, perché no.. con tanto di 'e vissero per sempre felici e contenti'...” scossi la testa “Ho passato troppo tempo a scrivere e fantasticare, eh?”.


Lì per lì non vi avevo dato peso, ma allora Lia non si era inventata una bella storia, era reale.
Centinaia di persone cercavano di entrare in quel palazzo, inseguendo i propri sogni.
Scossi la testa, e proseguii. Con tutti i problemi di questa città, fanno la calca per un videogioco? C'è davvero una gran voglia di scappare dalla realtà!
Mi guardai intorno, in effetti, era una proposta allettante. Anche se, io ero davvero negata ai videogiochi.
Camminai ancora per un paio di isolati, allontanandomi sempre più dal centro.
D’un tratto, le fattezze della città cominciarono a cambiare, assumendo sembianze familiari.
Svoltai in una stradina, chiedendomi solo in quel momento se le cose non fossero cambiate.
Ma già dalla strada sentii le risate, le voci che si mescolavano le une sulle lare.
Aprii lentamente la pesante porta di legno, e lanciai una rapida occhiata al locale.
Era esattamente come lo ricordavo, i tavolini di legno, le luci calde, l’odore di birra che riempiva l’aria.
Poi, finalmente, li vidi, al solito tavolo, apparentemente impegnati in una conversazione molto divertente.
Dovetti resistere per trattenere le lacrime.
Ero davvero a casa.
Mi avvicinai di soppiatto, posai il borsone a terra. Erano talmente impegnati nei loro discorsi, da non accorgersi di me.
“Allora, che mi sono persa?” dissi, sedendomi al mio posto, apprezzando il fatto che l’avessero lasciato vuoto, come se fosse un banale lunedì, e non li vedessi dal sabato sera.
“Beh, cosa sono quelle facce?” osservando i loro sguardi “…avete visto un fantasma? Non ditemi che vi sono mancata, adesso.. mi avete talmente sommerso di lettere che non ho nemmeno avuto il tempo di respirare..” scherzai, ma era la verità “..grazie..” sussurrai.
Li guardai uno per uno, i miei fratelli d’arme.
Battei il palmo della mano sul tavolo “Bene, dovrei avere abbastanza soldi per una birra.. su, non fate caso a me, continuate.. mi mancano le conversazioni del lunedì sera.. cosa vi divertiva così tanto? Il nuovo videogioco?”.
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