Discussione: Blaue Blume
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Vecchio 16-07-2017, 15.45.50   #4
Clio
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Clio sarà presto famosoClio sarà presto famoso
"Mamma mamma, perchè?" prendendola per la mano, terrorizzata "Non faccio male a nessuno, mamma... ti prego".
Il pianto leggero della bambina trovò lo sguardo vuoto della madre.
Uno sguardo fatto di terrore, di bigottismo e preoccupazione.
L'ufficio dell'esorcista è austero e cupo, e io avevo davvero paura.
Già mi spaventava il mio dono, ora ne ero letteralmente terrorizzata.
Mamma diceva che era il demonio, era lui a farmi entrare nella mente della gente.
E io piangevo, di notte.
Io non volevo il demonio, non avevo mai fatto male a nessuno.
Non volevo fare del male a nessuno.
Mi veniva da piangere, all'idea dell'esorcista.
La mamma mi teneva per la mano, trascinandomi quasi in fondo alla chiesa così cupa e buia.
Avevo paura, ed ero arrabbiata.
Perché la mamma non capiva che io non volevo fare male a nessuno?
Perché il demonio avrebbe dovuto darmi un dono così?
L'uomo uscì dalla porta, era vestito di nero, il volto austero, barba e capelli bianchi, era magrissimo e l'espressione vuota.
Mi faceva paura.
Iniziò a parlarmi severamente, chiedendomi quale fosse il motivo della nostra visita.
"Diglielo, Clio.." mia mamma, stringendomi il braccio "Diglielo.
Io restavo in silenzio, guardando con due occhioni teneri e spaventati il religioso.
"Diglielo!" continuò la donna, scuotendomi il braccio "Diglielo!".
Lui restava in silenzio e mi guardava, mi guardava con due occhi così intensi e cupi che mi terrorizzavano.
Il respiro accelerato, gli occhi spalancati.
"Io.." sussurrai piano, con il cuore in gola "Io..." terrorizzata.
"Sì, bambina?" con sguardo severo e voce accomodante l'esorcista.
Allora prendo coraggio, e lo guardo negli occhi.
"Sento i pensieri della gente..." sussurrando quasi ma sostenendo il suo sguardo.




Anche quella notte mi ero addormentata sul divano, ormai era diventata un'abitudine, pensai tirandomi su con i gomiti, guardandomi attorno con gli occhi appannati.
Erano anni che non sognavo quel momento, forse uno dei più cupi della mia infanzia.
Scossi la testa, come a voler scacciare quel ricordo lontano.
Mia madre non mi aveva mai capito, nessuno mi aveva mai capito.
Aveva provato di tutto, la mia bigottissima mamma, ma nulla aveva posto fine al mio dono, nemmeno il rito dell'esorcista che non aveva fatto altro che spaventarmi a morte.
E io, io detestavo essere spaventata; la paura ti paralizza, ti blocca, ti rende debole.
Uaarania mi ha insegnato a non avere paura, a non temere il mio dono ma a svilupparlo, a controllarlo, a renderlo sempre più forte.
È un dono, non una maledizione, anche se lo sembra.
Sono scappata che avevo 14 anni, per raggiungere la sede segreta di Uaarania, lì mi hanno cresciuta, addestrata e seguita per anni.
Ora non c'è niente che mi faccia paura.
Dopo anni di addestramento, affinando le qualità più utili che potevo avere, non resta nulla di quella bambina spaventata da qualcosa che le sembra più grande di lei.
No, ora il mio dono non mi spaventava più, ora sapevo controllarlo, usarlo, direzionarlo.
Ci avevo persino costruito una carriera, come psicologa, ed ero dannatamente brava nel mio lavoro.
Certo, baro...
Era vero, io entravo nella mente dei pazienti, la sondavo, la ascoltavo, i loro pensieri erano chiari e cristallini come acqua di montagna.
Sì, baravo, ma riuscivo anche a dare loro tutto quello che volevano, tutto quello di cui avevano bisogno, perchè sapevo anche quello che non mi avrebbero mai confidato, quello che non ammettevano nemmeno a me stessa.
Ma Uaarania non mi aveva insegnato soltanto quello, mi aveva temprato il corpo oltre che la mente.
Avevo imparato a combattere, perchè anche se le mie capacità costituiscono un vantaggio, di sicuro non possono bastare nella lotta che ci attende.
Ora ero una macchina da guerra, una delle migliori cacciatrici di Uaarania, tanto da vedermi affidata quella missione, quella missione che aspettavo da anni.
Il salto di qualità, la missione che mi avrebbe permesso di farmi notare dalle cariche più alte, di trovare il mio posto tra i gerarchi dell'organizzazione.
Eppure ero diversa da molti di loro, ma non mi importava.
Non mi importava di nulla.
Ora contava soltanto la missione, quella missione a cui avrei dato tutta me stessa.
Anche se il problema più grande in quel momento era la mia copertura, più che la mia vita vera, quella che consideravo tale, quella che vivevo di notte, nascosta dalla città.
Il mio segreto oscuro.
La clinica per cui avevo lavorato aveva chiuso, e mi serviva un nuovo posto di lavoro come psicologa.
Una vita normale è la prima regola fondamentale per non farsi notare.
Nessuno avrebbe mai immaginato che cosa si nascondeva dietro il mio faccino innocente.
Nessuno vedeva il mio lato oscuro, se non i miei nemici, ma sempre un attimo prima di morire.
Per il resto del mondo ero solo una ragazza come tante, una giovane e insignificante psicologa.
Un sorrisetto divertito mi si dipinse sul viso.
Sì, sottovalutatemi, avanti.. poi riderò io quando capirete l'errore che avete commesso.
Mi alzai dal divano controvoglia, stavo prendendo la brutta piega della nullafacenza da disoccupata.
Presi solo dei biscotti, mi misi una vestaglia e mi sedetti a letto, col giornale degli annunci che avevo preso la sera prima e ancora non avevo guardato.
Non avevo avuto ancora notizie da Uaarania, e fremevo per avere informazioni dettagliate sulla missione, quell'apatia mi stava uccidendo e solo allenarmi dava sollievo alla mia noia.
Ti serve un lavoro, su.. concentrati..
Sospirai e mi misi a guardare il giornale attentamente, spulciando tutti gli annunci che potevano riguardarmi, qualcosa avrei trovato, dopotutto.

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