Discussione: Ardea de'Taddei
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Vecchio 30-12-2016, 01.45.25   #411
Guisgard
Cavaliere della Tavola Rotonda
 
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Guisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare bene
"Ma mentre era ancora lontano, suo padre lo vide e ne ebbe compassione; corse, gli si gettò al collo e lo baciò."

(Vangelo secondo Luca)



Il misterioso cavaliere si tolse l'elmo, mostrando così finalmente il suo volto.
Ed Ardea, incredulo, restò a fissarlo.
Gli parve prima di sognare, poi pensò di essere diventato folle.
E lo guardava.
Guardava gli occhi chiari, i capelli lunghi ed argentati, la fronte imperlata di sudore, l'espressione fiera, i tratti marcati ma regolari.
E più Ardea guardava quel volto, più sentiva il senno venirgli meno.
“Tu...” disse con un filo di voce il Taddeide “... tu...” lasciando cadere la spada a terra, che finì per conficcarsi nel terreno.
Il cavaliere bardato lo osservava in silenzio.
“Tu...” ancora Ardea.
“Si, figlio mio.” Annuì il cavaliere ed altri non era che suo padre il duca Taddeo.
Ardea allora avvertì le ginocchia piegarsi, quasi incapaci di sostenerlo e si ritrovò inginocchiato ed in lacrime davanti a suo padre redivivo.
“Tu...” piangendo Ardea.
“Si, figlio mio.” Suo padre, per poi avvicinarsi ed aiutarlo ad alzarsi. “Ho dovuto.” E lo strinse a sé.
E forte Ardea si strinse nelle braccia del padre che lo sosteneva.
“Padre... padre mio!” Gridò in lacrime Ardea.
“Dovevo sapere...” il padre a suo figlio “... sapere se mi amavi ancora, se eri degno di essere mio figlio e duca... dovevo, ragazzo mio... dovevo saperlo dopo i tuoi trascorsi a corte... dopo il tuo abbandono e smarrimento... dovevo saperlo, in Nome del Cielo...”
“Padre mio!” Di nuovo Ardea, per poi affondare nell'abbraccio di suo padre.
“Ti ho seguito ovunque...” Taddeo “... in ogni contrada... in ogni Questione... ti ho seguito, figlio mio... ti ho visto sfidare la morte e poi tornare alla vita ogni volta, impugnando Parusia e liberando una dopo l'altra le terre del nostro ducato... ti ho visto compiere ciò che solo un vero e degno Taddeo può fare... ora che sei ancora mio figlio... che ti sono caro come tu lo sei a me... che sei all'altezza di essere duca... che sei grande come il nostro casato impone... e so che darai degna discendenza al nostro nobile ed antico nome...”
E restarono così stretti l'uno all'altro, mentre la pioggia, come se un incanto si fosse finalmente spezzato, riprese a scendere dal Cielo.
Scendeva a purificare la terra e gli uomini.
A bagnare, come un Mistico Battesimo, quei luoghi e quel casato.
Trascorsero così lunghi momenti di lacrime gioiose e di religioso silenzio.
Tutto ciò mentre ancora una volta si udì il rintocco della campana, come a proclamare la fine di quel lungo cammino di sacrifici, sofferenze e lotte.
“La mia discendenza...” mormorò ad un tratto Ardea, ancora stretto a suo padre.
“Si.” A lui il duca. “Va da lei.”
Ed Ardea annuì.
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AMICO TI SARO' E SOLO QUELLO... E' UN SACRO PATTO DA FRATELLO A FRATELLO
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