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Vecchio 01-02-2017, 02.22.42   #1
Guisgard
Cavaliere della Tavola Rotonda
 
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La leggenda dello Scorpione di Giada

Prologo


"Eliminerai dalla terra il loro frutto,
la loro stirpe di mezzo agli uomini."

(Salmo 21)

Era un tardo pomeriggio di un giorno d'Inverno nella cupa campagna appena fuori Afragolopolis.
Due giovinastri sedevano accanto ad una vecchia e dimenticata lapide in rovina del XIII secolo, speculando sull'innominabile.
Guardavano la grossa ed austera quercia che sorgeva da sempre in mezzo a quel luogo, il cui tronco aveva quasi divorato l'ormai illeggibile lapide.
"Chissà" disse uno dei due all'altro "queste colossali radici quale macabro nutrimento avranno succhiato in questa terra di morti per tutti questi secoli..."
"Non essere idiota..." il secondo, aprendo la borsa con la refurtiva e guardando il contenuto con avidità "... qui non ci hanno mai seppellito nessuno, non è un Cimitero e quindi queste radici non hanno mai succhiato altro nutrimento diverso dall'ordinario."
"Eppure" il primo guardandosi intorno come se quel posto mettesse soggezione "qui sono nate quelle storie su..."
"Su cosa?" Guardandolo l'altro.
"Beh, l'innominabile..." mormorò il primo.
"Ma che razza di idiozie vai blaterando?"
"Nessuno un tempo pronunciava il suo nome..." il primo "... nessuno... per questo non si è mai saputo cosa fosse... qualcuno pensa sia un fantasma, qualcun altro persino un demone..."
"Ma ti senti?" Ridendo il secondo. "Sei completamente andato! Ed io che ti presto anche attenzione! " Contando la refurtiva nella borsa.
"Tutti qui ne hanno sentito parlare..." titubante il primo "... anche io da piccolo ho ascoltato storie sull'innominabile... pare esista da sempre e terrorizzi chiunque gli capiti a tiro..."
"Senti, dacci un taglio, chiaro?" Spazientito il secondo. "La vuoi o non la vuoi la tua parte?" Indicando la borsa. "Quindi vedi di farla finita che mi dai il nervoso..." scuotendo il capo "... l'innominabile... che idiozia..."
Ad un tratto un fruscio, mentre il crepuscolo calava sinistro intorno a loro.
"Hai sentito?" Agitato il primo.
"Vuoi darti una calmata?" Prendendo una pistola il secondo. "Deve trattarsi di un dannato animale... va a dare un'occhiata ed al minimo sospetto spara..."
“Neanche morto mi muoverei da qui...” teso il primo.
Ma all'improvviso un sibilo attraversò l'aria intorno a loro.
Un attimo dopo il malvivente con in mano la borsa cadde a terra, con una freccia conficcata nel collo.
Incredulo l'altro emise un grido ed incredulo prese a correre.
Una seconda freccia però fendendo l'aria lo raggiunse ad una gamba.
Il lestofante rotolo' così a terra, contorcendosi per il dolore.
Allora una figura scura, ambigua e misteriosa emerse dalle ombre del tardo crepuscolo.
"Non..." tremante il ladruncolo "... non... non uccidermi..."
Ma la figura, senza dire nulla svanì nello stesso chiaroscuro che l'aveva partorita, lasciando il malvivente spaventato a morte ed in lacrime.




Capitolo I: La Furia dei Taddei


“<<Ora,>> disse l'uomo sconosciuto <<addio bontà, addio umanità, addio riconoscenza... addio a tutti quei sentimenti che allargano il cuore!>>”

(Alexandre Dumas, Il conte di Montecristo)

Una miriade di agglomerati che dal nulla si ergevano verso l'alto, dalle forme sinuose, di un Barocco vuoto e fittizio, di cemento e vetro, brulicanti di luci intermittenti che rischiaravano le basse nuvole che si addensavano indifferenti ed informi su Afragolopolis.
Infinite strade e stradine correvano ovunque, intersecandosi ed incrociandosi in disegni indefiniti, attraversate da auto, bus e tram in una Babele di suoni, voci, colori e bagliori, tra fumo, nebbia e la psichedelica e ossessionante pubblicità sui manifesti e le insegne luminose.
Radio Capomazda imperversava in molte case, negozi e locali, con le sue canzoni sognanti e romantiche, gli spot pubblicitari sui biscotti e la spremuta d'arance ed il notiziario della sera, con le notizie della borsa e lo sport in chiusura.
Da un'ampia vetrata di uno dei grattacieli più alti ed imponenti, sede della celebre Gazzetta Rosa, il quotidiano più diffuso ed autorevole, un uomo alto, dalla barba incolta ed i capelli rasati, fissava, fumando un grosso Avana, la città che appariva dall'altra parte come un film senza sonoro.
“Signor Symminel...” disse un uomo di mezz'età a quello che fumava “... mi avete fatto chiamare?”
“Crawel, stasera” l'altro “passatemi tutte le telefonate sul mio numero privato... inoltre informate la signora Swansie che domattina deve presentarsi dal mio vice direttore per la liquidazione.”
“Si, signore.” Annuì Crawel. “Lei ha già ricevuto la lettera di licenziamento.”
“Ha fatto domande?”
“Beh, in effetti è stupita ed anche turbata...” Crawel.
“Non si chiede del perchè?”
“No, signore.”
“Neanche per quella telefonata?”
“Signore?” Fissandolo Crawel.
“Lasciate stare...” tagliò corto Symminel “... potete andare. Ah, un momento...”
“Prego, signore.”
“Domani naturalmente mi occorrerà una nuova segretaria...” Symminel “... ma non una qualunque... niente quindi inviate o proposte di qualche agenzia pubblicitaria... voglio una semplice dattilografa, magari ancora in odore di università... nessuna qualifica, nessuna esperienza... voglio una segretaria bisognosa di lavoro e denaro... è il solo genere di persone di cui ci si può fidare oggigiorno.”
“Certo, signore.”
“Potete andare.” Lo congedò Symminel, per poi tornare a fumare ed a guardare ancora dai vetri la sterminata e caotica Afragolopolis.



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AMICO TI SARO' E SOLO QUELLO... E' UN SACRO PATTO DA FRATELLO A FRATELLO
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