Discussione: Enigmi a Camelot
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Vecchio 26-06-2022, 04.55.16   #5316
Guisgard
Cavaliere della Tavola Rotonda
 
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Cavaliere della tavola rotonda
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Residenza: Dalla terra più nobile che sorge sotto il cielo
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Guisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare bene
La carrozza correva veloce, quasi a stagliarsi contro un magnifico crepuscolo estivo, infiammato dal meraviglioso alone rossastro che tingeva il cielo di ponente ancora avvolto dalle ultime nubi di un'eccezionale tempesta.
I cavalli, due superbi sauri di razza fragola, erano lanciati rapidi a suon di briglie lungo la stradina di campagna, che dal porto di Monte del Drago portava, attraverso la selvaggia brughiera, fino a Taddei Hall, la ricca tenuta dei nobili signori di Capomazda.
Lei si stringeva nel leggero velo che aveva adagiato intorno alle spalle e al collo per ripararsi dall'aria aria resa pungente dal temporale pomeridiano, che si era abbattuto sulla costa.
I suoi capelli chiari parevano voler gareggiare con i cavalli, sciogliendosi liberi nell'aria ancora intrisa di frescura, mentre i pensieri viaggiavano, ora dolci e ora malinconici, verso mondi lontani.
Era la più ricca, la più bella e la più ammirata dama di Afragolignone, lei straniera giunta nel Celeste Impero per Amore, abbandonando la sua terra di artisti e poeti, dove da tutti era ritenuta la più affascinante e intelligente donna di quei luoghi.
L'uomo che le stava accanto, abbigliato in modo ammirevole e impeccabile come ogni gentiluomo afragolignonese, era suo marito e anche il chiodo fisso delle sue inquietudini.
All'inizio il suo era stato un Amore travolgente e assoluto, capace di sconvolgere il suo mondo e i sui affetti, al punto da fuggire con lui e giungere qui ad Afragolignone, divenendo una nobile dama del più illustre casato di questa terra.
Ma poi d'incanto tutto era mutato.
La passione di lui, i suoi slanci, la sua devozione e persino la sua gelosia erano come svaniti, ammutolendo quella che sembrava la più bella storia d'Amore mai nata.
Quel gentiluomo era diventato un damerino, eccitato solo dalla caccia, dalle sue collezioni e dall'arte, quasi dimenticando la bellissima donna che aveva accanto.
Forse era stata colpa sua? Poteva dipendere da lei quella disaffezione di lui? Si era stancato dei suoi capelli chiari? Del suo viso angelico? O forse, come quasi tutti gli uomini, anche lui era semplicemente cambiato, divenuto appagato dell'Amore, annoiato dalla vita di coppia e distratto dalla vita agiata da gentiluomo di corte?
A questo e ad altro pensava la bellissima dama, la più intelligente e colta di tutte, l'unica capace di aver portato all'altare l'uomo più nobile e affascinante dell'Afragolignone, mentre la carrozza rapida raggiungeva una locanda lungo il tragitto.
Era la Luna Blu, come c'era scritto sulla sua insegna, circondata da olmi e tamarindi, meta di viaggiatori, mercanti e nobili che dalla costa si spostavano verso la capitale.
Lady Taddei, come ormai la chiamavano tutti per aver sposato il nobile rampollo, scesa con l'aiuto del marito dalla carrozza, con passo certo e sguardo gaio, che ben celava le sue inquietudini, entrò nella locanda e subito fu accolta dal signor Nicolai, il padrone.
“Milady, è sempre un onore, un piacere e un privilegio avere la vostra leggiadra presenza qui alla Luna Blu.” Disse lui atteggiandosi con grandi cerimonie e un linguaggio pomposamente ricercato. “Siete la padrona qui, disponete dunque a vostro piacimento di ciò che più vi aggrada per il vostro soggiorno.”
“Siete un ospite parsimonioso e mai invadente, signor Nicolai.” Lei sorridendo. “Di questo passo mi spingerete a soggiornare sempre più spesso nella vostra locanda, così da sentirmi una principessa.”
“Ma voi lo siete già, milady.” Annuì il locandiere, per poi intimare al suo garzone a correre fuori, per governare la carrozza su cui aveva viaggiato la dama e suo marito. “Vostro marito tale vi ha incoronata, facendo di noi tutti vostri umili sudditi.” Ostentando un inchino teatrale Nicolai. “Accomodatevi pure, scegliete il tavolo che più vi aggrada, milady.” Petulante l'uomo. “Io intanto comanderò di servirvi qualcosa di fresco e poi qualunque cosa vogliate per cena.”
La dama scelse così un tavolo accanto alla porticina che dava sul balconcino, in modo da godere dell'aria fresca della sera.
Non vi erano molti clienti nella locanda, oltre la bella moglie del gentiluomo, ma solo dei giovani usciti in licenza da qualche caserma e accompagnati da alcune fanciulle e due uomini, vestiti di rosso e impegnati a giocare a scacchi al loro tavolo.
“Chi è la nobile e bella dama appena entrata?” Chiese a bassa voce uno dei due all'altro.
“Non lo sai?” Rispose l'altro, sempre a tono basso. “E' una nostra concittadina, ora aristocratica lady qui ad Afragolignone. E noi siamo qui apposta per lei.”
“Pensavo avessimo lo scopo di scoprire l'identità del Fiore Azzurro e ucciderlo.” Il primo che aveva parlato.
“Naturalmente, amico mio.” Annuì l'altro. “Per questo chiederemo aiuto alla bella dama. Sono certo non disdegnerà di aiutare i suoi concittadini.”
“Una donna? Smascherare il nostro misterioso nemico? E come?”
“Come moglie di uno dei più nobili e potenti cavalieri di queste terre.” Spiegò il secondo. “Grazie al suo rango la nostra dama non avrà difficoltà a indagare, in quei salotti dell'alta società che frequenta con suo marito, per conto nostro. Perchè sono certo che quel bastardo mascherato appartiene alla nobiltà afragolignonese o comunque al Clero di questo posto.”
“Come fate a dirlo?”
“Chi altri avrebbe interesse ad attentare e uccidere la nostra classe dirigente? Attaccare così la nostra democrazia? Solo chi è spaventato da tutto ciò può accanirsi in quel modo contro la nostra libertà.”
“Molti credono che si tratti...”
“Del diavolo?” Lo interruppe il secondo. “Andiamo, amico mio, sia io che tu crediamo al diavolo allo stesso modo in cui confidiamo in Dio. E anche la nostra bella dama condivide queste nostre certezze. Per questo so che, alla fine, ci aiuterà...” con un ghigno malefico “... scacco matto, amico mio.” Muovendo la pedina del suo cavallo, mettendo così sotto scacco il re dell'altro.
La porta della locanda si aprì di scatto e un uomo, dai capelli bruni e gli occhi azzurri, entrò nella locanda con aria sconsolata.
Era di bell'aspetto e magnificamente vestito.
“Che io sia dannato!” Esclamò. “Detesto l'Estate e le su sere umide! Possibile che un gentiluomo non possa più correre in carrozza senza che i suoi capelli diventino crespi?” Sbuffò. “Uno specchio, uno specchio! Il mio titolo, i miei beni e il mio onore per uno specchio!”
“Fortuna che non hai messo in palio anche tua moglie per uno specchio.” Rispose divertita e acida sua moglie.
“Oh, ben arrivato, milord!” Andandogli incontro il signor Nicolai. “Cosa vi affligge, ditemi?”
“Signor Nicolai...” fissandolo seccato il gentiluomo “... sono domande da farsi? Non vedete il mio ciuffo? Sembra l'insegna di un barbiere!” Scuotendo il capo. “La tua ironia, mia cara, è del tutto fuori luogo.” Guardando poi sua moglie. “Voi donne avete la fortuna di indossare parrucche incipriate, mentre noi uomini, ahimè, siamo alla mercé delle stagioni.”
“Volete una stanza per lavarvi i capelli, milord?” Nicolai.
“Signor Nicolai, non prendetevi gioco di me, vi prego...” il gentiluomo dagli occhi azzurri guardandosi riflesso su una pentola appesa alla parete “... come potrei lavare qui i miei capelli? Siete forse fornito di balsamo all'essenza di sandalo malese? Di brillantina profumata? Ho appena ordinato dalle Flegee un nuovo olio alla polpa di cocco e miele tropicale. Non oserei trattare i miei capelli con null'altro al mondo.”
“Attento a non pensare al suicidio, mio caro.” Sagace la moglie.
“Mia cara!” Fissandola stranito. “Non sai che suicidarsi è peccato mortale? Eh, voi sygmesi non avendo nozioni religiose ignorate ciò e in parte vi invidio, ma un gentiluomo, la cui famiglia da oltre mille anni difende Santa Madre Chiesa, non può togliersi la vita! Neanche per un motivo grave come i suoi capelli crespi!”
La dama scosse il capo rassegnata.
“Milord, gradite qualcosa di fresco?” Nicolai a lui.
“Si, amico mio...” lui sistemandosi il ciuffo “... qualcosa di fresco, ma senza zucchero. E poi gradirei cenare con dell'anguria. Immagino le vostre siano rosse e dolcissime, amico mio.”
“Le migliori, milord!” Orgoglioso Nicolai.
“Vi invidio, amico mio...” afflitto il bel nobile “... portare avanti una locanda è di certo mansione meno impegnativa che badare ai propri capelli crespi...” sospirò “... e sia... così sono almeno presentabile...”
“Devo essere forse gelosa, mio signore?” Lei a lui. “Avete in mente un appuntamento galante con qualcuna delle vostre passate fiamme? Magari il matrimonio ve ne avrà fatta ripiangere qualcuna.” Piccata.
“Andiamo, mia signora...” ridacchiò lui “... sono un uomo sposato, dunque non ho più nulla da chiedere a messer Amore.”
“Già...” mormorò lei malinconica, ricordando l'uomo che aveva sposato.
“Signor Nicolai...” lui al locandiere “... vi è forse qualcuno che ha domandato di me? Avevo dato appuntamento a un certo mastro Ramio.”
“Si, è il nome di un uomo che chiedeva di voi, milord.” Annuì Nicolai. “Lo faccio chiamare subito. Credo sia in giardino.”
“Grazie, mio buon locandiere.” Sorridendo il baronetto.
“Chi è quell'idiota?” Chiese l'uomo seduto a giocare a scacchi e che aveva appena perso la partita.
“Il marito della nostra amica dama...” l'altro “... come avrà fatto una donna simile a sposare un individuo così insulso? Immagino per denaro, ovvio.” Ridendo sottovoce.
“Milord.” Entrando Ramio, un uomo robusto e dall'aspetto bonario. “I miei omaggi.”
“Amico mio...” il baronetto dandogli la mano in segno di saluto e passandogli così un biglietto segreto “... ti ho fatto chiamare per controllare la mia carrozza. Temo la convergenza delle ruote sia approssimativa.”
“Ora controllo subito, milord.” Ramio. “Sono il più abile carpentiere in circolazione.”
“Lo so, vecchio mio.” Ridendo di gusto il baronetto.
Ramio uscì e una volta solo nella scuderia lesse il biglietto che così recitava:

“Domani nel palazzo di sua grazia il vescovo si terrà una festa. I nuovi ordini per voi della banda li troverete nel salone ovest, dove ci sono 5 quadri. Nell'intruso fra essi ho nascosto le istruzioni. Prendetele, leggetele e poi distruggetele. Occhio che da Sygma gli Uaaraniani hanno inviato il nuovo ambasciatore che vuole smascherarci.”
Il biglietto era firmato Fiore Azzurro e recava un disegno della sala con i 5 quadri, ciascuno con una scritta sulla cornice:
1) Lancillotto uccise Morderd in duello.
2) Il re longobardo Liutprando sconfisse a Settembre gli ultimi duchi ribelli.
3) Carlo d'Angiò marciò a Novembre contro i siciliani.
4) Marco Antonio non rimpianse la congiura di Catilina.
5) Polifemo gridò che nessuno l'aveva accecato.

Dopo qualche minuto Ramio rientrò nella locanda, proprio mentre la bella dama si alzava dal suo tavolo per uscire in giardino.
“Guisgard, esco in giardino a prendere una boccata d'aria.” Fredda la moglie a suo marito prima di uscire, seguita dallo sguardo di lui su di lei.
Lo sguardo tormentato e profondo che solo l'uomo più innamorato del mondo poteva avere per la sua donna.
Uno sguardo dentro cui erano celate infinite parole d'Amore, non più pronunciate da tempo, ma conservate gelosamente nel suo cuore.
“Milord...” Ramio destando il baronetto “... eccomi... ho riparato la carrozza.” Fissandolo.
“Grazie, amico mio...” il baronetto al fedele Ramio, con un tiepido sorriso, indossando di nuovo la sua maschera, tolta solo per l'istante in cui aveva guardato la sua amata moglie con gli occhi del suo cuore.

E voi, dame e cavalieri di Camelot, sapete riconoscere quale quadro è l'intruso, così da scoprire il biglietto segreto e aiutare il misterioso Fiore Azzurro a sconfiggere i malvagi Uaaraniani?
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AMICO TI SARO' E SOLO QUELLO... E' UN SACRO PATTO DA FRATELLO A FRATELLO
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