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Vecchio 29-04-2016, 01.41.41   #76
Clio
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Il cacciatore e la fiera selvatica

Da piccola amavo scrivere dei brevissimi racconti che chiamavo "Attimi", descrivevano un istante, appunto, o pochissimi momenti.
Come un quadro animato, quegli attimi fermavano tempo e spazio per raccontare una storia.
Una storia breve, eppure colma di significato.
Questo breve scritto, me li ricorda tanto.



Non seppe mai perché, in principio, il suo sguardo si fosse posato su di lei.
Il bosco era quieto e popolato dalle più fatate creature, così non aveva prestato troppa attenzione a lui.
Di tanto in tanto alzava lo sguardo, solitamente per scuotere silenziosamente la testa, disapprovando qualche suo comportamento.
Non gli dava poi così tanta importanza, e il cacciatore non sembrava interessato.
Chi avrebbe dato la caccia ad una fiera come lei?
Il bosco offriva prede più docili e facili da catturare.
Così si sentiva sicura.
Forse fu quella sicurezza a far sì che non lo vedesse arrivare.
Alzò lo sguardo su di lui, stupendosi di trovarlo lì.
Vicino.. troppo vicino.
Allora si rese conto che la caccia era cominciata ancor prima che lei se ne accorgesse.
Così iniziò a scappare, zigzagando tra i verdi alberi di quel bosco incantato.
E riuscì a stargli lontano, riuscì a resistere per un bel po'.
Ma non era che un'illusione.
Lui cadde, convinto di acciuffarla, ma per tutta risposta lei lo colpì, scappando ancora più lontano.
Correva, sempre più lontano, con una forza che non sentiva di avere.
Sapeva che era a terra, sapeva che gli sarebbe servito tempo per rialzarsi, e questo le avrebbe dato un vantaggio.
Ma inaspettatamente, si ritrovarono faccia a faccia.
Ora lei non poteva più scappare.
Il cacciatore la prese in braccio, e senza dir niente la portò con sé.
Tutto ciò che accade dopo aveva dell'inspiegabile.
Insieme visitarono posti unici e magici, mondi lontani e vicini, regni e isole incantate.
E quella stretta divenne per lei quasi una necessità, tanto che quando allentava la presa lei temeva quasi volesse lasciarla andare.
Ora che avrebbe fatto se fosse tornata in libertà?
Ma poi lui sistemava la presa, che tornava salda, e lei si sentiva più sicura e nascondeva un sorriso.
Ogni tanto lui inciampava del sentiero arduo e dissestato, facendole male.
A volte forse involontariamente, a volte si chiedeva se non lo facesse apposta.
E il viaggio continuava.
La fiera sapeva quale fosse il suo destino.
Avrebbe dovuto temerlo, ma pian piano si accorse di bramarlo.
Quel banchetto che li avrebbe uniti indissolubilmente.
Eppure lui sembrava evitarlo, quasi che quel viaggio infinito fosse un modo per prolungare la caccia.
Come se dovesse ricominciare sempre daccapo, come se la fiera catturata fosse ancora da catturare.
Lei si chiedeva perché, ma non era certo lei a dover decidere.
Così , avvolta in quella dolce prigionia, seguì il suo cacciatore in ogni avventura.
Ma un giorno qualcosa cambiò.
Cambiò senza che lei se ne accorgesse, perché apparentemente lui non era cambiato.
Ma poi lei lo vide.
Il suo sguardo.
Il suo sguardo su quelle prede facili e docili che aveva snobbato fino a poco prima.
Ogni tanto lei vedeva il suo sguardo, ma lui passava oltre e lei si sentiva al sicuro.
Ma stavolta fu diverso, lui si avvicinò.
Forse credeva di poter portare due prede contemporaneamente?
Forse lei non era un pasto abbastanza succulento?
Dopotutto continuava ad allungare il percorso, a prendere strade diverse pur di non arrivare a quel banchetto che li attendeva.
Quando lei capì che stava davvero partendo per una caccia pur tenendola stretta da docile preda tornò ad essere la pericolosa fiera che lui aveva catturato tempo addietro.
Si dimenò, lo colpì meno forte di quanto avrebbe voluto, e scappò.
Corse, corse a perdifiato per cercare di lasciarsi alle spalle quel dolore.
Come poteva essere possibile?
Come preferire la cattività alla libertà?
Sarebbe scappata, si diceva, sarebbe andata lontano, così lontano che lui non l'avrebbe più vista.
Solo dopo molto tempo si fermò, voltandosi indietro.
Perché si rese conto che non sarebbe riuscita a scappare, a stargli lontano.
Si voltò e vide che aveva raggiunto quella preda, e non solo.
Le parve di morire.
Così lo osservò, nascosta dall'ombra della vegetazione.
L'avrebbe portata con sé?
Le avrebbe concesso quello che aveva così tanto a lungo negato a lei?
Osservò e attese, con i nervi pronti a scattare, per scappare, per azzannare se necessario.
Poi lo vide lasciare quella docile preda e chinarsi a terra, a sondare il terreno.
Tracce, l'abile cacciatore cercava tracce della sua fiera perduta.
Le sue tracce.
La fiera attese, poi si mostrò, illudendo il cacciatore che fosse tornato tutto come prima.
I due si scambiarono un lungo sguardo.
Un intenso e unico momento come estrapolato dal mondo intero.
Ma quando lui mosse un passo verso di lei, la fiera gli voltò le spalle e iniziò a correre.
La caccia era ricominciata.
Più intensa e più appassionata della prima, perché consapevole e calcolata.
La fiera correva, ingannando, provocando e seminando il suo cacciatore, per poi farlo avvicinare, e allontanarsi ancora.
Non perché non desiderasse tornare ad essere la sua preda, ma perché voleva che questa volta nulla lo distraesse.
Poteva desistere in qualunque momento, se fosse arrivato in fondo, allora nient'altro avrebbe avuto importanza.
Nemmeno quella sosta dolorosa nella foresta.
Infondo lei sapeva che ci sarebbe riuscito, che avrebbe resistito, lo sapeva fin dal momento in cui l'aveva visto chinarsi a terra e cercare le sue tracce.
Ma questo non significava che gli avrebbe reso le cose facili.
Al contrario, avrebbe venduto cara la pelle.
Forse nella speranza che una volta presa nuovamente, il cacciatore non la lasci più andare, e le doni quel banchetto che li renderà immortali.

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