Discussione: Ardea de'Taddei
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Vecchio 21-10-2009, 02.22.22   #89
Guisgard
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ARDEA DE' TADDEI

XXIV

“Laggiù vedrai gli altri mortali che
offesero empi un dio o un ospite
o i propri genitori, patire ciascuno
castigo adeguato a giustizia. Ade è
giudice grande degli uomini sottoterra,
e tutto sorveglia nelle tavolette della
sua mente.”
(Orestea, III)


La nobiltà del cuore è propria dello spirito e l’uomo che ne fa sfoggio brandisce i più alti ideali e valori come arma.
Non sempre il sangue è portatore di virtù, come invece avviene da un animo nobile.
Il leone può generare una pecora e il gufo una serpe, ma un cucciolo allattato dal sangue della lupa presto leverà alto il suo ululato.
Ma il cucciolo d’uomo, tornato nel mondo incantato e dorato, sembra aver smarrito la via verso casa, ma ignora che tra i suoni e i canti della vita gioiosa vi è sempre una zona oscura, dove si annida la tentazione.
Le lodi dei suoi pari e gli sguardi ammalianti delle donne riempivano il suo cuore di effimera gioia e pagano orgoglio, mentre un velo come sonno calava sul suo animo.
Tra le risa e le musiche della corte, nessuno sembrava prestare attenzione al sibilo del vento, che come un lamento lontano pareva annunciare una furiosa burrasca.
Ma l’uomo maledice la sua follia solo quando ha perso tutto e nulla è più doloroso del rimpiangere la gioia mentre si vive nella tristezza.
Quel caldo mattino d’Agosto in tutta Afragolignone si udivano ovunque le campane delle chiese suonare a festa, mentre le strade erano invase dal giubilo della gente.
Anche a corte la gioia regnava sovrana e tutti i suoi nobili ospiti s’apprestavano a vivere quell’inebriante evento.
Era infatti il giorno dell’Assunta e dopo la celebrazione della messa, gare d’armi, di versi e di musiche avrebbero scandito quella solenne festività.
In uno dei lussureggianti giardini del palazzo reale, fra l’attenzione delle dame e l’abilità dei cavalieri, si stava tenendo una gara di tiro con l’arco.
“Fermati e poniti sul capo quella mela!” Gridò ser Francesco detto il codino al suo irriverente scudiero.
“Le mie gote son rosse e tonde” rispose questi “ma badate di non confonderle con la mela!”
“Zitto e resta fermo, sciagurato!” Gridò il cavaliere.
Poi tese l’arco e scoccò la freccia.
Questa avrebbe senza dubbio portato via un occhio a quello scudiero, se questi, lesto, non avesse schivato il dardo.
“Alla mela dovevate mirare, milord!” Gridò il loquace scudiero. “Non alla mia testa!”
“I musici mi confondono.” Rispose imbarazzato ser Francesco.
“Mettete via l’arco, amico mio” intervenne Ardea “che gli scudieri non crescono sugli alberi come le mele.”
“Sapreste far di meglio, voi?” Chiese indispettito ser Francesco.
“Scommetto che spaccherò quella mela prima di voi.”
“Allora scommettete davvero, messere!” Disse una delle dame presenti.
“Quello che volete, lady Veronica!” Rispose Ardea.
“Non saprei…”
“Allora un bacio.” Disse con fare guascone Ardea.
“E sia..” Rispose arrossendo la damigella.
“Rimettiti in testa la mela, scudiero!” Ordinò deciso Ardea.
Poi tese l’arco e scoccò sicuro la freccia, colpendo e spaccando in due la mela.
Tutti applaudirono.
“Ora” gridò allegro Biago “riscuoti il tuo credito, cavaliere!”
La damigella arrossì abbassando lo sguardo ed Ardea si chinò a cogliere il frutto della sua impresa.
E tutti lodarono l’audacia del cavaliere, non solo bravo a tirare con l’arco.
Ma in quel momento un paggio recò un biglietto ad Ardea.
Appartatosi, il giovane lesse il biglietto ed il suo triste contenuto:

“Cavaliere, il vostro pietoso padre, il duca Taddeo d’Altavilla,
forse a causa di una vecchia ferita o forse per la lunga solitudine,
è caduto gravemente malato e disperiamo che possa vivere ancora
a lungo. Egli ha espresso il desiderio, prima di ritornare alla casa del
suo Signore e nostro Dio, di rivedervi un’ultima volta.”


Il doloroso biglietto recava la firma del medico personale del duca.
In un attimo il cuore del giovane fu preda del più profondo e lacerante dolore mai provato.
E insopportabile, come questo immenso dolore, fu il senso di colpa che in breve attanagliò il suo animo.
Le lacrime rigarono il suo bel viso ed il cuore si schiantava sotto il rimorso, mentre stringeva fra le mani quel funesto biglietto.
E in quel dolore malediceva se stesso.



(Continua...)
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AMICO TI SARO' E SOLO QUELLO... E' UN SACRO PATTO DA FRATELLO A FRATELLO
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