Discussione: Personaggi Abelardo ed Eloisa
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Vecchio 18-04-2008, 11.07.24   #1
llamrei
Dama
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llamrei è veramente ingamballamrei è veramente ingamballamrei è veramente ingamballamrei è veramente ingamba
Knight Abelardo ed Eloisa

Un amore epistolare, un amore contrastato, discusso, messo sotto torchio dalla mentalità dell'epoca...giudicato scandaloso e per questo punito.
Lei dopo aver dato alla luce il figlioi del suo amato maestro, si ritira in convento e diventa badessa...Con il suo amore, Abelardo, questi due amanti non smettono di trasmettersi emozioni, gioie, dolori, consigli e sentimenti il tutto in via epistolare. Considerate che all'epoca era privilegio di pochi conoscere l'arte del leggere e della scrittura.
Vi riporto di seguito qualche informazione su questi due stupendi personaggi medievali...


(Edmund Leighton - Abelardo e Eloisa)

(da qui in seguito fonte web)
Seguiamo Abelardo, da giovane a Parigi: subito si distingue per le continue argomentazioni rivolte contro le idee del suo maestro, Guglielmo di Champeaux. Deciso a insegnare Abelardo tenta di ottenere una licenza che Guglielmo briga per non fargli avere, ma riesce comunque ad avere l’insegnamento nella città reale di Melun (1102 ca.) poi a Corbeil. Dopo un periodo di riposo Abelardo torna in contatto con Guglielmo e lo costringe ad una pubblica ritrattazione sul problema degli universali dando un fiero colpo alla reputazione del suo vecchio insegnante.
Più tardi, tornato a Le Pallet, Abelardo assiste all’entrata in convento della madre, poi decide di studiare teologia con Anselmo di Laon.
Anche qui la sua contestazione nei riguardi del maestro è feroce, tanto che gli allievi fedeli al vecchio maestro costringono il giovane turbolento a tornare a Parigi. Abelardo è ormai un maestro brillante e accorrono da lui da tutta Europa. Nel 1118 l’avvenimento sconvolgente: l’amore per la diciassettenne Eloisa figlia di un canonico di Notre Dame, fanciulla bellissima e di grande cultura che Abelardo accetta di seguire nel suo perfezionamento. L’amore scoppia ben presto. Il padre della ragazza, sia pure con ritardo se ne accorge e scaccia Abelardo. Gli incontri continuano in segreto e Eloisa rimane incinta: al bambino sarà posto il nome di Astrolabio.
Abelardo si offre di sposare la ragazza ma chiede di mantenere il segreto, su questo punto Eloisa non è d'accordo. Ben presto nonostante tutte le precauzioni la cosa viene risaputa e Abelardo manda Eloisa nel convento di Argenteuil.
La reazione dei parenti è violenta e Abelardo viene evirato. Eloisa prende i voti e Abelardo entra nell’abbazia di S. Dionigi. Riprende l’insegnamento e scrive il trattato De unitatae et trinitatae divina, poi condannato per eresia nel Concilio di Soissons del 1121. Ne deriva un intenso peregrinare fino al ritorno a Parigi e alla fondazione di una propria scuola.
Nel 1141, su proposta di San Bernardo le dottrine teologiche di Abelardo vennero condannate anche dal Concilio di Sens.
Ritiratosi a Cluny muore nell’abbazia di San Marcello nel 1142.

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Vi posto qualche frase tratta da:
Abelardo e Eloisa,Lettere d'amore, a c. di E Roncoroni, Rusconi, Milano 1971, pp.180-7
Quei piaceri d’amor che abbiamo gustato insieme sono stati così dolci per me, che non posso pentirmene e nemmeno cancellarne il ricordo. Da qualunque parte mi volga mi sono sempre davanti agli occhi con tutta la forza della loro attrazione.
Anche quando dormo mi perseguitano le loro illusioni; perfino nei momenti solenni della messa, quando la preghiera deve essere più pura, le immagini oscene di questi piaceri si impadroniscono talmente della mia povera anima che mi abbandono più a queste turpitudini che alla preghiera.
Io, che dovrei piangere su quello che ho fatto, sospiro invece per ciò che ho perduto, e non solo quello che abbiamo fatto insieme, ma i luoghi, i momenti in cui l’abbiamo fatto sono talmente impressi nel mio cuore che li rivedo con te in tutti i particolari e non me ne libero nemmeno durante il sonno.
Talvolta anche i movimenti del corpo rivelano i pensieri dell’anima ed esse si tradiscono con parole involontarie. Come sono infelice e come ho diritto di ripetere quel lamento di un’anima gemente: ”Me sventurata chi mi libererà da questo corpo di morte?”
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