Discussione: Ardea de'Taddei
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Vecchio 25-09-2009, 02.22.58   #55
Guisgard
Cavaliere della Tavola Rotonda
 
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ARDEA DE' TADDEI

XII

“Io la vidi quella spada e nulla
di mortale possedeva, se non il
dono di rendere un mortale un
eroe.”
(Inni Eroici, II, III)


Quella notizia ovviamente scosse gli invitati alla cena.
Sul cuore di Ardea scese un velo di intensa quanto prevedibile tristezza, nonostante diventare cavaliere era da sempre il suo sogno più grande.
Ma l’idea di separarsi, anche se per un tempo limitato, da suo padre, lo rendeva malinconico ed inquieto.
Il duca, accortosi che l’atmosfera non era più gaia a tavola, chiamò a gran voce i musici.
“Avanti” ordinò il duca a questi “ fateci sentire qualche audace verso di qualche nobile impresa, sfaccendati che non siete altro!”
E subito nella sala musica e rime si diffusero liete, alleggerendo, per quanto possibile, la tristezza dei presenti.
Alla fine della cena però avvenne una singolare scena.
Tre servitori, senza essere chiamati, passarono in processione, portando ciascuno un misterioso oggetto.
Il primo aveva con se un candelabro d’oro sul quale ardeva una candela rossa; il secondo invece recava con se un grosso gufo reale impagliato con le ali spiegate; il terzo infine reggeva su un cuscino purpureo, bordato da drappi dorati, una magnifica e pesante spada, riccamente adornata di luccicanti pietre preziose.
Nessuno dei presenti sembrò dar peso a quelle singolare scena. Nessuno tranne Ardea.
Il giovane restò molto stupito da quella processione, ma ancor più lo fu del silenzio del duca e dei suoi ospiti.
Allora, vinto dalla curiosità, Ardea decise di chiedere cosa rappresentasse quella scena appena svoltasi nella sala.
“Padre mio” esordì, ardendo di viva curiosità “quale significato è celato in quella processione fatta dai servi?”
Il duca, ad udire quelle parole, lanciò uno rapido sguardo ai due nobili ospiti seduti a quella tavola, per poi continuare a mangiare come se niente fosse.
Anche gli ospiti, alla domanda posta dal giovane, scambiarono un fugace sguardo con il duca.
Poi, anch’essi con tutta la naturalezza del mondo, ripresero a mangiare.
“Uno degli oggetti che hai veduto” inizio a dire il duca senza smettere di mangiare e senza sollevare lo sguardo dal piatto e dalla sua coppa “è contenuto nell’arca di pietra custodita nella cappella del castello.”
“In effetti ognuno di quegli oggetti poteva essere contenuto nell’arca della cappella.” Pensò Ardea.
“Secondo te di quale si tratta?” Chiese il duca, con un tono di singolare non curanza.
“In verità non saprei.” Rispose Ardea.
In quel preciso momento di nuovo i servi passarono in processione con quei misteriosi oggetti, per poi sparire in una delle porte della sala.
Ardea restò sempre più confuso e stupito da quella scena.
E dopo un po’, ancora quei servi comparvero nella sala, recando stavolta con loro proprio l’arca della cappella.
Poi, giunti davanti ad una pedana rialzata, vi posarono sopra l’arca e si ritirarono.
“Sono anni” iniziò a dire il duca “che quell’arca ti incuriosisce. Ogni giorno passi presso la cappella chiedendoti cosa contenga. Stasera, ti è concesso saperlo.”
“Cosa devo fare, padre?”
“Avvicinati, aprila e guardaci dentro.” Disse con un tono deciso il duca, guardando fisso il giovane negli occhi. “Altro non puoi fare se davvero vuoi scoprire cosa contiene.”
Ardea non se lo fece ripetere due volte e si avvicinò all’arca per svelare quel mistero che lo ossessionava da anni.
Sollevò così il solido e pesante coperchio di pietra e guardò dentro il misterioso contenitore.
E con suo grande stupore trovò custodita in quell’arca la splendida e massiccia spada vista nella mistica processione avvenuta pochi momenti prima.
“Prendila e portala qui!” Ordinò il duca.
Il primo pensiero di Ardea fu quello di non riuscire a sollevarla. La spada infatti era massiccia e poderosa, tanto da sembrare pesante quanto un macigno.
Tuttavia Ardea, che non era tra quelli che lasciano intentato un proposito, afferrò la superba arma e la sollevò di colpo.
Incredibilmente, quella spada, a tenerla fra le mani, sembrava leggera come l’aria.
Passato qualche attimo ad ammirarne la mirabile fattura, Ardea portò la spada al duca.
“Hai osservato con che maestria” disse il duca, tenendo fra le mani la spada “è stata costruita questa straordinaria arma?”
Infatti quella spada era, non solo superba e magnifica come arma, ma stupendamente intarsiata di gemme e pietre preziose.
L’elsa era rivestita da fili dorati che l’avvolgevano fino al pomo, il quale era stato ricavato da un grande diamante.
“Ogni parte di questa spada ha un suo significato.” Disse il duca ad Ardea.
La lunga lama d’acciaio vedeva poi incisa alla sua base una scritta in latino antico.
Ardea, che durante il suo apprendistato presso il duca aveva potuto imparare tale lingua, riuscì subito a decifrarla:

“Sono Parusia la magnifica, forgiata dal fuoco dei cieli
e temprata dai venti dell’empireo. Temi dunque la mia lama,
bagnata nel sangue maledetto degli angeli ribelli.”

“Parusia…” Disse Ardea dopo aver letto quella scritta.
“Si, Parusia è il nome di questa favolosa spada.” Intervenne il duca. “Essa fu forgiata nei cieli ed utilizzata dagli angeli buoni per scacciare dalla Divina Dimora gli angeli ribelli. E quando cadde sulla terra, fu custodita dalla nostra nobile stirpe.”
“Una spada che ha dunque origine divina!” Rispose Ardea.
“Si. E chi la impugna non può conoscere sconfitta. Scruta bene il suo aspetto e leggerai la storia della nostra razza. Questa rubino rappresenta l’origine divina dei nostri antenati. Questo smeraldo invece simboleggia la nostra devozione all’Onnipotente. Queste paste vitree colorate evocano poi ciascuna le imprese che svolsero i membri della nostra stirpe. Questo disco di giada invece è il simbolo della nostra alleanza con la Chiesa di Roma.” Spiegò il duca.
Poi, alzatosi da tavola, ripose Parusia nell’arca e richiuse il pesante contenitore.
“Quando tornerai da me, con il titolo di cavaliere, Parasia sarà tua, figlio mio.”
Quella notte Ardea ripensò e sognò, come in una mistica visione, quella meravigliosa spada, come glorioso presagio della sua futura fama di cavaliere.


(Continua...)
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AMICO TI SARO' E SOLO QUELLO... E' UN SACRO PATTO DA FRATELLO A FRATELLO
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