Quante volte mi avevano detto che quella non era la strada per una donna, quante volte mi avevano detto che combattere avrebbe distrutto la mia femminilità, che le donne dovevano imparare a curare la casa e non a maneggiare le armi.
Non li avevo mai ascoltati, ero andata dritta per la mia strada, faticando il doppio degli altri allievi del mio celebre maestro.
Non mi arrendevo mai, nè perdevo mai il mio essere donna.
Qualcuno mi aveva consigliato di fingermi un uomo per arrivare al mio scopo, ma io mi ero sempre rifiutata.
Ora, dopo lunghi anni di addestramento e di avventure vissute in tutto il paese, tra duellli e scontri epici, nessuno osava più mettere in dubbio il mio valore, e il mio nome era conosciuto ovunque: Destresya, la donna samurai, con la mia mitica spada nascosta in un anonimo ombrellino che era il mio segno distintivo, il mio fiore all'occhiello.
Ero quasi arrivata al confine della foresta in cerca di nuove avventure.