Discussione: Enigmi a Camelot
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Vecchio 29-08-2012, 16.41.24   #1030
Guisgard
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La guerra tra Capomazda e Sygma, conosciuta anche come “Guerra dei due Gigli”, ha permesso che queste due civiltà entrassero in contatto anche e soprattutto sotto l'aspetto culturale.
Così, dall'unione della vivace cultura commerciale, artistica e raffinata dei Sygmesi con quella classicheggiante, aristocratica e guerriera dei Capomazdesi nasce una produzione varia e di altissima qualità, che tocca vette eccelse e in molti casi insuperate.
Soprattutto sul piano letterario, con la poesia lirica (religiosa, amorosa e goliardica), poemi e romanzi.
Tra questi, uno dei più celebri è senza dubbio il romanzo “Il giglio e la spada”.
L'opera, conservata nel cosiddetto “Codice Caivanense”, donato dalla Granduchessa Conya a Tommaso, vescovo di Licinia, mischia valori e aspetti cari al genere del Romanzo Cortese, con l'ideologia eroica ed aristocratica tipicamente capomazdesi, racchiuso il tutto dalla delicata e pulita prosa utilizzata negli attivi e fiorenti centri commerciali sygmesi.
Protagonista del romanzo è la principessa Atlya, erede di una dinastia da sempre oppressa da un oscuro sortilegio.
Tutti i membri della stirpe, infatti, sognano sin da tenera età un terribile demone che giunge a tormentarli, con lo scopo di renderli infelici.
I sogni in cui compare il malvagio demonio sono tutti ambientati in un misterioso castello.
Atlya, allora, decisa a vincere questa maledizione, parte per un viaggio, accompagnata dal vescovo Rodberto e scortata da tre cavalieri assoldati proprio dal religioso per proteggere la giovane e bellissima principessa: Zillas, Ylios e il cavaliere errante capomazdese Arados.
La compagnia, così, in questo suo viaggio affronterà varie peripezie e pericoli, con momenti di tensione a causa del difficile rapporto tra Atlya e Arados.
Il cavaliere, infatti, dotato di indole ribelle, spavalda e inquieta, solo a stento sarà tenuto a bada dalla principessa.
Le incomprensioni nasceranno anche per i sentimenti che lui prova: Arados è infatti segretamente e perdutamente innamorato di lei.
Nell'ultimo capitolo del romanzo, giunti presso un castello che Atlya riconoscerà essere proprio quello in cui da sempre il demone compare nei suoi sogni, scoppierà l'ennesima lite tra la ragazza e l'eroe, portando quest'ultimo ad abbandonare la compagnia davanti alla decisione irremovibile di lei di entrare nel misterioso maniero.
Qui infatti, domina una terribile maledizione che impone al re del castello di concedere come tributo ad un demone, lo stesso che tormenta da generazioni la stirpe di Atlya, sette fanciulle ogni anno, da tenere come lavoratrici in una fabbrica dall'aspetto terrificante.
Si tratta di una metafora di tutto ciò che combatte l'aristocrazia capomazdese: il lavoro imposto sul popolo affinchè possa sopravvivere, di contro, invece, all'ideale nobiliare che trova il suo sostentamento nella guerra e nell'esercizio del potere.
Il nome della maledizione è “Disdicevole Avventura” e per superarla bisogna vincere l'enigma imposto dal demonio che recitava così:

“Può essere di vari tipi
E' pregiato ed esclusivo.
Può trovarsi anche a tavola.
Lo può attraversare una lancia.
Può essere naturale oppure no.”

Zillas e Ylios tenteranno allora l'impresa, fallendo però miseramente, col risultato di far cadere prigioniera del demone anche Atlya.
Ma quando tutto sembra perduto, al castello giunge Arados, pentito di aver abbandonato la sua amata.
E' inutile dire che l'eroe affronterà la maledizione, vincendo l'arcano, per poi decapitare il demone e liberare così le ragazze imprigionate.
L'eroe liberatore, un classico della letteratura epica e cavalleresca, in questo caso non mostra affatto aspetti consueti, intesi a delineare la figura tradizionale del liberatore, tutto volto alla sua missione salvifica verso i suoi simili.
L'eroe qui è invece completamente preso dalla volontà di salvare la sua amata, restando quasi indifferente agli effetti della sua vittoria e al benessere di tutte le altre ragazze prigioniere fino a quel momento.
Si tratta di una visione assoluta e totale, tipica della cultura capomazdese, che porta in primo piano solo ed esclusivamente l'eroe e la sua amata che ben si lega, del resto, alla visione, anch'essa assoluta e globale, dell'Amor Cortese.
Arados rimane quasi apatico e indifferente alla felicità delle ragazze liberate, ai familiari di queste che si prostrano ai suoi piedi e alla riconoscenza del re del castello.
L'attenzione dell'eroe è solo per l'amata Atlya, ora finalmente libera e pronta a ricompensarlo donandogli il suo eterno amore.

E voi, dame e cavalieri di Camelot, riuscite a risolvere l'enigma della “Disdicevole Avventura”?
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AMICO TI SARO' E SOLO QUELLO... E' UN SACRO PATTO DA FRATELLO A FRATELLO
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