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Vecchio 23-10-2010, 10.45.21   #321
Talia
Cittadino di Camelot
 
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Talia sarà presto famosoTalia sarà presto famoso
Alla parola ‘fidanzato’ mi irrigidii...
“Lasciate perdere i fatti che non vi riguardano!” dissi a mezza voce “Inoltre vi assicuro che non vi è niente di ingenuo, né tantomeno di sognante nella mia fantasia... anzi! E per quante dame annoiate voi abbiate potuto conoscere, sono abbastanza sicura che neanche una di loro mi somigli, nemmeno vagamente...”
Ma il cavaliere non badò alla mie parole. Lo vidi voltarsi e allontanarsi... per la seconda volta quella sera!
Al diavolo... ma chi aveva detto che i cavalieri, pur di impugnare una spada, si lancerebbero in qualsivoglia impresa? Proprio a me, dunque, era capitato l’unico cavaliere moralista?
“E va bene!” sbottai irata alla sua schiena “Andate pure a quella stramaledetta locanda! Troverò da sola quello che cerco! Farò anche a meno delle vostre dannatissime informazioni... Anzi, è persino meglio così: almeno non dovrò guardarvi la schiena nel bosco!”
Così dicendo mi voltai e presi di corsa la strada verso il palazzo. Passai come una furia di fronte alle guardie che sorvegliavano l’ingresso e proseguii oltre, verso il cortile laterale, dove si trovavano gli alloggi della guarnigione e dove c’era anche la casa che io e mio padre occupavamo da sempre...
“Papà!” dissi entrando, ma non ricevetti risposta. Non era tornato! Feci mentalmente un rapido calcolo... undici settimane! Era partito da undici settimane e ancora nessuna notizia...
Inspirai profondamente e mi costrinsi a scacciare quella preoccupazione via dalla mente, almeno per il momento. Non me ne serviva proprio un’altra!
Mi avvicinai allora al mio baule e lo aprii... scansai malamente tutti gli abiti colorati e fruscianti che indossavo solitamente e iniziai a frugare sul fondo, finché le mie dita non sfiorarono ciò che cercavano: una stoffa liscia e rigida, pelle, la fibbia metallica di una cintura... l’abito che indossavo quando mi recavo nel bosco da mia madre, lo stesso che avevo messo le volte che mio padre mi aveva permesso di accompagnarlo nei suoi giri d’ispezione... erano passati anni ormai!
Tirai tutto fuori e li indossai: una gonna nera lunga e rigida, un corpetto di pelle, una cintura, un paio di stivali stretti...
Mi avvicinai poi alla cassapanca sotto la finestra e ne estrassi il mio arco, lo accarezzai per un istante, quell’arco che era cresciuto con me... che da piccola neanche riuscivo a tendere... e me lo misi a tracolla, appendendo alla cintura la faretra. Aprii infine il cassetto di mio padre e presi quel pugnale che era stato fatto fare apposta per me, così piccolo e maneggevole, e lo fissai all’avambraccio.
In quell’istante un brivido mi percorse la schiena, chiusi gli occhi...

Rividi mio padre, quel giorno che sembrava ormai lontano, rividi i suoi occhi incerti mentre mi guardava aprire l’involto di stoffa rossa e liscia...
“Un... un pugnale!” esclamai sorpresa.
“Sì! So che forse non è il regalo che volevi...” disse lui, con uno strano tono.
“No, papà, è bellissimo! E’ solo che... beh, hai sempre detto di fare affidamento solo sul mio arco! Di non permettere mai all’avversario di avvicinarsi tanto da dovermi battere...”
“E’ così! Ma poiché non si può mai sapere cosa ci attende, conviene esser preparati! E poi quel pugnale è leggero e maneggevole... è adatto a te!”
Gli sorrisi.
Lui mi osservò per un istante, poi soggiunse: “...ma forse non è un regalo adatto ad una ragazza, vero? Mi dispiace, piccola, è solo che... lo sai, io sono solo un soldato e tutto ciò di cui mi intendo è questo...”
“Non dire così, papà! Mi piace il tuo regalo!”
“Se solo tu avessi avuto una madre...” proseguì lui, ignorandomi.
“L’ho avuta una madre!” lo interruppi con la voce ferma.
L’uomo mi osservò un istante, poi si corresse: “Se avessi avuto una madre... normale!”
“Papà, ti prego, basta!”
“Avrei voluto di più per te!”
“Papà, la mia vita mi piace! E poi tu mi hai permesso di vivere a corte...”
“Come niente più che la figlia di un soldato! Vorrei poterti dare qualcosa di meglio... E invece tutto ciò che ti ho potuto insegnare è stato la cura delle armi e a tirare con l’arco!”
“E a cavalcare!” soggiunsi, con un sorriso.
“Già, a cavalcare!” ripeté.
“E a tirare di spada!”
Mi fissò un istante poi, finalmente, sfoderò il suo tipico sorriso sardonico: “No, sei un’incapace con la spada!” sentenziò “Riesci a fatica a sollevarla con una mano sola!”
“E’ vero...” annuii “...per questo mi hai fatto questo regalo!” soggiunsi, sfilai rapidamente il mio nuovissimo pugnale dalla fodera, girai su me stessa e tentai di affondare il colpo... invano; mio padre, ancor più velocemente, aveva afferrato il mio polso e l’aveva ruotato dietro la mia schiena, rendendomi inoffensiva.
“Colpo prevedibile, signorina!” disse sogghignando “Mi aspettavo di più dalla tua inventiva!”
“Sì, se non mi spezzi il braccio, papà, magari...” dissi.
“Tesoro!” mormorò lui, preoccupato, lasciando immediatamente la presa... appena libera, serrai il coltello, eseguii un mezzo giro e questa volta affondai il colpo, fermandomi ad una decina di punti dal volto dell’uomo...
“Ah, ti ho ingannato!” lo canzonai, ridendo “Colpo troppo facile, capitano! Non dovreste calare così la guardia!”
Anche lui rise.
“Va bene, va bene! Sei promossa!” disse poi “Però la prossima volta credo che ti regalerò dei nastri per capelli...”

Il suono delle risate svanì lentamente e io mi trovai sempre in quella casa ma nel silenzio più assoluto.
Oltre la finestra il cielo scuro stava diventando lentamente rosso e una striscia di giallo intenso iniziava ad allargarsi all’orizzonte... l’alba si avvicinava. Era il momento di mettersi in marcia.
Uscii di casa e, con passo sicuro, mi diressi di nuovo in paese... attraversandolo, per raggiungere la porta delle mura, passai di fronte alla locanda: un gran vociare si sentiva provenire dall’interno anche a quell’ora... lanciai un’occhiata truce in quella direzione e tirai dritto.
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** Talia **


"Essere profondamente amati ci rende forti.
Amare profondamente ci rende coraggiosi."

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