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Vecchio 09-10-2016, 04.11.23   #31
Guisgard
Cavaliere della Tavola Rotonda
 
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Cavaliere della tavola rotonda
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Guisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare bene
Ci sono alcune notti, vaghe e silenziose, malinconiche ed indifferenti, che sembrano fatte apposta per accarezzare vecchi ricordi...

Che strano, non ricordo più neanche il suo nome.
Eppure ricordo tutto, il suo viso, i suoi capelli ed il modo che aveva di stare seduta nel banco a scuola.
Ricordo come camminava e come gesticolava.
Ma il nome proprio non lo ricordo.
Credo sia stata la prima ragazzina alle elementari che mi sia piaciuta davvero, anche se è stata in classe con me solo per un anno.
Stava seduta proprio dietro di me e litigavamo spesso.
Ci punzecchiavamo, qualche dispetto reciproco e cose così, come succede fra bambini.
Forse fu la prima a scherzare sul mio ego, sul mio carattere e a fare battutine su come apparivo davanti a tutti.
Ma forse, infondo infondo, non lo pensava davvero.
Un giorno però qualcosa cambiò.
Un giorno speciale, o almeno così credevamo noi bambini.
Su uno dei muri del grande terrazzo, dove le maestre e le suore ci portavano a giocare dopo pranzo, quel giorno notammo qualcosa.
Sull'asfalto che ricopriva il muro l'effetto del Sole generava dei riflessi brillanti.
Fu facile stimolare la fantasia dei miei compagni, facendoli credere che in quel muro qualcuno avesse nascosto un tesoro, una fortuna inestimabile.
E forse, come loro, un po' anche io ci credevo, o almeno volevo crederci.
Cominciarono così lunghi pomeriggi trascorsi a pensare come poter estrarre le pietre preziose da quel muro.
Un giorno eravamo briganti, un altro pirati ed un altro ancora minatori.
E poi ancora ladroni, cacciatori di tesori, archeologi ed avventurieri.
Sempre impegnati a fantasticare su come far nostro quel tesoro nel muro.
E mentre noi maschietti ci spremevamo le meningi per diventare ricchi, le femminucce restavano lì a guardarci: qualcuna divertita, qualcun altra con aria sognante e qualcun'altra ancora incuriosita.
“Allora...” disse all'improvviso lei, avvicinandosi a me che stavo con una mano appoggiata contro il muro “... avete trovato il modo di tirar fuori il tesoro?”
“Non è mica semplice...” io voltandomi a guardarla “... altrimenti qualcuno prima di noi lo avrebbe già fatto, no?”
“Come ci è finito un tesoro in quel muro?” Lei.
“Chissà...” fissando il muro io “... forse i costruttori della scuola lo hanno nascosto qui... magari monaci o suore tempo fa... chi può dirlo...”
“Comunque sarà faticoso tirarlo fuori...”
“Si, ma ne varrà la pena.” Sorridendo io. “Immagini? Saremo ricchi sfondati. Niente più scuola, nè lavoro, nè pensieri e potremo vivere come più ci piace.”
“Se io avessi quel tesoro” sognante lei “allora di certo saprei cosa fare...”
“Cosa?” Io a lei. “Dimmelo...”
“Perchè?” Guardandomi con aria interrogativa lei.
“Beh, perchè sarò io ad estrarre il tesoro, come il Conte di Montecristo.” Sicuro di me. “Dunque sarò io a decidere come spenderlo.”
“E come lo spenderai?”
“Beh...” con i miei occhi in quelli di lei “... potrei farti diventare una principessa...”
“Davvero?” Illuminandosi lei.
“Certo...” annuendo io “... pensa, potremmo avere un castello o un palazzo... carrozze, cavalli e servitù... e poi alte torri per guardare fino al mare di giorno e per contare le stelle di notte.”
“E i vestiti?” Guardandomi lei.
“Vestiti dei più belli e poi gioielli e quant'altro indossano le vere dame!” Esclamai io.
“Allora si, ti prego!” Entusiasta lei. “Fa presto ad estrarre il tesoro!”
La presi per mano e camminammo insieme all'ombra di quel muro, sotto una pioggia di bagliori e riflessi che quel primo pomeriggio soleggiato ci stava regalando.
Migliaia di gemme preziose scintillavano nei nostri sogni, mentre io le raccontavo di viaggi lontani, avventure esotiche e di mille desideri che quel nostro tesoro avrebbe esaudito per noi.
Ma il pomeriggio seguente una suora sorridendo ci spiegò che non c'era nessun tesoro, ma solo un gioco di luci generato dal Sole.
L'indomani arrivò un pomeriggio nuvoloso e noi tutti, correndo verso il muro, senza più la luce del Sole, non vedemmo alcun bagliore.
Il nostro tesoro era svanito, insieme a tutti i sogni fatti.
Tornando in classe la malinconia non ci lasciò, continuando fino al suono della campanella.
Arrivarono i nostri genitori a prenderci e quel giorno di scuola finì.
“Ehi...” mi chiamò ad un tratto lei “... io credo a quei sogni...” sorridendomi “... so che troverai un altro tesoro e mi porterai in quei viaggi...” dandomi un fiore “... la maestra ne ha dato uno ad ogni bambina... il mio voglio lo tenga tu...”
“Grazie...” prendendo il fiore.
“Sfoglialo quando penserai a me...” sussurrò lei.
“Ci sono tanti tesori ancora nascosti...” tenendo in mano il fiore io “... ne troverò uno e verrò a prenderti... prima di aver sfogliato ogni suo petalo...”
Lei mi salutò con un cenno della mano, mi mandò un bacio ed andò via con sua madre, lasciandomi da solo ad osservarla con quel fiore in mano.
Peccato non ricordare più il suo nome.
Sfogliando quel fiore, magari in una notte lunga e silenziosa come questa, forse avrei sognato quei viaggi e quelle infinite pietre preziose che scintillavano in quei vecchi pomeriggi di scuola.
E magari, chissà, sfogliandolo avrei ricordato anche il suo nome.
Quel fiore era naturalmente la mia preziosa margherita che ancora oggi mi parla di quei viaggi che da bambino intrapresi per conquistare quella principessa, oggi, senza più un nome.
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AMICO TI SARO' E SOLO QUELLO... E' UN SACRO PATTO DA FRATELLO A FRATELLO
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