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Vecchio 19-04-2008, 13.21.11   #88
Morris
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Maddy Prior - Arthur The King




Un album su re Artù non potrebbe essere accompagnato da note di copertina migliori. Infatti proprio al leggendario re Artù ha deciso di dedicare un disco la grande Maddy Prior, una delle figure “storiche” della musica tradizionale britannica, che a distanza di quasi trentacinque anni dall’esordio continua a confermarsi, anche con questo Arthur The King, una delle poche vere superstar della British folk music.
La Prior ha dichiarato di recente: “Il disco è centrato sulla figura storica di re Artù". “Abbiamo pensato a un ciclo di canzoni focalizzate sulla figura di questo re leggendario. Inizialmente devo ammettere che non sapevo molto su re Artù. Ho cominciato a leggere alcuni volumi su di lui, e mi sono resa conto che l’immagine che ne avevo, derivante dalla lettura delle sue gesta romanzate, scritte nel XII secolo, era tutto sommato abbastanza confusa. E sono rimasta sorpresa dal gran numero di teorie esistenti sul suo conto, tutte convincenti – tra l’altro – e suffragate da ottime argomentazioni: per alcuni era un condottiero celta di origini gallesi che combattè contro gli anglo-sassoni; per altri era un principe originario del regno di Rheged, a nord, e combattè i Pitti. Oppure era un cavaliere originario della Steppa che andò a combattere in Bretagna…insomma le teorie più disparate.
Ecco quindi che quando abbiamo iniziato a lavorare a questo progetto, abbiamo, per quanto possibile, cercato di seguire un filo che fosse il più verosimile possibile, sulla base di documentari e testi storici, cercando di sfrondare il personaggio di Artù da tutti gli elementi mistici e leggendari che ne hanno accompagnato la figura almeno fino agli anni ’70. Dal punto di vista musicale Nick Holland e Troy Donockley hanno avuto un ruolo molto importante nella composizione dei vari brani che compongono la suite: tutta la musica di “Arthur The King” è stata scritta da noi tre, pressochè in parti uguali, e siamo soddisfatti del risultato anche perché c’è veramente tanto di ciascuno di noi, in queste composizioni.
Siamo quindi alla presenza di un concept album, un album a tema: metà del CD, quella che ai tempi del vinile sarebbe stato il “lato A” è costituita da una suite di dieci brani aventi per tema un re Artù del tutto particolale. Consideriamo ad esempio i primi versi di “The Name Of Arthur”, brano che apre la suite: “Il poeta e il trovatore si sono impossessati del mio nome / Hanno nascosto la mia vera storia e mi hanno dato un nome falso / Sono stato un uomo di Legge, un imperatore, un capo / Ho combattuto per la mia gente, ho combattuto per i miei ideali.” E ancora, in “The Hallows”: “Dal mio nome è nato un sogno, una favola, un mito…
Le dichiarazioni programmatiche della Prior trovano quindi conferma: Artù è questa volta un re spogliato il più possibile dell’alone di leggenda, e calato in un’ambientazione storica abbastanza plausibile, ed evidente è il tentativo di separare il fatto dal mito: di sicuro con Arthur The King la lunga carriera della Prior si arricchisce di un album interessante, ambizioso e impegnativo, all’altezza delle migliori opere della grande cantante inglese.
Maddy Prior, nata a Blackpool e cresciuta a St. Albans, venne alla ribalta verso la fine degli anni ’60 in coppia con il cantante e chitarrista Tim Hart: il duo si guadagnò ben presto una solida reputazione nel circuito dei folk club inglesi, rafforzata dalla pubblicazione di due dischi che ottennero lusinghieri giudizi da parte della critica specializzata, Folk Songs Of England Volume One e Volume Two. All’inizio degli anni ’70 i due si unirono a Ashley Hutchings, all’epoca con i Fairport Convention, con l’idea di formare una band che unisse canzoni tradizionali e strumentazione del rock. Ai tre si aggiunsero Gay e Terry Woods, e il gruppo prese il nome dal personaggio di una ballad tradizionale del Lincolnshire, “Horkstow Grange”: era la nascita degli Steeleye Span, la band che ebbe il merito di traghettare la folk music nell’universo dell’elettronica.
Nel corso degli anni ’60 vi furono vari cambiamenti nella formazione della band, ma Tim Hart e Maddy Prior ne fecero parte costantemente, guidando gli Steeleye Span alla conquista di svariati dischi d’oro e d’argento, oltre che del pubblico dell’intero pianeta. Hart abbandonò la band nel 1980, e ciò coincise con un periodo di sbandamento degli Steeleye Span, che tornarono a suonare insieme solo nel 1986.
Durante questo periodo Maddy non rimase certo a guardare: vennero pubblicati due album insieme a June Tabor – il duo si denominò Silly Sisters – ma non mancarono le partecipazioni a svariati progetti dei più importanti musicisti folk britannici, come Martin Carthy, Nic Jones, John Kirkpatrick e Danny Thompson, spesso anche in contemporanea con l’attività degli stessi Steeleye Span: con essi la Prior continuava ad esplorare il mondo della tradizione, mentre nei progetti solistici veniva prediletta la sperimentazione nell’ambito della composizione originale. Uno dei lavori più riusciti (A Tapestry Of Carols) vide la luce nel 1987 in collaborazione con The Carnival Band: il rapporto tra la Prior e questi musicisti è durato a singhiozzo per oltre dieci anni, periodo in cui sono stati pubblicati cinque album, in perenne oscillazione tra musica antica, inni sacri, musica tradizionale e classica. I tour natalizi di Maddy Prior & The Carnival Band sono diventati negli anni leggendari, come testimoniato dal recente album Carols At Christmas, registrato dal vivo.
Il 1997 è un anno di svolta. Negli Steeleye Span rientra Gay Woods e viene pubblicato Time, giudicato il miglior disco della band degli ultimi anni. Seguono due lunghi tour, e al termine del secondo Maddy, dopo ben 28 anni di musica insieme, decide di abbandonare definitivamente gli Steeleye Span. La Prior infatti non riesce più a reggere certi ritmi: dividersi tra gli Steeleye, la Carnival Band, l’attività solistica e la famiglia diventa per lei impossibile, e si impone quindi una decisione.
Maddy si concentra sulla attività solistica, e il 1997 è anche l’anno di Flesh & Blood, acclamato album che permette alla cantante di sperimentare una nuova formula musicale, grazie soprattutto alla presenza di Nick Holland (tastiere) e Troy Donockley (uilleann pipe, chitarre, low whistle, tin whistle, cittern), strumentisti che si adatteranno in modo perfetto al mondo musicale di Maddy e che diverranno suoi compagni di viaggio (e di incisione) fino a questo Arthur The King.
Tornando alla suite in dieci movimenti dedicata a re Artù, particolare attenzione è stata posta dalla Prior, da Holland e Donockley anche nella composizione dei vari segmenti musicali, in particolare per quanto riguarda le strutture adoperate: “Sentry” ha la forma di un salmo, ad esempio, mentre “Tribal Warriors” fa uso di una semplice melodia modale che ha per sfondo un unico accordo: il concetto di armonia ai tempi di re Artù era evidentemente sconosciuto, e la cantante inglese ha voluto tener conto anche di questi particolari!
La seconda parte dell’album comprende quattro brani tradizionali ed un’altra composizione del duo Prior/Donockley. Quando si è posto il problema di scegliere due brani che rappresentassero adeguatamente questo ottimo album sulla compilation di Keltika, abbiamo concordato con il responsabile della casa discografica Park Records che era preferibile rivolgersi proprio a due di questi traditional, sia perchè isolare una delle sezioni della suite “Arthur The King” non sarebbe stata operazione di buon gusto, sia perché i vari “movimenti” della suite scorrono concatenati uno dietro l’altro senza soluzione di continuità. Abbiamo quindi optato per due brani celeberrimi, presenti nel repertorio di molti grandi della folk music: ci è capitato di ascoltare “Reynardine” e “Lark In The Morning” in decine di versioni differenti, ma raramente con intensità e sensibilità paragonabili a quelle tratte da Arthur The King e presenti sul CD allegato questo mese alla nostra rivista. Ci si consenta infine una considerazione sulla voce di questa grande cantante: a oltre trent’anni dagli esordi, le sensazioni che Maddy Prior riesce a regalarci rimangono splendidamente immutate, un perfetto bilanciamento tra vecchio e nuovo, tradizione e nuove sonorità, nostalgia e sperimentazione, sensibilità e precisione. Un gran bel disco, Arthur The King, come solo una grande interprete ci poteva donare.
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[I][B][COLOR=red]Sir Morris[/COLOR][/B][/I]

Ultima modifica di Morris : 19-04-2008 alle ore 14.35.26.
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