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Vecchio 03-02-2014, 01.11.00   #641
Guisgard
Cavaliere della Tavola Rotonda
 
L'avatar di Guisgard
Cavaliere della tavola rotonda
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Residenza: Dalla terra più nobile che sorge sotto il cielo
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Guisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare bene
Quadro V: Il rapimento del re



“Le condizioni della nazione inglese erano a quel tempo davvero tristi. Re Riccardo era lontano, prigioniero del perfido e crudele duca d'Austria. Perfino il luogo della sua prigionia era incerto, e la sua sorte sconosciuta alla maggioranza dei sudditi, che nel frattempo erano vittime dell'oppressione dei vassalli.”

(Walter Scott, Ivanhoe)


Il borgo era deserto dopo che l'ultimo rintocco aveva scandito la fine della Santa messa.
L'aria era umida e rendeva la sera incerta, silenziosa e cupa.
Guisgard attraversava la stretta stradina mediana, che tagliava in due il piccolo centro abitato.
Non conosceva quel posto ma aveva deciso di seguire il suono della campana per raggiungere la chiesa.
Da lì avrebbe poi chiesto informazioni su come lasciare quel luogo.
Raggiunse infine una piccola piazzetta, proprio davanti alla chiesa.
Il cavaliere pensò di essere solo in quel posto, fino a quando non si accorse di qualcuno davanti al portale del sacro edificio.
Allora si avvicinò a quella figura.
Era un maniscalco che lavorava ad alcuni arnesi.
“Salute a voi...” disse Guisgard.
L'altro rispose con un sorriso.
“Come si esce da questo borgo?” Chiese il cavaliere. “Devo rimettermi subito in viaggio e cerco la via per lasciare questo luogo.”
“Bisogna aspettare la processione di San Biagio.” Fece il maniscalco.
“Quando ci sarà?”
“Domenica.”
“Perchè occorre che passi prima la processione del Santo?” Domandò Guisgard.
“Perchè hanno chiuso il borgo.” Spiegò il maniscalco. “Temono che possa arrivare qualcuno.”
“Magari per vedere la festa del Santo.”
“Non tutti...” mormorò il maniscalco “... altri vogliono solo che il borgo cambi nome...”
“Perchè mai?” Fissandolo Guisgard.
“Per ingraziarsi Belfagor...”
“Belfagor?” Ripetè il cavaliere.
“Si...” annuì il maniscalco “... dopo la morte del suo servitore Passato... nessuno sa chi ha potuto uccidere quel potente gigante... per questo vogliono placare la collera di Belfagor, dedicandogli questo borgo...”
“Com'è possibile?” Esterrefatto il cavaliere. “Siete pronti a festeggiare San Biagio e poi qualcuno tenta di sconsacrare il borgo dedicandolo ad un demone?”
“Purtroppo qui nessuno è in grado di difenderci dall'ira di Belfagor.”
“Pregate il vostro Santo allora!” Esclamò Guisgard. “Lui vi proteggerà!”
“Occorre Fede per chiamare l'aiuto dei Santi...” guardandolo negli occhi il maniscalco “... molta Fede... tu ne hai, cavaliere?” La sua espressione e le sue fattezze cominciarono a mutare sempre più velocemente. “Ne hai? Credi di poter raggiungere ciò che più desideri? O forse la tristezza e la disperazione ti hanno già vinto?” I suoi occhi erano diventati rossi come tizzoni ardenti.
Guisgard fece un passo indietro e cercò con la mano il crocifisso che aveva al collo.
Lo strinse e poi con l'altra mano raggiunse l'elsa della sua spada.
Ma un vento freddo si alzò nell'aria e un attimo dopo Guisgard si ritrovò in una fitta e tetra selva.
In lontananza si udivano lamenti e pianti.
Il cavaliere estrasse allora la spada.
“Chi è là?” Urlò. “Chi c'è?”
Quei lamenti si fecero più vicini.
Erano voci sovrapposte, confuse.
“E se il meglio della vita fosse già passato?” Si udì.
“Ho smarrito la via di casa e non la ritroverò più...” sibilò un'altra voce.
“Sono destinata a restare sola...” in lacrime qualcuno.
“Perchè non mi avete detto che la solitudine è come morire?” Disperato qualcun altro.
Ma tra quelle voci il cavaliere riconobbe un nome.
“Passato...” echeggiò nella selva.
“Passato?” Turbato Guisgard. “Il gigante?”
“Si...” una voce lontana “... e grida vendetta... è il suo fantasma che la reclama... la vendetta di Passato...”
“Cosa volete da me?” Urlò il cavaliere.
Ancora quei lamenti confusi.
“Cosa volete da me?” Con rabbia Guisgard, brandendo la sua spada nel buio circostante.
“Voglio che tu soffra...” rispose quella voce lontana “... giorno dopo giorno... notte dopo notte... fino a consumarti...”

Guisgard si svegliò aprendo gli occhi di colpo.
“Ben svegliato, campione...” disse la donna sdraiata sul letto accanto a lui, che con una mano accarezzava il petto di lui “... ti guardavo mentre dormivi e mi chiedevo cosa stessi sognando...”
Lui accennò un vago sorriso.
“Magari qualche donna...” continuò lei “... ti vedo il tipo romantico... secondo me hai anche un cavallo bianco...”
“Per farne cosa?” Fissandola lui.
“Per andare a rapire la tua amata.” Sorridendo lei. “Non ti hanno mai letto le favole da piccolo?”
Lui rise appena.
“Cosa?” Ridendo anche lei. “Non mi facevi donna da favole? Guarda che anche quelle come me amano le favole. Anzi, ti dirò... se Cenerentola vivesse oggi sarebbe di certo una prostituta. E magari il principe azzurro la riscatterebbe portandosela via.”
“Caschi male, amica mia...” fece Guisgard “... non solo io non sono un principe, ma, ahimè, non potrei riscattarti nemmeno volendolo...” le fece l'occhiolino “... non dovevi sceglierti come cliente uno senza il becco di un quattrino...”
“Ti ho solo fatto credito, cavaliere.” Baciandolo lei. “Dopo la tua prima battaglia tornerai per pagarmi.”
“E se mi uccidessero nel bel mezzo del combattimento?”
“No, secondo me ci sai fare...” fece lei “... dico che sei abile a tirare di spada...”
“Ti intendi anche di cavalieri” mormorò lui “oltre che di principi?”
“Si...” annuì lei, per poi prendere la mano di lui e fissarla “... prima guardavo questa piccola cicatrice... come te la sei fatta?”
“Potrei dire che mi è stata causata da un drago” sorridendo lui “o magari da un orco... ma, in verità, è solo l'esito di un attacco andato a male...”
“Fammi indovinare...” fingendosi pensierosa lei “... dopo aver scalato la torre, per liberare la dama imprigionata, ti sei ritrovato davanti il marito, giusto?”
Lui rise.
Ad un tratto si udì un rumore sui vetri.
“Ehi, qualcuno lancia sassolini contro la finestra!” Esclamò lei.
“Non dirmi che anche tu hai un marito?”
“Certo...” sarcastica la donna “... ed infatti è lui che mi obbliga a fare questo mestiere, visto che non ha voglia di lavorare.”
“Che santa donna!” Divertito Guisgard.
Lei si alzò dal letto e coprì il suo bel corpo nudo con uno scialle rosso.
Aprì la finestra e si affacciò.
“Favren!” Guardando in strada. “Sei tu che lanci i sassolini contro la finestra?”
“Si, signora!” Annuì il bambino.
“Beh, potevi entrare invece di rischiare di rompere i vetri, non ti pare?”
“Mia mamma” replicò il piccolo “mi da le botte se sa che sono entrato da voi, signora!”
“Già...” ironica lei “... beh? Cosa cercavi?”
“E' da voi un cavaliere di nome Guisgard?” Chiese Favren. “Un certo Gufo lo sta aspettando in caserma! Deve far presto!”
“Forse” voltandosi la donna verso Guisgard “molto presto avrai la possibilità di guadagnarti la tua prima paga, campione... così da poterti subito sdebitare di questa notte con me.” Aggiunse fissando il cavaliere che se ne stava ancora a letto.
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AMICO TI SARO' E SOLO QUELLO... E' UN SACRO PATTO DA FRATELLO A FRATELLO
Guisgard non è connesso