Discussione: Enigmi a Camelot
Visualizza messaggio singolo
Vecchio 26-05-2020, 17.38.21   #5210
Guisgard
Cavaliere della Tavola Rotonda
 
L'avatar di Guisgard
Cavaliere della tavola rotonda
Registrazione: 04-06-2008
Residenza: Dalla terra più nobile che sorge sotto il cielo
Messaggi: 51,903
Guisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare bene
Quando Oudin ricevette quell'incarico dal signor Bosu, ne restò molto colpito.
La fabbrica di Bosu era rinomata in tutto il paese per l'eccellente fattura e la sicura efficacia delle sue armi. Era più di un secolo che la fabbrica produceva armi e nei decenni fra i suoi clienti vi erano stati celebri guerrieri, ufficiali dell'esercito e persino esponenti della vecchia aristocrazia. Alcune di quelle armi poi si erano guadagnate onori e fama tanto da essere entrate nelle fantasie popolari. Ora Busu aveva inviato il suo giovane armaiolo presso un misterioso cliente, che richiedeva la forgiatura di una spada particolare. Non era ben chiaro cosa volesse davvero quell'uomo. In realtà durante il viaggio Oudin ripensò a lungo a questa storia. L'uomo viveva in una sperduta regione nel Nord, a diverse miglia dal centro abitato più vicino. L'ultimo paesello prima della selvaggia tundra, il luogo in cui sorgeva il castello del Dottor Ordifren, questa era il nome del misterioso cliente, era uno sperduto villaggio formato da poche casupole raccolte intorno ad una chiesetta. Oudin vi giunse la vigilia della notte di Santa Rita da Cascia, resa celebre secoli prima per un grande processo in cui furono condannate e poi arse vive diverse donne, tutte accusate di stregoneria. Quella stessa notte, vecchia di secoli, le forze del male giurarono vendetta contro la Chiesa di Roma ed i suoi alleati. Giunto al villaggio, Audin cenò nell'unica locanda del posto, al cui ingresso oscillava un'insegna col suo sinistro nome: “La lepre sgozzata”.
La moglie del locandiere gli raccontò che per attraversare la tundra e raggiungere il castello vi era una diligenza, che però passava solo una volta la settimana, ossia il Venerdì.
Così, finito di mangiare, il ragazzo lasciò la locanda per raggiungere la tundra ed attendere la diligenza. Nel voltarsi indietro vide però la locandiera fissarlo dalla porta ed ebbe la netta sensazione che lei stesse pregando. Non vi badò però molto, visto che lui non aveva alcuna credenza Religiosa.
Attese a lungo, nel silenzio della notte, ad un bivio e sotto un albero di noce dai rami spettrali. In lontananza di tanto in tanto si udivano gli ululati dei lupi ed il canto di alcuni uccelli notturni provenienti dal cuore della selvaggia tundra. Trascorsero così alcune ore, senza che nessuno si vedesse arrivare. Poi ad un tratto il nitrito di alcuni cavalli fece sussultare Oudin. Vide così arrivare una diligenza trainata da 4 cavalli neri come la notte, dagli occhi di fuoco e la schiuma alla bocca. A guidare la vettura vi era un uomo avvolto da uno scuro mantello, dal bavero alzato ed il cappello a coprire gran parte del capo.
“Perdonatemi, ma non mi è stato possibile giungere prima.” Disse il cocchiere, per poi aprire la porta della diligenza per far salire Oudin.
Questi annuì e salì a bordo. Un attimo dopo la carrozza ripartì.
Attraversò un tratto di tundra dall'aspetto selvaggio, fatto di querce secolari, spettrali noci, svettanti pini, inquietanti salici e sinistri faggi. La falce della Luna sembrava una lama d'argento pronta ad abbattersi sul mondo dei mortali, mentre le fitte ombre della notte parevano anime dannate fuggite dagli inferi. Chiunque altro al posto di Oudin si sarebbe sentito in bilico, come se attraversasse il mondo degli uomini per giungere in quello delle tenebre.
Ma il ragazzo non aveva regole ed ideali che vedessero il mondo diverso da come gli appariva, ossia un crogiolo di idee e libertà per attuarle, senza alcuno spazio per il Destino e la fortuna.
La diligenza arrivò allora nei pressi di un'altura dall'aspetto cupo, maledetto e misterioso. Era un enorme ed alto spuntone di roccia che pareva sbucare dalla terra e spiccare un salto verso il cielo, richiamando la follia di Lucifero e dei suoi angeli caduti. In cima sorgeva un blocco di granito scuro come la pece, dal quale un architetto di certo visionario aveva tratto le forme di un superbo castello. La diligenza risalì rapida l'altura e arrivò davanti al grande portone in legno borchiato. Il conducente aiutò Oudin a scendere e poi bussò forte alla porta. Solo in quel momento il giovane si accorse dell'altezza eccezionale di quell'uomo. Un attimo dopo il conducente risalì sulla diligenza e la portò nelle scuderie del maniero. Per lunghi momenti nessuno giunse ad aprire, ma poi, all'improvviso, si udì il catenaccio interno scattare più volte ed infine la porta, cigolando sui vecchi cardini, si aprì.
Una figura alta, magra, leggera e vestita di una lunga vestaglia purpurea apparve sulla soglia. Aveva folti capelli di un vago brizzolato e legati in una lunga coda, il volto pallido e malinconico, gli occhi di un grigio chiaro ed una bocca sottile, dal taglio crudele. Simile ad un'ombra che emergeva dal buio, avanzava sulla porta accompagnata dal chiarore della lampada che aveva in mano.
“Buonasera, dottore...” Oudin presentandosi... “sono qui per la sua spada... per conto del signor Bosu... il mio nome è Oudin...” un po' teso.
“Benvenuto nel mio castello...” Ordifren a lui “... prego, entri nella mia dimora e mi doni un po' della sua gioia e della sua giovinezza, amico mio... i giovani hanno il dono di vedere il bello della vita...”
Oudin trascorse diversi giorni al castello con Ordifren, rispondendo ad ogni domanda e curiosità del vecchio scienziato sulle armi in generale e su come sarebbe dovuta essere la sua spada. Alla fine il giovane scoprì che il desiderio di Ordinfren era quello di riparare una vecchia spada appartenuta ad un re orientale e da molti ritenuta maledetta. Era conosciuta come la Spada delle Cento Scuole, poiché secondo la leggenda era stata forgiata chiamando le migliori scuole di armaioli del paese, affinchè realizzassero una lama indistruttibile.
Oggi quell'antica spada è conservata nella Galleria degli Studi di Capomazda City.
Rinchiusa in una teca, sulla quale sono incise delle parole che la tradizione vuole formino un arcano, chiamato Aureo di Uaarania. Secondo la leggenda l'arcano, che rende impossibile ad alcuno di aprire la teca senza essere prima risolto, consiste in una frase fra le cui parole vi è un'intrusa. Esso così recita:

“Adesso basta. Che discordia essere fanatico. Giovedì ho invocato la mezzaluna nuova sognandola. Per questo ritengo sia tutta una vera zizzania.”

E voi, dame e cavalieri di Camelot, sapete risolvere l'Aureo di Uaarania?
__________________
AMICO TI SARO' E SOLO QUELLO... E' UN SACRO PATTO DA FRATELLO A FRATELLO
Guisgard non è connesso   Rispondi citando