Discussione: Il Cavaliere Bianco
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Vecchio 21-05-2018, 11.50.06   #3
Dacey Starklan
Cittadino di Camelot
 
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Dacey Starklan è sulla buona strada
Era un ben giorno di sole, uno di quelli dove il cielo risplende e il caldo ti appiccia i vestiti sulla pelle, quando tutto avvenne, senza preavviso, senza darmi il tempo di realizzare, di prepararmi.

Mia madre era una ottima sarta e le sue creazioni elaborate venivano richieste anche dai villaggi vicini.
Quello era il mio compito, andare a vendere i vestiti, perché con ago e filo proprio non combinavo nulla.
Per questo mio padre mi permetteva di prendere la nostra giumenta, a cui attaccavo un carretto ricolmo di stoffe e prodotti finiti.
Avevo una parlantina spiccia e un bel sorriso per tutti, sembravo nata per far affari.
Quel bel giorno di sole ero di ritorno al mio villaggio, particolarmente soddisfatta per come era andata la giornata di lavoro ma non ci misi molto a capire che qualcosa non andava.
Più mi avvicinavo al mio paese più sentivo una cosa soltanto: silenzio.
Un silenzio che mi mise subito in agitazione perché era qualcosa di inusuale, persino innaturale.
Neanche la notte ci sarebbe stato tanto silenzio.
Sentii l’urgenza di arrivare, spronando l’animale incurante del traballante carretto che sobbalzava quando si andava al galoppo.
Ma una volta arrivata avrei voluto non essere lì.
Il mio respiro si fermò e così anche il mio cuore, a quella orribile vista.
Ogni cosa, ogni animale o persona era svanita, distrutta da qualcosa o qualcuno.
Da villaggio fiorente e pieno di gente mi ritrovai in un villaggio fantasma
Il mio villaggio.
Non c’era più.
Non c’era più la sua gente.
Non c’era più la mia famiglia.
Corsi in quel tappeto di sale verso casa mia, alla ricerca di qualsiasi cosa, un segno, una speranza.
Qualcuno doveva essere vivo.
Mi affannai, scavando tra le macerie fino a perdere le forze e crollare in un pianto amaro.
Tutto ciò che era stato non c’era più.
Un intero paese, una intera comunità spazzata via senza pietà alcuna.
Ogni più piccola cosa era scomparsa, non c’era neanche un piccolo segno del passaggio di tante brave persone su questa terra.
Ero da sola a ricordarle, ero da sola a piangerle.
Ero da sola.
Sarei stata da sola d’ora in poi.
Orfana e senza radici per via di un Male che non potevo comprendere, che nessuno davvero comprendeva.
Fino a quel momento avevo sentito parlare di strani attacchi ma sembravano più storie per spaventare i bambini.
Invece erano la spaventosa realtà e la stavo vivendo sulla mia pelle.
Non so quanto tempo rimasi a fissare quei blocchi di sale che un tempo erano mura, campi, oggetti, persone.
Rimasi oltre la notte e oltre il giorno fino a che non realizzai che non potevo restare lì.
Che non potevo piangere in eterno.

Per questo ora mi trovavo nella capitale, dicevano fosse ancora sicura.
Ero appena arrivata, non conoscevo nessuno ma non me ne preoccupavo.
Come tutti anche la mia attenzione ora era volta al cielo, nella speranza di incrociare la famosa cometa.


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Dacey "Karishma" Starklan
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