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Vecchio 10-03-2010, 00.43.37   #1
Mordred Inlè
Cittadino di Camelot
 
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Mordred Inlè è un gioiello nella rocciaMordred Inlè è un gioiello nella rocciaMordred Inlè è un gioiello nella rocciaMordred Inlè è un gioiello nella roccia
In una notte di luna piena

Come tutti i testi che ho postato in questa sezione, anche questa è una storia che mi appartiene. E' tutta mia XD l'ho scritta io ed i diritti sulle leggende sono morti da tempo quindi su questa storia c'è un nel copyright (ed io ho i diritti : D fufufu).
Anche se non credo che qualcuno mai potrà volerla!

Questa è, credo, la mia prima storia con Mordred bimbo. Ambientata in un momento imprecisato della cronologia arturiana.
Si parla sempre dei fratellastri di Mordred alle Orcadi e della loro acidità e così volevo dare ad Agravaine la possibilità di sfoggiare le sue doti di fratello maggiore. Non mi interessa se è OOC haha! nelle leggende non esistono OOC ma tutto è canon!
Per le età mi sono basata sulla mia tabella delle età in cui Agravaine ha circa 11 anni in più di Mordred.
Se nella storia vi pare di leggere hints e sottointesi circa il comportamento di Mordred e circa la sua infanzia, bhè, è perché ci sono. Leggere fanfictions su Remy LeBeau (Gambit) mi fa male. Ebbene sì, sono una donna cattiva, ho gli esami alle porte e quindi ho bisogno di scrivere cose fluff e angst, soprattutto angst, con tanto angst condito di angst e inutili drammi.
In una notte di luna piena

Agravaine non era un uomo paziente. Aveva sempre troppe cose da fare durante la giornata e troppo poco tempo per dormire.
Spesso si ritrovava a scrivere lettere anche dopo il tramonto, chino sul piccolo scrittoio nella propria stanza, accecato dalla luminosità di una candela. Non che fosse una persona particolarmente importante. Agravaine sapeva di non essere nulla di più di uno sbarbatello della Tavola Rotonda (ma c'erano cavalieri molto più sbarbatelli di lui) e non era nemmeno il nipote prediletto del re, ma aveva delle interazioni sociali da mantenere.
Con dama Laurel, per esempio. Una gran donna (in tutti i sensi). Oppure con sua madre, un'altra grande donna, nell'accezione più terribile della frase. Morgause voleva da lui dettagli di tutto ciò che accadeva a Camelot.
Il re aveva un raffreddore? Bene, Agravaine doveva subito correre a scrivere alla madre.
Stare lontano dalle Orcadi e da Morgause faceva bene alla salute, decise Agravaine, quella sera, mentre, ancora una volta, si mise per prima a scrivere la lettera a Laurel, tenendo quella della madre per ultima. Il potere che la donna aveva sui figli diveniva sempre più debole, anno dopo anno, a causa della distanza e della novità di Camelot.
A Camelot non vi era Morgause a dettare legge di vita o morte, vi era un re che seguiva altre leggi e questo dava ad Agravaine un'aria di gioia.
Non aveva alcun interesse per la politica o il potere. Era grato di non essere Gawain, il maggiore dei figli di Lot e colui che un giorno avrebbe regnato su Lothian e Orcadi. Era felice di non essere nessuno dei cavalieri ansiosi di raggiungere una posizione anche minimamente vicina a quella del re.
Agravaine aveva una stanza. una notte di luna piena, qualche giovane fanciulla da corteggiare (e dama Laurel da ammaliare) e un intero castello con cui svagarsi. In particolare, aveva trovato in sir Kay un soggetto molto interessante. Era delizioso vedere come il siniscalco si preoccupava per qualsiasi minima cosa sfuggisse dal suo controllo.
Si stiracchiò piano, assaporando il rumore delle ossa e la tensione dei muscoli, pronto per andare a letto.
Qualcuno bussò piano alla sua porta ed Agravaine si voltò, incuriosito. Forse una dolce fanciulla era giunta a tenergli compagnia?
Si alzò per andare ad aprire e fu molto sorpreso nel vedere alla porta suo fratello minore Mordred. Non era propriamente un fratello ma un fratellastro. Morgause non aveva nascosto a nessuno il segreto della nascita di Mordred.
"Questo è il vostro piccolo fratellastro," aveva detto la donna, ai suoi figli, il giorno in cui nacque l'ultimo arrivato. "Suo padre è mio fratello, il grande re Artù."
Nessuno aveva osato dire nulla sull'abominio del gesto di Morgause che, volontariamente, già immersa nella propria possessiva pazzia, aveva sedotto Artù e concepito un bimbo.
"Sarà proprio come suo padre e come me, sarà il mio bimbo preferito, vero Mordred?"
Mordred però non era stato il suo bimbo preferito e ben presto Morgause si era stancata anche di lui. Era troppo bella e troppo giovane per preoccuparsi di un bambino, ma quelle parole erano bastate ai fratelli delle Orcadi per provare un immediato astio verso il loro nuovo parente.
I fratelli non erano gli unici ad aver avuto sentimenti poco piacevoli per Mordred. Loro padre Lot era tornato qualche anno dopo dalla guerra ed aveva trovato un nuovo figlio del quale non sapeva assolutamente nulla. Non vi aveva impiegato molto a capire che il figlio non era affatto suo (anche se non aveva mai capito, che il padre era il re). Inoltre non era facile per lui osservare i propri figli, così simili a sé stesso, e poi vedere Mordred che in tutto e per tutto era il risultato della famiglia di Morgause, simile a lei ed a Igraine, vero figlio della donna che amava.
Agravaine lasciò i ricordi, non era il tempo di fantasticare, ed osservò il bambino. Non aveva più di undici anni (forse, di certo Agravaine non aveva tempo di tenere il conto) ed aveva gli stessi occhi scuri del re. Gli stessi capelli e lo stesso naso.
"Che cosa vuoi?"
"Sono venuto a salutarti," rispose Mordred, con aria incerta.
Agravaine inarcò un sopracciglio. Mordred era a Camelot da quattro giorni e sicuramente mai prima d'ora era passato a salutare Agravaine.
Artù aveva portato il bimbo a Camelot, su consiglio di Ginevra e Gawain, per evitare che Morgause si ricordasse di lui ed un giorno volesse usarlo come pretesto per muovere pretese sul trono.
"D'accordo, mi hai salutato. Ora vai a letto."
"Non ho sonno."
"Allora vai da tuo padre," replicò Agravaine, iniziando a stancarsi. Non era un uomo paziente ed aveva sonno.
Mordred spalancò gli occhi, osservando il fratello maggiore come se fosse pazzo. "Non devi chiamarlo così!" sussurrò, "non puoi. Mi ha detto che non è giusto, che non bisogna chiamarlo così altrimenti sarà disonotaro."
"Disonorato, stupido," sibilò il maggiore, "chi è che ha detto queste sciocchezze?"
"Il re Artù."
"Diamine, Mordred, e tu ignoralo. E' tuo padre, potresti diventare re un giorno. Ed ora vai a letto."
"Non posso ignorarlo," rispose Mordred, non muovendosi nemmeno di un passo dalla porta. "E' il re, se non gli piaccio più mi caccerà come ha fatto nostra madre. Che cosa posso fare?"
Suo malgrado, Agravaine non riuscì a fermare una breve risata. Mordred era davvero il più stupido dei suoi fratelli se credeva che un re potesse semplicemente sbarazzarsi del proprio erede (per quanto segreto e bastardo) in modo così semplice.
"Va bene, non lo chiamerò più così. Hai ragione. Buona notte."
Mordred si morse un labbro, incerto, poi, vedendo che Agravaine già iniziava a chiudere la porta, fece un profondo inchino e se ne andò.
Il fratello maggiore riuscì finalmente a chiudere la porta, a spegnere la candela e sdraiarsi. Nel momento stesso in cui si distese seppe che non sarebbe riuscito a dormire.
Rimase a fissare il buio della notte e la luna fuori dalla sua finestra, sveglissimo.
Sei un uomo dal cuore duro, Agravaine. Immagino sia perché ti ha cresciuto il freddo delle Orcadi. diceva sempre Laurel. Sì, aveva ragione. Ed ora avrebbe dovuto addormentarsi ma una domanda continuava a rimbalzare nella sua testa. Perché Mordred era venuto a salutarlo proprio quella sera?
Con un sospiro esasperato, Agravaine si alzò, si rivestì ed uscì nel corridoio per raggiungere la stanza del fratello minore. Si sentiva uno stupido. Avrebbe voluto che Gawain e Gaheris fossero lì ma entrambi erano tornati a casa ed ora erano solo lui e Mordred.
I figli delle Orcadi devono essere uniti, era sempre solito ripetere Gawain.
Senza nemmeno bussare o presentarsi, Agravaine aprì la porta della stanza del fratello ed entrò. Vide una luce di candela sul pavimento ed accanto ad essa vi era Mordred, seduto per terra che si stava addormentando.
"Mordred, sei davvero nato tutto sbagliato. Che cosa stai facendo per terra?"
Il bambino aprì subito gli occhi, alzandosi immediatamente in piedi e spostandosi velocemente di qualche passo, aumentando lo spazio fra lui ed il fratello maggiore.
"E' camera mia, cosa vuoi?" sibilò.
"Sono venuto a vedere che cosa volevi tu."
"Salutarti," borbottò Mordred, "ora vattene."
"Perché stai dormendo per terra?"
"Perché mi piace dormire per terra."
"Certo, nulla di più comodo del pavimento, piccolo ratto" lo prese in giro Agravaine, ricordando il soprannome con il quale Lot era solito chiamarlo.
Mordred ricambiò lo sguardo quasi con odio. "Morgause diceva sempre che siete tutti stupidi," esclamò il bambino, con il solo scopo di ferite il fratello.
Agravaine non sentì nulla e lui stesso se ne stupì. Il dolore era vago e lontano, Morgause era vaga e lontana. "Molto interessante, certo. Ratto."
"Non sono un ratto! Smettila!" esclamò Mordred, senza alzare la voce. Non alzava mai la voce.
Agravaine poté quasi sentire una piccola, penetrante, punta di senso di colpa. Gli venne in mente di quando lui stesso, piccolo quando Mordred, aveva imparato a non alzare la voce, a non urlare o piangere perché erano tutte cose che Morgause non poteva tollerare.
"D'accordo non sei un ratto, vieni qui." Vedendo che il fratello non si muoveva, Agravaine ripeté l'ordine con più energia e finalmente Mordred lo raggiunse, strisciando i piedi, a malincuore.
"Non voglio che tu dorma per terra."
"Perché?" domandò Mordred, con lo sguardo sul pavimento.
"Perché non è un posto da principe. I principi dormono nei letti."
"Non sono un principe. Sono un ratto."
"Non sei un ratto," replicò Agravaine, esasperato. Dei del cielo, Laurel gli diceva sempre che un giorno avrebbe voluto dei bambini ma se tutti i bambini erano come Mordred non ne valeva la pena. "Te l'ho già detto."
"Re Lot dice di sì. E tu sei un cavaliere. Il re ha ragione sul cavaliere."
Un altro stupido uscì dalle labbra del fratello maggiore. Chi aveva insegnato tutte queste sciocchezze al bambino?
"D'accordo ma sei un ratto bambino ed i ratti bambini dormono nei letti."
Mordred fece spallucce, ma non si mosse.
"Vai a letto," lo incitò Agravaine e questa volta decise di inventarsi una piccola innocua bugia che avrebbe sicuramente risolto tutto. "Re Artù non vuole che la gente nel suo castello dorma per terra. Io lo so perché vivo qui da molto più di te. Se ti scoprirà dormire sul pavimento sono sicuro che si arrabbierà molto."
La bugia sembrò ottenere l'effetto desiderato perché Mordred eseguì immediatamente, mettendosi cautamente sotto le coperte.
"Bene," esclamò Agravaine soddisfatto. Con uno sbadiglio uscì dalla stanza e chiuse la porta.
Non se ne andò. Laurel aveva ragione, era un cuore debole, sotto sotto.
Aspettò qualche secondo e poi aprì nuovamente la porta. Mordred era di nuovo seduto per terra, accanto alla sua candela.
Appena lo dice, il bambino ebbe la decenza di arrossire e subito di alzò in piedi, sedendo sul letto, osservando Agravaine con cautela.
"Ti avevo detto di dormire nel letto o no?"
Mordred annuì. "Agravaine, sei mio fratello," esclamò, con coraggio, "non dirlo ad Artù. Non voglio tornare alle Orcadi, mi manderà via."
Era solo una bugia per farti dormire, stupido ratto. "Perché? Sono sicuro che Morgause sarà felice di riaverti fra le sue spire."
"Lot non è ancora partito per la guerra," rispose ostinatamente il bambino.
"Non ci posso credere!" rise Agravaine, "hai paura di Lot?" L'idea che qualcuno potesse temere suo padre Lot era inconcepibile.
"Hai paura di Lot e non di nostra madre?" continuò il cavaliere, sorpreso.
L'uomo era di certo severo ed un po' freddo ma si era sempre comportato con giustizia e coerenza, cosa che a Morgause era completamente mancata.
Mordred arrossì e fece nuovamente spallucce.
Laurel tornava sempre a tormentarlo. A volte sei davvero uno zotico, mi chiedo se Dio ti abbia messo dei massi in testa invece che un cervello.
Agravaine, Gareth, Gaheris e Gawain erano i figli di Lot ma l'uomo non aveva nulla a che vedere con Mordred. Agravaine aveva lasciato le Orcadi il suo quindicesimo compleanno, quando Mordred aveva solo quattro o cinque anni, e non aveva mai saputo davvero come loro padre trattasse il piccolo bastardo della moglie.
"Lot ti ha fatto qualcosa?"
"Non ricordo."
"Come fai a non ricordartelo? Non te lo ricordi o non me lo vuoi dire?"
"Non lo so," provò Mordred, chiaramente a disagio.
"Non lo sai," ripeté Agravaine. Laurel mi farà diventare uno sdolcinato. "Perché hai la candela accesa? Hai paura del buio?"
"No," rispose il bambino, arrabbiato da una simile idea. "E' per vedere se c'è qualcuno nella stanza."
"E chi dovrebbe esserci nella stanza?" rise il cavaliere. La risata non sembrò essere una buona idea perché Mordred si limitò a fare spallucce, sigillando la bocca.
"Scusami, non avrei dovuto ridere. Effettivamente è un buon metodo, ma oggi c'è la luna piena, fa così tanta luce che sembra giorno."
"Sì. E' vero. Spegnerò la candela."
"No- Mordred, non volevo dirti che devi spegnere la candela, per gli dei, accendi tutte le candele che vuoi." Se questo ti fa sentire sicuro.
Indeciso, Agravaine si guardò attorno. Poteva andarsene e mandare il fratello al diavolo. Chi era lui per giudicare? Se Mordred voleva dormire su un pavimento poteva farlo.
Una voce dentro di lui, molto simile a quella di Laurel, gli ricordò però che Mordred era venuto a chiamarlo. E quindi, evidentemente, c'era qualcosa che non andava.
"D'accordo," sospirò il cavaliere, "vieni qui."
Mordred non si mosse.
"Non ricominciamo, vieni qui."
Il bambino lo raggiunse cautamente. "Sei arrabbiato?"
"No. Andiamo," lo incitò Agravaine, uscendo dalla stanza con lui e chiudendo la porta dietro di loro.
"Dove andiamo?"
"Nelle mie stanze, dormi con me."
Mordred non disse nulla e si limitò a seguirlo. Una volta dentro la stanza (ben più piccola di quella del principe illegittimo) Mordred si sedette per terra accanto al letto.
"No, ti ho detto che non voglio vederti dormire per terra."
"E allora chiudi gli occhi," replicò il bambino, in un improvviso impeto di acidità.
"Questa è un'ottima risposta," rispose Agravaine, con una punta di orgoglio, salendo sul letto e mettendosi sotto le coperte. "Ora vieni qui."
"Non voglio dormire con te."
"Andiamo, non fare storie. Ti prometto che non ti schiaccerò nel sonno."
"Posso dormire per terra?" domandò il bambino con voce sottile
Agravaine avrebbe voluto avere di nuovo quella candela per poter vedere l'espressione di Mordred in quel momento.
Sono sicura che, da qualche parte sotto quella massa di muscoli, hai un cuore. Usalo ogni tanto, va bene?
Sì, Laurel, sì.
"Mordred- dannazione, non sono bravo in queste cose. Sono tuo fratello, va bene? Siamo uniti dal sangue ed i figli delle Orcadi si proteggono a vicenda."
"Stai copiando le parole di Gawain."
"Piccolo saputello- senti, Mordred. Non so di cosa tu abbia paura e puoi anche non dirmelo ma ti prometto che nessuno di farà nulla. Ti proteggo io, va bene? Non sono certo come Lancillotto, ma me la cavo con una spada."
"Non hai una spada," replicò Mordred, esitante.
"Se entrerà qualcuno la avrò! Ora sali."
Mordred eseguì l'ordine e salì piano sul letto, con il suo peso e la sua aria da grillo. Si distese cautamente sul bordo del letto, arrotolandosi nelle coperte ed appoggiando la testa poco sotto il cuscino.
"L'ultima cosa che voglio è vederti cadere giù e dovermi giustificare con il re. Me lo posso quasi immaginare. -Agravaine! Hai ucciso il mio unico figlio!-" esclamò il fratello maggiore prima di sporgersi per afferrare Mordred e trascinarlo vicino a sé. Questi si irrigidì, come Agravaine aveva sentito fare alle caprette dello zio Urien quando le spaventava.
"Ora dormi, non voglio più sentire una parola. Sono un dannato uomo da sposare, dovremmo proprio dirlo a Laurel."
"Laurel è innamorata di te," sussurrò Mordred. Agravaine non seppe se fosse la verità, e quindi il bambino l'avesse sentito dire per il palazzo, o solo un modo per rabbonirlo. Non gli importava.
Mordred avrebbe voluto sentire la risposta del fratello ma non vi riuscì. Era troppo stanco ed erano giorni che non dormiva bene (i pavimenti erano freddi, ovviamente). In pochi secondi, dopo aver chiuso piano gli occhi, si addormentò.
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