Discussione: Il figlio delle Orcadi
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Vecchio 07-09-2009, 23.57.13   #2
Mordred Inlè
Cittadino di Camelot
 
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Mordred Inlè è un gioiello nella rocciaMordred Inlè è un gioiello nella rocciaMordred Inlè è un gioiello nella rocciaMordred Inlè è un gioiello nella roccia
Era ormai notte fonda quando Agravaine, avvolto nel suo mantello più caldo, bussò alle porte delle stanze della madre. Non vi era mai stato e dentro di sé era terrorizzato.
Gli altri bambini del castello credevano fermamente che la loro regina fosse una strega e pensavano che nella sua stanza ci fossero dei mostri o delle creature magiche.
Le voci erano arrivate anche ad Agravaine e il ragazzo aveva bisogno di ripetersi che i bambini sono stupidi per potersi convincere che non c’era nulla di terrificante là dentro.
Morgause era sola. Aveva un’aria stanca e gli occhi gonfi. I capelli neri erano, per una vota, sciolti e le arrivavano abbondantemente a metà schiena.
Con un cenno della mano guantata, la madre lo fece entrare e, con sollievo, Agravaine poté vedere che la stanza era una semplice camera lussuosa con un grosso camino. Non aveva nulla di sospetto né di spaventoso.
“Sei nell’antro della strega, adesso,” gli sussurrò Morgause, come se avesse letto nei suoi pensieri e poi rise del sussulto del figlio.
“Non essere sciocco, Agravaine, vieni qua a sederti con me,” lo invitò, sedendosi lei per prima su un divanetto di velluto verde.
“Hai il libro?”
“Sì, madre.”
“Bene, lascialo lì sul tavolo e vieni qua.”
Agravaine obbedì e sussultò ancora, sorpreso, quando la madre gli mise un braccio attorno alle spalle.
“Piccolo mio, hai capito cosa sta facendo Artù?”
“No, madre, mi dispiace.”
“Fa lo stesso, non puoi capire tutto ed io sono qui apposta per spiegartelo e per proteggerti. Artù vuole tutto quanto e per farlo ha bisogno anche del mio regno. Per questo, con la magia e l’inganno, ha convinto Gaheris e Gawain ad allearsi con lui. Ricordati, Agravaine, io posso darti tutto. Dimmi solo cosa vuoi e io te lo darò. Promettimi che quando sarai a Camelot non ti venderai a lui.”
“Mai, madre, io sono vostro.”
Morgause rise seccamente: “Oh sì, Agravaine, sei mio. Quanto sono migliori i bambini degli uomini. Molto più semplici. E ora portami il libro.”
“Che cosa volete farci?”
“Nulla che ti debba interessante e nulla di male.”
Fu un anno dopo che Agravaine scoprì le intenzioni della madre: impedire che un qualche erede potesse nascere a Camelot.
Meno di un mese dall’arrivo di Gawain, metà della corte, compresa la regina ed i figli, partì per nave per arrivare a Camelot.
La corte di Camelot era, suo malgrado, tutto ciò che Agravaine aveva sempre sognato.
Un luogo ordinato, caldo, riparato dal gelo delle isole, elegante e colto. Il castello era pieno di biblioteche e i cavalieri si addestravano come un esercito e non come un’orda di barbari.
Artù ricevette Morgause come una regina e si inchinò davanti a lei ma mai la guardò negli occhi.
Dopodiché salutò il piccolo Gareth e Agravaine.
“Nipote, sono felice che siate giunto a Camelot. E’ un onore avervi qui.”
Agravaine balbettò dei ringraziamenti, tra il timore di arrabbiare il sovrano che aveva ucciso il suo fratellino Mordred e la paura di far credere alla madre che Artù l’aveva conquistato.
Un cavaliere dai capelli rossi e il volto pieno di lentiggini scoppiò a ridere dei suoi balbettii.
“Sir Kay, vi prego, è solo un ragazzo,” lo ammonì Artù.
“Spero bene che diventi anche un uomo, un giorno, allora,” ribatté sir Kay.
Agravaine iniziò il suo addestramento di cavaliere la settimana successiva, quando fu fatto scudiero di sir Sagramore.
Morgause, ancora a corte, andava da lui ogni sera, lo coccolava, lo faceva sentire importante per la prima volta in vita sua.
Ma arrivò presto il giorno in cui Ginevra abortì il suo primo figlio e poi anche il secondo, finché corse la voce che una strega avesse gettato un incantesimo su di lei.
La regina, pallida e tremante, accusò apertamente Morgause, l’unica che potrebbe aver avuto un vantaggio nella morte di un erede al trono.
Agravaine tremò e pianse, nella sua stanza, quando Morgause annunciò che non sarebbe stata oltre a farsi insultare e lasciò Camelot.
La notte prima di andarsene, la signora delle Orcadi salutò Agravaine, rinnovando la promessa di fedeltà.
“Ricordati, ti voglio bene, piccolo mio.” Lo baciò e Agravaine la abbracciò a lungo.
“Sei diventato un uomo, ormai,” sorrise Morgause, accarezzandogli il volto. “Ti scriverò appena arriverò da mia sorella, a Gorre.”
Quella fu la prima e l’ultima volta che Morgause lo abbracciò.
Le stagioni si susseguirono in fretta, l’una dopo l’altra. Lucius, imperatore romano, decise che era tornato il momento di ricevere i propri tributi dalla Britannia ed Artù fu costretto a scendere in guerra.
In quell’anno, Agravaine venne fatto cavaliere e partì per la sua prima guerra contro i predoni irlandesi, mentre il suo re combatteva in Bretagna con Lancillotto e Gawain.
Lo stesso Agravaine si era rifiutato di seguire il suo sovrano in Bretagna. Per lui era difficile resistere al fascino carismatico e quasi ingenuo del re.
Preferiva non cadere in tentazione ed andarsene prima che il proprio animo iniziasse a provare affetto per lo zio.
Le lettere della madre lo cullavano in un amore che non aveva mai pensato di poter ricevere prima ed il cavaliere aspettava con ansia un suo futuro ritorno.
Mio campione. Diceva nelle sue lettere.
Agravaine aveva appena compiuto ventidue quando Morgause tornò a corte.
Nessuno seppe come la donna fosse riuscita ad ottenere la fine dell’esilio in cui Artù l’aveva silenziosamente messa e lei non aveva accennato nulla del suo ritorno nelle lettere ad Agravaine.
Semplicemente, un giorno di febbraio, un araldo annunciò l’arrivo della signora delle Orcadi, Morgause.
Artù l’accolse con dignità, come la prima volta, ma c’era un’espressione di nervosismo e pallore sul suo volto.
Agravaine, tra i cavalieri seduti alla tavola del re, attendeva trepidante. L’emozione della visita era troppo forte per lasciare spazio a qualsiasi altra cosa.
Anne Morgause era invecchiata ma sapeva di essere ancora abbastanza bella da conquistare un uomo con un semplice sorriso. Vestiva di nero, come faceva sempre la sorella Morgana, a Gorre.
Oltre alla sua scorta vi era anche un uomo ad accompagnarla. La teneva a braccetto e fu lui a portarla davanti al re.
I mormorii si alzarono fra i cavalieri perché non era uso che una dama non sposata si facesse accompagnare da uomini e Agravaine arrossì di rabbia e di gelosia a quelle insinuazioni.
“Sire,” si inchinò Morgause, sorridendo soddisfatta.
Anche lo sconosciuto si inchinò ma i occhi scuri però non lasciarono mai quelli del re.
I giorni successivi si mormorò molto sul nuovo arrivato ma, poiché non era stato presentato, i cavalieri e le dame decisero di aspettare la parola del re prima di congetturare sul nulla.
Agravaine aspettò invano che la madre andasse da lui ma quando per tre giorni non accadde nulla, maledicendosi per la propria impazienza, si fece portare nelle stanze di Morgause.
La madre e lo sconosciuto sedevano su un divanetto e parlavano sommessamente. Entrambi alzarono lo sguardo, allo stesso modo, lo stesso sguardo, quando lui entrò.
“Caro, temo che il nostro incontro finisca qui, almeno fino all’ora di cena,” esclamò allegramente Morgause, baciando l’uomo su una guancia.
“Agravaine,” salutò lo sconosciuto, prima di andarsene.
“Madre, vi ho aspettato.”
“Mi hai aspettato? E per cosa?”
“Pensavo che voi voleste- io credevo-”
La madre rise, senza alzarsi dal suo comodo divano ma senza invitare il figlio a sedersi. Agravaine conosceva abbastanza la propria famiglia per sapere che non esistevano inviti sottointesi.
“Agravaine, non devi pensare. Fai solo quello che ti ordinano di fare. Non è forse quello che fate meglio voi cavalieri?”
Sentendosi ferito, il cavaliere non resis***** e lasciò che le sue buone maniere venissero dimenticate, almeno per una volta.
“Mi avete messo voi qui! Me l’avete chiesto voi e ora non volete più che io sia un cavaliere?”
“Ma no, che dici. Rimani così, fai ciò che vuoi.”
“Chi era lui? Il vostro amante?”
Morgause inarcò le sopracciglia, sorpresa. “Amante? Pensi questo? Non è nemmeno bello. E’ troppo alto ed ha dei lineamenti squadrati che non apprezzo particolarmente e, forse non l’hai notato, ma è leggermente strabico.”
“Ed allora chi è?”
“Oh, Agravaine, caro, sei geloso. Sei un uomo come tutti gli altri, alla fine. O peggio.”
La madre si alzò e camminò senza fretta fino a trovarsi di fronte al figlio. Nonostante lui fosse ormai un uomo adulto, Morgause rimaneva più alta.
“Per gli déi, Agravaine, non sarai geloso di tua madre.”
Il figlio, pietrificato per la confusione, sussultò e retrocedette di un passo abbondante quando Morgause iniziò ad accarezzargli la guancia.
“Non mi toccate, basta, non mi toccate.”
“Sciocco, che cosa ti ho insegnato in tutti questi anni? Hai guardato bene il suo profilo, i suoi occhi? E’ il figlio di Artù.”
“Cosa- cosa ci fa con voi suo figlio?”
“Mi hanno condannata ad avere solo figli stupidi.”
Agravaine arrossì, muovendosi nervosamente un pollice sul labbro.
“Madre, non capisco.”
“Ovvio, non capisci mai nulla. Merlino voleva il bambino perché era il figlio mio e di Artù. Voleva ucciderlo perché era il concepimento di un abominio, nato da incesto. Ora capisci?”
“Mordred, è mio fratello Mordred.”
“Esattamente. E Artù sarà presto costretto a riconoscerlo come figlio.”
“E’ per questo che vi ha fatta tornare, per lui. E lui sarà l’erede del grande re,” realizzò finalmente Agravaine. “E di me cosa ne sarà? Cosa sarò io?”
“Non sei adatto per essere il grande re ma se vuoi ci puoi aiutare. Aiutaci, caro, ed avrai per te le Orcadi appena Artù sarà stato sconfitto.”
“Non voglio le Orcadi,” riuscì a sussurrare Agravaine. Tutto, tutto perduto. Tutto. Quelle erano le uniche parole che vagavano nella sua mente. Tutto perduto, sua madre era perduta, anzi, lui non aveva mai avuto sua madre. Tutto finito.
“No, non lo farò. Sono stanco di essere usato. Avrei dovuto ascoltare Gawain e Gaheris, avrei dovuto ignorarvi.”
“Adesso non fare i capricci, Agravaine. Sei più infantile di Gareth e Gaheris messi assieme.”
“Non farò più niente per voi,” singhiozzò il cavaliere e le parole di Gwendolyn gli tornarono alla memoria.
Non dite nulla di sciocco, siate cortese e gentile e vi prego, non piangete. Inchinatevi come vi ho insegnato e andrà tutto bene.
E lui aveva fatto tutto quello che andava fatto ma ancora nulla andava bene.
“Non trovi sospetto anche tu il rapporto fra Lancillotto e Ginevra?” cambiò argomento la madre.
“No,” replicò Agravaine, con voce roca. “Me ne vado.”
“Non ti muovere. Visto che sei qui alla corte fai almeno qualcosa di utile. Voglio che tu scopra se la regina tradisce Artù.”
“Siete pazza.”
“Non più di te.”
Agravaine era uscito dalla sua stanza e si era ripromesso che mai, mai più, avrebbe visto la madre né avrebbe fatto ciò che lei gli ordinava.
Eppure era stato lui a mettere in giro le voci sulla regina perché ancora, un’illusa parte di sé, sperava che Morgause, vedendolo, potesse dire che era di nuovo fiera di lui e che non aveva voluto buttarlo via, come un vestito passato di moda.
Ma non era accaduto.

E ora, sul suo cavallo nero, poco fuori dalle mura di Camelot, Agravaine capì che non sarebbe mai accaduto e compatì Mordred, tormentato dai veleni di Morgause e dalla colpa del padre.
Compatì Morgause stessa e tutto il suo odio verso il mondo.
E compatì se stesso per essere ciò che era.
Agravaine, figlio di Lot e dello spirito stesso delle Orcadi tradite, girò il cavallo, per tornare a corte e sentì dietro di sé gli zoccoli di un altro uomo a cavallo.
Girando lo sguardo verso ovest, il cavaliere notò che si trattava di un messaggero, con gli abiti blu e gialli dei regni di Scozia.
Con velocità ed agilità che il cavallo di Agravaine non aveva, il messaggero lo sorpassò senza nemmeno vederlo e corse verso la città di re Artù.
Agravaine portò il suo cavallo al trotto e lo seguì lentamente.
Ancora non sapeva che il messaggero portava l’annuncio della morte di Anne Morgause, assassinata nel suo letto dall’amante Lamorak.
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[English Arthurian fandom]

❒ Single ❒ Taken ✔ In a relationship with arthurian legends
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