La sera era calata ormai su Capomazda.
Nonostante fosse una cittadina devotamente cattolica mi piaceva; c'era quel giusto equilibrio fra la civiltà così raffinata, aristocratica ed intellettuale e quello spirito inquieto e selvaggio al di là delle mura, nella brughiera.
Era come se questi due lati di una sola città rispecchiassero i due aspetti della mia personalità, in parte legata alla nobiltà, in parte avvinta dallo spirito antico e primordiale del paganesimo.
I miei genitori, un conte ed una contessa appartenenti a due delle famiglie più influenti del Nord, non avevano accolto di buon grado la mia scelta di partire e lasciare la mia città natale, soprattutto perchè la prima causa della mia partenza era stata la libera professione della magia, pratica che loro mi avevano caldamente sconsigliato di intraprendere, sebbene mia madre sapesse che era una cosa a cui non potevo rinunciare, era una parte di me; tuttavia non la biasimavo, poichè era stata la magia, soprattutto secondo mia madre, a portarle via sua sorella, ovvero mia zia, la persona con cui condividevo ogni mio segreto o progresso relativo alla magia.
In preda a questo diluvio di pensieri, mentre ero intenta ad osservare la Luna piena e grande stagliarsi sulla città, finii di prepararmi e scesi nella grande ed elegante sala del palazzo per la cena.