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Vecchio 09-01-2017, 02.09.20   #1
Guisgard
Cavaliere della Tavola Rotonda
 
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Le avventure di Tafferouille

Prologo



Anno del Signore 1697, ad Agnonone il malcontento popolare spinge una frangia di intellettuali borghesi, accesi dai trattati illuministici di un misterioso Dottor Numeriano, a mettersi a capo delle masse di contadini ed operai per strappare sempre maggiori concessioni al re ed alla nobiltà.
Ma la loro ambizione ben presto porterà a pretese inaccettabili, impugnate e respinte dell'aristocrazia.
Sempre più violente manifestazioni di dissenso portano ben presto il paese nel caos, tanto da spingere il re a riunire gli Stati generali, ossia un organo governativo di origine feudale del quale facevano parte i rappresentanti dei tre ceti sociali, cioè il Clero (Primo Stato), l'Aristocrazia (Secondo Stato) e la popolazione della città e della campagna (Terzo Stato).
Ogni richiesta però di quest'ultima viene respinta sistematicamente (ai primi due Stati bastava votare compatti per rendere nullo ogni peso politico del Terzo), così da spingere i rappresentanti del Terzo Stato a proclamarsi unico e solo legittimo organo di governo del paese.
E' la rivoluzione, che dopo scontri brutali porterà il popolo, animato e controllato dai borghesi, a prendere tutto il potere e proclamare la nascita di una repubblica democratica.
I borghesi che muovono i fili del popolo sono chiamati Cicalini, dal Palazzo della Cicala dove i giovinastri e gli studenti andavano a gozzovigliare ed a fare baldoria.
E la prima volontà della nuova repubblica liberale e di diritto, che faceva suoi i motti sull'uguaglianza e sulla libertà, è quella di mandare a morte tutti chierici ed i nobili del paese.


LE AVVENTURE DI TAFFEROUILLE

Capitolo I: Tiranni ed olocrazia


"La democrazia, se degenera, diviene non più governi di molti e maggioranza, ma istinto di tutti e bestiale eccesso."

(Polibio)




Vi era nella regione di Agnonone un consolidato servizio di trasporto, carrozze che ogni settimana facevano la spola da entrambe le coste con tre fermate e per la somma di venti Scudi, l'equivalente di una Cumea Afragolignonese, vi avrebbero fatto coprire i cento e passa chilometri di viaggio in ventitré ore circa.
Così, attraverso le silenziose pianure dell'Arancionne, ancor più grigie e cupe nelle fredde giornate invernali, con quel percorso si arrivava alla capitale Ateienne, cuore pulsante politico ed economico del paese.
Qui non lontano dall'ampia distesa del fiume Vuldurne, il Sole aveva di nuovo fatto capolino dalle nuvole ed emanava la sua pallida luce invernale sulle acque gialle e sulle imbarcazioni dalle alte alberature.
Lungo i moli c'era un fermento simile a quello che si poteva a vedere su un qualunque porto di mare.
Marinai stranieri con il loro bizzarro abbigliamento e la parlata cruda ed aspra, pescivendole robuste con i cesti di aringhe sul capo e sottane voluminose sopra le gambe che reclamizzavano la merce con strilli acuti ed inarticolati, acquaioli con cappelli di lana e gli ampi pantaloni arrotolati fin su alle ginocchia, contadini con le loro giubbe di pelle di capra e le scarpe di legno rumorose sulle pietre dell'acciottolato, manovali dei cantieri navali, aggiustatori di soffietti, cacciatori di topi ed altri ambulanti.
E fra questa massa plebea si muovevano continuamente artigiani sobriamente vestiti, mercanti con le giacche bordate di pelliccia, calessini con a bordo qualche distinto gentiluomo di campagna o gentildonne che sfilavano nelle loro portantine, magari seguite da un servitore che le caracollava dietro ed anche ufficiali a cavallo dai modi sprezzanti.
Sull'accesso alla via maestra che portava alle porte della città stavano dei soldati a guardia di un posto di blocco, fermando tutti coloro che apparissero loro sospetti o che avessero in qualche modo attirato per un certo particolare strano o curioso la loro attenzione.
Davanti al drappello di militari passavano così in rassegna gente, animali e merci.
Un uomo alto e robusto, dal portamento pacato ma fiero e la voce mesta ma ben impostata arrivò davanti al caporale che presiedeva il blocco, mostrando i suoi documenti.
“E così” disse leggendo il bieco soldato “siete un contadino del Nord...”
“Si, signore.” Annuì a capo chino l'altro.
Il militare alzò allora gli occhi su di lui, per poi fare un cenno ai suoi uomini.
Con un gesto improvviso levò il cappello al contadino, facendo scivolare via anche la parrucca che doveva celarne le fattezze.
Tutti i soldati scoppiarono così a ridere forte.
“Eri proprio convinto di farmela, vero?” Il caporale all'uomo che ormai si era rivelato essere un nobile in fuga. “Con questa tua buffa mascherata?” Divertito. “Beh, la parrucca la terrò io, visto che domani non avrai più modo di usarla.” Ridendo con i suoi uomini.
“E sta bene...” il nobile tenuto fermo dai soldati “... sarà un onore per me fare la conoscenza di madama ghigliottina, l'unica cosa per bene rimasta ad Agnonone...” con un ultimo fremito di orgoglio “... per questo io grido... morte alla repubblica e sempre viva la Chiesa ed il re!”
“Portatelo via!” Ordinò con disprezzo il caporale ai suoi. “Idioti...” sorridendo “... è il quinto nobile che scopro in sette giorni. Ormai li riconosco a naso.” Sputando a terra. “E spero presto di beccare anche qualche chierico.” Con un ghigno.
Nel flusso umano che fluiva e rifluiva in quel luogo erano visibili i rappresentanti di tutte le classi sociali che andavano a costituire gli abitanti di quella industriosa periferia.
Su una stretta radura, più simile in realtà ad un rustico ed irregolare spiazzo agrario, stava una sorta di casa su ruote con tanto di piccolo comignolo, dal quale il fumo saliva in lente volute.
Tre pesanti cavalli fiamminghi stavano placidamente brucando l'erba nei pressi della bizzarra vettura.
Tutto ciò, insieme ad alcune figure in movimento, tutte impastoiate, rappresentava la celebre, per quelle zone, Compagnia Teatrale di Monsieur Ozillonne, diretta proprio in città per una serie di spettacoli da mettere in scena.


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AMICO TI SARO' E SOLO QUELLO... E' UN SACRO PATTO DA FRATELLO A FRATELLO
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