Discussione: La Freccia Gigliata
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Vecchio 11-01-2016, 05.00.54   #1
Guisgard
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La Freccia Gigliata

“È come albero piantato lungo corsi d’acqua,
che dà frutto a suo tempo:
le sue foglie non appassiscono
e tutto quello che fa, riesce bene.”

(Salmo 1)



Prologo



La data della nostra storia si riferisce ad un periodo intorno al regno di Taddeo X, detto il Cattolico, signore di Capomazda.
E' una fase questa in cui i nobili duchi di Capomazda sono impegnati in lotte interne al regno di Afragolignone, per legittimare la loro supremazia sul ducato.
Ciò ha affievolito il loro impegno nelle rivendicazioni sulla corona di Sygma.
E proprio in queste terre, dove un potere centralizzato non si è più affermato dopo la cacciata dei cavalieri Capomazdesi, piccoli ed autonomi potentati sono sorti qua e là, dividendosi di fatto il controllo dell'intero territorio.
Così duchi, conti e baroni hanno visto il loro dominio diventare esorbitante e conquistato un illimitato arbitrio, disprezzando le sempre più deboli interferenze della Chiesa, vista come tacita alleata degli invasori di Capomazda.
Hanno fortificato i loro castelli, aumentato il numero dei sottoposti, imposto sempre più tasse e ridotto tutti quanti intorno a loro in uno stato di vassallaggio.
La situazione del popolo, diviso in contadini, mercanti ed artigiani, che per la legge e lo spirito di Sygma avevano sempre difeso la loro autonomia formando corporazioni, è diventata ora particolarmente precaria.
Se, come di solito accadeva, si ponevano sotto il controllo di qualche nobile locale, accettando di prestare servizio feudale presso di lui in cambio di protezione, potevano in effetti trovare tregua nella difficile situazione politica, ma a prezzo della rinuncia di quell'autonomia e libertà così care ad ogni vero cuore Sygmese.
Del resto i grandi baroni possedevano tanti e tali strumenti d'oppressione che non mancava loro il pretesto per perseguitare, tiranneggiare ed annientare chiunque tentava di liberarsi dalla loro autorità.
E la politica della nobiltà di Sygma, dopo la cacciata secoli prima degli invasori Capomazdesi, è volta ormai ad indebolire con ogni mezzo, legale o illegale, le forze di quella parte della popolazione considerata, a ragione, animata da simpatia verso gli sconfitti, ossia i Capomazdesi e da ostilità verso i vincitori, gli stessi baroni Sygmesi.




LA FRECCIA GIGLIATA



Capitolo I: Nobili e fuorilegge



“Tornino i malvagi negli inferi,
tutte le genti che dimenticano Dio.”


(Salmo 9)



Nell'ameno distretto della bella e felice Sygma bagnato dal fiume Helsa, si estende il vasto e folto bosco di Clantes che ricopre buona parte delle dolci colline e delle tenere vallate situate tra Florenza e Seina.
In questi antichi e nobili luoghi infuriavano un tempo le imprese del duca Ardeliano de' Taddei e qui furono combattute molte delle battaglie della Guerra della Croce e del Giglio.
E la nostra storia inizia con il Sole che andava calando su un'erbosa radura del bosco di cui abbiamo appena accennato.
Gruppi di snelli ed austeri cipressi fronzuti, che avevano forse assistito all'arrivo e alla cacciata dei cavalieri Capomazdesi secoli prima, si stagliavano con le loro irsute cime su un folto scenario di erba deliziosamente verde.
In alcuni punti erano fittamente frammisti ad aceri, sorbi, frassini e ad altre piante del sottobosco da catturare i raggi obliqui del tardo meriggio, liberandoli poi l'uno dall'altro in ampi scorci spaziosi tra poggi screziati di viti, ulivi e girasoli, formando così sentieri di antichi sogni nei cui meandri lo sguardo ama perdersi e lasciando che la fantasia li trasformi in scenari di solitudine romantica e silvestre.
E dove il bosco lasciava poi il passo ad un zigzagante sterrato che correva tra colli fino a giungere presso un centro abitato isolato, alcune figure a cavallo erano ferme presso una frondosa quercia, intente a fissare sulla corteccia un avviso baronale.
Le figure erano armate di corte spade, lance di legno con aguzze punte di ferro, di faretre a tracolla ed avevano indosso mantelline ed elmi aperti sul capo.
Erano dunque soldati e recavano il vessillo baronale sui loro consumati baltei.
E l'avviso che avevano affisso sulla quercia così recitava:

“Tutti gli stranieri residenti a Monsperon sono tenuti a presentarsi presso la caserma del Maresciallo per un censimento straordinario.
Chiunque mancherà di aderire a tale disposizione sarà considerato traditore e fuorilegge.”




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