Discussione: Ardea de'Taddei
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Vecchio 30-10-2009, 00.51.14   #108
Guisgard
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ARDEA DE' TADDEI

XXIX

“O padre, padre sventurato,
con quale gesto o con quale parola
potrei riuscire ad inviarti da lontano un prospero vento
là dove ti tiene il tuo giaciglio?
Alla tenebra è opposta la luce;
sono anche un pianto datore di gloria
i rendimenti di grazie
per
gli Atridi sepolti davanti al palazzo.”
(Orestea, II)


Giunto al castello sentì forte un’atmosfera di oppressione e un profondo senso di vuoto.
Il cielo era grigio, coperto da gonfie nuvole scure che sembravano sul punto di vomitare sulla terra una collera senza fine. Di tanto i tanto i bagliori dei lampi squarciavano il cielo ed in lontananza si udivano i boati dei tuoni, segno che la tempesta era ormai vicina.
Un forte vento, asciutto e freddo, soffiava tra le alte torri del castello, diffondendo nell’aria un suono simile ad un sofferto gemito.
Sceso da cavallo, alcuni servitori gli andarono incontro, per accoglierlo come si conveniva.
E sulla porta Ardea vide, avvolto in un nero mantello, Vico d’Antò che lo fissava.
“Sei giunto, finalmente.” Disse il cavaliere.
“Come sta mio padre?”
Vico non rispose ed abbassò il capo.
“Dov’è? Rispondetemi!” Gridò Ardea.
Vico lo fissò e scosse la testa.
Poi si incamminò fino ad un cancello di ferro battuto che dava ad un giardino posto dietro il cortile del castello.
Ardea lo seguì e i due giunsero su una tomba di pietra che sorgeva tra gli sterpi.
Sulla croce della tomba era posto il ciondolo con il gufo e la rosa.
Ardea si gettò sulla nuda pietra di quella tomba e cominciò a piangere ed a gridare.
Intanto i boati e le folgori erano sempre più minacciose e dal cielo sembrava sul punto di cadere una pioggia incandescente.
Il vento soffiava forte, percorrendo in lungo e in largo la campagna, per finire poi contro le alte mura del castello.
“Ha atteso il tuo ritorno fino allo stremo delle forze.” Iniziò a dire Vico. “Poi, alla fine, la malattia lo ha vinto.”
Ardea intanto non smetteva quel pianto doloroso e sul viso, poggiato alla base della tomba, le lacrime si mischiavano al fango.
Poi, alzato il volto al cielo, iniziò ad inveire contro se stesso e contro la sua follia, fino a quando, vinto dal dolore e dal rimorso, iniziò a sbattere il capo contro la croce di pietra della tomba.
Occorsero Vico e tre servitori per fermarlo e portarlo in casa a forza.
Ardea scacciava ed insultava quegli uomini, posseduto com’era dalla disperazione più profonda.
Ma alla fine, con il capo sanguinante e senza più forze, cadde vinto ed addormentato.
Dormì tre, forse quattro giorni, nei quali sognò sempre suo padre.
Quell’immagine gli appariva come una visione, uno spettro, che dall’aldilà, con il solo sguardo, lo tormentava.
Quando si svegliò, il dolore fu ancor più intenso.
Passarono così altri giorni, densi di dolore ed amarezza, dove Ardea ormai appariva come un vuoto sepolcro, senza ambizioni o scopi.
Trascorreva il tempo stando accovacciato sulla tomba di suo padre o fissando l’orizzonte sterminato da una delle torri.
E un giorno, mentre era presso la tomba, Vico lo raggiunse.
“Non ti crucciare oltre” disse “o presto lo raggiungerai.”
Ardea non rispose.
“Egli ti volle qui” continuò Vico “perché tu potessi prendere un giorno il suo posto. E quel giorno è giunto.”
“Io non sono degno di essere suo figlio” rispose Ardea “e meno ancora il suo successore.”
“E’ il dolore che ti spinge a dire questo.”
“No, è l’immagine che ho di me a farmi dire questo.”
“Anni di sacrifici e allenamenti” disse Vico “gettati quindi al vento!”
“Si” rispose Ardea “al vento. E proprio dal vento vorrei farmi portar via l’anima.”
“Quindi tutto questo è destinato a perire?”
“Perirebbe se io diventassi duca.”
“Tuo padre è morto solo e povero” disse Vico “non togliergli anche l’onore!”
“Povero?” Chiese sorpreso Ardea.
“Si, povero. Poverissimo.”
“Cosa dite mai?”
“Ciò che gli è rimasto” rispose Vico indicando il castello “è solo questo.”
“Siete pazzo? O forse sono io che ho perso il senno?”
“Il duca ormai da due anni non riscuoteva più i tributi dalle sue terre. Malato e stanco non ha potuto più richiedere ciò che gli spettava ai suoi vassalli.”
“E non vi era nessuno” chiese sconvolto Ardea “che potesse, in nome suo, riscuotere i tributi?”
“Nessuno qui era capace di tali imprese.” Rispose Vico. “Solo lui era in grado di risolvere queste che amava chiamare Questioni.”
“Questioni?”
“Si” rispose Vico “e sperava che tu, una volta ritornato, le avresti risolte al suo posto. Ma il giorno del tuo ritorno egli non ha potuto vederlo, morendo così solo e impoverito.”
In quel momento il vento soffiò ancora più forte, mentre ormai l’oscurità dal cielo era scesa sulla terra, avvolgendo ogni cosa come un manto spettrale.


(Continua...)
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AMICO TI SARO' E SOLO QUELLO... E' UN SACRO PATTO DA FRATELLO A FRATELLO
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