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Vecchio 14-08-2016, 01.16.30   #30
Guisgard
Cavaliere della Tavola Rotonda
 
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Guisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare bene
In un vecchio e bellissimo film, il grande Clark Gable, convinto che la sua bella non lo amasse, in un attimo di nostalgica riflessione affermava come talvolta crediamo di avere una storia e poi invece la vediamo sfuggirci dalle mani.
Ecco perchè, quando sentiamo di averne una degna di essere raccontata, bisogna farlo subito, con la speranza che qualcuno voglia poi ascoltarla.
Ed in questa notte chiara di stelle, tra il nero limpido del cielo ed il bianco pallore lunare, così simile ad uno scenario degno di quei vecchi film romantici ed avventurosi, narrerò questo frammento di storia, rubato da una delle pagine del prossimo Gdr...

Non ricordo molto del naufragio.
Gli ultimi confusi ricordi riguardano il bastimento Pacifico mentre colava a picco in acque sconosciute.
Dopo tre giorni in balia del vento e delle onde, alla deriva da ogni terra conosciuta, non avevo la minima idea dei mari in cui mi trovavo.
Non sono mai stato un provetto navigatore e dalla posizione del Sole e delle stelle potei solo concludere che ero a Sud dell'equatore.
Ignoravo completamente la longitudine e la latitudine e non erano in vista né isole, né tratti di coste.
Il tempo si manteneva buono e per innumerevoli giorni avanzai senza meta sotto il Sole feroce e salato, aspettando, anzi scongiurando di scorgere una nave o di essere scagliato sulle sponde di una terra abitabile.
Ma non si vedevano né navi, né terra e nell'immensa solitudine del mare e del cielo cominciai inesorabilmente a disperare.
Non avevo né cibo, né acqua, con la tentazione insopportabile di bere la salsedine del mare e perdere completamente il senno, così da essere destinato ad una morte che mi avrebbe liberato da quella lenta agonia.
Poi mentre dormivo avvenne il cambiamento.
Non ne conoscerò mai i particolari, poichè i sogni mi rapirono del tutto, ma quando riaprii gli occhi scoprii di essere mezzo sprofondato in una massa informe e disgustosa di melma, che si estendeva intorno a me a perdita d'occhio e in cui la mia barca si era arenata.
Era logico presupporre che davanti ad un tale cambiamento della mia Sorte, il mio stato d'animo predominante fosse la meraviglia, ma non fu così.
Ero in verità più atterrito che sorpreso, perche in quella melma putrescente c'era qualcosa di sinistro ed angosciante.
Quella misteriosa regione pullulava di carcasse di pesci marciti e di cose meno facilmente descrivibili, che spuntavano un pò ovunque dal fango di quel l'interminabile pianura.
Ma è assurdo sperare di trasmettere a parole l'orrore che gravava su quel deserto di assoluto silenzio e desolante vastità.
E la totale immobilità di quel paesaggio mi dava un senso di paura schiacciante.
L'estensione di quell'inaspettato luogo era tale che per quanto tendessi le orecchie non sentivo nemmeno in lontananza il rumore dell'oceano e non c'erano gabbiani a bacchettare sui resti dei pesci.
Il Sole bruciava inclemente da un cielo sgombro di pietà e nuvole, reso quasi scuro dall'inquietante riflesso della sconfinata palude di melma e morte che si stendeva ai miei piedi.
Non nego, come ragionevole pensare che fosse, che cominciai a fare ipotesi delle più disparate su cosa fosse quel mondo avvilente e terribile che ora mi ospitava.
Ma per quanto sforzassi la mia immaginazione e stimolassi la mia fantasia, nessuna risposta o spiegazione sembrava possibile.
Alla fine, senza più forza e volontà di pensare, arrivai quasi a convincermi di aver davvero bevuto, in un attimo di disperazione, l'acqua salata del mare ed aver così perduto per sempre il senno.
Per diverse e lunghe ore rimasi nella barca, inclinata sul fianco com'era che col passare delle ore cominciò a darmi un po' d'ombra, a pensare e a rimuginare.
Arrivò la notte e dormii naturalmente pochissimo.
Il giorno seguente cominciai un viaggio d'esplorazione per quelle lande melmose, alla ricerca dell'oceano scomparso e di eventuali soccorsi.
L'odore di pesci morti era insopportabile ma io, oppresso da pensieri ben più gravi, non mi preoccupai di un male così trascurabile e mi incamminai verso una meta sconosciuta.
Per tutto il giorno avanzai regolarmente verso Ovest, avendo come unico punto di riferimento un'altura che si ergeva più di qualsiasi altra cosa su quel deserto fangoso.
Solo verso sera, stremato, assetato ed affamato, arrivai alla base dell'altura che da vicino appariva ancor più imponente e misteriosa.
Una piccola valle la separava dal resto di quella pianura melmosa, dandole ancor maggior risalto.
Troppo stanco per continuare oltre mi addormentai ai suoi piedi.
Non so perchè i miei sogni quella notte fossero tanto inquieti e strani, ma prima che la falce di Luna calante si lavasse dall'orizzonte occidentale ero sveglio, in un bagno di sudore freddo e deciso a non addormentarmi più.
Non volevo rivivere le cose sognate poco prima e fissando il pallido e tetro pallore lunare mi resi conto di essere stato uno sciocco a viaggiare di giorno.
Di certo il Sole aveva picchiato forte e forse mi aveva tolto lucidità.
Senza il calore accecante del giorno il viaggio sarebbe stato meno faticoso e così decisi a muovermi verso la cima dell'altura, accompagnato dal bagliore spettrale della Luna.
Ho detto che l'assoluta monotonia della pianura di melma era per me una fonte di arcaico terrore, ma credo di aver provato una paura ancor più forte quando raggiunsi la vetta e guardai nell'incommensurabile gola che si estendeva dall'altro versante.
Era così terribile che la Luna, ancora bassa in quel cielo sconosciuto, non riusciva ad illuminarne il fondo.
Mi parve di essere sull'orlo del mondo e di guardare oltre l'infinito, in un abisso immenso di notte e caos.
E in quell'angoscia e terrore che mi presero, ebbi, nonostante non fossi in alcun modo credente, una strana e sinistra reminiscenza dell'orrenda scalata di Satana negli sconosciuti regni delle tenebre.
La Luna, vicina allo Zenith, splendeva con meravigliosa chiarezza sui fianchi che sprofondavano nel burrone, mostrandoli non perpendicolari come avevo immaginato, ma ricchi di costoni e sporgenze che offrivano un buon appiglio, disegnando un declivio più dolce e graduale.
Spinto così da uno sconosciuto ed irrefrenabile impulso a cui non riuscivo a dare un senso, mi calai con difficoltà, fino a raggiungere un punto in cui riuscii a guardare il baratro dove la luce non era giunta.
Ad un tratto la mia attenzione fu catturata da un oggetto singolare e misterioso, che innalzandosi per centinaia di metri pareva dominare il fondo della gola.
Colpito ora dalla Luna che era sufficientemente alta, l'enigmatico oggetto brillava di bianco e nel fissarlo con insana curiosità non ebbi difficoltà ad accertarmi che si trattasse di una sorta di obelisco di pietra, di un alto monolite di pietra chiara e lucidissima.
Ma ciò che presto mi turbo' fu il mio giungere alla conclusione che per forma, dimensione e posizione non poteva trattarsi di un'opera della natura.
Mi calai per qualche altro metro, con lo scopo di volerlo analizzare più da vicino, realizzando così, in preda a sensazioni indescrivibili, che nonostante la sua monumentale grandezza e la sua incerta collocazione in un baratro che l'oceano aveva sommerso con ogni probabilità fin dall'alba del mondo, dava la sensazione di essere stato costruito e forse venerato da creature intelligenti.
Stupito e terrorizzato, ma anche irrazionalmente affascinato, mi calai ancora verso il fondo del burrone.
L'alone lunare ormai sembrava essermi amico e riuscì a vedere la base del ciclopico monolite, riconoscendo una serie di incisioni che riproducevano un sistema di geroglifici a me sconosciuto e diverso da tutti quelli che avevo visto nei libri.
Rapito da tutto ciò, non so perché all'improvviso seguii il mio sguardo verso i raggi sinistri e fantastici della Luna, accorgendomi di un piccolo canyon dall'altra parte della gola.
I raggi lunari lo attraversavano ed io mi accorsi così che in fondo ad esso vi era qualcosa.
Un palazzo di grandi dimensioni e tutt'intorno una serie di impalcature, come fosse un grosso cantiere in costruzione, una grossa fabbrica attiva.
Convinto di poter trovare lì presenza di altri uomini, raggiunsi a fatica il fondo della gola e mi avviai verso il canyon, dove c'era quel misterioso palazzo.
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AMICO TI SARO' E SOLO QUELLO... E' UN SACRO PATTO DA FRATELLO A FRATELLO
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