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Vecchio 28-12-2016, 02.06.12   #52
Guisgard
Cavaliere della Tavola Rotonda
 
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LE AVVENTURE DI TAFFERUILLE

Genere: Cappa e spada

Azione:
Sentimento:
Magia:
Mistero:



Discesero la viuzza che dalla campagna dava sulla strada maestra, fino al limitare del Lagno col suo corso verdastro e mormorante tra i platani, gli olmi e le vecchie querce.
Ed in quell'angolo di vecchia Cartesia due figure, dai tratti giovanili e l'andatura pacata, quasi stanca, si avvicinavano alla piccola locanda che ammuffiva dietro uno spiazzo rustico ed irregolare, all'ombra di un castagno carico e robusto.
"A quanto pare" disse Gemmil al suo compagno di viaggio "hai dimenticato il motivo della nostra sortita qui, amico mio." Fissandolo. "Ho un appuntamento con monsieur il capitano. Desidera infatti ascoltarmi ancora sull'argomento. Ma nutro buone speranze."
"Speranze di cosa?" Chiese l'altro, guardandolo con i suoi occhi azzurri ed indagatori.
"Che monsieur il capitano faccia ammenda com'è in suo potere." Spiegò Gemmil. "Che si occupi della suora e dei suoi orfanelli. Altrimenti perché dovrebbe volermi vedere ancora?"
"Magari per un'insolita condiscendenza." Fece l'altro. "Comunque presto lo scopriremo."
I due arrivarono alla locanda e furono introdotti dal locandiere in una sala sulle sinistra, destinata all'uso privato di monsieur il capitano fin quando questi avesse deciso di onoraria.
Nel focolare in fondo alla sala bruciavano vivacemente due ceppi di legno e proprio accanto al fuoco sedevano monsieur il capitano Misk ed un suo funzionario, l'ispettore Rasputin.
Si alzarono entrambi quando entrò Gemmil, mentre il suo compagno lo seguiva, fermandosi poi sulla porta.
"Vi sono grato per la vostra cortesia, monsieur Gemmil." Il capitano, ma con un tono freddo tale da smentire la gentilezza delle parole. "Accomodatevi, prego. Ah, è con voi monsieur?" Indicando l'altro sulla porta.
"Se non vi dispiace, capitano." Questi.
"Perché dovrebbe?" Il capitano a quello dagli occhi azzurri. "Trovatevi pure una sedia." Aggiunse girando solo il capo, come ci si rivolge ad un lacchè.
"È gentile da parte vostra, monsieur, avermi concesso quest'altra opportunità di continuare la nostra discussione." Gemmil.
Il capitano accavallo' le gambe e tese la mano verso la fiamma del camino.
"Per il momento è meglio soprassedere sulla gentilezza di questa mia convocazione." Rispose Misk senza prendersi la briga di voltarsi verso di lui.
E Rasputin rise.
"Ma io vi sono grato" replicò Gemmil "perché vi siete degnato di sentirmi perorare la loro causa."
Il capitano si voltò a fissarlo.
"La causa di chi?" Domandò.
"Che diamine, la causa della suora e degli orfanelli dell'orfanotrofio di San Giovanni."
A quelle parole di Gemmil, il capitano spostò lo sguardo su Rasputin e questi di nuovo rise.
"Credo" lentamente il capitano Misk "che ci sia stato un fraintendimento. Vi ho chiesto di venire qui perché la piazzetta non era luogo consono a proseguire questa nostra discussione." Con voce cupa. "Ma il mio interesse è legato a certe frasi che avete lasciato cadere qui e là. E a proposito di queste frasi, monsieur, che vorrei sentirvi, se mi concedete l'onore. "
L'altro, quello dagli occhi azzurri, cominciò a sospettare che ci fosse qualcosa di sinistro nell'aria.
"Non vi seguo, monsieur..." sorpreso Gemmil "... a cosa vi riferite?"
"A quanto pare, monsieur, devo rinfrescarvi la memoria." Misk girandosi di lato sulla sedia, in modo da trovarsi faccia a faccia con Gemmil. "Vi siete espresso, monsieur e per quanto foste in errore, vi siete espresso con grande eloquenza. Un'eloquenza quasi eccessiva a mio parere. E tutto a proposito dell'infamia di un gesto che avete dipinto come un atto di giustizia sommaria contro questo ladro, questo custode dell'orfanotrofio di San Giovanni o quale sia il Santo a cui è dedicato." Accavallando di nuovo le gambe. "Infamia è proprio il termine che avete utilizzato, senza ritirarlo quando ho avuto l'onore di informarvi che è stato per mio ordine che la polizia l'ha ucciso."
"Se l'atto è stato infamante" pronto Gemmil "la sua infamia non è sminuita dal rango, per quanto elevato, della persona che ne è responsabile. Ne è semmai aggravata."
Allora il capitano estrasse dalla tasca una tabacchiera d'oro.
“Mi sovviene, capitano, che dobbiate vedere una giustificazione per quel gesto che tuttavia a me non è così evidente.” Ancora Gemmil.
“Così va molto meglio.” Disse Misk, annusando il tabacco e spazzolando dalle briciole il bel bavero della sua divisa. “Si, decisamente meglio, monsieur. Avete compreso che, data la vostra scarsa conoscenza in simili questioni che vi deriva dal non essere un ufficiale statale, forse avete tratto delle conclusioni avventate ed ingiustificate. Che vi sia dunque di monito, monsieur. Fidatevi, se vi dico che per mesi sono stato infastidito da tali e deprecabili depredazioni. Capirete dunque che sono stato praticamente costretto a porre fine a tale situazione. Sfamare un pugno di bastardelli, declamando ora il nome di un Santo, ora di un altro, sfruttando il demanio pubblico è irriguardoso, oltre che da vigliacchi ed incivili. Ma vi dirò di più. Non è tanto il furto in sé ad infastidirmi, quanto l'assoluta indifferenza ai dettami statali, soprattutto tenendo conto che il governo non riconosce alcun ordine, né fondazione di tipo religioso, in modo particolare quelle legate alla Chiesa Cattolica. Se poi qualcosa di quanto vi ho deto è per voi ancora oscuro, allora vi rimando alla lettura delle nostre leggi e dei diritti di ciascun libero compagno e cittadino circa l'assoluta indipendenza dell'indole umana da qualsiasi forma di religione e dai suoi precetti.”
Detto ciò, il militare si girò di nuovo verso il camino acceso e la sua posizione ora pareva intimare la fine di quel colloquio.
“Non ci sono dunque al mondo” esclamò Gemmil visibilmente agitato “altre leggi che quelle di un governo laico, se non addirittura ateo? Come le leggi dell'umanità?”
“E cosa avrei a che fare io con tali leggi?” Stancamente Misk.
“Niente, ahimè.” Rassegnato Gemmil. “Spero ve ne ricorderete, quando un giorno finirete per appellarvi proprio a quelle leggi che ora irridete.”
“E questo cosa rappresenterebbe?” Alzando lo sguardo Misk. “Non è la prima volta oggi, mi pare, che facciate ricorso ad oscuri richiami che sembrano voler celare vaghe minacce.”
“Non una minaccia, capitano...” a lui Gemmil “... ma un avvertimento, poiché tali atti perpetrati contro una creatura di Dio...”
“Mensieur!” Alzandosi di scatto Rasputin e facendo schioccare la sua frusta.
Ma subito il capitano lo placò.
“State interrompendo monsieur Gemmil ed io nutro molto interesse per questo suo discorso.”
Allora il giovane dagli occhi azzurri si alzò, avvicinandosi al suo amico.
“Meglio se andiamo via, Gemmil.” Quasi percependo l'alone di malvagità dipinta sul viso di Misk.
Ma Gemmil, sospinto dall'impeto della passione non ascoltò quel consiglio.
“Monsieur.” Incalzò. “Riflettete su ciò che siete e su ciò che fate. Voi ed i vostri simili vivete nell'abuso, nella libertà senza freni e nella cultura di una sbando barbaro e bestiale!”
“Un rivoluzionario!” Sprezzante Misk. “Ecco cosa siete ed impunemente esternate le vostre menzogne ed il vostro veleno davanti a me!”
Di nuovo il suo compagno cercò di tirare via Gemmil, ma senza riuscirvi.
“Monsieur...” con rabbia Gemmil “... non vedete dunque le nuvole che si addensano sul vostro mondo? Credete che i vostri tribunali Popolari potranno impunemente continuare a mandare al patibolo chierici e nobili?”
“Voi, monsieur, avete il pericolo dono dell'eloquenza.” Sedendosi meglio il capitano. “Pericoloso per voi, più per gli argomenti di cui farneticate. Ma temo, a vostra discolpa, sia tutto a causa dei vostri indubbi Natali. A causa dell'indiscrezione di cui vostra madre di certo si sarà resa colpevole.” Con i suoi occhi liquidi in quelli ardenti di Gemmil ed un vago sorriso di scherno.
A quelle parole offensive Gemmil sentì il sangue bollire nelle vene, la testa scoppiargli e la vista annebbiarsi.
Allora emanò un grido, per poi colpire al viso il capitano.
Un attimo dopo Rasputin fu in piedi fra loro due.


Il giovane dagli occhi azzurri smise di raccontare.
“E cosa accadde?” Chiese il suo amico Petrien.
“Riconobbi la trappola solo in quel momento...” il giovane con gli occhi fissi nel fuoco del focolare “... mi proposi al capitano... chiesi, scongiurai che si ritenesse offeso da me... ma quel suo sguardo freddo, il ghigno sul suo viso mentre estraeva la spada... ci fu un duello... una farsa...” scuotendo il capo “... il miglior spadaccino del paese contro un povero idealista... lo infilzò davanti ai miei occhi...”
“E poi?” Chiese Petrien.
“Raccolsi le sue ultime parole...” svelò il giovane “... e lo vidi morire fra le mie braccia... avevo una pistola, la estrassi, puntandola verso quel vile capitano ed il suo leccapiedi... avrei potuto ucciderli, freddarli entrambi... ma no... volevo vederlo implorare pietà, leggere la paura sul suo volto... veder sparire quel ghigno... giurai vendetta... e fuggii via... nascondendomi in questo vecchio castello, oggi mia prigione... come una maledizione... la maledizione dei Taddei...”
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AMICO TI SARO' E SOLO QUELLO... E' UN SACRO PATTO DA FRATELLO A FRATELLO

Ultima modifica di Guisgard : 03-01-2017 alle ore 18.07.09.
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