Visualizza messaggio singolo
Vecchio 20-06-2016, 04.03.48   #1
Guisgard
Cavaliere della Tavola Rotonda
 
L'avatar di Guisgard
Cavaliere della tavola rotonda
Registrazione: 04-06-2008
Residenza: Dalla terra più nobile che sorge sotto il cielo
Messaggi: 51,903
Guisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare bene
Il Narciso Nero e la nascita degli Illuministici

“A te alzo i miei occhi,
a te che siedi nei cieli.”


(Salmo 123)

PROLOGO

Dall'alta vetrata del matroneo settentrionale brillava di luce arcana la Luna.
Brillava nelle lunghe e silenziose fasi della notte.
Col passare delle ore la meravigliosa Cassiopea si abbassava nel cielo, mentre Orione si stagliava tra le ultime e vaghe nuvole che non smettevano di agitarsi nel vento della notte.
Giove maestoso saliva nel firmamento e la Chioma di Berenice si accendeva fantastica in lontananza, verso il misterioso Oriente.
Ma la Stella Polare pareva ghignare sempre nello stesso punto della volta nera e sterminata, sinistra come un occhio folle ed inquieto, incantata come un miraggio perduto e solo quando il cielo è coperto riesce a riposare.
I passi echeggiavano lenti ma ritmici tra le colonne tortili, i pilastri di pietra dai capitelli snelli e scolpiti, i preziosi marmi e le statue mute di beati Santi e mistiche Sante.
Senza badarci il custode camminava tra il presbiterio, il transetto ed il deambulatorio oltre l'abside, muovendosi tra le antiche tombe nel pavimento di monaci e sacerdoti.
Avanzava lasciando, quasi meccanicamente, il suo braccio penzolare mollemente e tenendo in mano un bastone di ferro, col quale toccava senza entusiasmo alcuno le grate dei cancelletti che chiudevano le nicchie ad altare lungo la navata.
Il clangore del ferro tintinnava stridulo tra le alte volte, mentre la soffusa e tremolante luce della lampada che l'uomo portava con sé, un vago bagliore che alitava per la vasta cattedrale, accarezzava tetra i marmi e gli affreschi più bassi, proiettando ombre incerte ed informi qua e là in mutevoli giochi di chiaroscuro, per poi attenuarsi ed infine svanire dove gli archi a tutto sesto reggevano e coronavano le pesanti architravi trasversali, su cui solo a stento si potevano indovinare le figure e le scene descritte nei tondi e nei mosaici policromi.
Come una sorta di ancestrale magia, il lieve ed effimero pallore della lampada solo per un attimo, breve e sfuggente, giungeva a squarciare il fitto e mistico buio che dominava nella cattedrale ormai chiusa.
Al passaggio del custode e della sua piccola lampada, quasi come fosse un Caronte che attraversava il limite tra il mondo terreno e quello dello Spirito, per quell'istante infinitesimale i tratti delle statue e delle immagini dipinte sembravano poter prendere vita, per poi tornare, un momento dopo, a svanire nel limbo delle ombre mentre la fioca luce passava oltre.
Percorse così il tragitto fino all'altra navata, dopo aver girato attorno all'abside, per poi fermarsi davanti ad un porta ceri su cui molte candele votive erano ormai sciolte, raccogliendone la cera informe per pulirlo.
Ma un rumore secco e breve lo vece voltare di scatto verso l'entrata.
"Gaglion..." disse fissando il buio e puntando contro di esso la lampada "... sei tu?"
Ma nessuno rispose.
Prese allora l'ultima parte di cera e la mise in un sacchetto, per avviarsi finalmente verso la Sacrestia, da dove poi sarebbe uscito dalla cattedrale.
Ma di nuovo udì quell'insolito rumore.
Stavolta sembrava provenire dai confessionali.
"Che sia entrato un gatto?" Mormorò cercando di scorgere oltre il fitto buio circostante. "Gente che porta animali in chiesa..." scuotendo il capo ed avvicinandosi ai confessionali "... questo è il dramma del mondo di oggi... si amano più gli animali che gli uomini..." cominciando ad illuminare i confessionali uno ad uno "... non voglia il Cielo che sia un topo..." non riuscendo a vedere nulla "... il vescovo andrebbe su tutte le furie... e a ragione..."
Qualcosa ad un tratto attirò la sua attenzione.
Un'ombra, proiettata proprio dalla sua lampada, che per un istante parve muoversi innaturalmente. Avvertì allora cigolare e scricchiolare l'ultimo confessione, quello più lontano dall'ingresso, quasi come se qualcuno ci fosse dentro.
D'istinto il custode alzò la lampada, puntandola nel punto in cui aveva udito quei rumori.
Ma dal confessionale accanto a lui vide con la coda dell'occhio qualcosa.
Una delle ombre, che la sua lampada animava, muoversi all'improvviso quasi fosse un velo.
Un velo nero, impenetrabile, dalle movenze leggere e sinistre che quasi sembrava volteggiare dove solitamente il penitente si inginocchia davanti al suo confessore.
Impietrito per lo spavento, il custode restò a fissarlo, incapace di concepire di cosa si trattasse.
E nel velo, un attimo dopo, intravide dei tratti, vaghi e spettrali.
Fu un istante.
Un effimero istante che separa la lucidità dalla follia e la Salvezza dalla dannazione.
La lampada gli scivolò dalla mano, cadendo e rompendosi, per poi avvampare in un momento il tappeto rosso che correva lungo la navata.
Una fiamma che avvolse subito il corpo dell'uomo, in un rogo inesorabile.
Un rogo che lo consumò in pochissimo tempo, tra le sue urla di straziante dolore e le immagini del Giudizio Universale sui muri dell'ingresso illuminate da quel tragico fuoco di morte.
Come una torcia umana, l'uomo striscio' fin verso l'uscita, avendo la forza di spingere il pesante portone d'ingresso non ancora chiuso del tutto e svanendo oltre il portico colonnato.


IL NARCISO NERO E LA NASCITA DEGLI ILLUMINISTICI

Capitolo I: Fantasmi Afragolignonesi

“Con inesauribile calunnia egli tentava la provvidenza; diceva che il bello è un sogno; disprezzava l'ispirazione; non credeva all'amore, alla libertà; considerava con scherno la vita – e niente in tutta la natura egli voleva benedire.”

(Aleksandr S. Puskin)



Tra le fumose strade cittadine pullulanti di borghesi e signorotti in colorati corpetti e rigidi doppiopetto e bombette, attraversate da calessi a due e a quattro cavalli, vagava insistente la squillante voce del ragazzo dei giornali che gridava nelle orecchie di ogni passante e sugli sportelli delle varie carrozze la notizia che quel giorno appariva su tutte le prime pagine di ogni quotidiano.
“Furto nella cattedrale...” disse all'ennesimo ometto nel suo abito turchino con bottoni di seta e pantaloni scuri, agitandogli sotto al muso alcune copie di giornali “... rubato un inestimabile tondo raffigurante Sant'Anna con San Gioacchino e la Vergine Maria! Sparito anche il custode che la polizia sospetta essere l'autore del furto! Edizione straordinaria! Furto nella cattedrale!”
Ad un tratto, sbucato da una viuzza che dalla piazza antistante tagliava verso due grandi palazzi Afraburgici del periodo precedente la Restaurazione, un uomo goffo e grassoccio, dai capelli e la barba rossiccia, sulla quarantina, vestito con abito blu orchidea, pantaloni di manchino e cappello scuro, caracollando con accento del posto si avvicinò al ragazzo, lanciandogli un quarto di Taddeo.
“Una copia, ragazzo...” mormorò, col giovane che subito gli consegnò quanto chiesto.
“Ispettore...” arrivando un altro individuo, non molto alto, ma asciutto e ben fatto “... novità?”
“Un giorno” sbottò l'uomo sfogliando il giornale “qualcuno poi mi dirà come diamine fanno i giornali a conoscere puntualmente fatti e particolari che dovrebbero invece essere rigorosamente segreti ai più e noti solo a noi della polizia.” Scuotendo il capo e masticando nervosamente un grosso sigaro Toscano tra le labbra.
“Il questore chiede...” fece il tipo snello.
“Lo so, lo so.” Lo interruppe bruscamente l'ispettore. “Il questore vuole sapere dove diavolo è finito il custode della cattedrale e soprattutto come ha fatto a non lasciare tracce del furto. Mi prenda un accidente se lo so.” Alzando per un istante i suoi piccoli occhi chiari, simili a due strette fessure, dal giornale e fissando il suo sottoposto.
“Non proprio, ispettore...” disse questi “... il questore ha incontrato stamani il vescovo e pare voglia sollecitare lo svolgimento delle indagini...”
“Ed io cosa diavolo ho detto?” Seccato l'ispettore. “Avanti, andiamo a fare colazione. Poi torneremo alla cattedrale. Ho bisogno di un buon tè e di una grossa ciambella cosparsa di glassa alla fragola e gocce di cioccolato. Altrimenti resterò nervoso per tutto il giorno.”
“Si, signore.” Annuì l'altro.




+++
__________________
AMICO TI SARO' E SOLO QUELLO... E' UN SACRO PATTO DA FRATELLO A FRATELLO

Ultima modifica di Guisgard : 25-07-2016 alle ore 16.16.04.
Guisgard non è connesso