Discussione: L'inizio della fine
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Vecchio 05-08-2009, 20.30.43   #4
Mordred Inlè
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Mordred Inlè è un gioiello nella rocciaMordred Inlè è un gioiello nella rocciaMordred Inlè è un gioiello nella rocciaMordred Inlè è un gioiello nella roccia
Grazie mille :*D
E' stato il mio primo racconto 'lungo' (non drabble, insomma) arturiano ;_; di qualche anno fa. Grazie ancora!
Nel seguito altri avvertimenti, ahimè incesto perché Mhari mi ha plagiata (è la mia dea del fandom arturiano) ed Elizabeth weins mi ha incantata (è un'amica meravigliosa ed una scrittrice fantastica ;_ quindi... incesto, come è ovvio che sia nelle leggende.

(Capitolo 2 di 6)
02. Morgause ed Agravaine

Morgause Anne aveva solo quindici anni quando suo padre morì per mano di Uther Pendragon. Uther, al tempo, era considerato alla pari di un grande re e nessuno aveva osato chiedere giustizia per l'omicidio che era stato compiuto. Una volta morto Gorlois, Uther aveva avuto la possibilità di sposare Igraine, la donna che sembrava averlo fatto impazzire d'amore.
L'uomo, spinto da immensa devozione verso la moglie che aveva rubato, portò Igraine e le sue tre figlie, Morgana, Morgause e Elaine, al proprio castello che aveva sede a Tintagel e fu lì che pochi mesi dopo nacque Artù.
Fu solo nel momento in cui Uther si trovò tra le braccia il piccolo principe, che sorsero nella sua mente il sospetto ed i dubbi circa la lealtà di figlie che non erano sue. Senza farsi pregare contattò i suoi re e cavalieri più fidati, permettendo loro di scegliersi una delle fanciulle come se fossero ad un mercato.
Morgause fu costretta a sopportare anche questa umiliazione.
Morgana andò in sposa a Uriens, un vecchio che non sarebbe vissuto molto ma che l'avrebbe portata in Cornovaglia, lontano dal regno di Uther.
Elaine, la più piccola, supplicò il re di lasciarla nubile e si ritirò in un convento poco distante da Tintagel.
Morgause era la più bella delle tre ed aveva preso tutto dal padre, i suoi capelli castani e soffici, gli occhi verdi e le braccia lunghe ed eleganti. Il grande re Lot del Lothian la scelse in moglie.
Ma Morgause conosceva il mondo, ormai, e non era più una bambina da tempo. Non si meravigliò quando, a pochi mesi dal loro matrimonio, il giovane Lot già si dedicava ad altre donne ed ad altri letti. Non che la cosa le dispiacesse. Giacere con quell'uomo era quasi meno emozionante di una serata di ricamo.
La donna riuscì quindi ad appropriarsi del proprio tempo e non lo sprecò. Incontrò grandi dame, conobbe druidi e divenne amica della maga e strega Nimue, l'amante di Merlino. Le due passavano lunghe ore d'inverno a leggere libri di magia che a Lothian erano proibiti ma che Nimue riusciva comunque a far arrivare.
Questo finché arrivò Gawain, il primo figlio. Con l'arrivo del piccolo Gawain, un bambino tranquillo ed educato, Lot si svegliò dal suo torpore battagliero e, come in una rivelazione, decise che un re dovrebbe avere una grande prole per impedire al proprio regno di rimanere senza regnanti.
Lot tornò a far visita al letto di Morgause, non che lei notasse la differenza.
Un anno dopo Gawain arrivò anche il piccolo Gaheris, un bimbo che somigliava in tutto e per tutto al padre. Noioso quanto lui.
Con la rinnovata presenza di Lot, Morgause iniziò a trovare insopportabile l'aria segregata del castello di Lothian ed iniziò a sognare di Camelot, quel regno che il suo fratellastro mai visto stava iniziando a costruire.
"Voglio vedere Camelot," aveva quindi annunciato Morgause.
Lot aveva negato. Non aveva tempo di viaggiare fino a Camelot. Non ve ne era necessità.
La morte di Uther fu una benedizione.
Morgause, Lot e Gawain partirono quindi alla volta di Camelot con tanto di soldati e damigelle che erano più per il piacere di Lot che per la comodità di Morgause.
Il re non era in città ma sul campo di battaglia, a vendicare il padre Uther con una strage di Sassoni, poco distante da Londinium.
Solo una settimana dopo le truppe tornarono ed i soldati, stanchi, affamati, vincitori, si stabilirono nel castello, mescolandosi con gli ospiti per i riti funebri di Uther.
Morgause si ritrovò sola. Aveva affidato il piccolo Gawain ad un'ancella e probabilmente Lot si era affidato ad un'altra ancella per la notte.
Se può farlo lui posso farlo anch'io, pensò la donna, aggirandosi fra i soldati tornati dalla guerra.
Un giovane catturò la sua attenzione.
Era troppo buio per vederlo bene in volto ma sembrava affascinante con la sua armatura appena lucidata e gli occhi che brillavano.
"Spero che la battaglia non ti abbia stancato troppo," sussurrò Morgause, porgendo al giovane guerriero un boccale di idromele.
"Non sono mai stanco per conversare con una giovane donna come voi," sorrise lo sconosciuto, accettando l'offerta.
Morgause rise, deliziata. Non aveva mai sedotto degli uomini diversi dal marito ma sapeva di averne le capacità. Era il momento di scoprire quel mondo fino ad ora così estraneo, il mondo del dominio della donna sull'uomo tramite i sensi.
"Ma forse siete troppo stanco per far più che conversare?" provò Morgause, temendo però di essersi spinta troppo oltre.
Ma il guerriero non sembrò dispiacersi della proposta e con un veloce inchino prese la mano della fanciulla e la baciò. La battaglia l'aveva lasciato in quello stato di febbrile agitazione che ha necessità di essere consumata con l'uccisione di altri uomini o con atti d'amore. E fu la seconda opzione che Artù scelse.

I due si svegliarono il mattino dopo, l'uno tra le braccia dell'altra, soddisfatti, riposati. Fu solo quando aprirono gli occhi e si ritrovarono così vicini che Morgause notò gli occhi di Igraine. Gli occhi neri di Igraine sul volto dello sconosciuto. E le labbra carnose della madre, così come i capelli folti, la carnagione leggermente olivastra e le mani sottili, quanto quelle di Morgana.
"Posso avere l'onore di sapere il vostro nome, madamigella?"
Morgause aprì e chiuse la bocca, sentendo un improvviso bisogno di aria. Di urlare o di piangere.
Ma una parte di lei trovò il manico di un'affilata spada di vendetta anche in quella situazione. Poteva modellare il viso di Artù in un volto di orrore.
"Sono Anne Morgause," rispose, fingendo di non averlo riconosciuto.
E come predetto, il volto di Artù si dipinse di orrore.
Per lunghi ed insopportabili minuti, Morgause continuò a guardare il fratellastro finché questi, inaspettatamente, la abbracciò e così, nudi e colpevoli di una terribile colpa, pianse sulla sua spalla.
"Perdonami, sorella," sussurrava, sommerso da ciò che non sarebbe mai dovuto succedere.
Fu quello il momento in cui Artù ricordò le parole di Merlino, il suo mentore e maestro. La colpa che commetterai con tua sorella sarà la tua rovina.
Quella sera, a cena, Morgause non si presentò. Con la scusa si un malore poté evitare al suo fratellastro Artù l'umiliazione di rivederla dopo la notte precedente.
Il giorno dopo lei e Lot partirono.
Le lacrime di Artù pesavano ancora sulle sue spalle. Pensava di provare solo odio per quel fratellastro che le aveva rubato la madre ed invece si stava insinuando in lei una pena ed una tenerezza che non aveva mai conosciuto.
Decise di indurire il suo cuore e scoprì di esserci riuscita quando, nove mesi dopo, tornò a Camelot con il figlio che Artù aveva fatto crescere nel suo grembo.
Nel momento in cui lo vide, Lot capì subito di non essere il padre e chiese alla moglie di sbarazzarsene. Non aveva bisogno di bastardi che pretendevano di avere diritti su Lothian.
Morgause partì quindi alla volta di Camelot e, per la seconda volta in tutta la sua vita, incontrò Artù.
"Dobbiamo ucciderlo," sussurrò il re, improvvisamente spaventato alla vista di suo figlio. "E' un mostro, è un abominio."
"Ha il tuo ed il mio sangue, è doppiamente re. Devi crescerlo come tuo figlio."
"Come il mio bastardo."
"Come il tuo bastardo," approvò Morgause.
"No, Merlino ha predetto la mia fine per mano di questo bambino."
Morgause abbassò lo sguardo sul figlio che aveva partorito e che aveva tentato, senza successo, di abortire. "Si è aggrappato alla vita come una piccola sanguisuga," spiegò, "probabilmente succhierà da noi tutto ciò che abbiamo, un giorno."
"Merlino ha detto- un peccato che compirò con mia sorella. Devi ucciderlo, Morgause, ti supplicò. Distruggerà tutto ciò che io e mio padre stiamo costruendo." Ed improvvisamente si pentì di ciò che aveva detto perché quello che Morgause gli stava porgendo era solo un bambino. Il piccolo alzò le mani verso di lui ed aprì gli occhi, nerissimi.
"Come si chiama?" chiese il re.
Morgause fece spallucce, seccata per quegli improvvisi scoppi di sensibilità nel fratello, "Non ha un nome. Lot mi ha detto di sbarazzarmi di lui e Nimue mi ha parlato delle visioni. Quindi immaginavo che anche tu l'avresti voluto morto."
"Che visioni?"
La donna lo ignorò e avvolse completamente il bambino nel proprio mantello.
"Morgause, così non respira," rantolò Artù, sempre più pallido.
"Mi sbarazzerò di lui, non temere," decise Morgause ed Artù non la fermò quando questa lasciò il castello di Camelot, con la promessa dell'uccisione di loro figlio.
Morgause aveva davvero provato a sbarazzarsi del bambino. L'aveva lanciato nel fiume, essendo in quel momento la donna che avrebbe sempre voluto essere. Una donna che distrugge il regno degli uomini. E nonostante questo seppe di averlo fatto solo per Artù perché quel re così forte e così debole, il suo fratellino, era l'unico per il quale lei poteva provare qualcosa di simile all'affetto.
Quando tornò a Lothian, Lot fu pronto a perdonarla ed a tornare nuovamente nel suo letto. Da lui ebbe altri due figli: Agravaine e poco dopo Gareth.
Mentre i bambini crescevano, Morgause li sentiva lontani, perduti nel regno degli uomini in cui lei non aveva accesso. Un regno di potere e guerre.
Gawain, appena quindicenne, lasciò Lothian per diventare un cavaliere al servizio di Artù. Qualche anno dopo fu il turno di Gaheris.
Morgause non pianse e non abbracciò i figli. In realtà non era mai riuscita a vederli davvero come i propri figli. Non avevano nulla di lei, erano figli di Lot, ed erano uomini.
L'odio verso gli uomini, quegli uomini che avevano distrutto la vita della madre e separato le tre sorelle, era più forte di qualsiasi legame d'amore potesse avere per un frutto del proprio grembo.
Lot non contribuiva a mitigare il rancore ed aveva iniziato a trattarla più come una serva ed una qualsiasi damigella che la sua regina e moglie.
"Per un blando affetto verso Artù ho ucciso mio figlio," sussurrò un giorno Morgause, all'amica Nimue, "aiutami ora a distruggere Lot, per l'odio che provo per lui."
"Non hai sofferto molto ad uccidere tuo figlio," le fece notare Nimue, "quei bambini sono nati e cresciuti succhiando la tua stessa essenza di donna. Hanno distrutto tutto di te, hanno prosciugato le tue energie così che tu non sarai mai una sacerdotessa dei Misteri," le spiegò la donna. "Riprenditi le tue energie. Succhia la loro energia, nutriti del tuo odio verso gli uomini e distruggi Lot, distruggi il sangue di Lot e la sua carne che si trova ora nei suoi figli, ottusi e stupidi quanto quel bruto."
Quella notte, Morgause andò da Agravaine e distrusse suo figlio, peccato per la seconda volta allo stesso modo.
L'anno successivo, Agravaine e Gareth lasciarono Lothian e divennero anche loro cavalieri.
E ben presto giunse anche un'altra benedizione: Lot morì. Cadde da cavallo e dopo una lunga agonia di qualche mese, si spense. Morgause rimase accanto a lui tutto il tempo.
"Muori, come tu hai ucciso tutte le mie speranze, serpe," gli sussurrò prima che l'anime dell'uomo lasciasse quel mondo.
Per l'occasione, Artù la riammise a corte.
"SOno contento che tu sia qui, sorella mia, spero che il dolore per la perdita di Lot non ti abbia indebolita troppo," la salutò il re, abbracciandola. Morgause si stupì nel gioire davvero, di una felicità pura e semplice, alla vista di Artù.
"Mio re, la morte di Lot ha deperito solo i miei figli."
"Parli molto duramente dei tuoi figli ed è proprio di loro che voglio parlare, però."
"Di quale di loro?" domandò la donna. Sapeva che i suoi figli non erano angeli. Gawain era tranquillo ma tramava dietro la sua calma, Gaheris era violento ed amava le risse, Agravaine era irrequieto e sospettoso e Gareth era fin troppo ambizioso.
"Mordred."
"Non ho figli di nome Mordred."
"Abbiamo un figlio di nome Mordred, salvato dalle acque."
Non c'era accusa nel tono di Artù eppure la donna si sentì come se l'uomo la stesse incolpando di aver fallito quell'unica sua richiesta, uccidere il bimbo nato dal loro atto incestuoso.
"Come sai che è lui?"
"Dovresti vederlo. E'come nostra madre, è come Morgana e me. Tutti lo notano. Combatte come un Pendragon ed ha dentro di sé il tuo fuoco."
"Fallo uccidere."
Artù sospirò. "Non ho figli. Ginevra non ha figli. Mi rimane solo Mordred."
"Ti rimane un bastardo incestuoso? Puoi ripudiare tua moglie e prenderne un'altra." Con una punta di rammarico, Morgause si rese conto che voleva essere lei. Lei voleva essere la moglie di Artù. Ma non poteva.
"Amo Ginevra."
"Voi uomini credete di amare qualsiasi sottana vi si presenti davanti. Fai imprigionare quel mostro, chiudilo nelle segrete, butta la chiave, se non lo vuoi uccidere."
"Merlino si può sbagliare-" provò Artù, speranzoso.
"Merlino è un uomo. Ma Nimue non si può sbagliare."
"Non posso," sussurrò Artù e, senza riflettere abbracciò la sorella.
Morgause incontrò Mordred il giorno dopo. Lui la chiamò zia e sembrò non sapere nulla della loro vera parentela.
La donna lo osservò. Artù aveva ragione, chiunque avrebbe capito che era figlio del Grande Re.
Era più alto di lei, slanciato, agile, nervoso. I capelli, identici a quelli di Morgause, erano tagliati male e troppo corti. Gli occhi sembravano bruciare.
"Mordred, giusto?"
"Giusto, zia Morgause."
"Mi chiami zia, eppure non mi sembra che Artù ti abbia riconosciuto come suo bastardo." Con una nota di piacere Morgause sottolineò l'ultima parola, sentendo di nuovo la familiare sensazione di avere davanti un uomo, un estraneo, e non un proprio figlio.
"Potrei chiamarti in altri modi, ma non ti piacerebbero," sorrise Mordred.

Agravaine era nato in gennaio e per sempre si sarebbe associato a quel mese. Freddo ed arido.
Era cresciuto con i fratelli, giocando con loro ed uscendo a caccia con il padre. Si era attaccato alla gonna delle ancelle quando Gaheris lo picchiava. Si nascondeva sotto il proprio letto quando il padre lo rimproverava.
Ma quando la madre lo guardava, Agravaine rimaneva immobile, quasi incapace di respirare.
Morgause era una donna bellissima ma sembrava portare sulle sue spalle una sete di sangue che nessuna battaglia avrebbe mai potuto soddisfare. Agravaine riusciva a sentirlo e la vedeva mentre camminava per il castello, alla ricerca di qualche stalliere da rimproverare o ancella da far punire.
La vedeva mentre lei guardava i propri figli e pensava di non essere vista. Vedeva i suoi occhi estraniarsi da loro, velarsi di orrore per ciò che aveva messo al mondo.
Perché nulla sembrava inorridire Morgause quanto gli uomini.
"Gli uomini hanno portato via il trono a mia sorella. Morgana doveva divenire regina, non Artù," aveva detto una volta la madre al piccolo Agravaine. Ma era stata l'unica volta in cui lui l'aveva sentita criticare il grande re. La maggior parte delle volte Morgause malediva Lot ed i figli per la loro stupidità.
"Agravaine, sei proprio come tutti loro," soleva dirgli la sera, "ottuso inseguitore di fanciulle, capace di tagliare la gola di tuo fratello per un paio di ciglia languide. Nessuno di voi può capire così si prova quando qualcuno che disprezzi ed odi ti ruba tutto ciò che hai."
Agravaine aveva diciassette anni quando Morgause entrò nel suo letto e si prese la sua vendetta verso il figlio innocente.
Il giovane fuggì presto da Lothian, tormentato dagli incubi e dai sensi di colpa di qualcosa che gli sembrava solo frutto di un terribile sortilegio. Si lanciò in battaglie, tornei. Divenne cavaliere. Divenne ancora una volta un uomo che sua madre avrebbe disprezzato.
Quando Lot morì, Agravaine ebbe modo di incontrare nuovamente la madre.
Non sapeva bene cosa aspettarsi ma di certo non si aspettava l'indifferenza che trovò.
Hai fatto l'amore con me! avrebbe voluto dirle, Sono tuo figlio! Sei un mostro. Guardami, guardami, non ignorarmi..
Ma Morgause lo ignorò. Ignorò il peccato che aveva commesso, ignorò tutti i suoi figli e si concentrò solo su Artù. Divenne la sua consigliera, il suo braccio destro.
Agravaine vedeva e capiva più di quanto Morgause avesse mai dato credito ad un uomo.
Vedeva come Morgause guardava Artù e come con lui sembrasse in pace, finalmente.
E dentro al giovane cavaliere bruciava qualcosa che non sapeva definire. Odiava la madre per aver piantato in lui quel seme di odio, disperazione, paura e bisogno. Ma ancora di più era geloso di Artù. Artù che dava gioia a Morgause solo con la sua presenza, in un modo in cui Agravaine non avrebbe mai potuto sperare.
Nel frattempo, Morgana, damigella di Ginevra, e zia di Agravaine, provò ad uccidere il fratello ma fallì. Tutto ciò che ottenne fu l'ira di Morgause ed Artù e la cacciata da Camelot.
Quasi nello stesso momento iniziarono a circolare voci sulla regina. Che stesse tradendo il re. Con Lancillotto, uno dei cavalieri più fidati.
Artù ignorava ed ignorava, facendo finta di non capire.
Ma Agravaine sapeva delle notti in cui Lancillotto lasciava l'accampamento per intrufolarsi nelle stanze più interne del palazzo di Camelot.
Agravaine sapeva anche da chi andare per avere l'appoggio di cui aveva bisogno.
Mordred, il bastardo reale che Artù non aveva mai riconosciuto.
"Cugino, ho bisogno del tuo aiuto per salvare l'onore del nostro re."
Mordred, che sembrava trafiggerlo con lo sguardo ogni volta che lo incrociava, si affrettò a sorridere. "Quale onore?"
"Parlo di Lancillotto e Ginevra, i traditori. Stanno infangando il nome del nostro re."
"Sei malato quanto tua madre," gli sussurrò Mordred, sporgendosi verso di lui. "Marcio come tutta la sua cucciolata di cani fedeli, solo a lei, non ad Artù."
Agravaine si scostò violentemente dall'uomo, sentendosi piccolo come quando si trovava di fronte a Morgause. Ma lui non era piccolo e Mordred non era Morgause, era un uomo e gli uomini sono stupidi ed ottusi.
"Artù potrebbe decidere di nominarti suo erede se dovesse perdere la moglie. Ed in caso di adulterio ti assicuro che non potrebbe salvarla dal fuoco. Il nostro re potrebbe persino chiamarti figlio."
Gli occhi di Mordred si allargarono ed Agravaine sentì di aver colpito le corde giuste.
Se Morgause fosse stati lì, in quel momento, avrebbe riconosciuto che in Agravaine vi era più del suo sangue che in tutti gli altri suoi figli.
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