Discussione: Ardea de'Taddei
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Vecchio 05-10-2009, 00.29.26   #63
Guisgard
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ARDEA DE' TADDEI

XVI

“Gli araldi smettono di cavalcare in su e in giù,
e ora squillano alte le trombe e le chiarine.
Altro non c’è da dire, ma a ovest ed est vanno
le lance tristemente in resta, affonda nel fianco
l’aguzzo sperone.”
(I racconti di Canterbury, “Il racconto del Cavaliere”)


Madonna Amicizia è liberale, si sa, non facendo distinzione tra il censo, il sangue e le ricchezze degli uomini.
Essa dispensa i suoi favori non curandosi delle idee e delle miserie umane, che spesso appaiono come le cose più innaturali del mondo.
I suoi prediletti, in nome suo, farebbero di tutto, anche a costo dei propri interessi.
Si dice che i più alti privilegi di messer Amore siano per pochi fortunati, mentre i servigi di madonna Amicizia sono invece donati a tutti coloro muniti di animo generoso.
Così Biago, nonostante l’audacia dell’idea di Ardea, decise di affiancarlo in quella che a molti sarebbe parsa come follia.
Approfittando dell’assenza di suo padre, impegnato per alcuni lavori in un borgo vicino, Biago raccolse quanto poteva nella bottega paterna per esaudire le richieste del suo ardimentoso amico.
“Il talento di un cavaliere sta nel suo animo” ripeteva fra se “ma anche ser Lancillotto senza una buona spada ed una forte corazza perirebbe in battaglia.”
E questi pensieri chiariscono perfettamente al lettore in quale modo il nostro Biago si sentisse parte in causa in questa impresa.
Il ragazzo così, raccogliendo materiale vario nella bottega di suo padre, iniziò a lavorare sulle armi per Ardea.
Mancava poco al torneo ormai ed il giovane maniscalco lavorò notte e giorno pur di terminare il tutto per l’inizio di quell’atteso evento.
Con tutta la sua maestria ed arte, Biago forgiò la dura ma leggera lega aversese, conosciuta dai migliori artigiani d’armi, per realizzare una corazza impenetrabile.
Con ferro e ottone plasmò un superbo scudo, alla maniera dei fabbri longobardi del sannio, veri artisti in questo genere di opere.
E con acciaio purissimo, arricchito da ferro e stagno, realizzò una scintillante spada, che diffondeva ovunque il suo splendore.
Rivestì infine un duro legno di quercia con ferro e bronzo, per ottenere una lancia che guidasse adeguatamente il suo amico nel difficile torneo.
Così, alla vigilia del torneo tutta l’attrezzatura per Ardea era pronta.
“Amico mio” disse Ardea “non dimenticherò ciò che hai fatto per me oggi.”
“Fatti onore e guadagnati la tua investitura.” Rispose Biago.
Un tenero e sentito abbracciò sancì quel momento di forte amicizia.
Venne così il giorno dell’ambito torneo di Capo degli Orafi.
La celebrazione di una solenne messa e una processione sancirono l’apertura dell’evento.
Al cospetto del re e della più alta nobiltà del regno si presentarono i migliori cavalieri, non solo delle terre afragolignonesi, ma anche di diversi reami vicini.
Lucenti elmi piumati e scintillanti aste facevano superba mostra di quei valenti campioni di cavalleria, mentre al vento diffondevano il loro splendore variopinti stendardi, aristocratici simboli degli ardimentosi cavalieri.
I paggi sventolavano i loro colorati vessilli e bellissime dame prendevano posto sulle vaste tribune che circondavano il campo in cui si sarebbe svolta l’attesa giostra.
I suoni dei corni salivano fino in cielo, accompagnando con il loro suono l’attesa della folla per quei giochi.
Ed ecco passare in rassegna i migliori cavalieri.
Memmo detto il Mussuto, Ghinetto il Cerrano, Saltore il Sommese, Vico d’Antò ed il grande favorito Cesco della Salice.
Ma molti altri audaci e nobili tentarono quest’impresa, per un totale di centosettanta cavalieri.
I marescialli di campo raccolsero i nominativi di tutti i partecipanti e si apprestavano a chiudere le liste, quando un nitrito destò l’attenzione del pubblico e dei partecipanti.
Un cavaliere, con un’armatura cromata e arricchita da bagliori violacei, stava ritto e fiero sul suo cavallo. A scortarlo vi era uno scudiero che portava il capo coperto da un nero cappuccio.
“Qual è il vostro nome, cavaliere?” Chiese uno dei marescialli di campo.
“Il mio padrone” disse prendendo la parola la scudiero “ha fatto voto di tacere il suo nome al torneo. Egli lo rivelerà soltanto alla fine dei giochi.”
A queste parole un brusio si levò dalle tribune ed anche sul palco reale molti restarono sorpresi dalla volontà di quel misterioso cavaliere.
Questi intanto aveva già preso posto e si accingeva a buttarsi nella mischia, mentre gli altri partecipanti ne scrutavano con attenzione il misterioso aspetto.


(Continua...)
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AMICO TI SARO' E SOLO QUELLO... E' UN SACRO PATTO DA FRATELLO A FRATELLO
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