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Vecchio 17-06-2014, 11.55.49   #2
Clio
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Clio sarà presto famosoClio sarà presto famoso
Uno scalpitio rompeva il silenzio della boscaglia, il sole era tramontato ormai, e le ombre della sera si allungavano sempre di più.
E’ tardi.
Cavalcavo veloce, badando di non essere seguita, ancora pochi minuti e sarei stata a casa.
Sospirai, già.. casa.
Raggiunsi una casupola nel bosco, e smontai da cavallo.
Lo affidai ad uno stalliere che mi aspettava, ed entrai.
Trovai ad attendermi Roland, il mio braccio destro, l’unico che conoscesse il mio segreto.
Lo salutai con un sorriso.
“Al fiume tutto a posto..” lo aggiornai “Ho lasciato lì Gart e Hortis a finire il lavoro, dovrebbero essere qui entro mezzanotte.. Piuttosto occupati di quella faccenda del ladro scappato da Imperion, ho saputo che hanno messo un avviso ad Amoros… Ci mancano solo guai con chi non c'entra niente, dovremo essere prudenti, maledizione... E' vero che le storie su di noi sono arrivate fino a lì ma.. non voglio guai inutili.. io vedo cosa riesco a scoprire stasera.. Voglio che sia tutto pronto per la partenza..” sbuffai “Devo andare.. abbi cura dei Lupi fino al mio ritorno.. A domani amico mio..”.
Era il momento peggiore della giornata, tornare ad essere me stessa.
Sapevo ciò che mi aspettava.
Raggiunsi la caverna poco distante, e attraversai il piccolo camminamento, finché non raggiunsi la porta.
Azionai il meccanismo di cui in pochissimi conoscevano il funzionamento e passai dall’altra parte.
Mano a mano che procedevo, la pietra lasciava il posto al marmo, agli affreschi rupestri che celebravano antiche vittorie e miti lontani.
Quel camminamento era stato scavato secoli prima, per procurarsi rifornimenti in caso di assedio, dalla morte di mio padre, ero l’unica a conoscerlo.
Una piccola stanzetta, quasi una breve rientranza, precedeva la porta successiva, bloccata anch’essa da un meccanismo sconosciuto.
Ero arrivata.
Aprii il baule e iniziai a spogliarmi.
Mantello, giubba, calzoni, spada, cappello, camicia e calzoni.
E, naturalmente, la maschera.
Il tutto, in quello spazioso baule, sembrava un enorme ammasso nero come la notte.
Indossai la veste da camera che avevo lasciato lì ad attendermi.
Un breve respiro davanti alla porta, poi azionai il meccanismo ed entrai a palazzo.
Il camminamento segreto raggiungeva varie parti del castello, come una rete nascosta, io ero arrivata direttamente nelle stanze riservate alle donne.
Lui non poteva scendere fin lì. Nessun uomo poteva.
Il bagno era già pronto, salutai le ancelle con un cenno.
Mi immersi nell’acqua profumata, lasciando che l’acqua e le essenze lavassero via ogni residuo nella giornata appena passata.
I tagli bruciavano, e scoprii due nuovi lividi sulle gambe.
Beh, non li avrebbe visti nessuno.
Lui credeva che avessi passato l’intera giornata in preghiera, non potevo certo portarmi dietro l’odore del bosco, del sangue, del fango, del ferro.
Lui non doveva sapere.
Non era abbastanza sveglio per sospettare di me.
Recitavo bene la mia parte.
Che danni può fare una tenera fanciulla?
Povero sciocco.
Le ancelle mi aiutarono ad indossare uno splendido abito scuro, come si conveniva al mio lutto.
Sembravo ancora più pallida, e i capelli raccolti non davano l’abituale luce dorata al mio viso.
Meglio, lui non se la meritava.
Qualcuno venne a chiamarmi, la cena stava per essere servita.
Lasciai le mie stanze, dirigendomi verso l’ampia sala da pranzo, la cui terrazza dominava la valle.
Eccolo lì, a parlare con i suoi scagnozzi, il mio odiatissimo promesso sposo.
Ah, che maleducata, non mi sono ancora presentata.
Il mio nome è Clio de’ Marsin, unica figlia del defunto Lord Gorton, signore di Lortena, fiorente città commerciale, centro indiscusso di questa vallata racchiusa dai monti.
E quello laggiù, vestito di un fastidiosissimo verde, è Lord Froster, l’uomo che mi ha portato via tutto ciò che amavo.
Hanno attraversato i monti con un esercito, hanno corrotto un servitore che ha ucciso mio padre a tradimento.
Le nostre difese non hanno retto.
Ora, spadroneggiano nella mia terra, e nella mia casa come ne fossero i padroni.
Hanno massacrato i nostri soldati, stuprato le nostre donne, oltraggiato i nostri luoghi sacri e fatto spregio delle nostre tradizioni.
A volte rimpiango che non mi abbiano ucciso.
Ma che senso ha uccidere un’ereditiera?
Il verme ha fatto ben di peggio: ha preteso la mia mano così da scongiurare qualunque rivendicazione futura.
Vuole far credere che il passaggio qui a Lortena sia stato pacifico, che tutti lo amano, e che ha il diritto di governare.
Povero illuso.
Non ho avuto scelta, minacciava di radere al suolo la città.
Quando il periodo di lutto finirà, tra meno di un mese, potremo sposarci.
Ma la guerra non è finita.
Un gruppo di ribelli non ha mai accettato il dominio straniero, con ideali e costumi così diversi dai nostri, e continua a combattere anche in clandestinità.
Sono nobili fuggiaschi, fedeli dei Marsin, soldati scampati alla morte, ma anche gente qualunque, che aiuta come può, la gente semplice e forte delle montagne.
Si fanno chiamare Lupi di Montagna, come i predatori tanto diffusi nella nostra antica terra.
Il loro leader è conosciuto come “il Lupo Nero” per via della maschera che porta.
Nessuno conosce la sua identità, nelle taverne e per le strade di Lortena si possono sentire canzoni su di lui, leggende per lo più.
Qualcuno dice che la notte si trasforma in un vero lupo, e vive con un branco sulle montagne, altri che riesca ad arrivare non visto nei posti più impensati grazie ad una magia lontana, altri ancora che sente in anticipo se qualcuno è in pericolo.
Di tutto questo beneficiano i lupi delle nostre montagne, a cui nessuno osa dare la caccia, temendo di uccidere il Lupo Nero.
“Salute a voi, mio signore…” mi inchinai, elegantemente, sorridendo “Avete passato una buona giornata?”.
Sapevo perfettamente che non era così.
Al fiume Olosa, una guarnigione dei suoi soldati era stato attaccato dai Lupi, decimandoli e rubando loro armi e viveri. I ribelli, a differenza dei nuovi padroni, conoscevano bene tutti i segreti di quei luoghi inospitali.
Lo sapevo perché ero lì.
Perché sono io, il Lupo Nero.
"Le mie ancelle non fanno che parlare di Amoros, qualcuna dice che c'è un miliziano che ha lanciato una sfida con in palio una spada arimanna, sostenendo che voi di certo la vincerete..” sorrisi “Un’altra è terrorizzata perché pare che sia scappato un criminale da Imperion.. Insomma, questa cittadina sembra proprio, come dire, piena di vita! Non vedo l'ora di vederla.." sorrisi "Quando avete intenzione di partire, mio signore? Siete riuscito a trovare un modo per riuscire ad attraversare il territorio di Imperion? Ho sentito dire che le strade non sono agevoli benché la guerra sia finita...".
Erano settimane che parlava di quel viaggio ad Amoros, a lungo rimandato a causa della guerra.
Aveva degli affari da sbrigare in quella città.
Dimenticavo, si farà anche chiamare Lord, ma in realtà il nuovo padrone di Lortena era solo un arricchito.
Ovviamente, mi avrebbe portato con lui.
Non era così incosciente da lasciarmi sola a Lortena.
E poi, ero il suo trofeo, sposandomi avrebbe ottenuto il titolo comitale.
Avevo già parlato con i Lupi, il viaggio era un'opportunità, sia per me che per loro.
Se tutto andava per il verso giusto, potevamo liberarci degli invasori.
Bisognava agire in fretta, il matrimonio era sempre più vicino.
Froster avrebbe lasciato qui degli uomini, ovviamente, ma non era la stessa cosa.
Senza contare che una parte di lupi sarebbe venuta con me, travestiti da paggi, cuochi, stallieri, maniscalchi, Roland avrebbe impersonato la mia guida spirituale.
Quel viaggio poteva essere l’occasione che stavamo aspettando per risolvere quella faccenda una volta per tutte.

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