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Vecchio 13-07-2013, 03.02.30   #17
Guisgard
Cavaliere della Tavola Rotonda
 
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Guisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare bene
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Originalmente inviato da Taliesin Visualizza messaggio

E voi, Cavaliere dell'Intelletto, conoscete bene la pazzia...

Taliesin, il Bardo
La pazzia, amico mio...
La pazzia ha tanti volti e spinge a fare tante cose.
Si, conosco la pazzia, Taliesin... quella vera.
Una pazzia forse ignota al protagonista di questa storia, visto che poi ha ceduto al razionale e umano bisogno di chi crede che occorra altro, oltre all'Amore, per essere felici.
Un grande letterato scriveva che per essere pazzi bisogna aver conosciuto le cose più belle che il mondo nasconde.
E chi non è pazzo, non può definirsi veramente vivo...



Citazione:
Originalmente inviato da Emrys Visualizza messaggio
Credo di avervi già detto in passato, mio signore, che la vostra infanzia e la vostra adolescenza devono essere state indubbiamente interessanti. Ricordo la saggezza di vostra nonna ed devo annotare, ora, anche quella delle dame di compagnia di vostra madre...
Sebbene al primo impatto si direbbe audace — per non dire violento — scegliere di raccontare ad un ragazzino una storia così cruda e, come rivelato dalle dame del nostro reame, così terrificante, bisogna ricordare che di certo era ben consapevole, quella dama di compagnia, di quale tempra possedesse il giovane Guisgard.

Ebbene, il terrore provato dalle "nostre" dame non è ingiustificato, anche se l'origine di quel sentimento è inconscia. Perché, a mio modestissimo parere, la morale di fondo è che il giovane protagonista non amava sé stesso, non era in pace con sé stesso, non sapeva quale era il suo posto. Per questo motivo, quando ha avuto il privilegio di vivere — in eterno per giunta! — il vero Amore, non è riuscito a godere di tale fortuna, ma ha dovuto giustificare il vuoto che sentiva con una nostalgia che probabilmente non provava davvero. E lo stesso impulso di colmare quel vuoto lo ha indotto (inconsciamente) a dimenticare il monito di non scendere dal cavallo e di correre in aiuto di chi lo stava ingannando — pensando forse di soddisfare quel bisogno interiore — e finendo con il ritrovarsi "sposato" con quella Solitudine, che è poi un altro aspetto del sé: una specie di matrimonio/convivenza fatta di amore/odio verso sé stessi.

Bene! Dopo cotanto sproloquio mattutino, tolgo il disturbo e vado ad affrontare un'altra giornata, che mi auguro — e auguro a tutti voi — serena e ricca di soddisfazioni (anche se probabilmente un po' faticosa!).
Non prima, però, di aver ringraziato voi, mio signore, per averci donato questa favola ed averci mostrato, ancora una volta, una delle mille sfaccettature dell'universo che ci circonda e di quello che abbiamo dentro.
Ragionamento intrigante il vostro, mio buon bardo.
In effetti anche io credo che il protagonista di questa favola non avesse le idee proprio chiare e compreso fino in fondo la grande Fortuna donatagli.
E come spesso accade, si comprende la Gioia quando si è nel dolore o nella tristezza per averla perduta.
E ora che ci penso, questa morale calzerebbe a pennello con la tragedia dell'Arciduca Ardeliano e il mito della Gioia dei Taddei... chissà, comincio a credere che non mi sia stata raccontata per caso questa favola da piccolo...
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AMICO TI SARO' E SOLO QUELLO... E' UN SACRO PATTO DA FRATELLO A FRATELLO
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