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Vecchio 13-07-2012, 15.26.18   #11
Taliesin
Cittadino di Camelot
 
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Camelot: la Patria della Fantasia...

In un vortice di parole e ricordi in disuso, al tempo in cui questa virtualità riprenderà possesso dell'immaterialità corporale e dovremmo congedarci per sempre da questo bizzaro passaggio temporale, ho pensato di lasciare orme di emozioni reali, vissute come un bisogno, affinchè attraverso i ritratti di Giovani Viandanti che si identificavano nelle loro icone, coloro che verranno da un altro Altrove, capiranno che Camelot non era affatto un regno leggendario, ma la Patria della Fantasia...

Taliesin, il bardo

IL PRIMO BARDO DI BRITANNIA: TALIESIN.

Taliesin, il cui nome significa “fronte splendente” o “grande valore”, fu un celebre bardo di origine gallese, al servizio di almeno tre sovrani britannici della sua era, nato approssimativamente nel 534 d.C. e morto pressappoco nel 599 d.C.. Originario di Llanhennock, situato a cinque chilometri circa da Newport, vicino a Caerleon, trascosre la sua esistenza terrena al limitare fra l’esperienza artistica e la crescita mistica. Il suo miracoloso ritrovamento nelle acque dell’oceano da parte di Elphin, figlio di Lord Gwyddno Garanhir di Ceredigion, è a sua volta avvolto da un fitto e fertile alone di magia. Nel suo Llyfer Taliesin, il Libro di Taliesin, traspare una percezione sciamanica della natura, con evocazioni misteriche, religiose e mitologiche, in completa comunione ed unità con l’elemento naturale. Taliesin, durante il corso della sua vita inebriata e inebriante d’arte, fu eletto Capobardo e, come tale, detenne il compito ed il privilegio di essere giudice nelle competizioni poetiche di tutti i bardi britanni.

Ne La Battaglia degli Alberi traspare l’idea principale e centrale della reincarnazione e della metamorfosi delle forme di vita, in una spiritualità e sensibilità ancora spiccatamente pagana, malgrado la recente cristianizzazione della Britannia. Accanto a considerazioni di tipo spirituale si dipingono le immagini fiere e ieratiche di una grande battaglia di difesa, vissuta come una missione morale e divina, nella quale i combattenti si schierano per la lotta, come fossero alberi e arbusti, in completa comunanza con la natura circostante, in completa armonia e ispirazione. La natura, ancora una volta, compartecipa della vita umana, perché invocata a gran voce dal popolo celtico, perché essa intervenga nell’esistenza e nella lotta per l’esistenza, perché essa appoggi i guerrieri, facendo loro dono di una potente trance estatica, in completa simbiosi ed empatia con l’elemento naturale e la forza primordiale. Risulta allora semplice sentire sovvenire alla mente smerigliate e brulicanti immagini di una grandiosa battaglia d’alberi, schieratesi in nome della libertà comune, di uomo e natura, come due creature vive e consapevoli, alberi combattenti in nome della libertà, della salvezza e dell’indipendenza di una lontana Terra di Mezzo, eppure così vicina alle terre celtiche.
La vittoria è così vissuta come un dono divino, un puro e inconfondibile segno della benevolenza e dell’appoggio di Dio. “La Quercia, rapida nella sua marcia, faceva tremare il cielo e la terra”.

Nell’Ora dell’Alba risulta un componimento riflessivo sulla natura del pensiero umano, della conoscenza e della consapevolezza. Ne traspare un’infinità di domande esistenziali, quasi pronunciate con il sorriso ironico di chi sa e volutamente non condivide le proprie risposte e conoscenze.
Calato in un susseguirsi di suggestioni che evocano atmosfere di riti di iniziazione pagana da un lato e di prima liturgia cristiana dall’altro, serpeggia un pathos di emozioni contrastanti, che a gran voce reclamano una risposta, mille risposte, per mille domande esistenziali, in una tensione che culmina nell’agrodolce presa di coscienza che il fulcro ed il cuore della sapienza dei libri non risiede, in fondo, nelle pagine che essi abbracciano, nelle parole che essi pronunciano, ma in ciò che essi non possono o non vogliono dire. “Sai tu chi sei quando dormi? Un corpo, un’anima, o solo un ricettacolo di percezioni?”

Ne L’Antro dei Bardi si delinea la sfaccettata figura del bardo, quale cantore, druido, architetto, uomo di scienza, una figura ambigua di molteplici bellezze e misteri. Il poema assume un tono provocatorio, talvolta rimproverante nei confronti di quanti seminano discordia, con maligna leggerezza, di quanti cantano invano, sprecando musica e parole, e di quanti eccedono, sporcandosi e profanandosi di abusi. In un contesto di perdizione, eccessi, nonsensi la figura quasi ieratica del bardo resta monumento alla misura, alla consapevolezza, all’equità, simbolo e fonte inesauribile di giustizia ed equilibrio, frutto dell’antica saggezza, indissolubilmente legata ai misteri intimi della natura e del cosmo. “Amo gli alberi che mi proteggono, amo il Bardo che non compone invano, ma disprezzo colui che si crogiola nella discordia”.

Taliesin, il bardo
tratto da:www.celticworld.it
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