Voi amate il giorno, la luce, l’Estate.
Amate anche l’assoluto ed infinitesimale istante di un battito d’ali di farfalla quasi a voler con questo scandire la felicità.
La luce definisce il vostro mondo; anche nel vostro nome c’è luce.
Ma io che nel chiarore diurno non scorgo ciò che cerco, allora mi rifugio nella notte.
Li allora, come dite, chiudo gli occhi e mi confondo con il buio che mi circonda.
Divento allora Cyrano celato nella siepe a sussurrare a Cristiano, che indossa così una delle infinite maschere dei personaggi di racconti uditi da piccolo, ciò che invece vorrei dire io; impersono la Maschera di Ferro che ha perduto anche il solo ricordo del suo vero io; il Fantasma dell’Operà che può solo sognare un palcoscenico che di giorno non lo applaudirà mai.
Chiudo gli occhi e sono Montecristo racchiuso nella notte del Castello d’If, tormentato dai fantasmi e segnato da quel pallore che è ignoto a chi confida e si affida al giorno.
O sono uno degli eroi che tornano dalla guerra di Troia, in un nostos lungo come solo la notte sa essere.
Perdonatemi, milady, voi amate il giorno che mostra e descrive.
Io invece la notte che ammalia, sussurra e promette.
La notte, permettetemi un breve gioco, è come un tesoro, scegliete voi quale: quello di Alarico, di Semifonte o quello della grotta di Alì Babà.
Per prezioso che sia, quel tesoro è destinato a finire.
La Notte invece è simile alla banconota da un milione di sterline di quel racconto di Mark Twain: essa non mi appartiene ma nessuno potrà mai arrivare a cambiare, lasciandomi così un credito pressoché infinito