Ormai in città non si parlava d'altro, "Caccia all'Ateo" era un successo annunciato.
L'idea era geniale e univa l'intrattenimento del pubblico, che sempre di più voleva violenza, con il loro senso della morale, nessuno ci vede niente di male a veder morire degli atei, no?
Dopotutto gli facciamo un favore, essere rinchiusi nell'Atheum Asylum è peggio della morte.
Il governo mi forniva i carcerati, con un'assurda promessa di libertà, e nel frattempo i miei cacciatori ne cercavano degli altri.
Certo, non sapevano che li portavano direttamente a me.
Per la mia sicurezza era meglio che la mia identità fosse tenuta segreta, dopotutto non si poteva mai sapere quali infiltrati potevano esserci, e il Giudice era una preda ambigua.
Solo il produttore e il regista sapevano chi ero davvero, anche per questo mi avevano affidato la conduzione di "Caccia all'Ateo", conoscevano sia il mio talento come cacciatrice, sia quello per il giornalismo e la comunicazione.
L'ultima puntata era stata un successo, ora, nell'attesa che il governo ci mandasse dei nuovi candidati ci godevamo l'onda del successo.
Ero quasi arrivata allo studio televisivo dove si teneva il celebre talk show che aveva chiesto di intervistarmi.
Così entrai ed avvisai che ero arrivata.