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Vecchio 20-03-2012, 20.16.21   #1173
Guisgard
Cavaliere della Tavola Rotonda
 
L'avatar di Guisgard
Cavaliere della tavola rotonda
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Residenza: Dalla terra più nobile che sorge sotto il cielo
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Guisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare bene
Talia sorrise.
E quel sorriso tranquillizzò definitivamente Guisgard.
Si avviarono così verso le scale, per scendere nella sala dove il loro curioso ospite li stava attendendo.
“Sigma…” mormorò Guisgard “… forse ho udito questo nome… si, forse da qualche cantastorie o menestrello… non ho mai prestato molta attenzione a quel nome, si sa, i racconti dei bardi sono sempre ricchi di terre lontane, tra l’esotico e il meraviglioso, dai tratti fiabeschi per incantare gli ascoltatori, ma ora che mi fai questa domanda rammento che ricorreva spesso nei loro versi… Sigma… ma perché mi fai questa domanda? Ti sei lasciata suggestionare da ciò che dice il nostro singolare servitore?” Sorrise. “Certo che però questo palazzo è davvero magnifico… non credi anche tu?” Guardandosi intorno. “Io mi ci perderei in una casa così grande… metti che ci sia un fantasma! O anche più di uno!” Fissò Talia e sgranò gli occhi. “Immagina… il fantasma di un innamorato… che si sveglia ogni notte, rigorosamente a mezzanotte, per cercare la sua amata… magari sono stati divisi in vita dal padre di lei, che non vedeva di buon occhio il povero innamorato… e magari la balia di lei li ha traditi, rivelando a suo padre che lui scalava ogni notte il suo balcone per vederla segretamente… si, così il tutto risulterebbe più romantico… anzi, dopo voglio dare un’occhiata ai balconi di questo palazzo per vedere quanto sono alti…” rise di gusto “… si, si, la smetto! Ricordi da piccoli al Casale? Mi dicevi sempre che ero scemo quando facevo sfoggio del mio proverbiale senso dell’umorismo!”
Talia ora appariva davvero più serena e questo aveva reso tranquillo anche lui.
E quando lei sorrideva, il mondo di Guisgard, fatto di sogni e avventure, prendeva forma e si illuminava.
Era sempre stato così, sin dalla loro fanciullezza al Casale degli Aceri.

“Amore!” Chiamava Talia, correndo per il lungo corridoio e per le varie stanze che si affacciavano su di esso. “Amore mio, dove sei? Su, non farmi stare in pena!”
La Primavera, penetrando attraverso i raggi del mattino e accompagnata dal canto degli uccellini, aveva invaso il Casale degli Aceri.
“Amore, su, vieni fuori!” Entrando lei in una di quelle stanze. “Uff… che discolo! Ma mi sentirà!” Affacciandosi alla finestra per rinfrescarsi dopo aver corso per tutto il primo piano.
“Cosa c’è?” Arrampicandosi Guisgard su per la finestra.
“Ehi, così mi spaventi!” Esclamò La ragazza. “Da dove salti fuori?”
“Ero nel giardino” rispose lui “e ho sentito che chiamavi…”
“Davvero?” Sorridendo lei. “E chiamavo te?”
“Beh...” confuso lui “… mi era parso…”
“Ah, si?” Incrociando le braccia lei, vagamente divertita. “E ti sei precipitato come un Lancillotto o un Tristano a questa finestra... e dimmi, mio temerario cavaliere, che nome hai udito? Forse caro fratellino? O magari semplicemente Guisgard?”
“Bah... mi prendi in giro...” contrariato lui “... stupido io che sono corso perché credevo ti servisse qualcosa...”
“Beh, in verità un aiutino non mi dispiacerebbe...”
“Che aiutino?”
“Ricordi quel gattino smarrito che abbiamo trovato ieri?”
“Beh?”
“Ecco... chiamavo proprio quel gattino...”
“Ma se tu hai detto...”
“Si, Amore.” Sorridendo lei. “Non è forse un amore quel micino?”
“Bah…”
“Perché...” fissandolo Talia e solo a stento trattenendosi per non ridere “... non si capiva che chiamavo quel gattino? O pensavi stessi chiamando qualcun altro?”
“Io?” Imbronciato Guisgard. “Manco ci avevo pensato... e comunque... io odio i gatti!”
Talia scoppiò a ridere.
E quando rideva una nuova bellezza illuminava il suo volto.
Nei suoi occhi vivaci si accendeva uno scintillio fatto di una sognante soavità.
E quegli occhi, in quei frangenti, non sembravano più guardare l’ambiente e gli oggetti intorno a lei, ma guardare oltre.
Oltre la terra e oltre il cielo, quasi a scoprire un mondo nuovo, per giungere dove nessun altro aveva accesso.
Forse fin anche al cuore di Guisgard.

“Un racconto?” Fissandola lui. “Che racconto vuoi narrarmi? Guarda che ora sono curioso e mi costringerai a far bere tanto di quel vino al nostro buon servitore, da farlo crollare al suolo in un baleno… vuoi davvero questo?” Sorrise. “Anche se, pensandoci, essendo io, come lui dice, il suo Arciduca potrei tranquillamente mandarlo a letto senza cena, così da poter restare solo con la mia bellissima moglie.” Rise. “E sia… mi comporterò come un perfetto aristocratico e resisterò alla tentazione di ascoltare quel tuo racconto! Per ora!”
Giunsero allora nella Sala Grande, illuminata dal grande camino centrale nel quale bruciava un grosso ramo di quercia.
Una maestosa credenza in noce rifletteva, con la sua doppia fila di piatti di porcella, le mensole con brocche e calici d’argento, ciotole e boccali di cristallo e nove grandi vassoi di peltro, i bagliori e le movenze di quella fiamma che arrivava fin ad oscurare le candele poste nel centro tavola e ad animare quasi i ritratti che ingentilivano la sala.
Dalle pareti pendevano, da un lato, armi e trofei di caccia, dall’altro, utensili ed attrezzi tessili.
Sul camino, come ornamento, erano esposte tre grosse teste di cinghiali e sulla mensola che correva sul lato superiore, un superbo gufo reale impagliato.
In tavola era già stata servita la cena, tutta preparata come meglio non si poteva.
Focacce di cereali, di noci e di mandorle, accompagnate da diversi tipi di formaggi e salumi.
In ampolle di vetro erano state poi adagiate confetture di cipolle, di prugne e di castagne.
Miele e sformati di verdure e ortaggi abbellivano con giochi di colori i bordi della tavola ed un grosso vassoio centrale guarniva, con limoni e pompelmi a spicchi, una spropositata quantità di cosciotti di agnello e salsiccia ancora fumanti.
Tre grosse ceste di frutta fresca completavano il tutto.
“Ben arrivati, miei signori.” Accogliendoli con un inchino il vecchio guardiano del Belvedere. “Prego, lord Andros… a capotavola voi…” fissando Guisgard “… lady Chymela, come sempre alla destra di vostro marito…” indicando poi a Talia dove sedersi.
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AMICO TI SARO' E SOLO QUELLO... E' UN SACRO PATTO DA FRATELLO A FRATELLO
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