Discussione: Ardea de'Taddei
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Vecchio 17-09-2009, 02.39.30   #29
Guisgard
Cavaliere della Tavola Rotonda
 
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ARDEA DE' TADDEI

IX

“Pasciuti maiali e teneri capretti
il gran re fece squartare e cucinare
per la sua magnifica corte. Poi, tra gli
sguardi di tutti, fece cenno ad Icaro
di avvicinarsi.”
(L’Imp, libro I)


Il suono del corno si diffuse nell’aria e l’eco sembrò destare quella brughiera come da un lungo sonno.
La compagnia si diresse quindi verso la fortezza del duca, giungendo in un borgo, parzialmente fortificato, arroccato tutt’intorno alla cinta muraria del castello.
La gente del posto accoglieva con saluti ossequiosi e rispettosi inchini la nobile compagnia mentre attraversava quelle strade.
Ma lo stupore e la curiosità di quella gente era tutta per il giovane Ardea.
Alla fine della grande strada centrale che tagliava il borgo, la compagnia si trovò davanti al grande ponte levatoio che dava l’accesso all’interno del maniero.
Un canglore si diffuse solenne nell’aria e il pesante ponte iniziò a scendere: la compagnia potè così entrare all’interno.
In un momento, come se fossero attesi da secoli, servi e paggi attorniarono gli uomini della compagnia, aiutandoli a smontare da cavallo ed accogliendoli come si conveniva in simili circostanze.
Ardea non sapeva se tutto ciò stesse davvero accadendo.
I castelli lui li aveva solo immaginati leggendo i racconti dei suoi libri o sognando nell’udire i versi dei cantastorie.
Ora, come per incanto, si trovava in un vero castello e tutto gli sembrava un sogno.
Si guardò attorno nel grande cortile e quell’incredibile spettacolo quasi lo convinse che il tutto era solamente frutto della sua fantasia.
Il Sole era alto nel cielo ed attraverso le ampie finestre merlate che si aprivano lungo le alte mura proiettava i suoi luminosi raggi, generando giochi di luci ed ombre di strabiliante effetto.
Le slanciate torri sembravano quasi sfiorare il cielo, che sopra di esse pareva roteare e scorrere come un mare di impetuosa potenza.
Le secolari e massicce pietre del castello, sotto i colpi del caldo Sole, sembravano come arse da dardi incandescenti e forgiati dal perenne soffio del vento, che temprava quella ciclopica costruzione.
“Nessuno potrebbe mai prendere o solo pensare di assediare questo castello.” Pensò tra se Ardea.
“Andiamo Ardea. Il duca ci attende.” Disse Vico, destando il giovane dai suoi sogni.
Così Vico, l’abate ed Ardea furono accompagnati da tre servitori, attraverso un lungo corridoio, fino ad una grande sala.
Armi e corazze guarnivano gli angoli e le pareti della sala, mentre un lungo tappeto di fattura orientale ne ricopriva il solido pavimento.
Ovunque c’erano animali impagliati nelle pose più disparate, a tradire la grande passione del duca per la caccia.
Al centro della sala vi era un lungo tavolo rettangolare con massicci seggi tutt’intorno e diverse porte si aprivano lungo le pareti, che permettevano di raggiungere, dalla sala, altri locali adiacenti.
Ardea osservava ammirato tutto ciò, ma quello che lo meravigliò più di tutto, fu il grande drappo purpureo inchiodato alla parete più lontana, su quale faceva superba mostra il fiero gufo con la rosa tra gli artigli.
In quell’istante la porta che si trovava sulla parete dove era esposto il drappo si aprì all’improvviso ed un’austera figura fece il suo ingresso.
Era accompagnata da un servo e da quattro levrieri di magnifico portamento.
L’andatura era fiera e tradiva un lignaggio non comune. La luce che invadeva la stanza però non permetteva di riconoscerne bene i lineamenti.
Ardea restò meravigliato da quell’immagine, ma anche colpito da un particolare: quell’uomo, alto e robusto, dal superbo portamento, camminava accompagnato da un bastone.
Raggiunta la testa del tavolo, l’uomo si sedette.
Subito i suoi cani si accucciarono attorno al suo seggio.
“Venite avanti, signori” esordì con un voce grossa quell’uomo “e conducete qui il ragazzo!”
Vico e l’abate si avvicinarono al tavolo, seguiti a rispettosa distanza da Ardea.
Il ragazzo si sentiva leggero come l’aria e intimorito da tutto questo.
Eppure un’irrefrenabile gioia aveva invaso il suo cuore, facendolo sentire come il protagonista di uno dei suoi libri o di qualche storia udita dai bardi nel suo borgo.
“Milord” iniziò a parlare Vico “questi è il ragazzo del quale cercavate notizie.”
Poi fece cenno ad Ardea di venire avanti.
Il giovane era emozionato come mai prima d’ora e un fortissimo senso di soggezione si era impadronito di lui.
Poi, alzato lo sguardo, vide il volto di quell’uomo che gli stava davanti.
Riconobbe così quegli occhi e quei lineamenti, nonostante il tempo trascorso.
Il fiero sguardo era lo stesso, come uguale appariva l’austera espressione.
Ardea aveva riconosciuto nel duca quel cavaliere incontrato anni prima.


(Continua...)
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AMICO TI SARO' E SOLO QUELLO... E' UN SACRO PATTO DA FRATELLO A FRATELLO
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