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Annuii ad Azable, e lo seguii fuori da quella stanza.
Così, tornammo dagli altri, e il signorotto diede indicazioni per l'imminente partenza.
Io ero sempre più inquieta, pensavo alle parole di quella spada, alla delicata missione che mi si prospettava, me soprattutto pensai che tra poco tempo avrei rivisto Capomazda, la sua campagna ricca di magia, le sue città pittoresche, la superba capitale.
Avevo sempre pensato che non ci sarei mai tornata, non dove ogni cosa mi avrebbe ricordato lui, quei momenti rubati ma tremendamente felici, e poi il dolore di quella che sembrava una notte infinita.
Ma tornavo per un buon motivo, non potevo fingere di non aver sentito e tirarmi indietro, a questo dovevo pensare, che lui non avrebbe esitato a fare lo stesso.
Eppure sapevo che non sarebbe stato facile, anzi, ma avrei tentato in ogni modo.
Cenai in silenzio, sorridendo di tanto in tanto alle conversazioni della sala.
Nessuno doveva vedere l'inquietudine e il tormento del mio cuore, ed ero diventata brava a celare le mie emozioni.
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