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Vecchio 16-03-2015, 05.08.21   #1
Guisgard
Cavaliere della Tavola Rotonda
 
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Cavaliere della tavola rotonda
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Quel locale dei film in bianco e nero...

Stanotte, mentre mi accingo a chiudere il pc, dopo aver salvato le ultime schede topografiche preparate per domani, mi accorgo che in tv stanno dando uno di quei vecchi film in bianco e nero.
A quest'ora della notte c'è sempre qualche piccolo e sconosciuto canale privato che ne trasmette qualcuno.
E nel vedere quelle immagini scorrere ovattate sullo schermo, un lontano ricordo accarezza questa notte...

La maestra quella mattina ritardò l'ora di matematica e questo era già abbastanza per essere lieti, almeno per me.
La matematica non mi era mai piaciuta e detestavo quel contadino che ogni mattina andava al mercato con le sue uova da dividere, i suoi pulcini da sommare alle galline e la farina da sottrarre ai sacchi di legumi.
Anzi, mi avviliva proprio vedere tutti i miei compagni di classe che sembravano illuminarsi, folgorarsi davanti alle indicazioni che la maestra lasciava per poter risolvere quei problemi per me invece indecifrabili.
Ma quella mattina no.
L'odiosa ora di matematica scivolò via e quella di ricreazione si faceva sempre più vicina.
Ed io avevo già ideato con altri miei compagni un nuovo gioco.
Un gioco da cominciare appena iniziata la ricreazione.
Ma la maestra, con il titolo che ci diede per il tema da fare a casa, sembrava averci letto nel pensiero.
E certe cose a volte sembrano succedere per un motivo che di casuale non ha nulla.
“Tema, bambini...” disse lei dalla cattedra “... cosa farò da grande. Scriverete a casa e poi lo consegnerete domattina. Qualcuno vuole cominciare a parlarne alla classe?”
E quel tema sembrò suscitare l'entusiasmo della classe.
Io però ad un certo punto non ci badai più.
Guardavo fuori dalla finestra e fantasticavo.
Pensavo al nostro gioco, ai personaggi da assegnare, ai ruoli da indicare, allo scopo da raggiungere per vincere.
E più ci pensavo, più il tempo sembrava non passare mai, mentre tutti intorno a me discutevano, ridevano e si appassionavano al tema.
“E tu?” All'improvviso la maestra. “Tu?” Pronunciando il mio nome ed indicando il mio banco. “Tu cosa farai da grande?”
“Lui farà il cavaliere!” Ridendo qualcuno dei miei compagni.
“O il pirata!” Un altro divertito.
“Allora?” Guardandomi la maestra.
“Io...” mormorai imbarazzato “... io...” ripensando al gioco che ci attendeva di lì a poco “... io avrò un locale!” Esclamai.
E sentii qualcuno ridere intorno a me.
Non mi voltai, restando a fissare la maestra.
“Un locale?” Ripetè lei. “E di che genere?”
“Un locale” feci io “di quelli che si aprono in un luogo esotico, con le case tutte bianche, gli stranieri, i poliziotti e gente che va e che viene...”
“Interessante...” sorridendomi la maestra.
“Con un pianista di colore che suona” dissi ancora io “e una bisca clandestina nascosta da qualche parte che la polizia non troverà mai...”
Stavo parlando del gioco che avevamo preparato.
“Originale.” Annuendo la maestra. “E come lo chiamerai?”
Io la guardai in silenzio.
“Il locale, come lo chiamerai?” Ancora lei. “Deve avere un nome, no? L'hai già scelto?”
“Ecco...”
“Si?”
Il mormorio intorno a me era cessato e sentivo gli occhi e l'attenzione di tutti su di me.
Ed anche i suoi.
Quegli occhi chiari che cercavo fingendo distrattamente tra una pausa e l'altra, tra un dettato ed un riassunto, tra una lettura e l'odiata ora di matematica.
Quegli occhi chiari che ogni volta mi guardavano sembravano conoscere ogni mio pensiero.
E questo mi mandava in crisi.
Era di sicuro la ragazzina più carina della classe.
Forse della scuola.
La ragazzina che sogni di incontrare in ogni tuo gioco.
Quella a cui pensi di dare sempre il ruolo dell'eroina e della protagonista di ogni tua storia.
E sapevo che anche lei, come tutti gli altri, mi stava guardando in quel momento.
Ma non poteva saperlo.
Non poteva leggermi dentro anche quello.
Non poteva immaginare che tutto era nato per lei.
Che quel gioco l'avevo ideato con la speranza, il sogno, di arrivare a lei.
Di farla incuriosire, di farla partecipare e forse affascinare.
No, quello non poteva saperlo.
Nessuno lo sapeva.
“Allora?” La voce della maestra. “Vuoi dire anche a noi come lo chiamerai questo tuo locale?”
“Io” prendendo un profondo respiro “lo chiamerò... lo chiamerò come si fa nei vecchi film in bianco e nero... in quei noir pieni d'avventure d'altri tempi...”
“E come si fa in quei vecchi film a scegliere il nome per un locale?” Incuriosita la maestra.
“Si...” nervosamente io “... si sceglie come nome il segno zodiacale della propria amata...”
Per un istante calò il silenzio nella classe.
Ed io, per un attimo infinitesimale, provai a cercare lo sguardo chiaro di lei.
“Bravo!” Soddisfatta la maestra. “Bravo!”
In quel momento suonò la campanella.
Era l'ora del pranzo.
Poi ci sarebbe stata l'ora di ricreazione.
Ed il risultato di quella mattinata fu che molti altri si unirono a noi, desiderosi di partecipare al nostro gioco.
Ambientato in qualche esotica città come Casablanca, Shanghai o L'Avana, in mezzo ai Nazisti o ai Comunisti, immaginando il sognante bianco e nero di quei film, fantasticando di essere duri gangster del Proibizionismo, o ricercati avanzi di galera decisi a rifarsi una vita nuova, o magari investigatori privati finiti in un intricato e misterioso caso da risolvere, passammo tutta l'ora di ricreazione in quel locale dei sogni.
E quando l'ora terminerò, mentre eravamo in fila per tornare in classe, ad un tratto sentì una voce.
La sua.
“Vi ho visto tutto il tempo...” disse lei “... vi siete divertiti ho notato...” sorridendomi.
Era bellissima.
Come le eroine di quei vecchi film, con quei suoi occhi chiari ed i capelli biondi ed inanellati.
“Si, ci siamo divertiti...” annuii io.
“Domani posso giocare con voi?” Fissandomi lei.
“Si, certo...” cercando di nascondere il mio entusiasmo.
Anzi, la mia Gioia.
La maestra ci disse di entrare tutti in classe.
“Ah...” voltandosi la ragazzina dagli occhi chiari verso di me “... io sono dei Gemelli...” sorridendomi “... il mio segno zodiacale è quello dei Gemelli...” facendomi l'occhiolino.
“Mi mancava giusto il nome per il mio locale.” Sorridendo io.
“Lo so...” ridendo lei “... a domani... non vedo l'ora...”
La ricreazione finì.
Ma io non smisi di sognare.
Per tutto il giorno.
Fino a quando quel locale dei sogni non riaprì il giorno dopo, nella nuova ora di ricreazione.

E come i fotogrammi di quel film in bianco e nero, così le immagini di quel ricordo lontano passano davanti a me.
Rincorrendosi e confondendosi tra i sogni di bambino, gli slanci del cuore e le ispirazioni che sanno trasformare un gioco ideato tempo fa durante una mattinata di scuola in un'avventura senza fine...
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AMICO TI SARO' E SOLO QUELLO... E' UN SACRO PATTO DA FRATELLO A FRATELLO
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